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Il caso dei Cinque ed i

 

mezzi di comunicazione

 

Ricardo Alarcon de Quesada - www.cubadebate.cu

Parte del discorso pronunciato il 3.5.11 nella cerimonia indetta dal FELAP e UPEC in occasione della Giornata della Libertà di Stampa

 

Quando il 25 aprile il Governo degli Stati Uniti ha respinto la richiesta di Habeas Corpus di Gerardo Hernández Nordelo, lo ha fatto in modo molto categorico, senza lasciare spazio al dubbio. Washington vuole che il tribunale di Miami dichiari inammissibile questa petizione e che lo faccia sommariamente, senza convocare un’udienza per esaminare le motivazioni, senza ascoltare Gerardo e senza presentare le evidenze che nasconde.

 

Risponde così all’ultima risorsa di un essere umano condannato a due ergastoli e quindici anni di prigione.

Ugualmente Washington ha chiesto che vengano respinti gli appelli di Antonio Guerrero e di René González.

 

Sono tre azioni quasi simultanee che rivelano la natura profondamente arbitraria e ingiusta del sistema nordamericano. Sono avvenute pochissimo tempo fa, ma non sono divenute notizie, salvo alcuni riferimenti nei nostri mezzi di comunicazione.

 

La dittatura mediatica è probabilmente, nell’attualità, lo strumento più efficace della politica egemonica dell’imperialismo.

 

Domina ampliamente l’informazione a scala planetaria, determina quello che la gente può sapere e blocca con mano d’acciaio quello che vuole nascondere.

 

La battaglia per liberazione dei nostri Cinque connazionali la potremo vincere solo se comprenderemo questo dato essenziale del mondo di oggi e saremo capaci d’attuare in conseguenza.

 

Non è casuale che esista una così ferrea censura. Precisamente l’appello collaterale di Gerardo si basa nell’occultamento delle evidenze e nella funzione perversa dei detti mezzi d’informazione.

 

Si tratta di un caso del quale non si è saputo quasi niente al di fuori di Miami. Le grandi corporazioni hanno imposto un totale silenzio al di fuori della zona, mentre i corrispondenti nella città si unirono a mezzi di dubbia reputazione per scatenare una virulenta campagna contro gli accusati, che contribuì a formare quello che tre giudici della Corte d'Appello descrissero come ‘una tormenta perfetta di pregiudizi e ostilità’ sulla quale basarono la loro decisione d’annullare il processo.

 

La stessa giudice Lenard, in ripetute occasioni, aveva protestato per le azioni provocatrici che realizzavano i presunti giornalisti che seminavano paura tra i membri della Giuria, che si sentivano minacciati.

 

Nel 2006 si seppe che quei provocatori erano pagati dal governo nordamericano per realizzare il loro sporco lavoro. Da quel tempo varie organizzazioni degli Stati Uniti stanno reclamando da Washington che consegni i dati che nasconde sulla portata di una congiura, la cui esistenza è più che sufficiente per dimostrare la scandalosa prevaricazione delle autorità.

 

Per cinque anni questi amici nordamericani hanno svolto uno sforzo nobile e solitario sul quale i media corporativi non hanno mai riflettuto ed è davvero poco quello che è giunto a quelli che si considerano alternativi.

 

Per questo non è stato difficile al governo mantenere la sua ostinata posizione e continuare ad imporre il segreto.

 

Non ha incontrato ostacoli nemmeno per mantenere invisibili le immagini del satellite, che custodisce gelosamente, sull’incidente del 24 febbraio del 1996. Non ha permesso neanche di vederle 15 anni fa agli investigatori dell’Organizzazione dell’Aviazione Civile Internazionale, ha rifiutato di presentarle al Tribunale di Miami e ancora ripete il suo rifiuto. È tanto ovvio e sospetto questo atteggiamento d’impedire che altri vedano le prove che conosce solo Washington che, nel suo esteso allegato di 123 pagine e tre annessi, contro Gerardo, appena alludono al tema in un ritorto paragrafo di cinque righe.

 

Permettetemi di fare un breve riassunto. Gerardo Hernández Nordelo non ebbe assolutamente nulla a che vedere con l’abbattimento di due piccoli aerei, il 24 febbraio del 1996. Lo stesso Governo degli Stati Uniti, quello di W. Bush, riconobbe che gli mancavano le prove per sostenere la sua accusa contro Gerardo e chiese all’ultima ora di ritirarla.

 

Lo fece in un documento ufficiale, intitolato “Petizione d’Emergenza”, che, secondo loro costituiva un’azione senza precedenti nella storia del paese.

 

Questo è il documento, datato 25 maggio del 2001 e presto compirà dieci anni, ma non esiste per coloro che si fanno chiamare ‘mezzi d’informazione’. Dai miei antenati andalusi ho ereditato una certa tendenza all’ostinazione e per questo lo riprendo di volta in volta, perchè i gitani credono anche nell’azzardo. Non si mai.

 

Forse un giorno qualcuno scoprirà che questo documento esiste.

 

Torniamo all’incidente del 24 febbraio del 1996. Nessun tribunale degli Stati Uniti aveva giurisdizione sul fatto a meno che fosse avvenuto nello spazio internazionale. Anche se erano state avvisate dal loro governo con anticipo, le stazioni radio nordamericane o non registrarono i fatti, o trasmisero dati traditori o distrussero quei dati. La sola prova fornita dalle autorità statunitensi è la testimonianza del capitano di una nave che era ‘casualmente’ a Miami.

Da lì l’interesse prima della OACI e poi della difesa di Gerardo per le immagini satellitari. Il Governo nordamericano non ha mai negato l’esistenza di quelle immagini, ammise d’averle ma da quindici anni proibisce di vederle a chiunque Come spiegare che sono riusciti a nasconderle con successo per tanto tempo?

 

Semplicemente perchè la sua rivelatrice condotta non è mai divenuta notizia perchè hanno contato sulla complicità delle grandi corporazioni mediatiche ed anche, va ammesso, con la nostra indolenza.

 

Il peggior nemico della libertà di stampa è la dittatura dei mezzi di comunicazione, quella che esercitano le grandi corporazioni che manipolano le informazioni e le sostituiscono per l’industria dell’inganno.

 

Questa dittatura impone un menù di notizie, che circola nelle nostre redazioni, e con lui i codici di linguaggio e interpretazione. Se vogliamo sviluppare un giornalismo vero e capace di trasformarsi in una vera alternativa è obbligatorio uscire dal menù e cercare la verità in altre fonti. Questa è una necessità professionale, ma anche un dovere di solidarietà con coloro che, mancando di risorse, sferrano dure battaglie da soli.

 

Aiutare nell’articolazione degli sforzi dispersi è obbligo della stampa rivoluzionaria.

 

È anche la miglior ricetta per curare le infezioni di quei codici che circolano molte volte inavvertiti anche tra di noi.

Agendo così possiamo anche fare notizie, senza inventarle o fabbricarle come quelle che abbondano nel menù che ci servono giorno e notte, ma spezzando i catenacci che rinchiudono verità come quelle che mi sono permesso d’esprimere qui.

 

Cerchiamo d’essere, insomma, come Julio Antonio Mella voleva che fossimo:”Esseri pensanti e non esseri amministrati”.