Socialismo significa giustizia sociale ed

uguaglianza,ma l’uguaglianza non è

l’egualitarismo

 

Discorso pronunciato dal Generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz, Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, alla conclusione della prima sessione ordinaria della VII Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular.

 

Palazzo delle Convenzioni, L’Avana, 11 luglio del 2008,

50º Anno della Rivoluzione"



Compagne e compagni:

 

La Dichiarazione d’appoggio ai nostri Cinque compatrioti che soffrono ingiuste condanne nelle prigioni degli Stati Uniti, approvata da questa Assemblea, è un’altra modesta azione nella lotta per la loro liberazione, che non s’interromperà sino al loro ritorno, con il sostegno crescente di tutti coloro che nel mondo intero credono nella giustizia.

 

A Gerardo, Antonio, Ramón, Fernando e René, inviamo il forte abbraccio del Parlamento cubano.

 

Una parte importante di questa prima sessione ordinaria l’abbiamo dedicata ad analizzare cose tanto vitali come la protezione del lavoratore e il suo diritto a un giusto ritiro.

 

Il progetto della nuova Legge di Sicurezza Sociale, e soprattutto i cambi proposti per l’età della pensione e gli anni di lavoro per averne diritto, corrispondono alla realtà di un paese dove la speranza di vita è sempre più alata e la natalità si mantiene, da alcuni anni, con cifre molto basse.

 

Permettetemi di dedicare alcuni minuti e d’insistere, ampliare o attualizzare alcuni dei dati che voi avete ricevuto o che sono statti esposti dal Ministro del Lavoro e la Previdenza Sociale, su questi due indici: la speranza di vita e la natalità, che rendono necessaria la necessità di modificare la Legge di Previdenza Sociale, con l’obiettivo d’informare direttamente al nostro popolo.

 

Ho qui il "Riassunto esecutivo del calcolo della Speranza di Vita in Cuba", concluso solo pochi giorni fa dall’Ufficio Nazionale di Statistica e che non è ancora stato pubblicato.

 

Leggo un paragrafo:

 

"Cuba nel periodo 2005-2007 ha raggiunto una speranza de vita di 77,97 anni per i due sessi: 76 per gli uomini e 80,02 per le donne".

 

In altre parole questo privilegio che riguarda ugualmente tutti i cubani, ci situa tra il 25% della popolazione del pianeta i cui bambini possono aspirare a vivere 77 o più anni.

 

Significa anche che i nostri compatrioti vivono cinque anni più della media del resto dei latino americani e degli abitanti dei Caraibi.

 

Non ci sono differenze notevoli tra le province, ma come dato curioso i risultati più bassi si vedono nella capitale con 76,81 anni e i più alti a Las Tunas con 79,27, così che non consiglio d’emigrare da oriente a occidente a coloro che aspirano a vivere il più a lungo possibile.

 

Nel periodo 1950-1955, quando attaccammo la Caserma Moncada, la speranza de vita alla nascita era di circa 59 anni, ossia da allora si è incrementata di circa 20 anni, nonostante le difficoltà imposte dal blocco e il resto delle aggressioni dell’impero, alle quali si sommarono successivamente i problemi derivati dal periodo speciale. Questa è senza dubbio una gran vittoria della Rivoluzione.

 

Un altro indice molto importante, per la sua implicazione nel tema che analizziamo, è quanto vivrà, come media, un cubano che oggi ha 60 anni d’età. È quello che si definisce speranza di vita geriatrica, che attualmente è di 20,8 anni per gli uomini, l’ottavo posto a livello mondiale con Francia e Italia. Gli Stati Uniti occupano il 10º - e per le donne cubane è di 23,4 anni, il 16º posto nel pianeta, al disopra di paesi come il Regno Unito, la Danimarca e la Norvegia.

 

Agli anni della pensione vanno aggiunti quei ventanni che come norma sono la tappa da bambino e da studente, nella quale logicamente non si produce, ma si apprendono le conoscenze necessarie, questione ugualmente essenziale.

 

Cioè, durante un periodo superiore ai 40 anni, poco più di metà della aspettativa di vita di un cubano, tutte le spese necessarie sono coperte da coloro che lavorano che come spiegherò dopo, divengono sempre meno.

 

È una situazione demografica ed economica molto differente a quella esistente il primo maggio del 1963, quando la Rivoluzione promulgò la Legge 1100, che per la prima volta garantì nel nostro paese la previdenza sociale a tutti i lavoratori e alle loro famiglie.

 

Da quel giorno lo Stato rivoluzionario ha assunto anche le spese delle 55 "casse di ritiro", esistenti sino ad allora, incapaci di pagare le pensioni a migliaia di operai che avevano contribuito a mantenerle durante tutta la vita lavorativa, per scoprire nella vecchiaia che i fondi erano stati rubati dai funzionari dei governi corrotti prima del 1959 e soprattutto nella tiranna di Batista, lasciandoli completamente in miseria.

 

Nel mese di maggio del 1963 fu stabilita l’età pensionabile a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne, in un momento in cui il principale problema del paese erano le migliaia di disoccupati, gli indici di natalità rompevano il record storico e la speranza di vita era relativamente bassa, di circa 62 anni.

 

La realtà attuale è radicalmente distinta e impone d’estendere la vita lavorativa attiva dei cittadini. Ricordate che nel bilancio approvato da questa Assemblea per quest’anno, le spese per la previdenza e l’assistenza sociale rappresentano il 13 ,8%, una cifra vicina ai 5.200 milioni di pesos.

