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Il senso reale delle affermazioni di Fidel sul modello

cubano e le solite squallide speculazioni

 

di Giovanni Santini su www.unmondonuovo.it del 18/09/2010

 

Prendendo spunto dal resoconto del giornalista americano Jeffrey Goldberg di un lungo incontro con Fidel Castro a L'Avana, agenzie di stampa e giornali di mezzo mondo hanno riferito che lo stesso leader della Rivoluzione cubana avrebbe decretato la fine del modello comunista a Cuba. Da noi si distingue Il Giornale che arriva a titolare "Perfino Fidel si pente: il comunismo non va".

In realtà, l'articolo di Goldberg è costruito attorno ad un'affermazione fatta a tavola, durante un pranzo in cui Fidel, molto semplicemente osserva che "il modello cubano non funziona più". Può far scalpore la schiettezza con cui solo Fidel poteva fare una constatazione simile, ma da anni è ben presente ai dirigenti cubani che il modello economico adottato con la Rivoluzione e mantenuto per far fronte all'embargo statunitense e per salvaguardare le conquiste sociali dall'assalto del mondo capitalistico circostante, necessita di continue riforme ed adattamenti. Del resto, lo stesso Fidel prima e poi, in modo più incisivo a causa dell’accelerazione dei cambiamenti su scala globale, Raul hanno cercato di apportare al modello quegli accorgimenti che ridessero vitalità ad un'economia povera di risorse naturali, debilitata dall'embargo e, occorre riconoscerlo, a volte privata degli stimoli alla produttività individuale. Non sempre ci sono riusciti.
 

Ma il popolo cubano sa bene, per averlo sperimentato sulla propria pelle, che il cammino di una rivoluzione come quella cubana, proprio perché fuori dagli schemi dominanti nel resto del mondo, è irto di difficoltà e di sacrifici e richiede avvedutezza e lungimiranza da parte del gruppo dirigente nel capire i momenti in cui è necessario apportare le dovute correzioni al modello adottato, senza metterne in pericolo l’essenza. E l’impegno di Fidel, Raùl e degli altri dirigenti che si sono succeduti in questi 51 anni è stato quello di consolidare le conquiste storiche della Rivoluzione nei settori della salute, dell’ educazione, della cultura, della parità tra generi, dello sport, della ricerca scientifica, della soddisfazione dei bisogni umani essenziali, della salvaguardia dell’ambiente, della solidarietà con gli altri popoli, ma anche quello di migliorare sempre più il benessere in generale della popolazione, mantenendo come riferimento irrinunciabile un’organizzazione della società di tipo socialista, l’unica che può garantire uguaglianza e giustizia sociale. Possono aver sbagliato in alcune circostanze, ma sempre in buona fede.

Ecco, ci sembra che l’affermazione di Fidel, lungi dal decretare l’inadeguatezza del modello socialista di fronte a quello capitalista, si inserisca in questo solco. E’ il momento di apportare correttivi al modello di sviluppo economico fin qui praticato, per adattarlo alle mutate condizioni esterne e per perseguirne una maggiore efficienza in modo da dare più stimoli e benessere ai cubani. E le dichiarazioni di Fidel – come correttamente rilevato da alcuni analisti – costituiscono un ottimo viatico per Raùl e gli altri dirigenti impegnati su questa strada.


I nemici della Rivoluzione cubana si mettano l’anima in pace. La costruzione del socialismo continuerà, pur tra le difficoltà, per molti anni ancora, a Cuba e negli altri paesi latinoamericani che ne hanno raccolto l’esempio.

 

MANIPOLAZIONE DELL'INTERVISTA

A FIDEL CASTRO

"I media italiani manipolano le dichiarazioni di Fidel Castro sugli aggiustamenti economici a Cuba"

 

15.9.2010 - www.granma.cu da Radio Città Aperta:

 

"Cuba: anche Castro riconosce che il comunismo ha fallito", si legge sul sito di Repubblica."Cuba/Fidel Castro: Modello economico comunista non funziona più" titola invece l'APCOM e così via. La, diciamo così, "notizia" è presa, leggiamo su Repubblica.it, dall'intervista rilasciata da Fidel a Jeffrey Goldberg, giornalista del mensile statunitense The Atlantic.

 

Non avendo una fiducia cieca nel nostro sistema di informazione, siamo andati a leggere l'originale (cosa che avrebbero potuto fare anche i colleghi di Repubblica, Apcom, Corriere ecc.). Tre pagine formato A4; di queste, due sono dedicate alla visita di Fidel al delfinario de L'Avana, mezza a ciò che Fidel ha mangiato a pranzo e alle persone presenti all'incontro. Poi si legge: durante la conversazione gli ho chiesto se credeva che il modello cubano fosse ancora esportabile. "Il modello cubano non funziona più neanche per noi" ha detto. Il giornalista chiede aiuto a Julia Sweig che lo aiuta come interprete: "Non sta respingendo in alcun modo le idee della Rivoluzione. E' piuttosto una riflessione che nel modello cubano lo Stato ha un ruolo troppo forte nella vita economica del paese." Tutto qui.

 

Dove hanno trovato i nostri giornalisti le abiure sul socialismo sparate a caratteri cubitali su decine di siti internet?

 

Continua poi il giornalista statunitense nel lungo articolo: "L'assurdo è che agli americani non è permesso investire a Cuba, non a causa della politica cubana, ma a causa della politica americana. In altre parole, agli americani non è permesso partecipare a questo esperimento di libero mercato a causa dell'ipocrita e stupida politica di blocco del nostro governo".

 

DA CUBAINFORMACION.TV:

Alleghiamo la traduzione dell'articolo sulle parole di Fidel riguardo il "modello cubano"

 

Titolo originale dell'articolo del giornalista Jeffrey Goldberg "Fidel: Cuban Model Doesn't Even Work For Us Anymore", pubblicato il giorno 8 settembre su "The Atlantic" (USA).

