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Bombarderanno Caracas?

 

 

 

31.03.11 - di Fabio González www.rebelion.org www.resistenze.org

 

 

L’invasione della Libia dimostra la logica criminale che si mette in moto quando le nazioni del Nord si accingono a occuparne altre più deboli. Si possono individuare tre dimensioni simboliche che accompagnano queste guerre.

 

1) La dimensione ideologica, quella in cui l’Occidente in nome di un presunto percorso storico e di un’assurda superiorità antropologica si autoproclama garante di un certo ordine delle comunità umane (società) del pianeta, il che gli permette di imporre, con una giustificazione metafisica, i suoi criteri e interessi dove gli conviene. Questo accade coscientemente nelle elite, in modo relativamente incosciente nella popolazione.

 

2) La dimensione politica, che viene raccontata dai media come il vero iter legittimante, ci racconta l’assenza dei processi elettorali periodici, competitivi e imparziali, e la violazione dei diritti umani. Seppure i cittadini degli stati invasori possano riconoscersi onestamente in questi criteri, nel concreto si tratta solo di un aspetto pubblicistico, e vale solo se tale sistema (“regime”) non si sviluppa in condizioni di libero mercato. E’ evidente che questa situazione esiste in decine di paesi. Perché non vengono invasi? Perché sono soggetti a condizioni di produzione e consumo capitalista. E poi perché “cooperano” (cioè forniscono a condizioni vantaggiose quello che serve al Nord).

 

Che si tratta di un ragionamento in malafede diventa chiaro quando capita il contrario: democrazie legittime vengono schiacciate o sovvertite, con la complicità delle grandi potenze, se vanno verso sistemi economici non retti esclusivamente dalle strutture abituali del tardo capitalismo. America Latina e Caraibi patiscono uno scandalo storico al riguardo: Honduras, Ecuador, Venezuela, Bolivia, Haiti, Nicaragua, Cile... nella storia universale contemporanea non c’è un solo governo di sinistra che abbia vinto le elezioni e potuto applicare il suo programma economico senza patire un golpe. Neanche uno. Pinochet, onestamente ebbe a dire: “Sono disposto ad accettare il risultato delle elezioni, purché non vincano le sinistre”. Non è esagerato dire che la possibilità di coesistenza di stato di diritto e capitalismo è solo una finzione. La dimensione politica, in realtà, non esiste, tanto nelle elite che nella popolazione.

 

3) Il ruolo civilizzatore, che è legato alla crisi economica neoliberale, allo shock nucleare e alle risorse energetiche fossili insufficienti nell’Occidente non porta direttamente al petrolio libico (né a quello iracheno o venezuelano), ma quel ruolo esiste nelle elite, e con le crisi economiche, comincia a esistere anche nella popolazione.

 

Sulla base di quanto sopra esposto, possiamo dire che in Libia non stanno bombardando per soddisfare legittime aspirazioni popolari. I motivi che causano gli interventi militari sono il potere, la geopolitica e le risorse, in nessun caso i diritti umani, quelli non fanno parte dello scenario reale.

 

La Libia non esporta broccoli, esporta petrolio, tanto da essere la maggior riserva d’Africa.

 

Non é la prima volta, nel 1986 gli Stati Uniti hanno bombardato Tripoli e Bengasi. Ma allora non si parlava ancora del picco petrolifero previsto nei prossimi decenni. ecco perché stavolta vanno per rimanerci. Rimanerci col petrolio, naturalmente.

 

La Libia è il paese dell’Africa continentale col livello di vita più alto, più di 74 anni, il maggior indice di sviluppo umano certificato dall’ONU (0,755) e il PIL più alto. Il tasso di alfabetizzazione della Libia è vicino all’85%. Vedremo come la faranno diventare.

 

Quale sarà il passo seguente? Nell’agosto del 2008 è stato lanciato nel mercato un videogioco prodotto da Pandemic Studios ed Electronic Arts che simula l’invasione militare del Venezuela, che sostanzialmente consisteva nel bombardare senza tregua.

 

Il Venezuela è soprattutto la più grande riserva petrolifera del mondo. Che il greggio sia pesante o no, non è più un problema perché esiste la tecnologia per trattarlo. L’industria petrolifera è nazionalizzata dal 1976, ma lo è stata davvero solo dal 1999, quando si è cominciato a distribuire la ricchezza derivante.

 

Sul piano ideologico esistono motivi per un intervento militare contro il Venezuela, perché è una nazione del Sud che ha ottenuto un capitale simbolico come alternativa emancipatrice, come processo di sinistra visibile e permanente nel tempo, non senza ma con l’approvazione delle urne. Si tratta di qualcosa d’intollerabile per chi mantiene posizioni neocoloniali perché rende la decisione sul proprio futuro un fatto di esclusiva volontà dei suoi cittadini.

 

Sul piano politico esistono pure dei motivi, perché nonostante in questi ultimi dodici anni si siano svolti diciassette processi elettorali liberi, competitivi, il problema rimane nel fatto che le decisioni economiche si prendono dalla politica, cioè si sta democratizzando l’economia invece di economizzare la democrazia, come fanno gli altri. E ciò non rientra nei parametri del possibile.

 

Rispetto all’egemonia, il Venezuela, e più concretamente la Fascia dell’Orinoco per la sua ingente quantità di petrolio, così come per le riserve di acqua dolce del suo territorio, potrebbe diventare una necessità nei termini in cui il capitalismo che naviga “ a vista” individua le sue priorità.

 

Dati questi elementi, la domanda che apre questo articolo non è inquietante come la sua risposta.