 

Inoltre a tutto questo si somma il problema della bassa natalità persistente da decenni; questo e altri fattori motivano la lieve diminuzione della popolazione negli ultimi anni.

 

Nel 2006 le nascite hanno toccato il livello più basso degli ultimi 60 anni e la popolazione è diminuita di 4000 abitanti rispetto all’anno precedente. Nel 2007 è diminuita un poco meno, per un piccolo incremento della natalità, ma la tendenza si mantiene.

 

La combinazione di tutti questi processi comincia a riflettersi in maniera sfavorevole sulla popolazione in età lavorativa Se nel 1980 vi giunsero 238.000 giovani, l’anno scorso questa cifra è stata di circa 166.000 - 72000 meno - e si stima che discenderà sino a 129.000 per il 2020.

 

Questi pronostici indicano che nell’anno 2025 ci saranno 770.000 cittadini in meno in età lavorativa del totale attuale e nei termini della Legge di Previdenza Sociale vigente, saranno più coloro che lasceranno la vita lavorativa attiva di coloro che vi entreranno a far parte.

 

Sono inoltre problemi, come tutti quelli demografici, che non si possono risolvere in tempi brevi e il tempo passa rapido!

 

Le persone con più di 60 anni costituivano nel 2007 il 16,6% degli abitanti del paese (un anno prima erano il 15,9%), e aumenteranno in questa proporzione in forma sempre più pronunciata nei prossimi anni.

 

In realtà non abbiamo scoperto niente di nuovo. Come riflettono i dati che avete le modificazioni incluse in questo Progetto di Legge, si applicano da anni nelle nazioni che affrontano una simile situazione demografica - i paesi più sviluppati in generale – anche se come si sa questi paesi ammortizzano gli effetti negativi con il furto dei cervelli e l’importazione di mano d’opera economica, proveniente dal Terzo Mondo.

 

Alcuni dati. Età della pensione negli Stati Uniti è di 65 anni, sia per gli uomini che per le donne; lo stesso in Canada e in Messico, tra i paesi d’America.

 

In Europa esistono gli stessi parametri di 65 anni per i due sessi in Finlandia, Svezia, Spagna e Germania, in Asia, in Giappone. Ne potremmo citare anche altri.

 

Vediamo quelli che hanno stabilito i 65 anni per gli uomini e 60 per le donne come proponiamo noi. In America Argentina, Brasile e Cile, tra gli altri; in Asia, Israele Iran, e in Europa Italia, Polonia, Romania e Austria – che ha annunciato che porterà a 65 gli anni della anche per le donne. E ci sono altri esempi.

 

Molti paesi hanno privatizzato il sistema di previdenza sociale o questo non copre tutta la popolazione. In buona parte del mondo, il neo liberismo ha fatto si che lo Stato si liberi del problema e che ognuno si arrangi come può.

 

E non si tratta solo di cifre: è evidente che la generalità dei cubani, come tutti coloro che nel mondo contano su adeguati servizi sanitari e un’alimentazione soddisfacente, giungono in buone condizioni fisiche e mentali ai 60 , 65 anni e in età più avanzate.

 

Questo si apprezza a prima vista anche se, come accade, ci sono eccezioni che la legge tiene in considerazione.

 

Nella loro grande maggioranza sono i professionisti, tecnici o persone che svolgono professioni importanti, a volte in numero insufficiente - sommamente necessari al paese – che si sentono in grado di continuare a lavorare, ricevendo la retribuzione corrispondente.

 

Questa è una strada fattibile per le reali possibilità economiche attuali, incrementando le entrate di un importante settore della popolazione, e mi riferisco ovviamente a coloro che andranno in pensione in accordo con le norme della nuova legge.

 

Mi sono esteso, ma penso che il tema lo meriti.

 

Il Progetto Legge presentato include altre possibilità, come quella di ritornare al lavoro ricevendo il salario completo a coloro che andranno in pensione con le nuove regole. Inoltre modifica il calcolo delle pensioni perchè coloro che si pensioneranno secondo i nuovi requisiti d’età e il numero di anni di lavoro, riceveranno una pensione superiore, più corrispondete al salario e alla presenza nel posto di lavoro.

 

Inoltre si studia - anche se non è una parte di questa legge - la possibilità di avere più di un contratto di lavoro, ricevendo il totale delle entrate corrispondenti per la persona che lo desidera, nel detto multi impiego.

 

Com’è già stato spiegato, l’applicazione delle nuove regole sarà un processo graduale che si svilupperà nei prossimi sette anni, con l’obiettivo di non danneggiare i lavoratori che giungeranno in questi anni all’età della pensione prevista nella Legge attuale e desiderano riceverne i benefici.

 

Si è pensato inizialmente in una tappa di transizione di dieci anni, ma più la prolungheremo più forte sarà la crisi, dato che a partire dal 2020 saranno di più coloro che andranno in pensione di coloro che s’incorporeranno al mondo del lavoro, nei termini della Legge di Previdenza Sociale vigente.

 

Ricordatevi che ho detto che nell’anno 2025 avremo 770.000 lavoratori in meno.

 

Una volta incorporate le considerazioni emesse dai deputati in questi giorni e quelle che si riceveranno dalle consultazioni previste con i lavoratori, si redigerà il Progetto Legge che poi sottoporremo all’Assemblea nella prossima sessione ordinaria alla fine dell’anno.

È un nuovo passo, tra i molti che dovremo fare, nello stabilimento delle norme e meccanismi indirizzati a far sì che il salario recuperi il suo valore.

