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L’idea di un solo Partito è

un legato di José Martí

 

 

 

8.04.11 - www.granma.cu

 

L’analisi delle cause che impedirono il successo dei cubani nella Guerra dei Dieci Anni, fece comprendere a Martí che l’unità era un fattore imprescindibile per il trionfo sul colonialismo spagnolo. A sua volta, lo studio dell’esperienza indipendentista ispanoamericana gli insegnò che in  una rivoluzione guidata da capi militari di gran prestigio e potere, era difficile mantenere l’unità e formare successivamente una società libera e democratica.

 

Come si conosce, nella seconda metà del XIX secolo era già una pratica abituale la creazione di partiti politici, essenzialmente per partecipare alle battaglie  elettorali.

 

Senza dubbio, fu José Martí che nel 1882 anticipò l’idea che unicamente attraverso un solo Partito si poteva dirigere la lotta del popolo di Cuba, per la sua indipendenza, per unificare gli sforzi di tutti i cubani e smascherare le tendenze antinazionali nate nel seno di costoro.

 

A proposito diceva, in una lettera per il maggior generale  Máximo Gómez, del 20 luglio del 1882: “A chi si rivolgerà Cuba nell’istante definitivo e già vicino in cui perderà tutte le nuove speranze che il termine della guerra, le promesse della Spagna e la politica dei liberali, le hanno fatto concepire?  Si rivolgerà a tutti coloro che parlano di una soluzione al di fuori della Spagna. Ma se non starà in piedi eloquente, eretto, moderato e profondo un Partito rivoluzionario che ispira, per la coesione e la modestia dei suoi uomini e la sensatezza dei suoi progetti, con una fiducia sufficiente per tacitare l’anelo del paese, a chi si rivolgerà se non agli uomini del partito annessionista che sorgeranno allora?

 

Come evitare che vadano dietro coloro tutti gli affezionati ad una libertà comoda, che credono che con questa soluzione salvano alla pari la fortuna e la coscienza. Questo è il rischio grave per questo è giunta l’ora di alzarci in piedi!” (1)

 

Si nota quanta chiarezza di pensiero in un uomo di soli 29 anni, che solamente  quattro anni dopo la conclusione della guerra grande tracciò in maniera definita la situazione che  affrontava la Rivoluzione  e il compito che doveva svolgere.

 

La logica martiana esposta nel paragrafo è indiscutibile: era prossimo il momento in cui sarebbero state frustrate le speranze concepite da alcuni al termine della guerra, di realizzare, mediante l’autonomia, gli stessi obiettivi per il quali avevano lottato per dieci anni.

 

La Spagna non aveva esaudito le promesse; non esisteva autonomia; i diritti politici erano mutilati e si manteneva la schiavitù.  Se l’indipendenza non era stata conquistata e nemmeno l’autonomia, cosa restava? Uscire dall’orbita spagnola non implicava altra cosa che l’annessione agli Stati Uniti.

 

Di fronte a quel pericolo era obbligatorio rinforzare la tendenza  indipendentista.

 

Ma in un momento in cui la lotta politica si esprimeva sempre più tra partiti politici perfettamente strutturati e organizzati, era necessaria l’esistenza di un partito che ispirasse fiducia per le sue qualità: coesione nelle fila, modestia dei suoi membri,  sensatezza nei propositi.

 

Era questo per Martí l’alzarsi in piedi, affrontando coloro che  preferivano consegnare la Patria a una potenza straniera per godere di una libertà ottenuta comodamente senza danneggiare la propria fortuna nè restare male con la propria coscienza,  dato che Cuba non sarebbe stata più una colonia spagnola.

 

Nella sua predica a favore dell’indipendenza, il nostro Eroe Nazionale ha sempre segnalato la necessità che la Rivoluzione fosse un movimento politico basato negli ideali, un “sistema rivoluzionario” (2) con l’organicità che solo un Partito poteva dare, capace d’allontanare tutti i timori che la una prossima guerra poteva generare.

