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Nuestra America - Honduras

 
Capitalismo da disastro

per l’Honduras

 

17.03.11 - Manuel Yepe 12.03 www.resistenze.org www.resistenciahonduras.net

 

Nel Congresso Nazionale dell’Honduras hanno proposto un’iniziativa legislativa che, nel caso sia approvata come legge, (oggi, purtroppo, sono già state decretate), autorizzerebbe la creazione di “Città Modello” o “Regioni Amministrative Speciali”.

 

La cosa confermerebbe, ancora una volta, la dottrina dello scontro e la teoria del capitalismo da disastro studiate e descritte dalla scrittrice e giornalista canadese Naomi Klein, nel suo libro “The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism”, pubblicato nel 2007. Queste “città modello” sarebbero micro-stati situati in territorio honduregno, nei confronti dei quali lo Stato dell’Honduras farebbe rinuncia formale al suo ruolo di vigilante dell’adempimento delle sue stesse leggi e anche delle decisioni delle istituzioni nazionali. Queste città avrebbero la loro propria moneta, il loro governo, la loro polizia, la loro dogana ed i loro tribunali.

 

Il governo prevede di concedere, all’inizio, circa mille chilometri quadrati del territorio honduregno, perché vengano installate, da controparti straniere, fabbriche di assemblaggio di computer, navi, turbine, veicoli e altre produzioni ad alta componente lavorativa.

 

Saranno colonie in cui lavoreranno e vivranno per un tempo indefinito migliaia di cittadini honduregni. Lì saranno soggetti alle leggi speciali che verranno stabilite dalle corporazioni multinazionali e saranno trattati come stranieri nel loro stesso paese.

 

Si tratta, senza dubbio, di un progetto di colonizzazione imperiale che rappresenterebbe un primo passo per la consegna della sovranità nazionale al capitale straniero e l’inizio della capitolazione dello Stato dell’Honduras

 

L’iniziativa è stata promossa dall’Ambasciata degli Stati Uniti, che ha invitato nel paese l’imprenditore Paul Romer, il quale, secondo quanto hanno detto, ha avviato progetti simili in altre parti del mondo. L’imprenditore ha fatto recentemente dichiarazioni su questo progetto, che si suppone patrocinato dal governo di fatto.

 

Il fatidico golpe di Stato avvenuto in Honduras nel 2009, insieme ai terribili disastri naturali che si sono verificati nel corso del 2010 in Cile ed Haití, oltre alla calamità dell’epidemia di colera in quest’ultima nazione, sommati alla reazione opportunistica degli Stati Uniti in tutti questi casi, hanno creato giustificati timori che l’America Latina sia destinata a restare passiva davanti alla dottrina del capitalismo da disastro, con i suoi obiettivi neoliberali di globalizzazione, a fronte di nuove situazioni di scontro, casuali e prevedibili.

 

Si deve tener conto del fatto che la situazione esistente negli Stati Uniti non è favorevole a ricorrere a nuove guerre, come soluzione immediata alla loro attuale crisi multifattoriale, appesantita come si trova questa superpotenza dalle sue crociate ancora aperte contro Iraq ed Afghanistan.

 

Alla fine dei conti, niente di nuovo ci sarebbe nel fatto che l’amministrazione attuale degli Stati Uniti s’impadronisse di una dottrina politico-militare basata sul profitto dei disastri, spontanei o indotti, usando tutto questo per introdurre soluzioni a favore dei suoi disegni egemonici imperialistici.

 

Storicamente si potrebbero qualificare, nell’ambito di questa dottrina, molti disastri provocati segretamente dalla superpotenza per trarre beneficio dalla loro soluzione. Dobbiamo ricordare l’esplosione autoprovocata della corazzata Maine nella baia de L’Avana nel 1898, per dichiarare guerra alla Spagna ed impadronirsi delle sue colonie, fino alla dichiarazione nel 1960 dell’embargo a Cuba, con lo scopo di provocare una situazione di fame e miseria della quale sarebbe colpevole il governo dell’isola, e mantenere la persecuzione fino ai giorni nostri come spada di Damocle sulla stabilità cubana.

 

Col disastro provocato dal golpe di Stato in Honduras progettato da Washington, usando l’oligarchia honduregna come capro espiatorio, si tentava di avere un beneficio immediato per la politica estera degli Stati Uniti rispetto all’America Latina, frenando la corrente d’indipendenza e la sinistra che ancora sussiste ed, eventualmente, sovvertirla. Però, senza dubbio, il presente disastro era prevedibile.

 

Il regime di fatto con a capo prima Roberto Micheletti ed ora Porfirio Lobo, strumenti ambedue dell’oligarchia prona all’imperio, non ha potuto imporsi né all’interno né a livello regionale ed internazionale, con un costo politico assunto dalla diplomazia statunitense in tempi in cui le manca la necessaria e sufficiente possibilità di pagarlo.

 

Però Washington potrebbe approfittare del disastro guadagnando tempo con progetti come questo, delle “città modello” neoliberali, anzichè pretendere un impossibile ritorno all’ordine precedente al golpe o affrettare il ritorno alla normalità, cosa che porrebbe di fronte ad un popolo ormai non più quello stesso strumento docile, controllato dall’oligarchia.

 

Appena un anno dopo aver costretto all’esilio il presidente costituzionale Manuel Zelaya, oggi Coordinatore Generale della Resistenza, l’Honduras sembra essere inesorabilmente pronto per una rivoluzione volta ad offrire al suo popolo tutta l’indipendenza e la giustizia sociale a cui ha diritto, ed ora il popolo lo sa.