8 febbraio 2008 - Siro Asinelli  www.rinascita.info

 

Il nuovo attacco di Washington

al Venezuela

 

 

 

“Falsità, menzogne ed ingiurie”. Caracas risponde così al recente rapporto annuale del direttore dell’Agenzia di intelligence statunitense che di fronte ai senatori di Washington ha sostenuto la pericolosità di Paesi come Venezuela e Cuba le cui politiche sarebbero alla base di una crescente instabilità per le democrazie della regione sudamericana. Un rapporto presuntuoso ed arrogante che il direttore Mike McConnell (foto) ha stilato come fosse un compitino dettato dalle lobby di potere che si avvicendano alla Casa Bianca e che hanno bisogno del solito condimento di “sicurezza nazionale”, “male assoluto”, “scontro di civiltà”, “stabilità democratica” per giustificare l’ingiustificabile. Carlos Escarrá, vicepresidente della commissione parlamentare per la Politica estera del Venezuela, ha ricordato come gli Stati Uniti non siano nuovi a questi attacchi contro la Rivoluzione Bolivariana: “L’unico governo che ha tentato di destabilizzare i Paesi dell’America Latina è stato sempre quello degli Stati Uniti”, ha dichiarato in un’intervista raccolta dall’agenzia venezuelana ABN.

Nella sua relazione il vice ammiraglio McConnell ha dato fondo al meglio del repertorio ultradecennale della politica statunitense nell’ex cortile di casa. L’allarme lanciato riguarda soprattutto il ruolo della presidenza di Hugo Chávez che negli ultimi anni è riuscita a mettere a segno colpi non indifferenti a danno dell’influenza politica ed economica degli Usa sul continente sudamericano. Caracas – con l’immancabile L’Avana – “inspirano e sostengono i leader di Bolivia, Nicaragua ed Ecuador le cui agende prevedono un potenziamento dei poteri presidenziali, ne allungano i termini dei mandati, indeboliscono i media e le libertà civili ed enfatizzano il nazionalismo economico a scapito di un approccio liberista”. Per il direttore dell’intelligence statunitense Chávez dirige “un piccolo gruppo di governi populisti” che stanno facendo della “retorica anti Usa” – cui si aggiunge anche io fresco alleato iraniano - il cavallo di battaglia di una strategia di destabilizzazione contro non meglio specificate “democrazie”, ovvero contro Paesi latinoamericani come la Colombia le cui politiche sono più che funzionali alle mire di Washington sul continente. L’intervento di McConnell, le linee guida su cui si muove e si muoverà l’impero a stelle e strisce con la solita scusa della “sicurezza nazionale”, è degno erede della retorica già elargita a piene mani dal suo predecessore, John Negroponte. Come il famigerato “ambassador”, anche il vice ammiraglio rappresenta una garanzia, soprattutto per gli interessi delle grandi compagnie private che si ingozzano con le politiche di supposta sicurezza che negli Stati Uniti sovrabbondano. Difficile non leggere qualche interesse di parte nella relazione di McConnell, che prima della sua nomina all’intelligence, avvenuta esattamente un anno fa, era vice direttore senior della “Booz Allen Hamilton”, compagnia di consulenze nel settore della sicurezza nazionale; contemporaneamente, meglio ricordarlo, è stato direttore del consiglio di amministrazione della “Intelligence and National Security Alliance”, il colosso statunitense che si occupa di servizi per l’intelligence, dalle analisi geopolitiche alle strategie di intervento, alle tecnologie, alla logistica in senso puro. Tutto al servizio delle potenti lobbies dell’imperialismo. Tutto al servizio degli Stati Uniti.

È su queste basi che il rapporto McConnell non può che essere letto come l’ennesimo strumento di pressione propagandistica il cui obbiettivo è mettere nuova carne al fuoco per le compagnie che nella Rivoluzione Bolivariana e nel presidente Chávez hanno trovato un impedimento all’espansione dei loro interessi in America Latina. La vera retorica, viene da obbiettare, sta proprio in quel di Washington. Ma stavolta a Caracas – ma anche a La Paz, a Quito, a Managua, per non parlare di Buenos Aires o di L’Avana – non siedono fantocci stipendiati a dollari. “Gli Stati Uniti sono dietro tutti quei lacchè dell’opposizione che distorcono quanto sta accadendo in Venezuela”, ha sottolineato Escarrá in riferimento a quanto sostenuto da McConnell sul presunto ruolo “democratizzatore” di alcuni settori venezuelani, Chiesa cattolica e universitari di atenei privati in prima fila. Gli stessi prelati che hanno sostenuto il tentativo di colpo di Stato contro Chávez nel 2002 e gli stessi studenti che – come ormai emerso – sono finanziati dalle stesse strutture di propaganda USA che hanno favorito il rovesciamento di amministrazioni non gradite in Serbia, in Georgia, in Ucraina. Perché la Casa Bianca, stavolta per bocca dell’erede di Negroponte, si ostina lanciare attacchi mediatici e a foraggiare la propaganda anti bolivariana, in un crescendo di accuse che quasi sempre, di fronte l’evidenza dei fatti, sfiora il ridicolo? Washington, assicura il deputato venezuelano, “è il grande manovratore di settori economici e politici in America Latina con l’obiettivo di mantenere un’egemonia che a poco a poco sta andando perduta”. Il suo nemico naturale non può che essere Caracas con le sue politiche di sovranità territoriale ed economica fatte proprie da larga parte del continente grazie ad iniziative alternative all’imperialismo Usa come il Banco del Sur, PetroSur, Petrocaribe e la Unión de países del Sur. Alla politica unipolare di Washington, la Rivoluzione Bolivariana ha opposto una visione del mondo “multipolare”.