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Oggi messaggio di Fidel agli studenti cubani
 

17 novembre 2010 - www.granma.cu

 

Oggi alle 18.00 ora cubana, mezzanotte in Italia, nello spazio della Tavola Rotonda si diffonderà un Messaggio del Comandante in Capo, Fidel Castro in occasione del Giorno Internazionale dello Studente  e del 5º anniversario del suo storico discorso nell’Aula Magna dell’Università de L’Avana del 17 novembre 2005.

 

Cubavisión, Cubavisión Internacional, Radio Rebelde e Radio Habana Cuba trasmetteranno questo importante avvenimento che verrà ritrasmesso dal Canale Educativo alla fine della sua programmazione.

 

Frammento del discorso pronunciato da Fidel Castro Ruz, Presidente della Repubblica di Cuba, all’Aula Magna dell’Università dell’Avana il 17 novembre 2005 in occasione del 60º anniversario della sua entrata all’Università. (Rivisto e corretto dall’autore, con assoluto rispetto per l’integrità delle idee espresse nel discorso).

 

Cari studenti e professori delle università di Cuba;

 

Cari compagni dirigenti e altri invitati che hanno condiviso con noi tanti anni di lotta, Ecco il momento più difficile, quello di dire alcune parole in questa Aula Magna dove ne sono state pronunciate tante. Un mondo di idee ci arriva in mente, ed è logico perché sono trascorsi molti anni.

 

Siete stati molto gentili nel ricordare questo giorno tanto speciale: il 60º anniversario del mio timido ingresso a quest’università.

 

C’è una foto, la stavo guardando poco fa: indossavo una giacca e avevo un’espressione non so se da arrabbiato, da cattivo o da buono, oppure da indignato, perché quella foto non è stata scattata il giorno del mio arrivo, mi sembra che alcuni mesi erano già trascorsi, e cominciavo a reagire contro tante brutte cose che vedevamo.  Non era un pensiero formato, niente affatto; era un pensiero avido di idee, ma anche brama di sapere; uno spirito forse ribelle, pieno di illusioni, che all’epoca non posso dire che fossero rivoluzionarie, sarebbe meglio dire  pieno di illusioni, di energia, ma possibilmente anche desiderio di lotta.

 

Ero stato uno sportivo, uno scalatore di montagne. Mi avevano persino fatto diventare -e non so perché– una sorta di tenente di esploratori e dopo mi promossero a generale di esploratori.  Quindi, all’epoca in cui studiavo al liceo  avevo una gerarchia superiore a quella che ho oggi (risate), perché dopo fui Comandante,  ma soltanto Comandante, infatti Comandante in Capo voleva solo dire che ero Comandante capo di quella piccola truppa di 82 uomini circa, con i quali sono sbarcato dal Granma.

Quel grado militare nacque dopo lo sbarco, il 2 dicembre 1956. Tra gli 82 sbarcati qualcuno doveva pur essere il capo, dopo venne aggiunto la preposizione “in”.  Così, a poco a poco, da Comandante capo passai a Comandante in Capo, quando ormai c’erano altri Comandanti, perché per molto tempo fu il grado militare più alto. Ricordavo queste cose.  È conveniente pensare chi eravamo, quali erano i nostri pensieri e sentimenti.

 

Forse circostanze speciali della mia vita mi fecero reagire. Dall’inizio dovetti affrontare delle difficoltà e forse ciò fece sviluppare in me l’ufficio di ribelle.   

 

Si parla in giro dei ribelli senza causa; ma mi sembra di essere stato un ribelle per molte cause, e ringrazio la vita di continuare ad essere ribelle, ancora oggi, e forse con più motivi, perché ho più idee, perché ho più esperienza, perché ho imparato molto dalla propria lotta, perché capisco molto meglio questa terra dove siamo nati e questo mondo in cui viviamo, oggi globalizzato, e che vive minuti decisivi del proprio destino. Non oserei dire minuti decisivi della propria storia, perché la storia del mondo è molto più breve, è infima paragonata alla vita di una specie che forse da 3000, 4000 o 5000 anni fa cominciò a fare i primi passi della sua lunga e breve evoluzione; dico lunga e breve perché evolse fino a diventare un essere pensante forse in un termine di alcune centinaia di migliaia di anni, ma secondo gli intenditori molti anni prima in questo pianeta nacque la vita, se non sbaglio,  1 o 1,5 miliardi di anni fa, prima nacque la vita e successivamente le milioni di specie, ecco ciò che siamo noi, una delle milioni di specie che nacquero in questo pianeta, e perciò dico che, dopo una breve e anche lunga vita, siamo arrivati a questo minuto, in questo millennio, che da quanto si dice è il terzo dall’inizio dell’era cristiana.

