GUANTANAMO

Il dilemma delle torture

 

 

5 novembre 2009 - Elson Concepción Pérez www.granma.cu

 

 

 

Il Senato degli Stati Uniti ha approvato una decisione che prevede che i prigionieri dell’illegale base di Guantánamo siano giudicati in suolo statunitense.

 

Ogni tipo di tortura è stata applicata loro senza nessuna accusa.

 

Tale decisione, che era già stata adottata dalla Camera dei Rappresentanti, permette di trasportare i prigionieri negli Stati Uniti con l’unico proposito di farli giudicare da corti federali.

 

Adesso, la decisione, per convertirsi in legge, deve essere firmata da Obama.

 

Tuttavia, è evidente una contraddizione: anche se il giudizio si può celebrare in territorio statunitense, non si permette che i condannati siano incarcerati negli Stati Uniti, e neppure che gli assolti siano lì rilasciati.

 

Che fare dunque?

 

Potrebbe chiedersi Obama, massimo sostenitore del progetto, che ha molto a che vedere con la sua decisione di chiudere la prigione aperta da Bush, prima del gennaio del 2010.

 

 

Storia recente

 

 

L’istallazione, convertita in un campo di concentramento dalla passata amministrazione della Casa Bianca, è stato un chiaro riflesso delle più brutali torture e di altre vessazioni praticate con il bene placido delle più alte cariche direttive del Governo, includendo l’ex Ministro di Giustizia, l’ex Vice Presidente e l’ex Presidente degli Stati Uniti.

 

L’incubo vissuto e denunciato dagli incarcerati, che sono stati imprigionati per vari anni senza nessuna ragione, lascia il passo a quelli che non hanno sopportato tanta brutalità e hanno optato per togliersi la vita, quelli ai quali la tortura è stata applicata sistematicamente, quelli assediati dai cani o minacciati con pistole alle tempie, o semplicemente quelli che sono stati obbligati a rimanere nudi, o ai quali è stato bruciato il Corano, sapendo ciò che questo vuol dire per un musulmano.

 

Adesso è molto comune parlare di metodi applicati dalla CIA e dal precedente governo di Washington contro i reclusi, come fingere esecuzioni sommarie, minacciare una persona con un trapano o il famoso “sistema di affogamento”, nel quale si getta acqua sulla faccia del detenuto incappucciato, impedendogli di respirare.

 

 

Bagram, altro incubo

 

 

La guerra in Afghanistan è un grande incubo per l’amministrazione Obama. In questo caso, per quei prigionieri che secondo le autorità statunitensi sono “combattenti nemici” è stata aperta la prigione di Bagram.

 

Negli otto anni di occupazione del suolo afghano, verso quel recinto carcerario sono stati portati migliaia di detenuti locali e anche dall’estero, stando alle denuncie pubblicate in una ricerca della BBC.

 

La pubblicazione ha reso note diverse interviste realizzate a ex prigionieri, che hanno affermato di essere stati picchiati, privati del sonno e minacciati con cani.

 

Dei 27 intervistati afghani che sono stati portati alla base di Bagram tra il 2002 ed il 2008 per presunta affiliazione ad Al-Qaeda o ai Talebani, nessuno è stato accusato formalmente o processato in un giudizio. Tra le prove delle torture ci sono le aggressioni fisiche, la somministrazione di eccessivo calore o freddo, o suoni con un volume insopportabilmente alto e l’obbligo di denudarsi di fronte a donne soldato. Quattro di loro sono stati minacciati di morte con la pistola puntata alla testa.

 

“In inverno, ti buttavano acqua fredda, ed in estate quella calda. Usavano cani contro di noi, o ci mettevano una pistola alla testa e ci minacciavano di ammazzarci”, ha segnalato alla BBC un ex detenuto.

 

 

Il dilemma: che fare?

 

 

L’attuale Presidente statunitense, a conoscenza del demerito che grava sul suo paese a causa dei metodi di tortura applicati durante l’amministrazione Bush, ha reiterato e assicurato la proibizione degli stessi.

 

Però l’enorme dilemma del che fare dei responsabili resta ancora senza risposta, e compromette le parole del presidente.

 

La presentazione di un rapporto del Dipartimento di Giustizia sulle “tecniche di interrogazione migliorate”, usate nel passato con i sospettati di terrorismo e la richiesta che i loro responsabili vengano processati, continua a non avere una spiegazione soddisfacente nella società statunitense.

 

La domanda è: quando e come si giudicheranno i funzionari di alto livello del Governo che diedero il via libera all’uso delle cosiddette “tecniche intensive” o “migliorate” negli interrogatori, e gli agenti che le utilizzarono seguendo gli ordini superiori?

 

Per sgomberare i dubbi sul fatto che non succederà nulla, l’attuale direttore della CIA, Leon Panetta, ha assicurato che “difenderà i suoi ufficiali che fecero ciò che il loro stato chiese loro di fare”.

 

E cioè, nessun torturatore diretto sarà imputato, perché quello che stava facendo era stato autorizzato da persone come l’ex Presidente George W. Bush e l’ex-vice Presidente Dick Cheney e l’ex Procuratore Generale Alberto González.