21 ottobre '08 - M.Barnet * www.granma.cu

 

La cultura: anima e scudo

della nazione cubana

 


Il secolo XXI dovrà essere il secolo della cultura, come il secolo XX lo è stato delle invenzioni. La cultura garantisce i beni dello spirito, crea un patrimonio indistruttibile di fronte ad ogni tipo di contingenze e ci dà la sicurezza di vivere in uno stato di armonia e di compiacenza.   Altrimenti come si può spiegare che in situazioni di disastri naturali uomini e donne trovino nelle arti l'espansione dei loro sentimenti e la conferma dell'ottimismo nella vita?

La cultura è una porta che si apre per non chiudersi più. Non è un lusso, né un ornamento, è, come ha scritto Fernando Ortiz, un'energia. E quell'energia è, a sua volta, generatrice di coscienza e stimolo per lo sviluppo della volontà collettiva, leva di azione creativa ed ala dell'immaginazione.  

Solo una concezione scientifica della cultura genererà un'arte autentica, e salverà l'essere umano soffocato da un secolo di guerre continue e dall’automatizzazione. Salvare la memoria storica come punto di partenza e creare una nuova cultura saranno l'unica risposta per la salvazione della specie umana. La cultura come immaginazione, come costruzione di nuove forme, di valori etici e morali, di un'estetica che concili l’essenza più purificata dell'arte con un messaggio di pace che renda più sopportabile l'esistenza dell'uomo sulla Terra. Questa deve essere l'alternativa contro la negligenza, l'eclissi della ragione e dei più puri istinti creativi.  

Il 20 ottobre 1868, quando le truppe di Carlos Manuel de Cespedes hanno conquistato l'eroica Bayamo, si è cantato il nostro inno per la prima volta. Un inno con musica di Perucho Figueredo che richiamava al combattimento, ad una patria che era sommersa  nell'obbrobrio ed incatenata ad un colonialismo oppressore. La cultura nazionale ed i suoi ideali più alti di indipendenza hanno raggiunto il loro zenit quel giorno, sulle fondamenta che avevano posto i pensatori ed i letterati nelle lotte contro il colonialismo e la schiavitù. Oggi ancorati in un'identità che si nutre fondamentalmente della diversità delle correnti europee, africane ed asiatiche proclamiamo col nostro orgoglio totale la sovranità forgiata nelle radici popolari e nel pensiero filosofico di uomini come Felix Varela, José de la Luz y Caballero e Josè Martì. La responsabilità storica della generazione erede di questo pensiero segnerà finalmente il destino della nazione, di fronte all'egoismo, la banalità e l'inerzia intellettuale che propone il capitalismo neoliberale.  

La cultura è il maggiore tesoro dell'umanità e la strada che conduce al regno della giustizia. L'orizzonte sociale sarebbe seriamente impoverito senza la presenza delle espressioni artistiche e culturali. Credo, d'altra parte, che uno dei maggiori progressi della specie umana è avere riconosciuto la diversità come un diritto inalienabile. Senza questo riconoscimento sarebbero impossibili il dialogo e la coesistenza. La cultura, dunque, concede senso alla vita e la capacità di esistere nella comunità e di partecipare alla creazione collettiva. L'artista e lo scrittore nel socialismo hanno acquisito una funzione principale: il diritto ad esprimersi, ed esistere nel suo senso più pieno. Lo ha detto con profonda convinzione Alejo Carpentier, che aveva raggiunto già il più alto riconoscimento internazionale come scrittore prima del 1959. In un atto pubblico ha confessato che per la prima volta con l’arrivo della Rivoluzione si sentiva utile e che la sua funzione sociale era raggiunta; aveva passato dalla solitudine alla solidarietà che lo ha accompagnato fino alla sua morte.  

Oggi, quando commemoriamo i quattrocento anni della nascita della letteratura cubana, comproviamo quanta ragione aveva l'autore de “Il regno di questo mondo”.  

E quanto della vita quotidiana e degli aneliti ed aspirazioni spirituali della società ha riflesso la letteratura cubana ed in particolare la poesia, che ha abbracciato un'infinita gamma di temi universali.  

La convivenza in una società rivoluzionaria contribuisce alla creazione collettiva e all'esercizio della vera democrazia culturale.  

Democrazia che ha mostrato abbondantemente in queste ore difficili che la cultura, come si è detto tanto è scudo ed anima della nazione perché in lei comunichiamo tutti e di lei ci nutriamo. L’eco di questa democrazia culturale è diventato palese nelle carovane artistiche solidali che hanno percorso le zone più devastate del paese. Non c'è stata una città, un paese, un angolo di Cuba dove questo esercito volontario di artisti e scrittori non sia stato presente con un messaggio di seduzione ed ottimismo.  Ogni teoria della funzione della cultura rimane subordinata a questo emotivo dialogo dei creatori col popolo colpito. Nulla sarà come essere come testimoni di quei visi infantili con l'arrivo de La Colmenita in villaggi tanto distrutti come quello di Manuel Sanguily, La Palma o l'Isola della Gioventù, per solo menzionarne alcuni. Nulla sarà come presenziare all'attuazione dei nostri migliori umoristi, dei nostri trovatori, dei gruppi musicali, dei narratori orali, tra gli altri, davanti ad una ricettiva massa umana che è rimasta in totale desolazione, in molti casi.  

Nulla sarà come testimoniare il valore spirituale del popolo, quello che vince la furia degli uragani e che rimane indenne ancora nella più drammatica delle situazioni. E quel valore non fa che dimostrare che la cultura non è un'altra cosa che non sia l’anima e lo scudo della nazione.  

 
 

* l’autore è il presidente dell'Unione Nazionale degli Scrittori ed Artisti di Cuba

traduzione di Ida Garberi