La vittoria cinese

 

 

 

(parte Iª)

Senza alcune conoscenze storiche elementari non si comprenderebbe il tema che abbordo.

 

In Europa avevano sentito parlare della Cina. Marco Polo, nel autunno del 1298 raccontò cose meravigliose del singolare paese che chiamava Catay.

 

Colombo, navigante intelligente e audace, era informato sulle conoscenze dei greci e a proposito della rotondità della Terra. Le sue stesse osservazioni lo facevano coincidere con quelle teorie. Ideò il piano di giungere nel Lontano Oriente navigando verso ovest dall’Europa. Calcolò con eccessivo ottimismo la distanza, varie volte maggiore. Senza immaginarlo, si attraversa nella sua rotta tra l’Oceano Atlantico e il Pacifico, questo continente.

 

Magellano realizzò il viaggio concepito da lui stesso, anche se morì prima di giungere in Europa. Con il valore delle specie raccolte si pagò la spedizione iniziata con varie imbarcazioni, della quali solo una ritornò, come preambolo di futuri e colossali guadagni.

Da allora il mondo è cominciato a cambiare a passi accelerati.

 

Vecchie forme di sfruttamento tornarono a  ripetersi, dalla schiavitù alla servitù feudale, antiche e nuove credenze religiose si estesero per il pianeta.

 

Da questa fusione di culture e fatti accompagnati dai passi avanti della tecnica e dalle scoperte della scienza, nacque il mondo attuale che non si potrebbe comprendere senza un minimo di precedenti reali.

 

Il commercio internazionale con i suoi vantaggi e i suoi inconvenienti, si imponeva per le potenze coloniali come la Spagna, l’Inghilterra e le altre nazioni europee. Queste e soprattutto l’Inghilterra, presto cominciarono a dominare il sudovest, il sud e il sudest asiatici, l’Indonesia, l’Australia e la Nuova Zelanda, estendendo il dominio con la forza in ogni parte.

 

Ai colonizzatore mancava di sottomettere il gigantesco paese cinese, di cultura millenaria e con favolose risorse naturali e umane.

 

Il commercio diretto tra Europa e Cina iniziò nel XVI secolo, dopo che i portoghesi stabilirono i centri commerciali di Goa, in India e di Macao, nel sudest della Cina.

 

Il dominio spagnolo delle Filippine facilitò lo scambio accelerato con il gran paese asiatico. La dinastia Qin, che governava la Cina, tentò di limitare al massimo questo tipo di operazioni commerciali sfavorevoli con l’estero.

 

Lo permisero solo nel porto di Cantón, oggi Guangzhou.

 

Gran Bretagna e Spagna avevano grandi deficit per la scarsa domanda dell’immenso paese asiatico, relazionata con le merci inglesi prodotte nella metropoli o per i prodotti spagnoli provenienti dal Nuovo Mondo, non essenziali per la Cina.

 

I due paesi avevano cominciato a vendere l’oppio.

 

Il commercio dell’oppio in grande scala era dominato inizialmente dagli olandesi, da Giacarta, in Indonesia.

 

Gli inglesi osservarono i guadagni, che si approssimavano al 400%.  Le loro esportazioni di oppio, che nel 1730 furono di 15 tonnellate, raggiunsero le 75 nel 1773 , imbarcate in casse da 70 chili  l’una; con l’oppio compravano porcellane, seta condimenti e te cinese.

 

L’oppio e  non l’oro era la moneta dell’Europa per comprare le merci della Cina.

 

Nella primavera del 1830, di fronte allo sfrenato abuso del commercio dell’oppio in Cina, l’imperatore  Daoguang ordinò a Lin Hse Tsu, funzionario imperiale, di combattere la plaga, e questi ordinò la distruzione di 20 mila casse di oppio.

 

Lin Hse Tsu inviò una lettera alla  Regina Vittoria chiedendole di rispettare le norme internazionali e che non permettesse il commercio di droghe tossiche.

 

La guerra dell’oppio fu la risposta inglese. La prima durò tre anni, dal1839 al 1842. La seconda, alla quale si sommò la Francia, quattro anni, dal 1856 al 1860. Le si conosce anche con il nome di guerre anglo-cinesi.

 

Il Regno Unito obbligò la Cina a firmare trattati disuguali per mezzo dei quali s’impegnava ad aprire vari porti al commercio estero e a consegnargli Hong Kong. Vari paesi, seguendo l’esempio inglese, imposero termini disuguali di scambio.

