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Il traduttore si scusa per gli errori

 

 

Chávez vince ancora in Venezuela, meno

disuguaglianza e più dialettica democratica

 

29.09.10 - G.Carotenuto www.giannimina-latinoamerica.it
 

 

I primi risultati assegnano al Partito Socialista Unitario (PSUV) di Hugo Chávez 95 seggi su 165 nel prossimo parlamento venezuelano. Al cartello delle opposizioni (il MUD, Tavola di Unità Democratica) vanno 64 seggi. A questi si aggiungeranno nelle prossime ore gli ultimi sei seggi. Vanno a partiti minori, almeno due ad un partito di sinistra, a rappresentanti indigeni o sono ancora in ballottaggio tra le due liste maggiori.

 

Se queste sono le cifre, la sensazione più importante è che il Venezuela ha vissuto l’ennesima tranquilla giornata democratica lasciandosi alle spalle la polarizzazione feroce degli anni 2002-2005. Tutti gli osservatori hanno rilevato l’estrema tranquillità con la quale il paese ha votato, la regolarità degli scrutini e il fatto che alle tre della mattina di Caracas ci siano risultati pressoché definitivi.

 

Anche se frastagliata ed eterogenea, e probabilmente incapace di restare insieme, l’opposizione è forte e può finalmente condizionare il governo, che non ha più la maggioranza qualificata, in parlamento. Lo scellerato boicottaggio del 2005 (indotto dal governo Bush e che puntava ad un rovesciamento violento di Chávez dopo il fallito golpe dell’11 aprile 2002) è alle spalle e in pace e democrazia tornerà ad essere rappresentata in parlamento così come governa già in alcuni stati importanti. All’interno della stessa opposizione, lentamente, stanno passando in seconda fila gli estremisti, quelli che hanno sempre puntato al rovesciamento violento del governo, a favore di politici duramente critici ma vincolati a rispettare i processi democratici che, loro malgrado, continuano a premiare la “rivoluzione bolivariana”. Chávez a parole continua ad essere “il demonio”, ma nei fatti queste elezioni hanno dimostrato che anche l’opposizione oramai ritiene possibile e prioritaria una dialettica democratica normale.

 

Al momento di chiudere questo commento non sono ancora disponibili le percentuali, ma il partito di Chávez vince o pareggia nella maggior parte degli stati e, a Caracas, elegge sette dei dieci deputati. Perde invece duramente in un paio di ricchi stati alla frontiera con la Colombia, lo Zulia e il Táchira, e nell’Anzoátegui. Se nei primi l’opposizione è stata sempre forte, il segnale dell’Anzoátegui non va sottovalutato perché il PSUV soffre per la figura abbastanza compromessa del governatore chavista, Tarek Williams. Ciò dimostra che, a parte il carisma del Presidente, gli elettori venezuelani discernono e castigano o premiano se necessario il partito di Chávez.

 

Perché vince Chávez, si domanderà allora il pubblico italiano? Dati come quello sulla riduzione delle disuguaglianze, la più forte al mondo secondo l’ONU, non fanno titoli sui giornali ma hanno significato in questi anni piccoli grandi cambiamenti in positivo per milioni di venezuelani che vivevano nel totale abbandono negli anni ’80 e ’90. Testimoniano che, se oggi la maggioranza del paese si riconosce nel progetto bolivariano, al di là delle critiche che possono essere mosse al Presidente e che tanto scaldano in Europa, è perché in questo trovano dignità e progetti che rendono migliore la vita dei più bisognosi.

 

Il PSUV, fondato nel 2007, alla prima prova con elezioni parlamentari, si è imposto come uno dei partiti più forti dell’intero continente. È una scommessa vinta dal Presidente Chávez, che supera la frammentazione dei primi anni di governo, quando il chavismo era un conglomerato di partiti e movimenti sociali. Il PSUV, però, non ottiene la maggioranza qualificata nel parlamento di Caracas e quindi non potrà più usare decreti legge senza trattare con l’opposizione. È probabilmente un bene perché riconduce anche il processo venezuelano a quella dialettica parlamentare alla quale sono stati sempre vincolati altri paesi, come il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay dove i partiti di centro-sinistra al governo hanno sempre avuto a che fare con opposizioni responsabili.

 

Sono tutti paesi che, in questi anni, si sono mossi nella stessa direzione del Venezuela: rivalutazione del ruolo dello Stato dopo il neoliberismo dogmatico degli ultimi 30 anni del XX secolo, riduzione della disuguaglianza, integrazione latinoamericana. Tra una settimana si vota per le presidenziali in Brasile. Con ogni probabilità una donna ex guerrigliera, Dilma Rousseff, succederà nella continuità totale a Lula da Silva. Ed è questa, che piaccia o no, la cifra attuale dell’America latina.


 

Disinformazione, la stampa

internazionale e la sua testa di turco

 

 

29.09.10 - www.lernesto.it di Eva Golinger*su Il Manifesto del 29/09/2010


 

 

Una campagna asfissiante


Il bombardamento di informazioni false o deformate che riguardano il Venezuela, in questi giorni si è intensificato sia sui media americani che sulla stampa internazionale. Il Venezuela subisce questo attacco a ogni vigilia elettorale. L'offensiva mediatica contro il governo Chávez ha un solo obbiettivo: sostenere gli sforzi dell'opposizione per cacciare dal potere il presidente venezuelano. Dopo otto anni, quelli che perseguono questo obiettivo tentano di giustificare colpi di stato, sabotaggi economici, attentati terroristici, assassini di personalità in vista, manipolazioni elettorali, la guerra psicologica e l'aumento sproporzionato della presenza militare Usa nella regione.


