Cancun: le cubane rapite

dai narcotrafficanti

 

 

 21 settembre '09 - Jean-Guy Allard www.granma.cu

 

 

Le quattro cubane sequestrate dai Los Zetas, la banda assassina associata alla mafia di Miami, si trovano sotto controllo della rete di prostituzione gestita dal gruppo in territorio messicano.

 

Questo è quanto crede il giornale Por Esto! Dello Yucatán, che ha inoltre reso pubblico, nelle sue ultime edizioni, il caso dei Cubani torturati al loro arrivo in Messico da delinquenti che li hanno catturati in alto mare portandoli a Puerto Juarez.

 

Le quattro ragazze, descritte come “belline” dagli uomini del gruppo, sono state separate, fatte salire in un veicolo, e portate ad una destinazione sconosciuta.

 

“Nulla si sa fino ad ora, ciò che si crede è che siano state costrette a prostituirsi in case di appuntamento clandestine o in bar controllati dalla banda” dice il giornale più letto della penisola, noto per le sue inchieste realizzate nel circuito della criminalità.

 

D’altra parte, uno dei Cubani riscattati dall’esercito in una casa di sicurezza a Cancún, Eros Gutiérrez Popo, si è in realtà rivelato essere uno dei torturatori che si faceva passare per vittima. “Si incaricava di custodire le persone, oltre a partecipare alle torture, vessazioni ed addirittura mutilazioni,” precisa Por Esto!

 

Fonti sicure affermano che l’altro sequestratore, identificato come tale al momento della liberazione degli ostaggi, è uscito da Cuba solo pochi mesi fa, dopo aver passato in carcere vari anni per malversazione e furto.

 

Distán Farradaz Ulloa viveva nella località di Guïnes, vicino a L’Avana, dove, prima di abbandonare illegalmente il Paese, sviava imbarcazioni nella base locale di pesca.

 

Gutiérrez Popo e Farradaz Ulloa, formavano parte della struttura di cubani con nazionalità statunitense, incaricati dalla mafia cubano-americana di aiutare i Los Zetas nel loro traffico di persone di origine cubana.

 

Nel cellulare dei sequestratori sono state rinvenute fotografie scattate durante le torture e le minacce ai danni dei Cubani, e che ritraggono le ferite causate da colpi di machete. Uno dei sequestrati appare anche con una pistola infilata nella bocca.

 

Queste foto sono state inviate ai familiari dei Cubani per convincerle a pagare il riscatto di 10 mila dollari a persona.

 

Un’operazione realizzata in luglio per il sequestro di una giovane cubana, Taimy González, sequestrata a dispetto del fatto che la famiglia aveva già pagato ai Los Zetas 12mila dollari, conferma il legame esistente tra i sequestratori e la mafia cubano-americana.

 

I delinquenti di origine cubana detenuti sono, tra gli altri, José Luis Hernández Alonso, 48 anni, residente in Florida, Jordy Gutiérrez Piñeros, 29 anni, con domicilio in Av. Coats Street 5445, Napoles, Florida, Gil Hernández Castro, 71 anni, del 33177 Av., F. Pinekey, Florida, Carmen Rives Rives, 47 anni del 1749 South Way 42, Terra, Florida, Julio Rives Rives, 42 anni, del 1227 Fuller Lane, Napoles Florida.

 

Si sospetta che i mafiosi lavorino spesso con la complicità delle autorità locali che si prestano addirittura per scortare le vittime, e poi “chiudono gli occhi” in cambio di denaro.

 

La recente operazione di sequestro è stata preceduta da molte altre ancora. Le vittime terrorizzate conservano generalmente il silenzio rispetto alle atrocità subite.

 

Il padre della giovane Taimy González ha svelato alla Sotto Procura alla Giustizia dello Stato che aveva pagato con anticipo il trasporto della figlia fino alla città di Miami, Florida, ad una donna “alta, di una certa età e canuta” che gli è stata presentata con il nome di “Mami”. Tuttavia, i Los Zetas, hanno poi richiesto all’uomo un milione di pesos messicani in più per liberare la giovane e lasciarla arrivare alla frontiera statunitense.

 

A Miami, la mafia cubano-americana ed i suoi portavoce nel Congresso promuovono in ogni opportunità la Ley de Ajuste Cubano che favorisce il traffico lucrativo di persone verso il Messico.

 

Gli emigranti ai quali le autorità statunitensi negano il visto viaggiano in Messico e poi alla frontiera con gli Stati Uniti dove approfittano di questa legge, per entrare in territorio nordamericano, mentre ai messicani ed ai centroamericani che muoiono a dozzine nel tentativo di attraversare la frontiera per cercare lavoro, viene negata l’autorizzazione.