 

Perché mi dilungo attorno a quest’idea?  Perché oserei dire che oggi questa specie è in vero pericolo di estinzione, e nessuno potrebbe assicurare, sentite bene, nessuno potrebbe assicurare che sopravvivrà a  questo pericolo.

 

Che la specie umana sarebbe sopravvissuta è qualcosa di cui si era parlato 2000 anni fa, perché ricordo che quando ero studente sentii parlare dell’Apocalisse, profetizzato dalla Bibbia, cioè, sembra che 2000 anni fa alcuni avessero già capito che questa debole specie potrebbe un giorno scomparire.

 

Ovviamente, anche i marxisti. Ricordo molto bene un libro di Engels, “La Dialettica”, dove si parlava che un giorno il Sole si sarebbe spento, che il carburante che nutre il fuoco di quella stella che ci illumina si sarebbe esaurito e che non ci sarebbe più la luce del Sole.  E mi faccio la stessa domanda che probabilmente vi siete fatti voi, o i vostri professori, o migliaia di studenti come voi, cioè, se c’è o meno la possibilità che questa specie possa emigrare verso un altro sistema solare.

 

Non ve lo siete mai chiesto? Ma ad un certo punto ve lo chiederete, perché ci  chiediamo molte cose lungo la vita, soprattutto quando c’è un motivo per farlo. E mi sembra che oggi  l’uomo abbia più motivi che mai per farsi questa domanda, perché se colui che era marxista si pose il problema della scomparsa del calore e della luce solare, e come scienziato disse che un giorno non ci sarebbe più il sistema solare, anche noi, come rivoluzionari, e facendo volare l’immaginazione, dobbiamo chiederci cosa succederà e se c’è qualche speranza che questa specie scappi e vada verso un altro sistema solare dove ci sia o possa esserci vita umana. Finora sappiamo solo che c’è un sole a quattro anni luce, tra le centinaia di miliardi di soli che esistono nell’enorme spazio, di cui non sappiamo ancora bene se è finito o infinito.

 

Da quel po’ di fisica che sappiamo, di matematica, sulla luce e sulla velocità della luce, sappiamo che coloro che viaggeranno ai pianeti più vicini, dove finora non si è trovato nulla, che viaggeranno a Venere –credo che Venere sia stata la dea dell’amore per i greci-, e avranno il privilegio di arrivarci, troveranno cicloni che sono non so quante volte peggiori del Katrina, il Rita o il Mitch, e di tutti gli altri simili che sempre con più forza ci colpiscono, perché si afferma che la temperatura in Venere è di 400 gradi, e ci sono masse d’aria o di atmosfera pesante in continuo soffio.

 

Si fanno ricerche su Marte, che si diceva fosse un piccolo posto dove potrebbe esserci stata vita - Chávez dice che forse c’è stata, è una sua  battuta -, che poi scomparve, cercano una piccola particella di ossigeno o qualche impronta di vita. Qualunque cosa poté accadere, ma il più probabile è che non abbia esistito la vita sviluppata in quei pianeti. L’insieme di fattori che resero possibile la vita nacque dopo miliardi di anni nel pianeta Terra; la fragile vita che può trascorrere tra limitati gradi di temperatura, tra pochi gradi sotto di zero e pochi gradi sopra lo zero,  giacché nessuno sopravvive ad una temperatura dell’acqua pari a 60ºC; basterebbero 20 secondi nell’acqua a 60ºC senza alcuna protezione e nessun essere umano potrebbe sopravvivere, basterebbero alcune decine di gradi sotto zero, senza calore artificiale e nessuno potrebbe sopravvivere.  Entro questi limiti di temperatura ebbe luogo la vita.

 

Stiamo parlando della vita, perché quando parliamo di università parliamo della vita.

 

Chi siete voi? Se me lo chiedessero adesso, direi che siete la vita, che siete simboli della vita.