 

Aggiungo solo che si continua a studiare integralmente il problema del salario, per incrementarlo in maniera graduale e secondo le priorità. Non menziono date nè settori. Dipenderà dalla situazione economica del paese, inevitabilmente vincolata alla crisi esistente oggi nel mondo, che si potrà anche aggravare. È mio dovere esprimerlo con franchezza, ma non sarebbe etico creare false aspettative. Dire il contrario sarebbe un inganno.

 

Passo ad un altro importante tema: oggi ci mancano maestri e professori. Per diverse cause migliaia non stanno più nelle aule; alcuni pensionati, altri per svolgere responsabilità differenti, fuori dal settore dell’educazione, poiché sono quadri ideali per compiti molteplici e in ogni luogo sono benvenuti. A questi fattori si somma il problema del salario.

 

Faccio un richiamo a questi maestri e professori perchè ritornino alla loro nobile professione e, nel caso dei pensionati che possono apportare la loro professionalità e la loro esperienza in un’aula, proporremo al Consiglio di Stato, prima che inizi il nuovo corso scolastico, d’approvare la nuova Legge di Previdenza Sociale, che li autorizzi provvisoriamente e in forma eccezionale a ricevere, dal loro rientro il salario integro previsto, senza limitare il diritto della pensione.

 

Confidiamo che saranno molti coloro che ritorneranno per apportare le conquiste della nostra educazione aiutando nello sviluppo della preparazione e dello sviluppo dei maestri Giovanni, coloro che hanno contribuito a far sì che Cuba occupi uno dei primi posti in questo decisivo settore, come ha dimostrato uno studio recente della UNESCO, che situa il nostro paese al primo posto tra tutti quelli dell’America Latina, in matematica e lettura nelle elementari e in matematica e scienze sino alle medie, con più di 100 punti al disopra della media regionale. Esistono deficienze, le conosciamo, ma non ci sono dubbi che i nostri maestri e professori meritano tutto il riconoscimento e il rispetto di tutta la società e soprattutto quello dei genitori e degli alunni.

 

Ricordo che alcuni anni fa di fronte alla necessità di rimodernare in forma totale le nostre riserve di armi, chiamammo ingegneri tecnici e operai specializzati e altri specialisti dell’Industria Militare già pensionati.

 

Molti risposero e continuano a lavorare anche se sono nonne e nonni.

 

Tornando al tema del salario : tutti vorremmo andare più rapidamente, ma è necessario attuare con realismo, come non fanno coloro che propalano nel mondo l’assurda, ma non ingenua menzogna che un lavoratore cubano guadagna l’equivalente di 17 dollari al mese come media.

 

Semplicemente calcolano un salario medio di Cuba sul tasso stabilito dalle case di cambio note come CADECA, un dollaro per 25 pesos nazionali. Lo fanno sapendo benissimo che con 30 volte questi 17 dollari, per dire una cifra molto scarsa, nessuno, in nessun paese capitalista, avrebbe accesso a tutto quello a cui invece accede normalmente qualsiasi famiglia cubana.

 

Un solo esempio, un nucleo familiare medio paga mensilmente 118 pesos per i prodotti facilitati, il cui costo ai prezzi attuali è di 61 dollari.

 

Non significa che siamo soddisfatti con quanto abbiamo fatto. Conosciamo le difficoltà, i prodotti che scarseggiano, e lavoriamo per far sì che siano sempre meno quelli che mancano.

 

Se apporteremo tutti, tutto si risolverà più rapidamente, perchè dobbiamo essere coscienti che ogni aumento di salario che si approva o ogni prezzo stabilito deve corrispondere alle possibilità dell’economia.

 

Al contrario, semplicemente aumenta il denaro circolante, i prezzi aumentano automaticamente e non c’è un aumento reale del potere d’acquisto.

 

Queste non sono questioni che si risolvono con un decreto. Nel nostro caso sono anche più complesse perchè la Rivoluzione non applica le dette "terapie d’impatto", che non fanno altro che gettare sul popolo tutte le conseguenze della crisi. Inoltre esistono vizi nelle menti di quadri e lavoratori, come l’indisciplina o la tolleranza di fronte a questa, con un’incidenza nella produzione e nell’efficienza.

 

Che il lavoratore si senta padrone dei mezzi di produzione non dipende solo da spiegazioni tecniche, nè dal fatto che lo si consideri nella su attività. È molto importante che le sue entrate corrispondano all’apporto personale e al compimento nel centro di lavoro dell’oggetto sociale per cui è stato costituto, cioè sviluppando la produzione o l’offerta di servizi che sono stati stabiliti.

 

Riassumendo: che ognuno riceva per il suo lavoro e per questo si devono compiere le seguenti premesse indispensabili:

 

Primo: che questo lavoro apporti realmente per quel che poi tutti vogliono ricevere.

 

Secondo: ordine, controllo e rigorose esigenze che assicurino efficienza e risparmio, ed evitino i furti e il desvio delle risorse.

 

Terzo:, eliminare le gratuità indebite e l’eccesso di sussidi. Ripeto, eliminare le gratuità indebite e l’eccesso di sussidi.

 

Quarto: un adeguato sistema d’imposte e contributi, in modo che tutti apporteremo al sostenimento dei servizi che si offrono gratuitamente o a prezzi fortemente sussidiati, e finanziare attività come la difesa, la sicurezza e l’ordine interno, l’amministrazione pubblica e altre voci imprescindibili per il funzionamento di qualsiasi paese.