 

Così scrisse a José Dolores Poyo, da New York, il 29  novembre del 1887: "(... ) In altri tempi la nostra guerra poteva essere un segnale d’allarme eroico o un’esplosione di sentimenti; ma istruiti con vent’anni di fatica (...) non è già come prima la guerra cubana, una semplice campagna militare nella quale il valore cieco seguiva un capo famoso, ma un complicatissimo problema politico facile da risolvere, se ci rendiamo conto dei suoi diversi elementi e li aggiustiamo alla nostra condotta rivoluzionaria; formidabile se pretendiamo dare una soluzione senza regole ai suoi dati e sfidandoli (...)

 

E quello che fa temere la rivoluzione a coloro che la desiderano, è il carattere confuso e personale  con cui sino ad ora  è stata presentata; è la mancanza di un sistema rivoluzionario di fini  chiaramente disinteressati, che allontani dal paese le paure che oggi la rivoluzione ispira e la rimpiazzi con una meritata fiducia nella grandezza e la previsione degli ideali che la guerra porterà con sè, nella cordialità di coloro che la promuovono nel proposito rivelato di fare la guerra per una pace degna e libera, e non per il profitto di coloro che vedono  nella guerra l’anticipo del loro potere o della loro fortuna. (3).

 

Il lavoro  organizzativo e propagandistico di Martí fu incessante durante quegli anni. Costantemente pronunciava discorsi in riunioni con gli emigrati, e specialmente negli anniversari del 10 Ottobre, tra coloro che   chiamava a organizzarsi ed unirsi per l’entrata nella nuova e definitiva tappa della Rivoluzione iniziata a Yara.

 

Al calore della sua predica, dovunque  cominciarono a sorgere  associazioni patriottiche di emigrati cubani, e mancava solo l’unirle.

 

Il 25 dicembre del 1891, invitato da un comitato organizzatore, Martí giunse a Cayo Hueso, dove si riunì con rappresentanti di gruppi patriottici provenienti da vari luoghi degli Stati Uniti. Lì scrisse le Basi e gli Statuti del Partito Rivoluzionario Cubano, che furono approvati dagli assistenti il 5 gennaio  del 1892.

 

 

Nelle  basi si stabiliva che il Partito si costituiva concretamente, o conquistare l’indipendenza di Cuba, e fomentare e ausiliare quella di Puerto Rico; ordinare una guerra generosa e breve, incamminata ad assicurare nella pace e il lavoro la felicità degli abitanti  dell’Isola; unire gli elementi di Rivoluzione  esistenti e allegarne altri nuovi, senza impegni immorali con uomini o popoli alcuni, con il fine di fondare una nazione capace di assicurare il benessere dei suoi figli e compiere nella vita storica del continente i doveri difficili che la sua situazione geografica le segnalano, fondare un popolo nuovo e di sincera democrazia, capace di vincere i pericoli della libertà in una società composta per la schiavitù; salvare il paese dai pericoli interni o esterni che lo minacciano e sostituire il disordine economico con un sistema di  azienda pubblica che permetta l’attività diversa dei suoi abitanti.

 

L’ approvazione delle Basi e degli  Statuti iniziò  l processo mediante il quale si fondò il Partito Rivoluzionario Cubano. Ognuna delle associazioni  patriottiche degli emigrati cubani doveva discuterli, proclamare la propria  adesione agli stessi e  partecipare l’ 8  aprile, ad una stessa ora, alle elezioni  del Delegato e del tesoriere, massime figure del Partito, dato che si voleva proclamare la sua costituzione il 10 aprile per commemorare degnamente l’inizio dell’Assemblea di Guáimaro, celebrata nella stessa data, nel 1869.

 

Al principio del 1892 esistevano 34 associazioni  patriottiche, 13 a Cayo Hueso, 7 a New York, 5 in Giamaica, 4 a Tampa e le restanti  in diverse città degli Stati Uniti. L’8 aprile, 24 associazioni avevano  accettato le Basi e gli Statuti ed eletto a maggioranza assoluta con votazione segreta José Martí come Delegato e Benjamín Guerra como tesoriere.

 

Il processo di creazione del Partito si concluse con la sua proclamazione, com’era previsto, il 10 aprile del 1892.

