Attenzione al turismo

 

degli Stati Uniti

 

 

 

15 maggio '09 - M.E.Yepe www.granma.cu

 

 

I vantaggi ed i pericoli che Cuba si apra ai turisti degli Stati Uniti si cominciano a valutare dai più diversi angoli ed interessi, sia negli Stati Uniti e Cuba sia in altri contesti.

 

Al nord dello stretto di Florida – mostrano i sondaggi – la cittadinanza favorisce la fine della proibizione dei viaggi a Cuba, nonostante la campagna diffamatoria contro il processo politico cubano che si sviluppa in quel paese da mezzo secolo.

 

Fonti informate stimano che circa 40mila cittadini degli Stati Uniti arrivano ogni anno a Cuba, attraverso il Messico o il Canada, in vacanza, a rischio di essere sanzionati come trasgressori delle leggi migratorie del loro paese, ma con la piena conoscenza delle autorità migratorie cubane. La cifra sebbene insignificante nel gran totale di 2,3 milioni di turisti ricevuti nel 2008, è rivelatrice, considerando le severe condanne a cui si espongono questi vacanzieri furtivi.

 

La posizione invariabile del governo cubano al rispetto è stata quella di non ostacolare la visita di statunitensi a Cuba, come parte della sua politica contro l’isolamento.

 

Recentemente, il presidente dell’Associazione dei Tour Operator degli USA, Bob Withley, ha dichiarato che esiste una mistica relazionata a Cuba, precisamente perché molta gente vuole vedere “quello che ci è stato negato come diritto”.

 

Tempi fa, nel pieno mandato di George W. Bush, il Congresso statunitense – senza la maggioranza democratica di oggi – aveva approvato una risoluzione contro la “travel ban” (proibizione dei viaggi”, che non è andata avanti per la minaccia del veto presidenziale. Recentemente, si è saputo che un gruppo senatoriale bipartisan a Washington ha mosso un nuovo progetto legislativo che eliminerebbe la proibizione di viaggiare a Cuba per i cittadini degli Stati Uniti. Si è precisato che l’iniziativa rappresenterebbe per gli imprenditori statunitensi entrate tra 1200 milioni e 1600 milioni di dollari annui e creerebbe in quel paese circa 23mila posti di lavori.

 

Il 6 maggio, l’ex presidente James Carter ha dichiarato al quotidiano Folha de Sao Paulo, Brasile, che le iniziative adottate sinora da Obama, per attenuare le restrizioni dettate contro l’Isola, sono state meno ardite di quanto sarebbe stato desiderabile e non così buone come quelle delle due Camere del Congresso, che oggi si posiziona un passo avanti al Presidente rispetto Cuba.

 

Per Carter, “il prossimo passo dovrebbe essere la rimozione immediata di tutte le restrizioni ai viaggi all’isola… La fine dell’embargo verrà immediatamente”.

 

Quest’ultimo ragionamento è chiaro. Se si calcola che non meno di 3 milioni di cittadini statunitensi si beneficerebbero, ogni anno, della rimozione di viaggiare a Cuba, è logico che gli imprenditori di quel paese esigerebbero di partecipare alla divisione dei benefici economici che creerebbe questo turismo, invece di cederlo graziosamente ai loro omologhi di altri paesi che già sono integrati nell’industria turistica cubana.

 

Contro la misura di riconoscere il diritto costituzionale dei cittadini statunitensi di viaggiare nell’unico paese che gli è vietato dalla legge, si evidenziano nell’ambito legislativo i congressisti d’origine cubana, conosciuti come “i batistiani”, (per le loro radici della tirannia di Batista, sconfitta dalla Rivoluzione), promossi da quattro successive amministrazioni d’orientamento neoconservatore, da Ronal Reagan fino a Bush junior, inclusa quella di Bill Clinton.

 

Anche nei Caraibi si segue attentamente la possibilità che gli Stati Uniti eliminino la proibizione di viaggiare a Cuba che pesa sui suoi cittadini, perché la destinazione Cuba costituisce una competenza molto seria nel mercato dell’industria dei viaggi e dell’ozio, tra chi si aspettava si propagasse il panico, stanno parlando, più dei pericoli, dei benefici che apporterebbe la nuova situazione se questa diventasse un incentivo per tutta la regione.

 

A Cuba, c’è un nutrito numero di sostenitori che il turismo statunitense ritorni ad occupare il luogo preponderante che ebbe prima della Rivoluzione, 50 anni fa, considerando che è evidente la complementarità economica nel settore.

 

L’affluenza massiccia di turisti dell’opulento paese vicino è vista come una forma che terrebbero i cittadini di quella nazione per risarcire i cubani delle sofferenze e delle privazione che, durante 50 anni, gli hanno imposto i governi degli Stati Uniti.

 

Altri, da posizioni che si definiscono meno ingenue, considerano che l’arrivo in grande scala di visitanti del paese leader del capitalismo mondiale servirebbe ai propositi interventisti che hanno sempre guidato la politica degli Stati Uniti verso Cuba, diretti al debilitamento dell’appoggio popolare al progetto rivoluzionario cubano.

 

Il turismo statunitense può essere un beneficio per le due nazioni e popoli se parte da relazioni rispettose tra pari.