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LA STORIA DELL’AVANA:

che compirà 500 anni nel 2019

 

16.11.10 - Gianfranco Ginestri www.granma.cu  (dalla Guida Turistica di Gianfranco Ginestri)

 

Il primo ventennio avanero (1500-19):

 

Dopo vari tentativi itineranti, L’Avana Coloniale, corrispondente all’attuale Avana Vecchia è stata ufficialmente fondata dalle autorità spagnole il giorno di domenica 16 novembre 1519 (col nome di San Cristobal de La Habana), ed è stata l’ultima delle sette principali città coloniali fondate a Cuba dai conquistadores all’inizio del Cinquecento. Durante i suoi quattro lunghi viaggi dalla Spagna a Cuba, effettuati a cavallo dell’anno 1500, il genovese Cristoforo Colombo non giunse mai nella grande baia avanera. Infatti fu il marinaio galiziano Sebastian de Ocampo nel 1508, durante la prima circumnavigazione dell’isola, che ispezionò questa rada lunga cinque chilometri chiamandola Baia de Puerto de Carenas (praticamente: “baia del porto dove si aggiustano le navi”)  la quale,  dopo uno strettissimo canale di ingresso, si allarga internamente con tre vaste insenature  chiamate  Atares,  Marimelena  e  Guanabacoa…  Ufficialmente la capitale di Cuba è nata sulla costa destra di questa baia nel 1519, ma i suoi fondatori, prima di giungere in questa zona, vissero la seguente tribolata storia itinerante… Nel 1514, su ordine del Comandante Diego Velazquez de Cuellar, il comandante iberico Panfilo de Narvaez, giunto nella costa sud-caraibica ove attualmente c’è la città di Batabanò (da dove ora salpano i traghetti per l’Isola della Gioventù) fondò un minuscolo e spartano accampamento militare, dove, oltre ad un piccolo gruppo di conquistadores vi erano pure indigeni cubani e schiavi africani. A tale luogo fu imposto il nome di Villa de San Cristobal de La Habana. Questa denominazione venne data sia per ricordare sia l’ammiraglio Cristoforo Colombo (che in spagnolo si scrive Cristobal Colon) sia per omaggiare il Cacicco Habaguanex (capo indigeno che comandava dalla costa sud-caraibica alla costa nord-oceanica) il quale, assieme alla figlia primogenita di nome Habana, accolse e protesse questi militari dopo un tragico naufragio. (Ma evidentemente la storia e la leggenda si miscelano tra di loro, come hanno scritto sia gli studiosi spagnoli che quelli cubani). Appena un anno dopo la suddetta primitiva fondazione del 1514, siccome la zona era infestata da insetti, gli spagnoli decisero di trasferire il loro villaggio verso il centro dell’isola, risalendo il Rio Quivican nel 1515.   Poi spostarono di nuovo tende, armi e bagagli nel 1516, fino alla sorgente del Rio Casiguaguas, che attualmente si chiama Rio Almendares dal cognome di un vescovo spagnolo che qui amava bagnarsi frequentemente. Quindi nel 1517 iniziarono a navigare lungo questo fiume verso la direzione della costa nord-atlantica. Poi nel 1518 giunsero alla foce del rio suddetto, ove attualmente c’è il tunnel stradale che collega tra di loro i quartieri avaneri del Vedado e di Miramar, e dove è ben visibile l’antico piccolo Fortino della Chorrera, progettato dagli architetti militari romagnoli della Famiglia Antonelli al servizio della Corona di Spagna. Quindi l’anno successivo si stanziarono definitivamente nella vicinissima e vastissima  “Baia de Puerto de Carenas”,  dove la domenica mattina del 16 novembre 1519 (dove ora c’è l’antico “Templete” di Plaza de las Armas) vennero effettuate le cerimonie per il battesimo ufficiale della città, con una Messa e con la nomina del Cabildo (che significa “governo locale”).  Il 1519 fu anche l’anno dell’incoronazione, in Spagna, dell’Imperatore Carlo 5° d’Asburgo, erede di vastissimi domini spagnoli in tutto il mondo. Chi desidera avere ulteriori dettagli sulla fondazione dell’Avana deve leggersi il libro: “San Cristobal de La Habana”, dello storico e geografo Antonio NuNez Jimenez, Ediciones Caribbeans Color, 1995, La Habana, stampato in italiano dalla Mec Graphic di San Mauro Torinese, (acquistabile in tutte le librerie internazionali dell’Avana Vecchia).