 

I Los Zetas, gruppo armato del Cartello del Golfo, trafficano inoltre honduregni, salvadoregni, guatemaltechi, dominicani, haitiani ed anche asiatici.

 

 

Cancún: 15 cubani torturati e mutilati

dai mafiosi di Miami

 

 

19 settembre '09 - Jean-Guy Allard www.granma.cu

 

 

Un cubano-americano di Miami, identificato nella rete mafiosa del traffico di persone, è stato arrestato a Cancún, in Messico, in un operativo dell’Esercito messicano durante il quale  quindici cubani senza documenti e vittime dei maltrattamenti del delinquente, sono stati riscattati.

 

Barragan

La stampa messicana ha segnalato che Tristán Barragán, di Miami, è il trafficante di persone che ha sequestrato dal 1º settembre gli immigranti illegali in una casa nella Supermanzana 75, una zona popolare di Cancún, sino al loro eventuale trasporto verso gli USA. Due complici di Barragán sono riusciti a scappare. 

 

Interrogati dagli investigatori, i detenuti hanno detto che erano sbarcati il 1º settembre e che da allora erano “sotto la protezione” di Barragan, un membro della mafia di Miami.

 

Hanno confermato che il delinquente reclamava almeno 10000 dollari  a persona, per rendere possibile il loro passaggio nel Messico e l’ingresso negli Stati Uniti,  ma, dato che i loro familiari non consegnavano il deposito in denaro, erano stati vittime di forti maltrattamenti.  Non ricevevano quasi cibo e molti presentavano macchie di sangue nei vestiti.  L’esercito ha dato loro cibo e acqua immediatamente dopo il primo interrogatorio dei giudici della Procura.

 

L’operazione militare realizzata di fronte all’inerzia dei responsabili locali dell’Istituto Nazionale di Migrazione - INMI - è durata circa due ore.

 

Gli illegali intercettati sono stati messi a disposizione del INMI è per la loro deportazione, mentre quattro donne che erano sulla stessa imbarcazione sono scomparse, ha rivelato il quotidiano Por Esto!, che ha pubblicato: “I cubani sono stati intercettati in alto mare da un’imbarcazione che li ha abbordati, e così sono giunti a Puerto Juárez, dove erano attesi da una camionetta  che li ha trasferiti sino alla casa di Cancún.

 

Poi sono stati picchiati molto duramente perchè rivelassero nomi  e telefoni dei familiari, che dovevano pagare 10000 dollari a persona per farli rilasciare in libertà e perchè potessero raggiungere la frontiera con gli Stati Uniti.

 

Non tutti hanno pagato e ad alcuni sono stati tagliati pezzi di orecchie per fare pressione sulle famiglie.

 

Dopo 10 giorni di botte e di torture i sequestrati sono riusciti a chiedere aiuto, lanciando un messaggio scritto verso una casa vicina.  I cubani hanno detto che chi li torturava erano figuri incappucciati che giungevano di notte.  

 

A Puerto Juárez le donne sono state subito trasportate via con un’altra camionetta.

 

I vicini della casa hanno rivelato un dettaglio importante, dicendo che appariva con frequenza una camionetta tipo Escalade color oro, con targa della Florida, Stati Uniti.

 

Il lucrativo traffico di persone, assieme al narcotraffico, ha provocato negli ultimi anni una guerra selvaggia tra i gruppi di delinquenti nella città, che le autorità riconoscono come centro delle operazioni della mafia cubano-americana di Miami in Messico.

 

Il capo della mafia cubano-americana dello Yucatán, Iván Gregorio Blanco Herrera, noto come “El Iván”, è stato giustiziato da rivali il 18 giugno scorso e  pochi mesi fa le autorità messicane hanno confermato che le reti mafiose di Miami vincolate al narcotraffico, controllano tutto il traffico dei migranti senza documenti, ed è stato sottolineato che gli Stati Uniti fomentano il traffico con la loro politica di accogliere qualsiasi cittadino cubano, senza considerare i metodi usati per raggiungere il territorio nordamericano.

 

L'FBI, sempre compiacente con la mafia cubano-americana, resta a braccia incrociate di fronte al fenomeno.

 

Nel luglio 2008 il quotidiano La Jornada ha pubblicato rivelazioni che documentano i vincoli della Fondazione Cubano- Americana - FNCA - al cartello del Golfo del narcotraffico e alla sua rete di assassini pagati, sicari, nota come Los Zetas, che da anni estende le sue operazioni al commercio delle persone.