 

Il giornalista statunitense Jeffrey Goldberg ha intervistato Fidel Castro recentemente - con l'aiuto di una interprete - a L'Avana.

 

Centinaia di agenzie, televisioni, radio e pubblicazioni di tutto il mondo hanno convertito in notizia il titolo di questo testo, la cui traduzione in spagnolo è "Fidel Castro: el modelo cubano ya no funciona ni siquiera para nosotros".

 

Il giornalista statunitense Jeffrey Goldberg mostra nel suo testo acuti pregiudizi politici, una completa ignoranza della realtà cubana e del contesto del Paese, notevoli errori di interpretazione della lingua, e un più che dubbio senso dell'humor.

 

L'uso di questo articolo come fonte di notizia di diffusione globale dà la misura di come funziona l'apparato dell'informazione e propaganda del sistema mediatico globale.  Giudicate voi.

 

La redazione di Cubainformación sta preparando un materiale di analisi su questo nuovo caso di perversione informativa contro Cuba da parte dei grandi consorzi dei media internazionali.

 

Il dissidente

 

13.9.2010 - www.cdr-roma.org

 

 

Fidel è diventato un dissidente? Certo che si. Capitalismo, colonialismo, imperialismo, sfruttamento… Fidel dissente contro il dominio mondiale e i suoi artefici da decenni, che c’è di nuovo?

 

Ieri tutti i media mainstream dedicavano grande spazio alla cosiddetta abiura del socialismo da parte di Fidel dimostrando ancora una volta di quale pessima salute goda la cosiddetta libera informazione occidentale.

 

Tutto nasce da una frase, “il modello cubano ormai non funziona neanche per noi”, riportata (male) dal giornalista statunitense Jeffrey Goldberg e rilanciata dalle agenzie di stampa di mezzo mondo. Ora, di fronte ad una presunta capriola ideologica così eclatante, e per di più fatta da un uomo che è da tempo considerato un’icona del pensiero socialista, sarebbe stato lecito aspettarsi un maggiore sforzo di indagine da parte di tutti. Non fosse altro che per difendere la propria credibilità un qualsiasi giornalista degno di tale nome (e non per forza progressista) avrebbe dovuto quantomeno leggersi l’intero articolo originale, contestualizzarlo e verificare l’attendibilità di un collega come Goldberg che di fronte ad un ipotetico scoop politico di tale portata, invece di approfondire la questione preferisce dilungarsi su Fidel e i delfini (leggi). Avrebbero dovuto farlo per assicurarsi che quello che stavano per scrivere, se non vero fosse almeno verosimile.

 

E invece no. I vari Omero Ciai, Rocco Cotroneo e gli altri scriba del capitale si sono messi tutti a fare a gara a chi la sparava più grossa: Fidel ha cambiato idea, il socialismo è fallito e bla bla bla.

 

A esser cattivi verrebbe quasi da dire che su questa vicenda, più che la voglia di informare, abbia pesato il desiderio di rivalsa di chi da oltre 20 anni pronostica crolli sociali che puntualmente non si verificano. Una realtà virtuale in cui poter finalmente dire, anche solo per un giorno: avevamo ragione noi.

 

Crediamo però che alla base di questa opera di disinformatia ci sia anche dell’altro. Ovvero l’eurocentrismo atavico, l’ignoranza crassa e il pregiudizio nei confronti di un sistema sociale che qui da noi viene sempre descritto con toni grotteschi e caricaturali.

 

Nei cervelli di questi signori, ingessati dall’ideologia dominante, Cuba non è altro che un’isola museo dove tutto è immobile. Una Jurassik Park del socialismo dove non c’è nessuno spazio per il dibattito e la critica. Lungi da loro l’idea che i cubani per primi considerino la loro rivoluzione perfettibile e, cosa che ripetono da oltre 50 anni, non esportabile tal quale in nessun altro Paese del mondo. E’ dalla fine del periodo especial che sull’isola ci si confronta vivacemente su come superare i propri limiti e su come affrontare le nuove sfide nel solco del socialismo. Questioni anche spinose che non vengono nascoste sotto il tappeto ma che diventano oggetto di dibattito pubblico. L’eccessiva dipendenza dalle importazioni per l’approvvigionamento alimentare e la sottoutilizzazione delle superfici coltivabili, la doppia moneta, il contenimento di alcune sperequazioni legate al turismo e alla join venture con alcune società straniere, il progressivo invecchiamento della società e il peso che questo comporterà per il sistema di sicurezza sociale, la necessità di aumentare salari e pensioni, l’eliminazione di alcuni divieti che se avevano un senso molti anni fa oggi risultano obsoleti… problemi concreti che oggi sono sul piatto della rivoluzione e che fanno di Cuba un laboratorio a cielo aperto di fondamentale importanza per chiunque si ponga come meta l’orizzonte della trasformazione sociale. E questo spiega anche il forte impegno pubblico profuso da Fidel in queste ultime settimane. Quella che tutti i commentatori avevano provato a raccontare come una sfida alle riforme di Raul, una lotta intestina fra filocinesi e ortodossi, in realtà è un forte messaggio di unità al popolo cubano e al mondo, ogni trasformazione non potrà che realizzarsi nel quadro del socialismo, con buona pace dei gusanos che se dovranno restare a Miami.

 

 

PS Se qualcuno avesse dei dubbi sulla capacità di autocritica dei cubani lo invitiamo a leggersi quello che disse Fidel in un durissimo discorso pubblico tenuto all’università dell’Avana il 17 novembre 2005, ossia 5 anni prima del presunto scoop di Goldberg (leggi).