 

L’umiliazione contribuì alla ribellione Taiping tra il 1850 al 1864, la ribellione dei Boxer dal 1899 al 1901 e infine alla caduta della dinastia Quin nel 1911, che, per diverse cause tra le quali la debolezza di fronte alle potenze straniere, era divenuta molto impopolare in Cina.

 

Che successe con il Giappone?

 

 Questo paese d’antica cultura  e molto laborioso, come altri della regione, resisteva di fronte alla civilizzazione occidentale e per almeno 200 anni – tra le varie cause c’era il suo caos nell’amministrazione interna— si era mantenuto ermeticamente chiuso al commercio estero.

Nel 1854, dopo un viaggio d’esplorazione precedente con quattro cannoniere, una forza navale degli Stati Uniti comandata dal Commodoro Matthew Perry, minacciò di bombardare la popolazione del Giappone indifesa di fronte alle moderne tecnologie di quelle navi e obbligò gli shogunes a firmare, a nome dell’Imperatore, il Trattato di Kanagawa, il 31 marzo del 1854.

 

Così cominciò in Giappone l’inserimento nel commercio capitalista e nelle tecnologie occidentali.

 

Allora gli europei non conoscevano la capacità dei giapponesi di muoversi in  quel settore. 

 

Dopo gli yankee giunsero i rappresentanti dell’Impero Russo, dall’Estremo Oriente, temendo che gli Stati Uniti, ai quali poi vendettero l’Alaska il 18 ottobre del 1867, li precedessero negli scambi commerciali con il Giappone.

 

La  Gran Bretagna e le altre nazioni colonizzatrici dell’Europa giunsero rapide in questo paese con gli stessi obiettivi.

 

Durante l’intervento degli Stati Uniti nel 1862, Perry occupò varie zone del Messico. Il paese perse alla fine della guerra più del 50% del suo territorio, precisamente le aree dov’erano accumulate le maggiori riserve di petrolio e di gas, anche se allora erano l’oro e il territorio  dove espandersi e non i combustibili gli obiettivi principali dei conquistatori.

La prima guerra cino-giapponese fu dichiarata il 1º agosto del 1894.

 

Il Giappone allora decise d’impadronirsi della Corea, uno stata tributario  e subordinato alla Cina. Con armi e tecniche più sviluppate, sconfisse le forze cinesi in varie battaglie vicino alle città di Seúl e Pyongyang. Successive vittorie militari apersero al Giappone il cammino verso il territorio cinese.

 

Nel mese di novembre di quell’anno presero Port Arthur, attuale Lüshun.

 

Nella  foce del fiume Yalu e nella  base navale di Weihaiwei, sorpresa da un attacco terrestre sferrato dalla penisola di Liaodong, la artiglieria pesante giapponese distrusse la flotta del paese aggredito.

 

La dinastia dovette chiedere la pace.

 

Il Trattato di Shimonoseki, che pose fine alla guerra, fu firmato nell’aprile del 1895 Si obbligava la Cina a cedere Taiwán, la penisola do Liaodong e l’arcipelago delle Isole Pescatori al Giappone “ perpetuamente” e a pagare inoltre l’indennizzo di guerra, calcolato in 200 milioni di lingotti d’argento e ad aprire quattro porti all’estero.

 

Russia, Francia e Germania, difendendo i propri interessi, obbligarono il Giappone a restituire la penisola di Liaodong, pagando in cambio altri 30 milioni di lingotti d’argento.

 

Prima di parlare della seconda guerra cino-giapponese, debbo includere un altro episodio bellico di doppia trascendenza storica, che si volse tra il 1904 e il 1905 e non si può tralasciare.

 

Dopo il suo inserimento nella civilizzazione armata e le guerre per la spartizione del mondo, imposta dall’occidente, il Giappone, che aveva già sferrato la prima guerra contro la Cina, già segnalata, sviluppò il suo potere navale a sufficienza per assestare un colpo molto duro all’Impero Russo, tanto da provocare prematuramente la rivoluzione programmata da Lenin, per creare a Minsk dieci anni prima il partito che successivamente scatenerà la Rivoluzione d’Ottobre.

 

Il 10 agosto del 1904, senza previo avviso, il Giappone attaccò e distrusse la Flotta della Russia nel pacifico.

 

Lo Zar Nicola II di Russia, esaltato per l’attacco, ordinò di mobilitare le truppe e far partire verso l’Estremo Oriente  la Flotta del Baltico,  Convogli di navi da carbone furono affittati per portare a tempo i carichi che la Flotta necessitava mentre navigava vero il suo lontano destino.

