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Analisi

Rafael Hernández:l’Avana non

negozia sotto pressione

 

 

18 marzo 2010 - Gerardo Arreola del quotidiano La Jornada (cubadebate)

 

 

Il caso dei 'dissidenti' in sciopero della fame e le pressioni per indultare i prigionieri colpiscono il progresso del dialogo tra Cuba e gli Stati Uniti, così come quello avanzato con l'Unione Europea (UE), dice a La Jornada il politologo Rafael Hernández: "Il governo dell'Avana non negozia sotto pressione, solo il dialogo diplomatico dà risultati, come sanno bene altri governi".

Direttore della rivista cubana
Temi, Hernandez è appena tornato dalla University of Texas, in Austin, dove ha impartito un master  sulle relazioni Cuba - Stati Uniti, che in precedenza ha insegnato in Columbia e Harvard, in Messico, nel CIDE e ITAM.

Ritiene che i dissidenti non sono la società civile, ma "micro partiti di opposizione", che tra i loro dirigenti non c’è nessun Havel o Walesa, e che saranno i cubani sull'isola coloro che decideranno se il futuro  socialismo cubano potrà arrivare ad ammettere  una leale opposizione dentro il sistema.


Qual è l'attuale congiuntura internazionale di Cuba, in particolare con gli Stati Uniti?
- Anche se questa amministrazione ha fatto sostanziali cambiamenti politici verso Cuba, il dialogo è avanzato più nell’ultimo anno che in tutto questo decennio. Sono ripresi le conversazioni migratorie, ed aperti temi come la posta diretta. Il Congresso potrebbe approvare la libertà degli statunitensi di viaggiare a Cuba. Alcuni gruppi semi-ufficiali esplorano strade di cooperazione in intercettazione della droga. Senza togliere le restrizioni all’interscambio accademico e culturale imposto da Bush nel 2005, si sono consegnati alcuni visti. Inoltre, la UE, con la leadership della Spagna, si è avvicinata al governo di Raúl Castro, i cui rapporti con tutta l'America Latina sono più stretti che mai.


Il  punto di vista internazionale su Cuba si concentra sull'opposizione, dopo la morte di
Orlando Zapata Tamayo e lo sciopero della fame  di Guillermo Fariñas...

- La morte di Zapata è una tragedia umana, ma le sue ripercussioni risponde a fattori politici, collegati con lo sciopero di Fariñas. Nessuno delle attuali pressioni per l’indulto dei prigionieri facilita i cambiamenti nella politica cubana, circondata da una tempesta propagandistica. Neppure sotto la pressione della Crisi dei Missili (ottobre 1962), sull'orlo di un conflitto nucleare, la politica di Cuba cambiò. Il modo più efficace per ottenere cambi (come sanno quasi tutti i governi del Messico) è il rispettoso dialogo diplomatico. E 'ovvio che la morte di Zapata e le sue conseguenze conviene a coloro che si oppongono a questo di dialogo con gli Stati Uniti e in Europa.
 

Stiamo parlando di dissidenti, oppositori, mercenari, prigionieri di coscienza, prigionieri politici ...?
- Un dissidente è colui che nega il suo precedente credo. Questo non è il  caso dei classici  anticomunisti dell’esilio, ma degli ex-comunisti pro sovietici e di altre tendenze ortodossi, da dove provengono Ricardo Boffil, Elizardo Sanchez e Vladimiro Roca, autentici dissidenti. Questi scartano la violenza delle armi, come le principali forze dell’attuale esilio anticastrista. Entrambi i gruppi differiscono in  quanto al
blocco, ma coincidono nel loro desiderio di restaurare il capitalismo e furibondo anticastrismo, e per ciò  facilmente si identificano con gli Stati Uniti, con partiti e governi europei e di altri paesi. Anche se alcuni si presentano come socialdemocratici, l’asse ideologico dissidente si muove tra il centro e destra. Questi gruppi sono piccoli e numerosi, dispersi e senza radici nella popolazione. E’ chiaro che, al di là di ricevere denaro ed appoggio politico di Washington, hanno anche convinzioni ideologiche, e tra loro possono trovarsi persone oneste,  risentite o confuse. Non hanno la base sociale di un sindacato Solidarnosc, né tra i loro leader vi sono Walesa e Vaclav Havel. Non sono società civile, ma micro partiti di opposizione. La manciata di prigionieri politici nelle sue file non è per i reati "di coscienza", né per la semplice espressione di idee contrarie al governo, ma per opporsi attivamente al sistema, in alleanza con gli Stati Uniti, l'esilio classico e il vecchio anticomunismo europeo.
 

Che cosa li rende marginali nel consenso politico a Cuba?
- In primo luogo, essi non sono gli unici, né la principale voce critica nel paese. Anche se non con la stessa risonanza esterna, vi è in corso un dibattito politico all'interno e all'esterno delle istituzioni, su questioni come il decentramento, le forme di proprietà non statali, i salari, i livelli di vita, l'espansione degli spazi di libera espressione, l'applicazione della legge, la democratizzazione delle istituzioni, comprese quelle politiche, il controllo popolare della burocrazia. Gli oppositori non hanno alcun progetto coerente, ma slogan ideologici. La sua mancanza di legittimità interna deriva dal sostegno degli Stati Uniti (verificabile sul sito web del Dipartimento di Stato) e dei partiti europei, e dalla loro alleanza con l'esilio. Le ambasciate all'Avana conoscono e sanno che non rappresentano nessuna alternativa politica percorribile, le reazioni internazionali e i titoli della grande stampa rispondono più alle lotte elettorali e parlamentari che alla situazione sull'isola.
 

Qualche possibilità di uscire da questo quadro...
- Vi è una logica perversa per cui Cuba deve pagare un tributo ogni volta che gli USA fanno un leggero cambiamento, per esempio, autorizzare i viaggi dei cubano-statunitensi. Se questa amministrazione ritiene la liberazione dei
cinque cubani detenuti negli Stati Uniti, l'unica "carta di negoziazione" accettabile per gli USA saranno i dissidenti condannati come "agenti di una potenza straniera" (come li chiamano qui).

I dissidenti sono pedoni di questa scacchiera di potenza che si affrontano. In un quadro tanto chiuso,  è difficile supporre, per ora, un cambio di trattamento nei loro confronti. Saranno gli stessi cubani che decideranno se, oltre ad una istituzione democratica rinnovata, un modello decentralizzato ed una economia mista, si avrà un'opposizione leale nel futuro sistema socialista.