 

Socialismo significa giustizia sociale e uguaglianza, ma uguaglianza di diritti, di opportunità, non di entrate. Uguaglianza non è ugualitarismo. Questa, in ultima istanza, è una forma di sfruttamento: quella del buon lavoratore da parte di quello che non lo è o peggio ancora da parte dello sfaticato.

 

Un altro fatto decisivo è che la forza lavoro sia lì dov’è necessaria. Al contrario, chi seminerà gli alimenti che consumiamo e aumentano di prezzo in continuazione nei mercati internazionali? Yo lo simplifico a veces y pregunto: ¿Quién va a sembrar los frijoles? ¿Quién va a construir las obras que se requieren? ¿Quién va a producir lo necesario para mantener esos crecientes gastos de la seguridad social de que hablábamos, de la salud, la educación?, por sólo mencionar esas tres importantes conquistas sociales, a las que el país destina cerca del 43% de los gastos presupuestarios, y si les añadimos los del deporte y la cultura, estas cinco esferas: seguridad social, salud, educación, deporte y cultura representan el 55% del Presupuesto Nacional del presente año; el 45% es para el resto de las actividades del país.

 

Las plazas que otorgan los centros educacionales deben ser proporcionales a las necesidades y posibilidades futuras de empleo de cada lugar específico. Repito: Las plazas que otorgan los centros educacionales deben ser proporcionales a las necesidades y posibilidades futuras de empleo, y además ser ocupadas por los realmente interesados en llevar a la práctica esos conocimientos. Pregunten cualquier dato, que hay quien se gradúa en una cosa y a los tres meses está en otra, y eso cuesta. Hay quien por no ir a un lugar se matricula en un tecnológico y después hace sus maniobras y sus cosas para ir a otro lugar.

 

Ustedes vieron a una diputada aquí hablar de las necesidades de los politécnicos, tecnológicos, dijo, para el Ministerio de la Industria Sideromecánica.

 

Aquí voy a hablar de la agricultura y de las tierras que se entregarán. ¿Estará por ahí María del Carmen, la ministra de la agricultura?, que anoche te pregunté un dato en la reunión que tuvimos del Consejo de Estado y del Buró Político, donde analizamos estas cuestiones y este discurso.

 

¿Tienes el dato de cuantos agrónomos tenemos graduados en el país y cuántos están trabajando en su especialidad?

 

María del Carmen Pérez.- Sí. Ayer después conversé con el compañero Fernández y veía que en total se habían graduado más de 31 000 agrónomos, y en estos momentos en el sector, en el Ministerio de la Agricultura —no hablo del Ministerio del Azúcar— tenemos un 8%, alrededor de 6000 ó 7000 graduados de ingeniería agrónoma.

 

Raúl Castro.- Deben haberse muerto algunos, algunos fallecidos, etcétera.

 

El Ministerio del Azúcar debe tener menos; no te pregunto (Se refiere a Ulises Rosales), que a ti no te pregunté ayer, ¿o lo tienes en la mente? ¿O me dices un más o menos?

 

Ulises Rosales.- Compañero General de Ejército, nosotros tenemos el 20% y con los que están estudiando completamos, somos privilegiados por lo que se decidió con la tarea Álvaro Reinoso.

 

Raúl Castro.- Claro, y la reducción del sector.

 

Pero ese es un ejemplo y no es el más elocuente. Pero a nivel territorial ustedes mismos pueden comprobarlo.

 

Gracias a los dos.

 

La armonía en la planificación y la organización es esencial en el socialismo. Su ausencia puede conducir a un caos más peligroso que el característico del capitalismo, donde las leyes del mercado terminan por establecer cierto orden y equilibrio, aunque sea a costa del sacrificio de miles de millones de seres humanos a escala mundial.

 

En el socialismo es indispensable que en los planes económicos la asignación de recursos se ajuste estrictamente a los ingresos disponibles. No podemos aspirar a que 2 y 2 son 5; 2 y 2 son 4; más bien a veces en el socialismo 2 y 2 da 3.

 

Les transmito estas ideas en primer lugar para incitarlos a pensar, no sólo a ustedes, compañeras y compañeros diputados, sino a todos los compatriotas, a todo el país. Algunas son valoraciones personales que no deben interpretarse como inmutables. Son asuntos que estamos en el deber de estudiar y debatir con profundidad de manera objetiva, única forma de continuar aproximándonos a las fórmulas más convenientes para seguir adelante con la Revolución y el socialismo.

 

No olvidemos la reflexión del compañero Fidel, en aquella trascendental intervención en el Aula Magna de la Universidad de La Habana, el 17 de noviembre del 2005, cuando dijo:

 

"Una conclusión que he sacado al cabo de muchos años: entre los muchos errores que hemos cometido todos, el más importante error era creer que alguien sabía de socialismo, o que alguien sabía de cómo se construye el socialismo", hasta aquí sus palabras.

 

También es un concepto de validez permanente que mientras menos recursos existan, mayor disciplina se requiere y más hay que prever, planificar, organizar, exigir y ahorrar. Así lo impone con urgencia la actual coyuntura económica internacional y, por lo tanto, la nuestra.

 

Ya yo no soy muy joven, aunque me sienta joven, y muchas de estas cuestiones las hemos comprobado, las hemos practicado. Cuando teníamos un gigantesco ejército que llegó a tener, contando los 55 000 hombres que había al final en Angola, alrededor de 280 000 hombres y 50 000 oficiales, se creó una situación muy difícil, aunque ya habíamos hecho las correspondientes reducciones paulatinamente cuando cayó la Unión Soviética, y esto lo practicamos nosotros en las Fuerzas Armadas, y nos dio resultado, y hemos tenido éxito en todo.