 

Una delle operazioni di trasporto del carbone fu realizzata in alto mare per pressioni diplomatiche.

 

I russi entrando nel sud della Cina, si diressero verso il porto di Vladivostok, l’unico disponibile per le operazioni della Flotta. Per giungere c’erano tre rotte: quella di Tsushima, la miglior variante; le altre due obbligavano a navigare a est del Giappone e incrementavano i rischi e l’enorme sforzo delle navi e degli equipaggi. L’ammiraglio giapponese lo pensò e preparò i suo piano per questa variante e situò le sue navi in maniera che la Flotta giapponese, dando una volta a U con tutte le sue navi – in maggioranza incrociatori – sarebbe passata a distanza approssimata di 6 mila metri dalle navi degli avversari, con un gran numero di corazzate che sarebbero state così alla portata delle imbarcazioni giapponesi, dotate di personale rigorosamente addestrato nell’uso dei cannoni. Come conseguenza, nella loro lunga rotta le corazzate russe navigarono a solo 8 nodi di fronte a 16 navi giapponesi.

 

L’azione militare si conosce con il nome di Battaglia di Tsushima.

 

Avvenne nei giorni 27 e 28 maggio del 1905.

 

Parteciparono, per l’Impero russo, 11 corazzate e 8 incrociatori .

 

Il capo della flotta era l’Ammiraglio Zinovy Rozhdestvensky.

 

Ci furono 4.380 morti, 5.917 feriti, 21 navi affondate 7 catturate e 6 inutilizzate.

 

Il capo della Flotta russa fu ferito da un frammento di proiettile che lo colpì al cranio. 

 

Per l’impero giapponese parteciparono 4 corazzate e 27 incrociatori.

 

Il capa della Flotta era l’Ammiraglio  Heichachiro Togo.

 

Ci furono 117 morti, 583 feriti e 3 torpedini affondate.

 

La Flotta del Baltico fu distrutta.

 

Napoleone l’avrebbe definita l’ Austerlitz nel mare.

Chiunque si  può immaginare quale profonda ferita provocò il drammatico fatto al tradizionale orgoglio e patriottismo russi.

 

Dopo la battaglia il Giappone divenne una temuta potenza navale, rivale della Gran Bretagna e della Germania e in concorrenza con gli Stati Uniti.

 

Il Giappone rivendicò il concetto della corazzata come arma principale e negli anni successivi si immerse nel compito di potenziare l’Armata Imperiale giapponese. Sollecitarono e pagarono a un cantiere navale inglese la costruzione di un incrociatore speciale, con l’intenzione di riprodurlo dopo in Giappone.

 

Poi fabbricarono corazzate che superavano quelle dei contemporanei per blindaggio e potere.

 

Non c’era sulla terra nessun altra nazione che uguagliasse l’ingegneria navale giapponese negli anni attorno al 1930, per il disegno delle navi da guerra.

Questo spiega l’azione temeraria che portò ad attaccare il maestro e rivale: gli Stati Uniti, che con il Commodoro Perry iniziarono il Giappone  sul cammino della guerra.

 

Continuerò domani. 

 

Fidel Castro Ruz
30 marzo del 2008

Ore 19.35

 

(parte IIª)

 

Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale nel 1914, la Cina si unisce agli alleati. Per compensarla, le offrono la devoluzione delle concessioni tedesche in provincia di Shandong, quando finirà il conflitto.

 

Dopo ilTrattato di Versailles, imposto dal presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson agli amici e ai nemici, le colonie tedesche sono trasferite al Giappone, un alleato più poderoso della Cina.

 

Quest’azione provocò la protesta di migliaia di studenti, che si riunirono nella Piazza Tiananmen il 4 maggio del 1919.

 

L¡ì cominciò il primo movimento nazionalista che trionfò in Cina e si chiamò “4 Maggio” La piccola borghesia e la borghesia nazionale lo condividevano con operai e contadini

 

La corrente nazionalista era sorta alla fine del XIX secolo e al principio del XX, e si consolidò con la fondazione del Kuomintang, ossia il Partito Nazionale del Popolo, guidato dal dottor Sun Yat-sen, intellettuale e rivoluzionario progressista, che sentiva fortemente l’influenza della Rivoluzione Socialista di Ottobre, con la quale aveva rafforzato le sue relazioni.

 

Il Partito Comunista della Cina si fondò in un congresso  che si svolse tra il 23 luglio e il 5 agosto del 1921. Lenin inviò rappresentanti dell’Internazionale a quel congresso.

