E’ credibile Human Rights Watch 

quando parla di Cuba?

 

 

22 febbraio 2010 - Tim Anderson Monthly Review Tradotto per Rebelión da S. Seguì

 

 

 

 

Alla fine del 2009, l’organizzazione Human Rights Watch (HRW), con ragione sociale a New York, ha pubblicato un rapporto dal titolo Un nuovo Castro, la stessa Cuba. Sulla base della testimonianza di ex detenuti, il rapporto condannava in maniera sistematica il governo cubano, qualificandolo come tirannico e accusandolo di usare "il suo apparato repressivo, leggi draconiane e giudizi arbitrari per incarcerare decine di persone che hanno osato esercitare le loro libertà fondamentali".

 

Il gruppo afferma di aver intervistato 40 prigionieri politici e analizzato le leggi straordinarie che permettono che i cubani possano essere  incarcerati solo per aver espresso opinioni critiche del loro sistema socialista.

 

A prima vista, si potrebbe pensare che Cuba è uno dei peggiori violatori dei diritti umani nelle Americhe. Ma una più attenta riflessione potrebbe indurci a mettere in discussione tali dichiarazioni proveniente dagli Stati Uniti, un paese con migliaia di prigionieri detenuti in una rete internazionale di carceri segrete, molti di loro sottoposti a torture.

 

 

È credibile questa relazione critica su Cuba?

Chi rappresenta Human Rights Watch?

 

 

La risposta all'ultima domanda è un po’ più difficile che nel caso di altre organizzazioni come il National Endowment for Democracy (NED), istituita dal governo degli Stati Uniti, o di Reporter Senza Frontiere (RSF), con sede in Francia e finanziata direttamente dal Dipartimento di Stato USA in alcune delle sue campagne contro Cuba. Alla maniera dei "giornalisti  embedded" che viaggiano con le truppe USA, in tutto il mondo, la NED e RSF possono essere considerati "vigilanti embedded" che contribuiscono a legittimare o delegittimare determinati governi in funzione della politica degli Stati Uniti.

 

Human Rights Watch, tuttavia, non è finanziata dal governo degli Stati Uniti, anche se ottiene la maggior parte dei suoi fondi da una serie di fondazioni statunitensi a loro volta sostenute da molte delle grandi corporazioni di questo paese. Queste fondazioni, private e ricche, sono solite vincolare i loro contributi a progetti specifici. Così, ad esempio, le relazioni di HRW sul Medio Oriente spesso sono basate su relazioni di fondazioni pro-israeliane e riceve finanziamenti dalle stesse. Altri gruppi chiedono un focus sui diritti delle donne o HIV/AIDS. Più del 90% dei 100 milioni di $ del bilancio di HRW per il 2009 era "limitato" in questo modo. In altre parole, HRW offre una selezione di temi privatizzati e realizzati negli USA che servono agli interessi dei ricchi.

 

Il coordinamento di tutti questi interessi è illustrato in modo chiaro dal nuovo presidente di HRW, James F. Hoge, Jr., editore e giornalista, redattore capo della pubblicazione Foreign Affairs,  dal 1992 al 2009, e membro di spicco dello sponsor della stessa, il Council on Foreign Relations (CFR), che si trova a New York. Il CFR, considerato come il più influente Think Tank della politica estera degli Stati Uniti, include gran parte dell’elite imprenditoriale USA (tra altri le banche e i media), così come leader di ieri e di oggi dei due maggiori partiti. Ex segretari di Stato, come Henry Kissinger e Condoleezza Rice, e l’attuale segretario alla Difesa Robert Gates, sono membri del CFR. La sua lista di iscritti è realmente un Who's who dell’elite USA.

 

Il consiglio direttivo di HRW è anch’esso dominato dall'elite corporativa degli Stati Uniti, come banche e grandi mezzi di comunicazione e di alcuni accademici, anche se non da funzionari del governo. Il consiglio direttivo comprende l'ex ministro degli Esteri messicano Jorge Castaneda (accademico che una volta era marxista convertito in politico di destra), mentre l’avvocato di origine cilena José Miguel Vivanco è direttore della Divisione Americhe di HRW.

 

Vivanco è stato oggetto di una grande controversia in America Latina a causa dei suoi attacchi contro il Venezuela e Cuba. Se HRW a volte sembrava agire con una certa indipendenza dalla politica estera degli Stati Uniti, per esempio, quando ha sostenuto la "guerra al terrorismo" ma ha criticato le operazioni di questo paese in Iraq, ciò non è avvenuto in America Latina, dove il gruppo ha seguito alla lettera la linea di Washington.