 

Pero vale la pena repetir este concepto. "También es un concepto de validez permanente que mientras menos recursos existan, mayor disciplina se requiere y más hay que prever, planificar, organizar, exigir y ahorrar. Así lo impone con urgencia la actual coyuntura económica internacional".

 

En el 2003 el barril de petróleo se cotizaba en alrededor de 28 dólares. En igual fecha del pasado año ya estaba entre 70 y 80. En días recientes rompió la barrera de los 145 dólares, más de cinco veces el precio de hace apenas cinco años, y es imposible predecir hasta dónde será la escalada, ya que su agotamiento a nivel mundial es más rápido de lo calculado. Como un ejemplo de lo expresado, hace unas horas, en Europa, el precio del barril rebasó los 147 dólares, el petróleo de Brent, del norte; estuvo a 145 hace unas 72 horas, bajó un poco, después hace unas horas se puso ese a 147; no había movimiento en el mercado de Estados Unidos y, mientras estábamos en el receso del almuerzo, en Nueva York alcanzó la misma cifra, un poco más, 147,50. El dólar siguió devaluándose.

 

A lo anterior se suman otros factores como la producción de agrocombustibles, la especulación financiera y la devaluación del dólar —por citar sólo algunos de los fundamentales— que han disparado los precios de prácticamente todos los productos destinados a la alimentación humana y de los insumos para producirlos.

 

Tres ejemplos. En julio del 2007, el costo de importar una tonelada de arroz ya se había elevado hasta 435 dólares, hoy exige erogar 1 110 por tonelada, lo que antes era 435. Igual cantidad de trigo, una tonelada, el año pasado, cuando hablábamos en Camagüey, se compraba por 297 dólares, ahora requiere más de 409. Y como dije el 26 de julio en Camagüey, la tonelada de leche en polvo se cotizaba en ese momento al astronómico precio de 5 200 dólares mientras hace cuatro años se adquiría por unos 2 100, menos de la mitad del precio actual.

 

¡Todo sube!, y para colmo, entre los que más han crecido están los precios de los fertilizantes, esenciales para que los rendimientos sean mayores. Uno de los más importantes, la fórmula completa de cultivos varios, elevó su precio de 303 dólares la tonelada en julio de 2007, a 688 en este momento. Otro fertilizante muy empleado, la urea, la tonelada costaba unos 400 dólares hace un año, ahora hay que pagar casi 700. ¡Parece obra del diablo!

 

Se va cumpliendo de manera abrumadora la predicción de Fidel en su Reflexión del 28 de marzo del 2007: "Condenados a muerte prematura por hambre y sed más de 3 mil millones de personas en el mundo", así la tituló. Y para tan terrible realidad no se vislumbran soluciones, al menos con la inmediatez que se requiere.

 

Y la situación puede incluso empeorar, aunque algunos se empeñen en cerrar los ojos ante ella. Seguiremos haciendo cuanto esté a nuestro alcance para que esas serias adversidades afecten lo menos posible a nuestro pueblo, pero es inevitable que sufriremos cierto impacto en determinados productos y servicios, pues además el enemigo está haciendo hasta lo imposible para multiplicarnos las dificultades, con la absurda aspiración a ponernos de rodillas.

 

Ante cada medida adoptada últimamente en nuestro país, sale enseguida algún funcionario del gobierno de los Estados Unidos, desde un vocero hasta el propio Presidente, calificándola de "insuficiente" o "cosmética".

 

Aunque aquí nadie les ha pedido opinión, reitero que jamás adoptaremos una decisión, ¡ni la más mínima!, como resultado de la presión o el chantaje, venga de donde venga, de un poderoso país o de un continente entero.

 

Ya lo demostramos cuando bajo el dictado del gobierno de los Estados Unidos, nos expulsaron de la OEA y todos los países latinoamericanos, con la honrosa excepción de México, rompieron relaciones diplomáticas con Cuba.

 

También recordamos cuando en 1996, bajo la misma batuta imperial, los países de la Unión Europea adoptaron la llamada "posición común" contra Cuba.

 

A estos supuestos acusadores, en primer lugar a los Estados Unidos, los pueblos los han sentado en el banquillo de los acusados, por los cientos de personas mantenidas durante años en el territorio usurpado a nuestro país por la Base Naval de Guantánamo, en condiciones infrahumanas y desconociendo las normas universalmente aceptadas de trato a prisioneros.

 

Millones de personas en el planeta los condenan por los cientos de miles de civiles asesinados por las bombas y la metralla del ejército de ocupación, a los que eufemísticamente llaman "daños colaterales"; por el empleo indiscriminado de la tortura, las ejecuciones extrajudiciales y las cárceles clandestinas; por llevar a cabo o ser cómplices de traslados secretos de prisioneros y otras graves violaciones de las leyes y los derechos humanos.

 

Es iluso soñar que un pueblo que ha resistido actos terroristas, guerra económica y agresiones de todo tipo durante medio siglo, va a renunciar a conquistas fruto de enormes sacrificios, sólo para satisfacer a determinados círculos de poder de los Estados Unidos o a quienes los secundan en otras partes.

 

La desigual batalla de esta pequeña isla frente a tan poderoso enemigo le ha granjeado el respeto de los pueblos y de gran parte de los gobiernos, fundamentalmente de los países del Tercer Mundo. Otros, aunque no comparten algunas de nuestras ideas, han asumido una actitud más realista.