 

Sei nomi avaneri:

 

gli antichi cronisti spagnoli al seguito dei conquistadores, tra cui il Frate Bartolomè de Las Casas (presente a Cuba dal 1514 al 1520) scrissero il nome della futura capitale cubana in differenti modi dato che non era stata stabilita una grafia ufficiale, tra cui: Puerto e Castillo de San Cristoval de la Aana, Santo Cristoval de la Vana, Sant Cristoval de La Havana, San Cristobal de La Habana, Villa de San Cristobal de la Habana de la isla de Cuba. (Nell’800 “La Habana” e nel 900 “Ciudad de La Habana”). E i turisti italiani dovranno scrivere o all’italiana “L’Avana”, o alla spagnola “La Habana”; mentre gli inglesi scrivono “Havana”, i tedeschi  “Havanna”, e i francesi “La Havane”. 

 

Dopo il 500 l’avana diventa capitale (1519-1606):  

 

la domenica 16 novembre 1519, all’ombra di un grande albero sacro chiamato “Ceiba” (ove ora c’è il “Templete” di Plaza de las Armas) venne celebrata la messa di fondazione dell’Avana. Subito dopo, dal 1520 in poi, la città iniziò a fare gola ai corsari sponsorizzati dai Re di Francia che in quei tempi erano nemici dei Re di Spagna. E nel 1521 il primo corsaro che aggredì un gruppo di navi spagnole partite da Cuba per la Spagna fu il navigatore toscano Giovanni da Verrazzano, mercenario al servizio della corona francese, il quale rubò i tesori che gli spagnoli avevano rapinato agli aborigeni. Poi altri corsari francesi giunsero per tutti gli anni Venti al fine di saccheggiare l’allora piccolo villaggio dell’Avana. Ma siccome nei progetti della corona spagnola la baia avanera doveva diventare la base delle flotte in partenza dall’America per la Spagna e viceversa, (all’andata per scaricare negri, e al ritorno a portare ricchezze), nel 1540 i militari spagnoli fecero costruire dagli schiavi il primo fortino della “Fuerza”, in  legno, di fronte alla ceiba sacra ove fu fondata la città. Ma nonostante la presenza di questo forte, i corsari francesi continuarono a saccheggiare l’Avana fino a metà Cinquecento. (In quel periodo gli iberici all’Avana erano solamente 40, e possedevano 100 indigeni e 200 africani). Quindi nel 1553 i conquistadores decisero di trasferire nella baia avanera il loro quartier generale militare, che in quel periodo aveva sede nella capitale di allora, cioè Santiago de Cuba. Così nel 1554 varie milizie spagnole giunsero all’Avana ma, nonostante la loro presenza, nel 1555 il corsaro francese Jacques de Sores riuscì a incendiare numerose abitazioni. Fu dopo questo evento che gli avaneri si trasferirono sul lato opposto della baia e fondarono il villaggio di Guanabacoa, tuttora esistente e attraente.   Il suddetto fu l’ultimo saccheggio che le case dei militari avaneri subirono, infatti nel biennio 1556-57 altri conquistadores spagnoli giunsero all’Avana, al fine di fare costruire e ingrandire dagli schiavi un secondo fortilizio nel ventennio 1558-77; stavolta non in legno ma in pietra, come lo si ammira attualmente, e lo chiamarono “Castillo della Real Fuerza”. Per tutti gli anni Ottanta del Cinquecento la cittadina avanera si ingrandì, e nel 1592, quando il numero degli abitanti spagnoli arrivò a quasi mille (più 3.000 schiavi africani), giunse il decreto reale di nomina a “Ciudad” (città), e nel 1607 quando gli abitanti spagnoli superarono il migliaio (più 6.000 schiavi negri), arrivò anche quello di nomina a “Capitale di Cuba”.

 

IL 600-700, fino all’arrivo dei britannici (1607-1763):

 

Dopo la nomina ufficiale a Capitale, nella Baia dell’Avana iniziarono a giungere ogni mese navi stracariche di schiavi africani che furono utilizzati al fine di rafforzare e ingrandire la città. Ai lati della rada sorsero vari cantieri navali per la costruzione dei velieri che avrebbero poi dovuto navigare verso la Spagna con le stive piene di merci preziose rapinate a popolazioni aborigene sottomesse (e anche verso l’Africa per fare razzie di schiavi negri). E furono costruite pure nuovi fortini militari, piccoli, medi e grandi: quello della Punta nell’anno 1600, quello del Morro nel 1630, quello di Cojimar e quello della Chorrera nel 1645: tutti progettati dagli architetti militari romagnoli della Famiglia Antonelli. Sopra queste nuove fortezze, e sulle nuove navi, vennero piazzati oltre mille cannoni (fusi nei forni di Guanabacoa col rame e coi materiali provenienti dalle miniere dell’Oriente Cubano) i quali respinsero vari tentativi di aggressione da parte dei feroci corsari al servizio delle corone francesi, olandesi ed inglesi: questi ultimi diventati padroni della vicina isola di Giamaica. Nel 1648 un’epidemia di febbre gialla colpì la città, che restò con un terzo dei suoi abitanti. Nel ventennio 1650-70 l’Avana ricominciò a ripopolarsi e arrivò a circa 10.000 abitanti spagnoli, più alcune decine di migliaia di schiavi africani. Nel 1674 i negri ebbero il compito di iniziare la costruzione della grande muraglia periferica per la protezione della città. Quindi nel 1728, quando la città cominciò ad attirare i ricchi giovani intellettuali provenienti dalle cittadine di provincia e dai villaggi di campagna  (dove vivevano le famiglie dei benestanti latifondisti spagnoli intenzionati ad acculturare i figli), il Papa di Roma e il Re di Spagna autorizzarono la nascita della “Reale e Pontificia Università di San Gerolamo”, all’interno del grande Convento di San Giovanni in Laterano, situato dietro alla Chiesa Parrocchiale Maggiore che era nella Piazza Maggiore dell’Avana Coloniale (ora Plaza de las Armas). Tutto filò liscio fino a metà 1762, quando la città fu invasa dai britannici per undici mesi...

 

L’Avana britannica per quasi un anno (1762-1763) :

 

nell’agosto del 1762 capitò all’Avana un fatto imprevisto: la città venne assediata e conquistata da migliaia di marines inglesi (che erano una sorta di nuovi corsari della Corte di Londra) i quali però occuparono solo la capitale e la sua regione, ma non il resto dell’isola cubana. E se ne andarono dopo quasi un anno, nel luglio 1763, non prima di avere ottenuto in cambio, come riscatto, la vicinissima penisola della Florida, che era stata possedimento dei Reali di Spagna per due secoli, fin dalla metà del Cinquecento… E’ importante sottolineare che dopo il ritiro delle autorità londinesi (le quali avevano abolito il monopolio commerciale spagnolo e avevano liberalizzato i traffici cubani) sia nella capitale che nell’isola proseguirono le nuove idee commerciali antimonopolistiche, le quali favorirono i ricchi latifondisti cubani non più costretti a vendere alla “Madre-Spagna”i loro prodotti coltivati nella “Colonia-Cuba”. E sarà proprio grazie a questa imprevista liberalizzazione commerciale a favore delle affamate casseforti dei proprietari terrieri cubani, se nei decenni successivi si svilupperà nelle menti di questi reazionari l’idea progressista di una patriottica Cuba-Libre staccata dalla colonialista EspaNa-Madre.

 

Da metà 700 a metà 800 (1763-1847):

 

dopo il ritiro dei soldati britannici, i mercanti negrieri spagnoli svilupparono all’Avana l’orribile e fiorente mercato di schiavi africani più grande del mondo, avendo come base sicura i cantieri navali del gigantesco Porto Carenas de La Habana. “La Chiave del Nuovo Mondo” fu il soprannome dato all’Avana dai conquistadores spagnoli, e da allora il simbolo della città ebbe, e ha tuttora, come immagini, uno scudo con una chiave e tre fortini: Fuerza, Punta e Morro. Per evitare altre invasioni da parte dei britannici i Reali di Spagna fecero costruire nuove fortezze all’Avana. A cavallo del 1770 fu raddoppiato il Castello del Morro grazie alla costruzione del Castello della CabaNa, e furono edificati pure i due Castelli del Principe e dell’Atares. (Inoltre, dopo il tramonto, veniva alzata fino all’alba una lunga catena di sbarramento nel canale del porto, tra i Castelli del Morro e della Punta). Ogni anno, nel semestre marzo-agosto, si riunivano nella baia dell’Avana i galeoni che avrebbero poi attraversato, tutti insieme, l’Oceano Atlantico per portare in Spagna le merci. Le stive erano piene di ori e preziosi rapinati agli aborigeni latinoamericani. E nel semestre suddetto l’Avana era sempre affollatissima di migliaia di marinai, militari, commercianti, avventurieri, sacerdoti evangelizzatori, di caste suore e di belle prostitute. Nei censimenti di fine Settecento, nella capitale e nei suoi dintorni campagnoli, risultava residente una popolazione di oltre 100.000 abitanti (un terzo dentro le mura e due terzi fuori dalle mura) di cui un terzo di liberi cittadini bianchi e due terzi di poveri schiavi africani neri e mulatti. Questi ultimi lavoravano a costo-zero nelle piantagioni della nobiltà locale proveniente dalla Spagna; e il commercio di schiavi, di tabacco e di vari derivati dalla canna da zucchero (tra cui il liquore “rum”, detto “ron”) arricchì enormemente le famiglie dei mercanti e dei latifondisti spagnoli.  E così, dal 1770 in poi, grazie al lavoro degli schiavi e agli enormi profitti sui prodotti, vennero costruiti (dai negri, naturalmente) sontuosi edifici nella capitale: palazzi, teatri, circoli, (riservati ai bianchi, naturalmente). Ma gli schiavi afrocubani finalmente iniziarono giustamente a prendere coscienza e a ribellarsi sull’esempio di quanto fatto dai negri della vicina colonia francese di Haiti nel 1791 (quando la Rivoluzione Francese diffuse in tutto il mondo le nuove tre parole: “libertè, egalitè, fraternitè”). Per tutto il ventennio 1791-1811 all’Avana e a Cuba si ebbero isolati focolai di ribellione. Ma fu nel 1812 che scoppiò nella capitale la prima grande rivolta per l’abolizione della schiavitù, capeggiata dal leader mulatto Jose Antonio Aponte che i latifondisti poi impiccarono. Nel 1821 Padre Felix Varela Morales si recò alla Corte della cattolicissima Spagna per chiedere la libertà agli schiavi africani, ma le sue proposte vennero totalmente ignorate; e nel 1823, perseguitato dagli spagnoli per le sue idee antischiaviste, anticolonialiste e progressiste, Padre Varala si rifugiò negli Stati Uniti dove morirà povero trent’anni dopo. Poi nel 1844 esplose un’altra sommossa antischiavista, dove 80 ribelli vennero fatti fucilare. E così, visto che i negri si stavano sempre più organizzando per ribellarsi contro i bianchi (non solo all’Avana ma in tutta Cuba) il 3 giugno 1847 i mercanti negrieri spagnoli fecero arrivare all’Avana da Canton le prime navi piene di docili contadini cinesi (non schiavi, ma schiavizzati) che andarono a vivere fuori le mura, nel nuovo “Barrio Chino” dell’Avana.