 

Appena un mese prima, il 14 marzo del 1892, era cominciata la diffusione del giornale Patria,  in cui Martí definì con precisione il significato della fondazione del Partito: "(... ) il Partito Rivoluzionario Cubano, nato con responsabilità somme negli istanti di decomposizione del paese, non è sorto  da una veemenza passeggera, nè dal desiderio  vociferatore e incapace, ne dall’ambizione temibile, ma  dalla spinta di popolo istruito che con lo stesso Partito proclama, prima della repubblica, la sua redenzione dai visi che imbruttiscono al nascere la vita repubblicana. È nato nello stesso tempo in molte parti. E si sbaglia  fuori o dentro chi lo crede estinguibile o detestabile.

 

Quello che è ambizione di un gruppo, cade.  Dura quello che un popolo vuole (e ama).

 

Il  Partito Rivoluzionario Cubano, è il popolo cubano”.(4)

 

Il Partito Rivoluzionario Cubano fu il frutto della tenace lotta martiana per l’unità di tutti i rivoluzionari, nel la qual dovette combattere  le tendenze contrarie alle ansie indipendentiste del popolo cubano e che pretendevano  deviarle: le differenze tra i rivoluzionari vecchi e giovani, veterani o principianti, l’autonomismo, l’annessionismo e il razzismo.

 

Questa  lotta per l’unità si coniugava con le idee antimperialiste martiane,  sempre fondate sulla necessità d’essere  uniti per affrontare il vicino del Nord.

 

Il concetto martiano di unità era chiaro e preciso.

 

Venti giorni dopo la proclamazione del Partito Rivoluzionario Cubano, Martí pubblicava: "L’unità di pensiero, che in nessun modo significa servitù dell’opinione, è senza dubbi  una condizione  indispensabile del successo di tutto il programma politico (...) aprire al disordine il pensiero del Partito Rivoluzionario Cubano sarebbe tanto  funesto come ridurre il suo pensiero ad un’unanimità impossibile in un popolo composto da distinti fattori, e dalla stessa natura umana.

 

Se per il suo pensiero, e per la sua azione basata in questo, dovrà essere efficace e assai gloriosa la campagna del Partito Rivoluzionario Cubano, è indispensabile che, quali che siano le differenze di fervore o aspirazione sociale, non si vedano contraddizioni di sorta, nè riserva rancorose, nè parzialità meschine, nè pentimenti di generosità, nel pensamento del Partito Rivoluzionario.

 

Il pensiero si deve vedere nelle opere. (... ) Se ispiriamo fiducia oggi, è perchè facciamo tutto quello che diciamo. Se il nostro potere nuovo e forte sta nella nostra insperata unione, noi perderemmo volontariamente il potere se perdessimo il nostro pensiero di unità” (5).

 

La struttura del Partito Rivoluzionario Cubano era molto semplice.

 

La sua base radicava nelle  associazioni (clubs) che si creavano nelle località dove risiedevano gli emigrati, che eleggevano un presidente per dirigere le loro riunioni e rappresentarli nelle relazioni con gli altri club e altri organismo del Partito, per mantenerli informati dei compiti svolti, dei fondi etc.

Tutti i presidenti dei club di una località formavano il corpo del Consiglio, istanza che univa il lavoro in una città o  territorio e nello stesso tempo serviva da vincolo tra il delegato e i club (ricordate che  solo a Cayo Hueso nel 1892 c’erano 13 associazioni).

 

Nella cupola  del Partito c’erano il Delegato e il tesoriere, eletti annualmente mediante votazione segreta dai club. (si stabiliva un voto per ogni gruppo da  20 a 100 affiliati).

 

Il lavoro organizzativo e propagandistico del Partito, diretto da Martí, permise la sua crescita e un ampliamento sistematico. Se alle elezioni dell’8 aprile del 1892 parteciparono 24 club e si conoscevano solo 5 associazioni fuori dagli Stati Uniti, alla fine della sua fruttifera vita, il Partito Rivoluzionario Cubano contava con 128 club e 9 corpi di Consiglio in 19 località  di Stati Uniti, Messico, Costarica, Panama, Giamaica e Haiti, senza contare gli affiliati che già in quel momento combattevano nelle fila dell’Esercito di Liberazione.