 

Voy a abordar ahora otro asunto importante de nuestra economía. Tenemos que revertir definitivamente la tendencia al decrecimiento del área de tierra cultivada, que entre 1998 y 2007, en sólo 9 años, disminuyó en un 33% —una tercera parte de la tierra cultivada—, en lo que influyeron de manera considerable las limitaciones impuestas por el período especial. Dicho en pocas palabras: ¡hay que virarse para la tierra! ¡Hay que hacerla producir!

 

Se trabaja sin improvisaciones ni apresuramientos. Ya existe una estrategia clara y un plan de acciones desde el nivel nacional hasta la base productiva.

 

Son ideas acerca de cómo debe ser la agricultura y la ganadería en Cuba en el momento actual, en que alrededor del 75% de la población es urbana, lo que no quiere decir que el 25% restante trabaje en el campo. Por lo tanto, no puede quedar una hectárea apta sin sembrar, en primer lugar en la periferia inmediata de cada poblado y ciudad. Es mucho más económico aprovechar óptimamente esas tierras cercanas que el incosteable traslado de trabajadores o estudiantes a grandes distancias, a veces para laborar media jornada. Así evitamos pérdidas y baja productividad.

 

Ahí están los magníficos resultados de la agricultura urbana, que sin recurrir a movilizaciones ni a grandes gastos realiza una notable producción de vegetales y ha contribuido al hábito de consumir ese importante alimento y además proporciona empleo a más de 300 mil personas, incluidas unas 67 mil mujeres y alrededor de 40 mil jubilados.

 

Son propuestas realistas para un país cuyos recursos no siempre permiten acudir a las modernas tecnologías, muy productivas, pero caras y que además consumen combustible. Las emplearemos cuando se justifique económicamente, como se viene haciendo con la maquinaria e implementos agrícolas, los productos químicos, los sistemas de riego y los cultivos protegidos, con resultados alentadores aunque todavía incipientes.

 

Pero también hay notables experiencias de productores que alcanzan buenos resultados combinando la ciencia con el buey, el abono orgánico, otros medios tradicionales y sobre todo mucho y eficiente trabajo.

 

Admiro la gran empresa estatal socialista, incluidas las agropecuarias, y no renunciaremos a ellas. Conozco varias que producen con eficiencia. Lo anterior no niega en absoluto el papel de la cooperativa en sus diversas modalidades y del pequeño agricultor, de los que también puedo poner ejemplos muy destacados.

 

Todas son formas de propiedad y producción que pueden coexistir armónicamente, pues ninguna es antagónica con el socialismo.

 

Durante el proceso de reflexión sobre el discurso del 26 de julio el pasado año en Camagüey, realizado a lo largo y ancho del país, se hicieron más de 141 mil planteamientos referidos a la producción o el precio de los alimentos. Fue uno de los temas más abordados.

 

En los doce meses transcurridos se ha trabajado para implementar lo que afirmé en esa ocasión: la tierra, los recursos y todo el apoyo necesario estarán cada vez más a disposición de quienes produzcan con eficiencia, independientemente de que sea una gran empresa, una cooperativa o un campesino individual.

 

En fecha muy próxima, tan próxima que puede ser la próxima semana, se aprobarán —se puede decir se aprobó ya anoche en una reunión conjunta del Buró Político con el Consejo de Estado y otros invitados— las disposiciones legales para iniciar la entrega en usufructo de tierras ociosas a quienes estén en condiciones de ponerlas a producir de inmediato, y se adoptarán otras medidas asociadas a la actividad agropecuaria.

 

Ya se han ido poniendo en práctica algunas necesarias para asegurar este proceso, como la creación de las delegaciones municipales del Ministerio de la Agricultura y el reordenamiento de su sistema de empresas.

 

El Partido, el Gobierno y la Asociación Nacional de Agricultores Pequeños, la ANAP, desde el nivel central hasta los municipios, están siguiendo de cerca este proceso, que inevitablemente requiere algún tiempo para que los resultados sean notorios, sobre todo en medio de una situación económica internacional desfavorable.

 

Ahora se impone como nunca invertir con racionalidad nuestros limitados recursos, esencialmente en la obtención de utilidades que permitan costear los ya elevados gastos sociales del país. La producción de alimentos, la sustitución de importaciones y el incremento de las exportaciones, continúan siendo líneas fundamentales. Además el ahorro, que como ha orientado el compañero Fidel, es hoy nuestra fuente de recursos más inmediata y factible. En primer lugar, el combustible.

 

Establecer prioridades y cumplirlas estrictamente. Postergar las inversiones que no sea imprescindible acometer de inmediato. Donde resulte posible, lógico y se puedan crear las condiciones, acudir al doble turno para utilizar mejor los equipos disponibles y acortar el tiempo de terminación de las obras, muy especialmente en el sector de la construcción.

 

Aprovechar las instalaciones existentes. Por ejemplo, remodelando viejas edificaciones subutilizadas, de las que hay bastantes por todo el país, es posible ubicar, como ya se está haciendo, el equipamiento de las nuevas industrias que se construyen como parte de los programas de la Alternativa Bolivariana para las Américas, el ALBA, especialmente en colaboración con Venezuela.

 

Otro asunto en el que quiero detenerme es el consumo de alimentos y demás productos destinados a comedores obreros, escuelas, hospitales, etcétera, o sea, no hablo de los que se venden por la libreta de abastecimiento o en forma liberada.

 

En esa esfera, que los especialistas han denominado "consumo social", no puede continuar el derroche, la falta de planificación, el descontrol ni su crecimiento desmedido.

 

Sobran ejemplos recientes de cuánto todavía se despilfarra, se emplea en un destino diferente al previsto en los planes o se inmoviliza en un almacén.