 

Il movimento comunista si dedicò a riunificare la Cina. Tra i  fondatori c’era il giovane Mao Zedong. Negli anni 1923 e 1924 si formò il Fronte Unico Antimperialista tra il PCCh e il Kuomintang.

 

Nel marzo del 1925 muore Sun Yat-sen e Chiang Kai-shek prende il  comando, dedicandosi a controllare con la sua rigida guida il sud della Cina e in particolare  la zona de Shanghai.

 

Chiang non simpatizzava con la dottrina comunista, e nel 1927 iniziò un processo repressivo in gran scala contro i comunisti nelle unità dell’Esercito Nazionale Rivoluzionario, nei sindacati e in altre aree sociali del paese, soprattutto a Shanghai. Inoltre represse fortemente la sinistra nel Kuomintang.

 

Dopo 5 mesi di occupazione militare della  Manciuria, Il Giappone stabilì nel 1932 lo Stato del Manchukuo, che costituiva una grande minaccia per la Cina. Chiang Kai-shek sferrò cinque campagne d’assedio e annichilimento contro comunisti, che divennero forti nelle basi costituite a sud del paese.

 

Con coloro che riuscirono a scappare dal tradimento di  Chiang Kai-shek nel 1927, Mao Zedong diresse nella zona montagnosa delle province di Jiangsu e Fujian lo stabilimento, in un ampio territorio, del centro della resistenza armata, di un forte nucleo di comunisti, conseguenti e ben organizzati, che si denominò Repubblica Sovietica della Cina.

 

Scontrandosi con le forze nazionaliste molto superiori di Chiang Kai-shek, circa 100 mila combattenti cinesi, con la guida di Mao, iniziarono nel 1934 la Grande Marcia verso nordovest, bordeggiando il centro, con un percorso di circa 6 000 chilometri e lottando costantemente per tutta la Cina. La lotta durò più di un anno, una battaglia senza precedenti che fece di Mao il leader indiscutibile del Partito e della Rivoluzione in China.

 

L’applicazione delle idee di Marx e Lenin alle  circostanze politiche, economiche, naturali, geografiche, sociali e culturali della China, lo consacrarono geniale stratega politico e militare della liberazione di un paese il cui peso nel mondo attuale non si può certo sottovalutare.

 

La seconda guerra cino – giapponese inizia il 7 luglio del 1937.

 

I giapponesi provocarono deliberatamente l’incidente che scatenò il conflitto.

 

Un soldato giapponese scomparve mentre il suo esercito realizzava una parata militare nel ponte Marco Polo, su un fiume situato a 16 Km. ovest da Pechino. Incolparono l’esercito cinese, situato sull’altra riva del fiume, d’aver sequestrato il soldato e si scatenò un combattimenti di varie ore

 

Costui apparve di nuovo quasi immediatamente. La denuncia era falsa, ma il comandante giapponese aveva ordinato d’attaccare. 

 

Tokio esigeva condizioni inaccettabili per la Cina, presentate con l’abituale arroganza, e ordinò l’invio di tre divisione equipaggiate con le armi migliori.

In poche settimane l’esercito giapponese controllò il passaggio est- ovest dal Golfo de Chihli — oggi Bo Hai— sino a Pechino.

 

Da Pechino si diresse sino a Nachino, la sede del governo di Chiang Kai-shek. Lì scatenarono una delle campagne terroriste più orrende delle guerre moderne. La città fu devastata come altre similari, decine di migliaia di donne furono violate e centinaia di migliaia di persone brutalmente assassinate.

 

Il Partito Comunista della Cina aveva dato priorità alla lotta per l’unità nazionale di fronte al piano giapponese, il cui obiettivo era impadronirsi dell’enorme paese con le su risorse naturali e sottomettere 500 milioni di cinesi con una spietata servitù. Il Giappone cercava spazi vitali e la sua condotta fu una miscela di capitalismo e razzismo: era la versione giapponese del fascismo.

 

Il Fronte Unito Antigiapponese era già vigente nel 1937.

 

I nazionalisti era coscienti del pericolo. Il Giappone occupò la maggioranza delle città costiere. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale i morti cinesi furono milioni. Durante l’epica contesa i comunisti intensificarono la lotta contro gli invasori, provocando notevoli danni.

 

Gli Usa però prestarono aiuto ai comunisti e ai nazionalisti.