 

Analizzando da un altro angolo la struttura del Partito Rivoluzionario Cubano, si notano quattro elementi essenziali.

Uno di questi è la sua dirigenza, integrata da veterani civili e militari, delle gesta del ‘68 e delle  azioni successive, il cui prestigio nell’emigrazione e in Cuba  permetteva  di mobilitare tutte le forze interessate all’indipendenza.

 

Altri due elementi sono la militanza di massa, composta in generale da lavoratori (soprattutto della classe operaia del tabacco) disposti ad offrire la loro lealtà, le risorse  necessarie e la loro vita per la libertà di Cuba; così come per i detti  settori cooperanti, costituiti da un piccolo  numero di commercianti, proprietari e dediti alle manifatture, cubani radicati negli Stati Uniti, Giamaica, Santo Domingo e in altri paesi che, anche se non avevano una vita politica  attiva, aiutavano finanziariamente la Rivoluzione.

 

Un’ultima caratteristica è l’elemento che articola, che dà senso e organicità alle tre precedenti: le basi e gli statuti riconosciuti da tutti, così  come la guida di José Martí, la cui autorità nell’ordine organizzativo, politico e morale era già indiscutibile.

 

La morte prematura di Martí, avvenuta il 19 maggio del 1895, meno di tre mesi dopo l’inizio  della guerra da lui sostenuta, permise che  la direzione del Partito l’assumesse Tomás Estrada Palma, uno dei partecipanti delle gesta del ‘68 con maggior prestigio tra l’emigrazione.

 

Estrada Palma, non conseguente e pro-nordamericano in assoluto, si dedicò ad appoggiare l’ingerenza degli Stati Uniti nella guerra contro la Spagna e, una volta eliminato il potere spagnolo e stabilita l’occupazione militare statunitense, diede per conclusa la missione del Partito Rivoluzionario Cubano e procedette alla sua dissoluzione,  mutilando una parte importante delle idee martiane, che prevedevano l’uso del Partito non solo nella guerra contro la Spagna, ma anche nella fondazione di una Repubblica "con tutti  e per il bene di tutti". (6)

 

Cinque anni circa durò l’esistenza del Partito Rivoluzionario Cubano e solo per tre anni fu diretto da Martí, ma quanto di nuovo, rivoluzionario e attuale c’era nella sua attività.

 

Se lo paragoniamo ai partiti politici della fine del  XIX secolo in tutto il mondo, apprezziamo chiaramente che anticipava il suo tempo e i compiti che sarebbero stati caratteristici del xx secolo.

 

Soffermiamoci ad osservare gli apporti realizzati da lui nella pratica dei partiti politici: il partito creato da Martí fu concepito, prima di tutto per realizzare la liberazione nazionale, fatto inedito sino ad allora. Per farlo lo si proclamò dalla sua fondazione come Partito Nazionale, come fronte unico per l’indipendenza “nel quale si raggruppavano tutte le forze vive della Patria” (7), mentre, sino a quel momento i partiti rappresentavano solo una classe o determinati gruppi sociali.

 

In quel modo, per la sua composizione e i compiti che si prefiggeva, il Partito Rivoluzionario Cubano era qualitativamente distinto dai partiti della sua epoca.

 

Fu l’organizzatore della guerra. A differenza dei restanti partiti, che centravano la loro attenzione in programmi e propaganda elettorale e nell’ottenimento di incarichi politici, questo partito raccolse fondi, preparò capi, organizzò un esercito, preparò spedizioni e generò tutto  un movimento insurrezionale con il fine di facilitare l’ indipendenza di Cuba.

 

Il Partito Rivoluzionario Cubano non solo organizzò l’insurrezione, ma si propose compiti da svolgere dopo la conquista dell’indipendenza. Voleva fondare una repubblica giusta, dove la prima legge fosse "il culto dei cubani alla dignità piena dell’uomo". (8)

 

In questo senso si differenziò sostanzialmente da tutti i similari, perchè di fatto concepiva questo compito come un partito che aveva vinto a che aveva preso il potere mediante una guerra e non attraverso delle elezioni.