 

Mencionaré algunos casos detectados en una reciente visita realizada por el Comité Central del Partido a centros de la capital, o sea, centros de trabajo, hospitales, escuelas, a partir de una experiencia iniciada por el Ministerio de Comercio Interior.

 

Aprovecho para reconocer los esfuerzos que viene realizando este ministerio, que es muy complejo y difícil, en particular su jefe, para cambiar justificaciones por espíritu de resolver los problemas. No es solo un reconocimiento merecido, es a la vez una nueva alerta a cuantos administran o dirigen: revísense constantemente, siempre pensando que nada es perfecto y que todo puede hacerse mejor.

 

Primera conclusión de estas visitas: mes tras mes se entrega la asignación completa de alimentos, como si nadie faltara un solo día al centro de trabajo o estudio.

 

Resultado: alimentos por encima del inventario autorizado, que es de 45 días de cobertura, en la mayoría de los centros visitados. No mencionaré nombres, no es el objetivo, pues desafortunadamente es algo bastante generalizado, repito, bastante generalizado.

 

Dije que debía tener cubierto 45 días, ¿no? Arroz: un hospital con 147 días de consumo, otro hospital con 123, y otro hospital 119 días; un centro de estudios interno 88 días, el doble, otro 86 días, de ese alimento que ha incrementado su precio en más del doble en el último año y vale más de mil dólares la tonelada de arroz.

 

Azúcar, aquí la cosa es en grande: un centro de estudios con una cobertura de 908 días ¡más de dos años!, otro centro de estudio con 639 días, otro con 294 días; un centro de trabajo con 300 días de azúcar, otro 136.

 

Aceite: un centro de estudios 206 días, un centro de trabajo 128.

 

Son cifras impresionantes y espeluznantes. Imagínense esta situación en los miles de comedores existentes en Cuba. Todo eso crea además condiciones propicias para el robo, el desvío o el propio deterioro de los alimentos.

 

Es la consecuencia de abastecer con métodos burocráticos, sin molestarse en comprobar cuántos productos sobraron del mes anterior para completar lo necesario. No, si le toca tanto todos los meses le dan tanto, y si un mes, porque se retrasó un barco o por lo que sea, no le dieron lo que corresponde, en el mes próximo le dan lo del mes y lo que dejaron de darle en el mes anterior. Y son alimentos que en muchos casos se distribuyen gratuitamente o se venden a precios muy inferiores a los reales, que suben a diario. Basta decir —observen esto— que para importar el mismo volumen de alimentos que en el 2007, el año pasado, la misma cantidad, este año se requerirían 1 100 millones de dólares más, para recibir lo mismo. Fíjense si es espeluznante lo que estoy narrando.

 

Sé de organismos, muy pocos por cierto, donde esto no ocurre, sencillamente porque se planifica, controla y exige. Es por tanto algo que está en manos de nosotros resolver, sin recursos adicionales y en muy breve tiempo.

 

Son problemas nuestros. Surgirán otros en el futuro, así es la vida, pero cada vez que detectemos algo mal hecho, hay que trabajar sin descanso hasta eliminarlo.

 

En realidad los retos son grandes y difíciles, pero de situaciones peores ha salido airoso nuestro pueblo.

 

Permítanme poner un ejemplo de las FAR —me da vergüenza, hasta el otro día fui el ministro de las fuerzas armadas—, pues pienso que encierra una valiosa experiencia para momentos como estos.

 

La desaparición de la Unión Soviética significó la pérdida de suministros decisivos para la defensa del país, en momentos en que nuestra economía no podía asegurarlos.

 

Primero dijimos que los frijoles eran tan importantes como los cañones, y cuando la situación se agravó, llegamos a afirmar que los frijoles eran más importantes que los cañones. Algo similar le sucede en estos momentos al país.

 

No hubo lamentos ni justificaciones. Las tropas marcharon a los campos agrícolas y en un plazo relativamente breve produjeron sus alimentos, salvo los que no resultaba lógico o posible, no vamos a producir sal o azúcar, o trigo, que no se puede dar en Cuba. De forma simultánea se fueron organizando las estructuras empresariales que asumieron gradualmente esas producciones, y los combatientes regresaron a sus actividades habituales. Se creó la Unión Agropecuaria Militar, cuyas siglas dicen UAM.

 

Han transcurrido más de 15 años desde entonces. Hoy la preparación para la defensa del país es más efectiva que nunca, incluyendo la Operación Caguairán, que debe ser del conocimiento de todos ustedes y que continúa exitosamente, y además logramos modernizar el armamento —desde la caída de la Unión Soviética no hemos adquirido armamentos, porque tienen precios prohibitivos, y modestamente, con la colaboración de otros órganos de la Administración Central del Estado, los hemos movilizado, los hemos modernizado y constituyen una gran proeza, porque se ajustan perfectamente al tipo de guerra que libraríamos si fuéramos invadidos por el más poderoso país del planeta, que es Estados Unidos. Hemos adquirido piezas de repuestos, además de las que hacemos, decenas de miles de mirillas telescópicas para los francotiradores, si vamos a hablar de armamentos, y algunas cosas menores; pero somos más fuertes que nunca—, gracias al esfuerzo y la inteligencia de los ingenieros y obreros de numerosos organismos, tanto militares como civiles. Y esta importante tarea continúa, es permanente.

 

Las FAR siguen produciendo alimentos y ya abastecen el 79% de sus necesidades, ahora mediante 24 grandes empresas agropecuarias militares donde laboran miles de trabajadores civiles. La mayoría funcionan, además, con eficiencia y generan utilidades.