 

Dato che vedevano l’entrata in guerra imminente, sollecitarono dal governo cinese l’autorizzazione d’inviare una quadra di volontari e si creò così l’unita aerea delle Tigri Volanti    

 

Roosevelt inviò il capitano Lee Chenault, ritirato, che disimpegnando il suo compito,  espresse la sua ammirazione per la disciplina, la tattica e l’efficacia dei combattenti comunisti.

 

Dopo l’attacco a Pearl Harbor, nel dicembre del 1941, gli Stati Uniti entrarono in guerra. Senza dubbio il Giappone non mosse mai le sue truppe elite dalla Cina, e alla fine della guerra erano circa un milione di soldati.

 

Chiang Kai-shek, divenuto grazie all’amministrazione Truman — che in un’azione di terrore usò le armi nucleari sulla popolazione civile del Giappone – un uomo forte degli Stati Uniti, riannodò la guerra civile anticomunista, ma le sue truppe demoralizzate non riuscirono a resistere contro l’ondata dell’esercito popolare cinese.

 

Quando terminò quella guerra, nell’ottobre del 1949, quelli del  Kuomintang, appoggiati dagli Stati Uniti scapparono verso  Taiwán, dove stabilirono un governo  anticomunista con totale approvazione yankee.

 

Chiang Kai-shek utilizzò la Flotta degli Stati Uniti nel suo viaggio verso Taiwán.

 

La Cina è forse un oscuro angolo del mondo?

 

Prima che si edificasse Troia e circolassero per le città stato della Grecia l’Iliade e l’Odissea, creazioni senza dubbio meravigliose dell’intelligenza umana, già attorno all’ampio letto del Fiume Giallo si sviluppava una civiltà che comprendeva milioni di persone.

 

La cultura cinese ha le sue radici nella dinastia  Zhou, già dal 2.000 prima di Cristo. La sua scrittura peculiare si basa in varie migliaia di segni grafici che rappresentano in generale parole e morfemi della lingua, termine della  linguistica moderna  poco noto a un pubblico non familiarizzato con il tema.

 

Tutti siamo lontani dal comprendere la magia di questa lingua che, apprendendola, sviluppa l’intelligenza naturale dei bambini cinesi.

 

Molti prodotti creati in Cina, come la povere da sparo, la bussola e altri, erano sconosciuti nel Vecchio Continente e se i venti soffiassero in senso contrario alla rotta seguita da Colombo, forse i cinesi avrebbero scoperto l’Europa.

 

Dal 2000 a Taiwán governava un partito la cui politica neoliberista e pro imperialista era peggiore di quella tradizionale del Kuomintang, ben deciso a impedire il principio di una sola Cina, storicamente proclamata dal Partito Comunista della Cina.

 

Questa spinosa faccenda poteva scatenare una guerra con imprevedibili conseguenze, come una moderna spada di Damocle sulla testa di 1.300 milioni di cinesi.

L’elezione dello scorso 23 marzo del candidato del vecchio partito che fu la base politica di Chiang Kai-shek è stata, di fatto, una vittoria politica e morale della Cina, allontanando dal potere di Taiwan  un partito che – avendo governato per quasi otto anni - era al punto di fare nuovi e funesti passi.

 

Le agenzie hanno informato che la sua sconfitta è stata schiacciante, ottenendo solo 4,4 milioni di voti su 17,3 milioni di aventi diritto. 

 

Il nuovo Presidente verrà letto ufficialmente  il 20 maggio. "Firmeremo un Trattato di Pace con la Cina", ha dichiarato.

 

I dispacci hanno informato che “Ma Ying-jeou è partitario della creazione di un mercato comune con la Cina, principale socio commerciale dell’Isola.

 

La Repubblica Popolare Cinese si mostra degna  e usa cautela in questa spinosa faccenda.

 

Il portavoce dell’Ufficio di Taiwán nel Consiglio Statale di Pechino ha dichiarato ce la vittoria di Ma Ying-jeou prova che "l’indipendenza non è popolare tra i taiwanesi".

 

In questo laconico messaggio si dice molto.

 

In opere elaborate da prestigiosi investigatori degli Stati Uniti è stato scritto su quanto avviene nel territorio cinese del Tibet. 

 

Nel libro “ La guerra segreta della CIA nel Tibet”, di Kenneth Conboy —University Press, del Kansas—, si descrive la sporca cospirazione segreta William Leary la definisce  “uno studio eccellente e impressionante su una delle operazioni segrete della CIA più importanti  durante la guerra fredda".

 

Nel corso di due secoli nemmeno un solo paese del mondo aveva riconosciuto il Tibet come nazione indipendente. Lo consideravano parte integrante della Cina. Nel 1950 l’India lo collocava in questa forma. Dopo il trionfo della Rivoluzione comunista, l’Inghilterra adottò la stessa condotta  e gli Stati Uniti, sino alla Seconda Guerra Mondiale, lo consideravano parte della Cina e facevano anche pressioni  sull’Inghilterra in questo senso.

 

Dopo la guerra in cambio, lo videro come un baluardo religioso contro il comunismo.

 

Quando la Repubblica Popolare Cinese applicò la riforma agraria nei territori tibetani, l’elite sociale del Tibet non accettò che le loro proprietà e interessi fossero danneggiati e questo condusse a un sollevamento armato nel 1959.

 

La ribellione armata in Tibet, a differenza di quelle del Guatemala, di Cuba e di altri paesi dove agirono con fretta, fu preparata per anni dai servizi segreti degli USA, si legge nelle investigazioni citate.

 

Un altro libro, che è apologetico in questo caso della CIA, “I guerrieri di Budda”, il cui autore è Mikel Dunshun, racconta come la CIA portò centinaia di tibetani negli Stati Uniti, diresse la ribellione, la equipaggiò, inviò paracaduti con armi, formò nel loro utilizzo mentre si muovevano a cavallo come facevano i guerriglieri arabi. Il prologo dell’opera è opera del Dalai-Lama, che dichiara: 

 

“Anche se ho il profondo sentimento che la lotta dei tibetani potrà solo trionfare grazie a una messa a fuoco lunga e con mezzi pacifici, ho sempre ammirato questi combattenti della libertà per il loro coraggio e la loro determinazione incontenibile”.

 

Il Dalai-Lama, decorato con la Medaglia d’Oro del Congresso degli Stati Uniti, ha lodato George W. Bush per i suoi sforzi a favore della libertà, la democrazia e i diritti umani.

 

La guerra in Afghanistan è stata definita dal  Dalai-Lama "una liberazione", la guerra di Corea come "semiliberazione" e quella del Vietnam "un fallimento".

 

Ho fatto una sintesi breve di dati presi in Internet dal sito Rebelión  in particolare e non ho incluso, per ragioni di tempo e di spazio, le pagine di ogni libro dove appaiono con precisione le parole testuali utilizzate.

 

Ci sono persone che soffrono di cino-fobia, un abito abbastanza generalizzato in molti occidentali, abituati per educazione e culture differenti, a guardare con disprezzo quello che giunge dalla Cina.

 

Io ero ancora un bambino quando si parlava già del “pericolo giallo”.

 

La Rivoluzione cinese pareva impossibile allora. Le cause vere dello spirito anti cinese erano, al fondo, razzismo.

 

Perché l’imperialismo s’impegna tanto provocare contro la Cina, in forma diretta o indiretta, un danno internazionale?

 

Cinquantanni fa per negare le prerogative eroicamente guadagnate come membro pieno del Consiglio di Sicurezza; poi per gli errori che condussero alle proteste di Tiananmen, dove si adorava la statua della libertà come simbolo di quell’impero che oggi è la negazione di tutte le libertà.

 

La legislazione della Repubblica Popolare Cinese ha brillato con la proclamazione e l’applicazione del rispetto del diritto e delle culture delle 55 minoranze etniche.

 

La Repubblica Popolare Cinese è molto sensibile a tutto quello che ha relazione con l’integrità del suo territorio.

 

La campagna organizzata contro la Cina è come uno squillo di tromba per richiamare ad abbassare il successo meritato del paese e del suo popolo come anfitrioni dei prossimi Giochi Olimpici.

 

Il Governo di Cuba ha emesso una dichiarazione categorica d’appoggio alla Cina a proposito della campagna contro di lei, vincolata al Tibet.

 

Questa posizione è corretta. La Cina rispetta in diritto dei cittadini di credere o meno. In questo paese ci sono gruppi di credenti musulmani, cristiano - cattolici e non cattolici, di altre credenze e decine di minoranze etniche, i cui diritti sono garantiti dalla Costituzione.

 

Il nostro Partito Comunista prevede che la religione non è un ostacolo per essere militante e rispetta il  diritto di credere sostenuto dal Dalai-Lama, però io non sono obbligato a credere al  Dalai-Lama.

 

Ho molte ragioni per credere nella vittoria della Cina.

 

 

Fidel Castro Ruz
31 Marzo del 2008

Ore 17.15