Ogni anno, Washington e le sue diverse agenzie sperano di raggiungere i loro scopi e finanziano con milioni di dollari i partiti politici, le campagne e i candidati dell'opposizione anti-Chávez. I media internazionali portano acqua a quel mulino. A forza di titoloni e reportage distorti, tentano di preparare l'opinione pubblica mondiale a tollerare qualunque decisione presa contro Chávez. Stando a The Economist, «il Venezuela ha l'economia peggiore del mondo». Quanto al New York Times - un riferimento per molti giornali -, afferma che «Caracas è più violenta dell'Iraq». «Il Venezuela vanta il tasso di omicidi più elevato di tutto il continente americano», aggiunge la rivista Newsweek, affermando en passant che «la popolarità di Chávez è al suo minimo storico». Poco importa che i dati non corrispondano alla realtà o che le fonti non siano attendibili, quel che conta è dare l'immagine di uno stato allo sfascio, antidemocratico, isolato a livello internazionale.


La televisione non è da meno. All'inizio di settembre, la CNN ha trasmesso un reportage, intitolato I Guardiani di Chávez (visionabile su You Tube), che associava il governo Chávez a gruppi armati, criminali, terroristi e paramilitari. Il 13 settembre, Patricia Janiot, la star della CNN in spagnolo, ha intervistato in diretta un terrorista in clandestinità, presentandolo come uno «studente perseguitato» dal governo Chávez. Si trattava in realtà di Raúl Díaz Peña, condannato nel 2008 per il coinvolgimento nell'attentato contro le ambasciate di Colombia e di Spagna, compiuto il 25 febbraio 2003 a Caracas. Díaz Peña è evaso di prigione il 5 settembre e ha potuto entrare negli USA senza problema.


Una settimana dopo il suo arrivo, la Cnn lo invitava nella fascia oraria di massimo ascolto.

 

«Quanti altri prigionieri politici ci sono in Venezuela?» gli chiedeva la giornalista che, alla fine dell'intervista, ha anche augurato «buona fortuna» al terrorista, congratulandosi con lui per essere riuscito a sfuggire alla «terribile dittatura di Chávez». Come fa un canale televisivo internazionale a intervistare in diretta un individuo condannato per terrorismo, un evaso, e ad augurargli «buona fortuna»? È possibile solo quando si tratta di Venezuela. Due giorni dopo questa intervista scandalosa sulla Cnn, Fox News titola: «Il Venezuela sospende il 'volo terrorista' verso la Siria e l'Iran». Nel reportage, pubblicato anche sul suo sito internet, Foxnews.com, il canale americano classifica il Venezuela come «uno dei tre stati più compiacenti con i terroristi, insieme a Siria e Iran». A proposito di un volo della compagnia aerea nazionale Conviasa, la Fox afferma che «l'aereo trasportava un carico illegale e micidiale, nello specifico esplosivi e materiale radioattivo, e offriva un passaggio sicuro a terroristi, spie, esperti in armi e alti responsabili dell'intelligence iraniana, nonché a membri di Hezbollah e di Hamas». Le fonti? «Agenti segreti occidentali, personalità dell'opposizione venezuelana e una ex spia iraniana che lavora per la CIA».


Il pericoloso reportage della Fox, nel tentativo di associare il Venezuela al terrorismo, va ancora più lontano. «Reza Khalili, ex guardiano della rivoluzione iraniana, che faceva la spia per conto della CIA, ha dichiarato a Fox News che questi 'voli speciali' facevano parte di una rete terrorista internazionale diretta dall'Iran, che si estende oggi agli Stati uniti. Tehran si serviva di questi voli per creare una base operativa in America».


La Fox accusa così il Venezuela di fornire aiuto per la costituzione di una «rete terroristica» contro gli USA. Accuse simili possono provocare guerre. Ma la cosa più incredibile è che, nel corso di quel reportage, una delle principali fonti ha riconosciuto di non avere prove a sostegno delle sue affermazioni. «Peter Brookes, un ex analista del ministero americano della Difesa e agente della CIA, che lavora oggi per The Heritage Foundation (un think tank di Washington), ha affermato che quel volo trasportava regolarmente tra l'Iran e il Venezuela alcuni alti responsabili dei guardiani della rivoluzione che dovevano essere impiegati nei servizi di spionaggio del paese latinoamericano». E concludeva: «Non sappiamo con certezza cosa succede, sappiamo solo che avviene in gran segreto». Come dire che quella fonte riconosceva di non sapere niente ma che, nel dubbio, si trattava per forza di qualcosa di negativo.


Ecco la logica che Fox News utilizza per tentare di accusare il Venezuela di terrorismo. Una cosa stupida, ma anche molto pericolosa.
 


* Avvocata venezuelana-americana, autrice di «Crociata Usa contro il Venezuela» (Zambon). Con Romain Migus, dirige il Centro Estudios Estrategicos (Cese). L'articolo è tratto dall'agenzia venezuelana Aporrea.