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Pensiero coloniale e

strategia imperialista

 

  26 marzo 2010 - www.granma.cu

 

Nelle ultime settimane, i nemici delle idee e dell’opera di Cuba l’hanno attaccata sulla stampa con una furia insolita. L’escalation ha come obiettivo il danneggiamento dell’immagine della Rivoluzione per rendere più facile il vecchio e fallito sogno di mettere in ginocchio il suo popolo e fare il cammino che essa ha scelto più accidentato e rovinoso.

 

In quest’ennesima offensiva, soprattutto in Europa, sono stati intensamente utilizzati la stampa scritta e i mezzi elettronici, controllati da gigantesche imprese giornaliste appartenenti a loro volta al potere economico.

 

Nel mezzo di una vera e propria isteria di destra, il Parlamento Europeo ha adottato un accordo di condanna al nostro paese che indignato il popolo cubano per la rozza intromissione nelle questioni interne di Cuba e per aver espresso una politica disperata nella quale si uniscono reminiscenze del pensiero coloniale e la strategia imperialista di dominazione mondiale.

 

Chi è anche solo lontanamente informato di come operano i media, la politica e gli interessi egemonici nel mondo, non può ragionevolmente pensare che la causa di tutto sia la morte volontaria di un detenuto per crimini comuni, perché, coi tempi che corrono, non sono affatto strane, per esempio, le morti nelle prigioni europee, gli scioperi della fame come quelli dei maestri peruviani che reclamano il proprio lavoro, o la cifra preoccupante di suicidi annuali dei medici in Messico.

 

Avranno forse i cubani invaso un altro stato, utilizzato aerei senza piloti e assassinato impunemente la popolazione civile? Avranno tolto denaro ad i poveri per salvare pochi banchieri? Ha per caso deciso il governo cubano di uccidere gli haitiani invece di curarli, lanciare gas lacrimogeni per disciplinare i disoccupati o reprimere gli immigranti? Avrà forse istallato basi militari con il pretesto di alfabetizzare o curare le cataratte? Starà, la piccola isola, facendo soffrire un altro popolo con un blocco immondo? Avrà rubato atleti alle altre nazioni? Ha fatto esplodere in aria aerei con passeggeri a bordo?

 

Queste e molte altre domande di pongono adesso tutte le persone sensate di fronte ad una simile carica di cinismo, menzogna e tergiversazione, nella quale il paese vittima è stato presentato come carnefice.

 

Basta leggere per scoprire senza troppo sforzo il carattere concertato della campagna. In questi giorni di processo elettorale si attacca il sistema politico di cui i cubani, per scelta propria, si sono voluti dotare.

 

Si presenta come un peccato l’unanimità durante la votazione nell’Assemblea Nazionale. Ovviamente non si sono mai approvate leggi contrarie agli interessi del popolo, visto che tutti quelli che legiferano rappresentano quello stesso popolo. Un progetto di legge di taglio neoliberale per privatizzare il patrimonio nazionale sarebbe impensabile a Cuba, dove non esistono appetiti imperiali ne tanto meno un governo che racconta bugie nel suo stesso Parlamento per giustificare l’invio di giovani a morire per una guerra infame.

 

In questa nuova offensiva anti-cubana non mancano le grossolane manipolazioni rispetto alla stampa, i giornalisti e gli studenti di quelle facoltà. Non abbiamo mai reso conto del nostro lavoro a chi in realtà non interessa né il giornalismo né la vita dei giornalisti attuali e futuri, bensì a quelli che si mascherano come tali e che sono pagati come volgarissimi mercenari.

 

Il popolo cubano, che è il proprietario dei media, conosce le proprie capacità e le proprie limitazioni, tanto di carattere obiettivo, quanto soggettivo, sa dei nostri sforzi per renderli migliori, del danno del blocco che impedisce le risorse per donare loro attrezzature più moderne e di una preponderante industria di contenuti, che soffre gli effetti di una politica di ostilità permanente nel terreno della propaganda sovversiva e l’aggressione radio-televisiva.

 

A dispetto delle calunnie e delle limitazioni, non si può negare il rispetto alla verità e all’integrità fisica e morale dei giornalisti a Cuba, dove l’ultimo collega assassinato per aver esercitato la sua opinione fu un reporter ecuadoregno ultimato dalla tirannia di Batista nel 1958, otto mesi prima del trionfo della Rivoluzione.

 

L’opinione pubblica mondiale, e soprattutto l’europea, hanno diritto di conoscere la verità di Cuba, a esigere di non essere ingannata ed il rispetto della decisione dei cubani di vivere con giustizia e dignità. Insistere nella menzogna solo farà ripetere i danni di una politica che non ha la benché minima possibilità di riuscita nel nostro paese, perché è basata sull’imposizione, la prepotenza, il ricatto.


UNIONE DEI GIORNALISTI DI CUBA