 

Di tutti i rapporti di Human Rights Watch sull'America Latina, negli ultimi anni, gli unici governi a cui sono state fatte queste critiche sistematiche sono quelli di Venezuela e Cuba. Altre relazioni sul Brasile, Honduras e Messico, hanno trattato di questioni molto più concrete come la violenza della polizia, i diritti dei transessuali o la giustizia militare. Quando si tratta della Colombia, HRW ha pubblicato relazioni su l'uso delle mine terrestri e le “mafie paramilitari". L'ultima relazione riflette il fatto che la Colombia ha il più alto livello di violenza "che quasi nessun altro paese nell'emisfero occidentale." In realtà, la Colombia è prima di qualsiasi altro paese dell'America Latina per numero di assassini di sindacalisti, giornalisti, avvocati e persone comuni. I militari colombiani e i loro alleati delle milizie di estrema destra sono stati responsabili della maggior parte di questi massacri ma ciò nonostante HRW accusa la  guerriglia di sinistra e le milizie di destra senza coinvolgere il regime di Álvaro Uribe, il più grande  recettore di aiuti USA in America Latina.

 

 

Parzialità nelle relazioni

 

 

Inoltre, la relazione del gruppo di dicembre del 2008 sul Venezuela, dal titolo Una decade di Chávez aveva una chiara motivazione politica. Secondo Vivanco, è stata scritta "perché abbiamo voluto dimostrare al mondo che il Venezuela no è un modello per nessuno". Tale rapporto è stato duramente criticato da più di un centinaio di accademici per non soddisfare "neanche gli standard minimi in materia di qualità accademica, imparzialità, esattezza o credibilità." Piuttosto che una relazione dettagliata sui diritti umani era un tentativo di screditare un governo, soprattutto sulla base di accuse di "discriminazione politica" in materia di occupazione ed il potere giudiziale. Le prove erano scarse e l’approccio in assoluto sistematico. HRW ha respinto queste critiche.

 

Il recente rapporto su Cuba (Un nuovo Castro, la stessa Cuba) é un tentativo di porre alla gogna un intero sistema sociale basandosi su alcuni aneddoti. Come negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno focalizzato la loro strategia sui diritti umani a Cuba sulle poche decine di persone arrestate e imprigionate per ciò che HRW considera si tratti semplicemente di difendere i loro diritti fondamentali. Il governo cubano dice che la maggior parte di queste persone avrebbero accettato denaro proveniente dai programmi degli Stati Uniti per rovesciare il sistema sociale cubano. HRW ignora il diritto di Cuba a proteggersi dai programmi interventisti di Washington.

 

Per quanto riguarda i 40 ex detenuti che afferma di aver intervistato a Cuba, HRW ha richiamato l'attenzione a ciò che egli chiama una legge: "... che consente allo Stato di incarcerare le persone prima che abbiano commesso un reato, sotto il sospetto che potrebbero commettere un delitto in futuro ... Questa disposizione di "pericolosità" [si riferisce] a qualsiasi condotta che contraddica le norme socialiste. E‘ la più orwelliana delle leggi di Cuba e riflette l'essenza della mentalità repressiva del governo cubano."

Altre leggi sono state utilizzate, dice, a: "... tipificare come delitto l'esercizio delle libertà fondamentali, in particolare le leggi che criminalizzano la disubbidienza, l’insubordinazione e le azioni contro l'indipendenza dello Stato. Infatti, l'articolo 62 della Costituzione cubana proibisce l'esercizio di qualsiasi diritto fondamentale che sia contrario "ai fini dello Stato socialista".

 

HRW afferma anche che nel gennaio 2009 alcuni giovani, nella parte orientale di Cuba, sono stati accusati di "pericolosità", semplicemente per essere disoccupati. Si è detto che uno di loro era stato imprigionato per due anni, solo per essere disoccupato.

 

HRW ha segnalato che Cuba collegata alcune detenzioni ad "una politica USA volta a rovesciare il governo di Castro ... Ma nelle decine di casi che Human Rights Watch ha esaminato per l’elaborazione di questa relazione, questa affermazione non regge.

 

 

Esame di alcuni degli aspetti giuridici

e pratici di queste affermazioni

 

 

In primo luogo, l'articolo 62 della Costituzione cubana dice testualmente che "Nessuna delle libertà riconosciute ai cittadini può essere esercitata contro quanto stabilito nella Costituzione e le leggi, né contro l'esistenza e i fini dello stato socialista, né contro la decisione del popolo cubano di costruire il socialismo e il comunismo. L’infrazione di questo principio è punibile. "(1) Questo non è lo stesso" che proibire l’esercizio di qualsiasi diritto fondamentale che va contro 'i fini dello Stato socialista'. La dissidenza non è lo stesso che attaccare l'ordine costituzionale.