 

Por eso soy un admirador y firme defensor de la gran empresa estatal socialista industrial, agropecuaria o de lo que sea, pero no subestimo ni a las cooperativas ni a los campesinos, como dijimos.

 

Y el que más y el que menos tiene un pariente en el Servicio Militar y les pueden preguntar la calidad y cantidad de la comida.

 

Ese espíritu que les acabo de explicar, de hace alrededor de 15 años, prendió en nuestro pueblo, el de ¡Sí se puede! Por eso venció obstáculos al parecer insalvables en la etapa más crítica del período especial.

 

Así vamos a hacerlo nuevamente, como siempre —y no estoy proponiendo que empecemos a cerrar fábricas y llevar obreros al campo, por eso decimos que lo primero es, toda la tierra, sea del que sea, próxima a todas las ciudades y poblados, de todos los tamaños, es traer la tierra a la ciudad, para no tener que llevar la ciudad al campo, empezar por ahí—, con el esfuerzo unido y consciente de todos los patriotas. Produciremos alimentos, preservaremos las principales conquistas de la Revolución y seguiremos avanzando sin descuidar un minuto la defensa.

 

Dediquémonos, con modestia y sin fanfarria, cada cual en el puesto que le corresponde, al cumplimiento diario y estricto del deber. Repito: Dediquémonos, con modestia y sin fanfarria, cada cual en el puesto que le corresponde, al cumplimiento diario y estricto del deber.

¡Pienso que esta es la clave para vencer!

Muchas gracias.

Bueno, ¿creen que estén de acuerdo?

Alarcón, usted que es un hombre experimentado en aplausos y votaciones, ¿piensa que están de acuerdo los diputados? (Aplausos.)

Les ruego que se sienten brevemente. Ya esto es extraoficial, aunque puede considerarse como parte del discurso.

 

Como ya decía en el discurso, hay cuestiones que son opiniones personales y que no son inmutables, hay otras que son conceptos, son ideas, otras son informaciones. Este mismo fenómeno con los precios de los alimentos y este mismo fenómeno (lo del consumo social), que lo acabamos de decir, esto es como para que no llegue al 26 de Julio; pero, bueno, faltan solo 15 días para el arribo del 55 aniversario de los ataques a los cuarteles del Moncada y de Bayamo, "Carlos Manuel de Céspedes".

 

Aquí hay cuestiones que son, como les dije, para pensar y hay cuestiones que son directivas, ya que ustedes están de acuerdo, como órgano supremo del poder del Estado, con lo que dijimos ahí; puede ser que alguno no esté de acuerdo con algunas de las cuestiones planteadas, por eso digo que hay unas que son simples expresiones y opiniones personales y otras que son conceptos, pero que constituyen directivas.

 

Ayer se discutió, entre otras cuestiones, por los compañeros que les dije, los órganos superiores del Partido y del Estado —aunque el órgano supremo del poder del Estado son ustedes, no el Consejo de Estado—, y unánimemente estuvimos de acuerdo con esto.

 

Ya inmediatamente se había empezado a trabajar y habrá que elaborar, por el Buró Político, el Consejo de Ministros, si fuera necesario también con el Consejo de Estado, con la aprobación de algún Decreto Ley como el que les mencioné de las tierras hace un momento, hay que sacar una directiva, y si hay tiempo, para el próximo Consejo de Ministros ya la podemos empezar a discutir por allí.

 

Esto desde ahora es así, y a luchar por eso. Eso forma parte ya de las cosas que tendremos que discutir y ya tendremos tiempo de comprobar si sirven o no, cuando celebremos a fines del año que viene nuestro Congreso, porque todos los que estamos aquí, que representamos la voluntad del pueblo, que nos eligió, y del Partido que igualmente nos eligió, aunque hace mucho tiempo, estamos de acuerdo.

 

Pero es muy importante que uno que se sienta allí donde yo estoy (Realiza gesto indicando una barba), está también plenamente de acuerdo (Aplausos).

 

Ya voy a terminar, siéntense (Risas). Y, además, una anécdota también, empezamos casi con un chiste, podemos concluir con otro, pero real. Al llevarle el material, del cual ya habíamos discutido temas a tratar, igual que próximamente en Santiago de Cuba, el 26 de Julio, serán otros temas, como es natural, ni todos pueden enfocarse en una tarde o en una sola sesión de la Asamblea —que hay muchos temas de estos que al desarrollarlos tendrán que volver aquí—; realmente es un discurso difícil (el pronunciado), su propia elaboración, se lo llevé un poco tarde. Él tiene su vida muy activa, haciendo ejercicios, escribiendo, meditando, pensando, a veces es él el que me da noticias internacionales que yo no he tenido tiempo de leer, y le pedí que me contestara lo más rápido posible. Batió récord esta vez, y a través de la interlocutora, que por teléfono me avisaron, hace dos días —por eso la reunión de antes de ayer la tuvimos anoche— y dijo que estaba totalmente de acuerdo —quiero recordar textualmente lo que dijo—, "está perfecto". Cuando me lo comunican, cosa que me alegró mucho, le dije a la persona que hablaba conmigo que lo felicitara, ella me contesta: "¿A él?", digo: "Sí, felicítalo, porque tiene un hermano muy inteligente y lo aprendió todo de él" .

 

Ricardo Alarcón.- Yo dije que usted iba a hacer las conclusiones y las hizo, así que, por lo tanto, lo único que me queda a mí por hacer es declarar concluido este período ordinario de sesiones. Buenas tardes.