 

Gli ultimi 50 anni di dominazione spagnola (1848-1898):

 

A metà Ottocento l’Avana Coloniale era divisa in due zone cittadine: una “Intramuros” e l’altra “Extramuros”; la prima zona era corrispondente all’attuale Avana Vecchia (dentro l’antica muraglia) e la seconda zona era la parte extraurbana con cantieri navali, viali periferici, giardini botanici. Gli abitanti erano già 200.000, di cui 50.000 all’Avana Vecchia e 150.000 fuori dalle mura. In quel perido i proprietari terrieri indipendentisti iniziariarono a progettare una Cuba-Libre, liberata dalle tasse imposte dalla corona spagnola (sull’esempio delle ex colonie liberatesi) e nel 1850 fecero arrivare all’Avana il generale italiano Giuseppe Garibaldi, che sbarcò con il falso nome di Giuseppe Pane, sia per rendergli omaggio che per chiedergli consigli. Pochi anni dopo questa visita, il 28 gennaio del 1853, nacque all’Avana un futuro ammiratore dell’eroe dei due mondi: Josè Martì. In una umile casetta coloniale situata di fronte ai capannoni dei cantieri navali dell’Arsenale Navale (ove ora è la stazione ferroviaria centrale avanera) venne alla luce il futuro poeta ed eroe nazionale indipendentista cubano Josè Juliàn Martì Perez, il quale nel 1892 fonderà il Partito Rivoluzionario Cubano e darà vita a giornali indipendentisti, e che poi sarà ucciso dai soldati spagnoli all’età di 42 anni, nel corso della sua prima battaglia armata, sui monti di Dos Rios, vicino alla Sierra Maestra, nell’Oriente Cubano. Nel 1865 finalmente le potenze imperiali europee, grazie alle spinte del Vaticano, decisero di abolire la vergogna della schiavitù, e quindi anche del mercato dei negri africani. Ma di fatto nell’arcipelago cubano i negrieri iberici trafficarono clandestinamente per un’altra trentina d’anni, prima di cambiare definitivamente mestiere. Contemporaneamente, all’Avana, per tutto il trentennio 1868-98 giunsero e si svilupparono gli echi delle tre guerre d’indipendenza scoppiate nell’Oriente Cubano. Nel 1871 vennero fucilati otto studenti di medicina, accusati dagli spagnoli di essere anticolonialisti, antimperialisti e indipendentisti. Infine ci fu un episodio decisivo: nel 1898 dentro la baia avanera venne affondata (anzi “autoaffondata” su ordine del governo Usa) la corazzata statunitense “Maine”, dove morirono circa 300 semplici marinai (gli ufficiali invece erano tutti scesi a terra poche ore prima) e ciò servì da pretesto al governo neocolonialista statunitense per dichiarare guerra al governo veterocolonialista spagnolo, al fine di impadronirsi dell’arcipelago cubano, frustrando un trentennio di lotte patriottiche … E il 1° gennaio 1899 l’isola di Cuba sarà liberata dal colonialismo spagnolo, (ma giungeranno immediatamente i ricchissimi capitalisti nordamericani).

 

L’Avana all’avanguardia:

 

nell’800 e nel 900, quasi tutte le grandi scoperte dell’umanità sono giunte all’Avana prima che in altre città spagnole, come ad esempio il treno, il telegrafo, la macchina a vapore, l’illuminazione a gas, la radio, la fotografia, il cinema, la televisione. E anche il telefono, che fu inventato dall’italiano Antonio Meucci all’Avana.

 

Il Novecento avanero (1900-2000):

 

all’Avana (in città e dintorni) i circa 300 mila abitanti dell’anno 1900 sono decuplicati e diventati quasi 3 milioni nell’anno 2000. Nell’anno 1900 la capitale cubana vide giungere nei suoi palazzi governativi una nuova classe dirigente diretta dai governanti statunitensi (grazie all’emendamento del senatore Oliver Platt nella Costituzione Repubblicana Cubana, che ammanetta Cuba agli USA). Ma in contrapposizione al neocolonialismo statunitense e ai loro presidenti-fantoccio l’Avana vide anche nascere vari movimenti di protesta, studenteschi e operai, soprattutto contro i due più feroci dittatori: Gerardo Machado negli anni 20-30 e Fulgencio Batista negli anni 40-50. E tutto ciò fino al 1° gennaio 1959, cioè fino a quando Cuba sarà liberata dal neocolonialismo statunitense durato sei decenni.  Nel periodo di occupazione nordamericana 1899-1959, (a causa delle leggi riguardanti il “proibizionismo antialcolico statunitense” 1919-1934), l’Avana era diventata il centro mondiale dei traffici illeciti organizzati dai boss italo-americani di Cosa Nostra (protetti dal corrotto dittatore cubano), gestori di 300 casini e casinò frequentati da pedofili e giocatori d’azzardo: (annualmente oltre 100.000, in una città di circa un milione di abitanti). Ma la notte della fine dell’anno 1958 il dittatore mafioso e i suoi complici malavitosi furono costretti a fuggire da Cuba. Con i loro aerei privati scapparono all’estero portandosi dietro le ricche casse dello stato cubano. E così il giorno dopo, il primo gennaio 1959, l’Avana vide la sua liberazione grazie ai giovani partigiani “barbudos” comandati dall’operaio avanero Camilo Cienfuegos e dal medico argentino “Che” Guevara.  Invece Fidel e Raul Castro, che avevano appena liberato tutta la regione  dell’Oriente Cubano, giusero nell’Avana Capitale dopo una settimana.  L’8 gennaio 1959 il Malecon vide sfilare i patrioti dell’Esercito Ribelle. Purtroppo, subito dopo il trionfo della Revolucion Cubana (per quattro anni, dal 1959 al 1962) all’Avana vi furono attentati e sabotaggi progettati della Cia: scoppiarono bombe su navi europee cariche di aiuti, e molti aerei statunitensi provenienti dalla Florida mitragliarono le strade avanere. E gli Usa addirittura ruppero i rapporti diplomatici con Cuba, costringendo inevitabilmente l’avvicinamento di Fidel Castro all’Unione Sovietica, il cui governo fino a quel momento si era limitato ad osservare da lontano… Concludendo: dal 1959 fino ad oggi, all’Avana sono cambiate tante cose. Questa metropoli non è più la capitale mondiale della prostituzione infantile, e dei casini e casinò. Oggi l’Avana è la capitale di un paese povero ma dignitoso, studioso, laborioso, ingegnoso, (purtroppo ancora oggi sottoposto ad un crudele cinquantennale “embargo” Usa). Da allora, all’Avana sono state abbattute tutte le numerose bidonville che esistevano nei vecchi quartieri centrali e periferici della città, e sono stati costruiti molti moderni villaggi in nuovi quartieri cittadini, con scuole, ospedali, fabbriche, musei, servizi, attrezzature sportive, e strutture turistiche nazionali (in pesos nazionali) e internazionali (in nuovi euro). E dal 1960 ad oggi l’Avana, tra la città e i suoi dintorni, ha visto raddoppiare i suoi residenti (erano un milione e mezzo dopo la vittoria della Rivoluzione).    Il tutto coerentemente con i dati nazionali, dato che nell’ultimo mezzo secolo l’arcipelago cubano ha visto raddoppiare i suoi abitanti: nel 1960 erano quasi 6 milioni ed attualmente sono quasi 12 milioni… Invece, per quanto riguarda il turismo, occorre ricordare che inizialmente, nel ventennio 1960-80, a Cuba venne sviluppato solo il turismo nazionale e quello delle delegazioni estere delle associazioni di amicizia Pro-Cuba. Poi 1980 il governo diede l’ok all’ingresso di massa dei turisti stranieri, effettuando, lo stesso anno, la prima Fiera Turistica Cubana all’Avana.  Poi purtroppo, nel quindicennio 1992-2007, a causa del crollo del “Comecon” (mercato comune dei paesi socialisti), a Cuba giunse un lungo “Periodo Speciale” di difficoltà e austerità, e con alcuni attentati organizzati dalla statunitense CIA contro il turismo cubano, in uno dei quali morì il genovese Fabio Di Celmo, all’Hotel Copacabana dell’Avana Playa.