 

Legalmente, vi è certamente il principio della "pericolosità sociale" nella legislazione cubana, ma è un concetto che tipifica i reati penali e di altro tipo. Ad esempio, la pericolosità sociale può aggravare un "atto" che sia un delitto ai sensi della legislazione del lavoro (legge 176). Al contrario, nel Codice Penale (art. 14) l'assenza di "pericolosità sociale" può attenuare la pena per un delitto. Lo "stato pericoloso" definito dal Codice Penale (art. 72) tipifica anche una serie di comportamenti antisociali, come l'ubriachezza.

 

In altre parole, l'attenzione di Human Rights Watch sulla "pericolosità" è solo una montatura. Non c’è un crimine  sostantivato di "pericolosità". E’ un qualificativo al comportamento reale. Allo stesso modo, il fatto di essere disoccupato a Cuba non costituisce alcun tipo di reato, è semplicemente assurdo.

 

 

I “dissidenti"

 

 

Tuttavia, nel caso dei famosi "dissidenti" - tra i quali si comprendono molti dei qualificati giornalisti indipendenti e difensori dei diritti umani, finanziati dal Dipartimento di Stato USA e dai programmi USAID per promuovere una "transizione" a Cuba - il possesso di grandi quantità di denaro, in una situazione di disoccupazione, può costituire una prova di reato.

 

Ad esempio, il "dissidente” Oscar Espinosa Chepe era disoccupato da dieci anni al momento del suo arresto, nel marzo 2003, però aveva più di 7000 dollari nascosti nella fodera del suo vestito. Questo denaro avrebbe potuto stare nella banca insieme con i suoi altri risparmi, ma lo aveva ottenuto recentemente da un gruppo legato agli Stati Uniti. Allo stesso modo, Raul Rivero, Hector Palacios, Osvaldo Alfonso Valdes e altri sono stati accusati, perché vi erano prove (comprese le ricevute) che avevano ricevuto il denaro dai programmi USA destinati a rovesciare la Costituzione cubana. Il rapporto di HRW ignora queste prove.

 

Gli stessi gruppi di Miami che hanno mandato i soldi a questi cubani (anche se la maggior parte del denaro del governo degli Stati Uniti rimane a Miami, provocando conflitti all'interno di questi gruppi) erano quelli che avevano organizzato gli attentati negli alberghi turistici a Cuba nella decade ’90. Non è sorprendentemente che le autorità cubane siano intolleranti davanti a questo terrorismo. Gli arresti del marzo 2003 furono provocati dai timori di Cuba che il regime di Bush potesse organizzare una invasione stile Iraq facendo uso di questi agenti pagati.

 

Dopo la relazione sul Nuovo Castro, HRW ha proseguito la sua campagna in favore dei "dissidenti" finanziati dagli Stati Uniti.

 

Nel gennaio 2010, ha chiesto che il governo cubano "cessi immediatamente le vessazioni contro il non vedente e difensore dei diritti umani Juan Carlos González Leiva, leader del Consiglio dei Relatori dei Diritti Umani". Gonzalez Leiva capeggia la sezione di Camagüey della Fondazione Cubana dei Diritti Umani, un organismo che è stato finanziato da Washington, attraverso Miami, da almeno dieci anni.

 

Una parte degli aiuti USA agli agenti cubani passa sopra ai cubani di Miami. Il governo degli Stati Uniti supporta direttamente i “giornalisti indipendenti", su cui tanto Reporter Senza Frontiere (RSF) e Human Rights Watch manifestano la loro santa indignazione. La Sezione di Interesse USA a L'Avana (di fatto l’ambasciata USA) stampa direttamente la Revista de Cuba della Marquez Sterling Journalist Society, mentre la rivista El Disidente è pubblicata in Porto Rico, ma è distribuita attraverso la citata Sezione di Interessi.

Questa informazione si pubblica con un certo dettaglio a Cuba, ma è appena menzionata da HRW o in qualsiasi altro rapporto USA. Dal momento che il "consenso USA" ha squalificato in modo efficace il sistema cubano nel suo complesso, non è preciso prendere in considerazione questo piccolo dettaglio. Tuttavia, non vi può essere alcun dubbio che i paesi indipendenti hanno il diritto all'autodifesa davanti alla sovversione e al terrorismo nordamericani.

 

 

HRW non condanna il blocco USA

 

HRW afferma che i 50 anni di blocco economico degli Stati Uniti contro Cuba sono stati un fallimento, tuttavia, a differenza dei 187 paesi che, nel 2009, hanno votato all’ONU contro il blocco questo gruppo, con sede a New York, non lo condanna come una violazione dei Diritti Umani.

Al contrario, HRW sostiene che Cuba utilizza il blocco come pretesto per la repressione. Propone un nuovo programma contro Cuba in cui Europa e America Latina si uniscano a Washington per esigere "la liberazione incondizionata di tutti i prigionieri politici" inclusi "i 53 dissidenti ancora in carcere dall’ondata repressiva del 2003." Se queste richieste non raggiungono il loro scopo, allora, questi paesi, compresi gli Stati Uniti, "devono essere in grado di scegliere individualmente se procedere o non imporre le loro restrizioni su Cuba". In realtà, gli USA sono l'unico paese ad imporre tali sanzioni contro Cuba.