 

Si tracciarono  obiettivi internazionalisti, non solo lottare per l’ indipendenza di Cuba, ma  fomentare e aiutare quella di Puerto Rico e, in un senso più ampio, "impedire a tempo con l’indipendenza di Cuba che gli Stati Uniti si estendessero per le Antille e si scagliassero inoltre con la loro forza sulle nostre terre d’America". (9)

 

La struttura del Partito martiano a differenza di quelli già esistenti, fu creata dal basso verso l’alto, appoggiandosi in un’ampia base di massa (i club)  e negli organi dirigenti più piccoli  (Delegato e tesoriere a livello di tutto il Partito e residente e segretario nei corpi del Consiglio).

 

In questa maniera, per il suo concetto, fu un Partito di massa, la cui struttura gli conferiva forza e organizzazione, dato che tutti i suoi membri appartenevano alle associazioni di base e il numero ridotto degli organi dirigenti permetteva di prendere decisioni con rapidità e di mantenere una grande condivisione dei lavori cospirativi.

 

Nel Partito imperava una grande democrazia, basata in due aspetti: elezioni segrete  annuali di tutti gli incarichi e amplia divulgazione, dentro e fuori dalle sue fila di tutte le questioni, sempre che non si danneggiasse la condivisione necessaria per i preparativi della guerra. Si conservano ancora le comunicazioni  che il Delegato inviava costantemente ai presidenti dei corpi di Consiglio per informarli della sua gestione e delle attività dei club e dei restanti corpi di consiglio.

 

Il Partito Rivoluzionario Cubano seppe anche combinare il lavoro  legale con l’attività  clandestina, in maniera che nemmeno gli stessi emigrati riuscirono a conoscere l’immenso lavoro organizzativo svolto da Martí. Quando avvenne il fallimento  del piano di Fernandina, per esempio, provocò una  grande sorpresa tra gli emigrati sapere che  le risorse raccolte centesimo a centesimo, avevano permesso di preparare una spedizione di tale importanza.

 

In conclusione, il concetto martiano del Partito fu nuovo, chiaro e preciso. Consisteva nel creare uno strumento politico per organizzare e preparare la guerra, e per guidare la fondazione della Patria; un’organizzazione in cui far  coesistere in forma armonica un’autentica democrazia e una direzione  quasi unipersonale, materializzata nel Delegato eletto.

 

Quest’organo doveva raggruppare coloro che erano fermamente decisi a lottare per l’indipendenza di Cuba e che comprendevano che per quello era necessario organizzarsi come Partito. Doveva inoltre sviluppare un lavoro di proselitismo con cui captare sempre più forze per la causa patriottica.

 

Per il Partito Rivoluzionario Cubano la cosa più importante  non era la quantità degli integranti, ma il oro amore per  la Patria, la volontà e la dignità; solamente così si potevano stabilire solidi vincoli con le masse dei lavoratori.

 

Dopo quasi 120 anni questo legato mantiene una totale validità.

 

(fonte: Perchè un solo Partito, delle Edizioni Verde Olivo).

(Traduzione Gioia Minuti)

 

Note:

(1) José Martí: Lettera al generale Máximo Gómez del 20 luglio del 1882.

Obras Escogidas. Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 1992, t. I p.324.

(2) José Martí: Lettera a José Dolores Poyo, del 29 novembre del 1887.

Obras Completas. Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 1975, t. I, p.211.*

(3) Idem.

(4) José Martí: Il Partito Rivoluzionario Cubano. Obras Escogidas.

Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 1992, t. III, p. 84.*

(5) José Martí: Generoso Deseo. Obras Completas. Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 1975, t. I, p. 424.*

(6) José Martí: "Resoluciones". Obras Escogidas. Editorial de Ciencias Sociales. La Habana, 1992, t. III, p. 23. *

(7) Ídem.

(8) José Martí: "Con todos y para el bien de todos". Obras Escogidas.

Editorial de Ciencias Sociales. La Habana, 1992, t. III, p. 9.*

(9) José Martí: Carta a Manuel Mercado del 18 de mayo de 1895. Obras

Escogidas. Editorial de Ciencias Sociales. La Habana, 1992, t. III, p. 604.