Questo tipo di intervento con il pretesto dei diritti umani è coerente con la politica estera degli Stati Uniti in America Latina. L'eliminazione dei regimi indipendenti molesti è stata una pratica ad nauseam per tutto il secolo americano ed è stato sempre sostenuta da parte delle elite corporativa statunitensi. Le campagne di delegittimazione sempre hanno preceduto il "cambio di regime", per esempio, in Guatemala e Cile. Human Rights Watch, a quanto pare, non vede un abuso dei diritti umani in questi interventi.

 

Condividendo il tavolo

con agenti della CIA

 

Jose Miguel Vivanco ha fatto parte dello staff, con Caleb McCarry, designato dal governo Bush come "amministratore della transizione verso una Cuba libera" senza dire una sola parola circa il terribile abuso dei diritti umani implicito nel fatto che un paese pretenda organizzare la “transizione politica" di un altro. In questo aspetto, HRW deve fare il suo dovere in relazione all'articolo 1 del Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici (2), che recita: "Tutti i popoli hanno il diritto di libera autodeterminazione".

Vivanco ha anche  parlato in gruppi di cui facevano parte di ex agenti della CIA come Frank Calzon e Carlos Montaner, soggetti che hanno personalmente organizzato attentati terroristici contro Cuba. In nessun momento si sedette per condannarli per questi attacchi, ma piuttosto era d'accordo con loro sul sostegno ai dissidenti spalleggiati dagli USA. Così flessibili sono le sue posizioni.

Come ricompensa per i suoi servizi, nel giugno 2009, Vivanco ha ricevuto un premio dal National Endowment for Democracy per il suo lavoro dal titolo "La democrazia a Cuba" con cui divenne chiaro il suo vincolo con il governo degli Stati Uniti.

Le campagne di propaganda USA contro Cuba non sono diminuite in mezzo secolo e HRW è solo uno dei collaboratori più recenti. Rispondendo alle lamentele, da parte degli Stati Uniti, sui "diritti umani e la libertà", un disgustato diplomatico cubano ha dichiarato: "Naturalmente gli USA hanno una lunga storia in questa materia, con Batista, Somoza, Trujillo, Duvalier, Pinochet, Videla" riferendosi al sostegno degli Stati Uniti ai dittatori di Cuba, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Haiti, Cile ed Argentina.

Tutti i detenuti con i quali Human Rights Watch ha parlato erano stati liberati. Uno si chiede che avrebbe detto, nel suo rapporto HRW, se avesse scoperto una prigione segreta cubana, dove centinaia di persone fossero state detenute senza accuse, fossero state torturate e messe al di là della portata di qualsiasi sistema giuridico.

Per questi prigionieri - detenuti dai militari USA nella parte occupata di Cuba, in Guantanamo - HRW ha scritto (nel gennaio 2010) che il presidente Barack Obama deve "rinnovare il suo impegno” a chiudere la prigione. Non vi è alcuna condanna dell’ "abusivo" regime di Washington per questa macchina repressiva. Ma perché dovremmo aspettarci tale sincerità ed autocritica dell’elite degli Stati Uniti?

La lezione che c’insegna la relazione sui diritti umani di Human Rights Watch su Cuba è che nulla ha da insegnarci, sulla piccola isola dei Carabi - sia sui punti deboli o di forza -, una sedicente organizzazione di diritti umani che rappresenta l'elite corporativa e la politica estera nordamericana.

 

NB. Alcuni dettagli delle accuse contro i “dissidenti", arrestati nel marzo 2003 sono stati pubblicati  a suo tempo dal Ministero degli Esteri di Cuba (MINREX) e sono ancora online. Per maggiori dettagli si veda il libro, pubblicato nel 2003, Los disidentes dei giornalisti Luis Baez e Rosa Miriam Elizalde. Il giornalista franco-canadese Jean-Guy Allard, lo studioso francese Salim Lamrani e la giornalista statunitense Diana Barahona, hanno scritto numerosi articoli sul finanziamento degli Stati Uniti a queste organizzazioni (in maggioranza con sede a Miami, ma anche con sede a Parigi: Reporter Senza Frontiere), che collaborano con il governo degli Stati Uniti contro Cuba. I finanziatori di HRW appaiono nelle relazioni annuali di questa organizzazione, e il finanziamento collegato figura spesso nelle sue relazioni del paese.

 

(1)http://www.cuba.cu/gobierno/cuba.htm

(2)http://www.cinu.org.mx/onu/documentos/pidcp.htm

 

Tim Anderson è professore di economia politica presso l'Università di Sydney (Australia)

S. Segui è un membro di Rebelión  e Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica