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IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI 

 

Arresti negli Stati Uniti e Cuba:

due pesi e ragionevoli dubbi

 

11/10/11 di José Manzaneda www.cubainformacion.tv

http://www.youtube.com/watch?v=eo2cZV2rgu8

 

Lo scorso 1 ° ottobre - in un giorno - la polizia arrestava, a New York, circa 700 attivisti del movimento contro il potere delle banche e Wall Street (1). In titolo e note di agenzie e altri media sopra l'incidente, appena si accennava giudizi di valore circa l'azione della polizia o analisi critiche sul regime politico e sociale degli Stati Uniti (2).

Qualche giorno più tardi, questi stessi media riproducevano, senza verifica alcuna, la denuncia del famoso "dissidente" cubano Elizardo Sanchez Santa Cruz, presidente della cosiddetta Commissione Cubana dei Diritti Umani e la Riconciliazione Nazionale (CCDHRN), circa un presunto "record di arresti" a Cuba durante il mese di settembre (3). Decine di mezzi di comunicazione, di tutto il mondo, assicuravano che la polizia cubana aveva condotto più di 500 arresti di breve durata; la cifra più alta degli ultimi 30 anni.

Tanto i titoli che i testi della notizia erano, nella stragrande maggioranza, valutativi e condannavano il governo e il regime politico vigente nell'isola e davano assoluta credibilità alla citata unica fonte.

Ma alcuni dati - che questi stessi media  conoscono ma hanno deciso di censurare - inducono a seri dubbi circa la cifra dichiarata di detenzioni. All'inizio di settembre, la televisione cubana ha mostrato che nell'ultimo
lista di presunti "prigionieri politici" che periodicamente consegna alla stampa estera il detto Elizardo Sanchez, c'erano una serie di nomi di fantasia, come quelli di alcuni membri della squadra di pallavolo del Perù, di un giocatore di calcio boliviano, e anche di un pittore spagnolo del XVIII secolo (4).

Un cablo dalla sede diplomatica degli Stati Uniti all'Avana, rivelato da Wikileaks ma anch'esso
censurato dai media mainstream, dimostra che Elizardo Sanchez e la sua Commissione Cubana dei Diritti Umani sono i beneficiari dei fondi del governo USA, cosa che smonta qualsiasi tentativo di presentarsi come "fonte civile indipendente" (5).

Infatti, uno degli  ex collaboratori di Sanchez, anche lui un "dissidente", Richard Roselló, lo accusa di rubare i soldi che il governo degli Stati Uniti e altre potenze destinano alla "dissidenza" e di "essere più interessato a mantenere una ben voluminosa lista (di "prigionieri politici") che ai (...) reali problemi dell'opposizione "(6).

La stessa agenzia USA, Associated Press (AP), in un recente reportage, metteva in dubbio i citati dati di detenzione, perché - ha detto - "non è possibile confermare questi dati in modo indipendente ed il Governo (cubano) non fa commenti"(7).

 

Due giornalisti inviati nell'isola da tale agenzia hanno fatto un crudo ritratto della situazione della cosiddetta "dissidenza". Essi hanno affermato che questa cerca di "ottenere l'appoggio di una società che non è mai sembrata particolarmente ricettiva", che "non ha potuto emulare le rivolte che si sono verificate nel mondo arabo e neppure le proteste che esigevano una maggiore giustizia sociale che si sono verificate in Gran Bretagna, Grecia e Spagna". E arriva ad una conclusione sicura: «A Cuba è comune trovare gente scontenta della situazione del paese, ma pochi considerano i dissidenti come una reale alternativa." E ricordava come lo ha riconosciuto perfino il capo dell'Ufficio di Interessi USA all'Avana, Jonathan Farrar, in un rapporto interno rivelato da Wilkileaks: "Nonostante le loro affermazioni di rappresentare "migliaia di cubani" noi vediamo -ha dichiarato il diplomatico - molto poco prove di tale sostegno "(8).
 

L'Associated Press insisteva anche che, attualmente, Amnesty International non riconosce "prigionieri di coscienza" a Cuba, giacché coloro che sono difesi come tali da Elizardo Sanchez o dalle Dame in Bianco

sono "dietro le sbarre per reati a volte violenti (...), come sabotaggio e sequestro di navi ". Ma i grandi giornali che portavano titoli sulla presunta "ondata record" di arresti, parlavano - senza menzionare nessuno di questi caratteri violenti delle loro azioni - di "circa 80 condannati o processati per ragioni politiche."

Nel frattempo negli Stati Uniti si detenevano - in un solo giorno - 700 attivisti politici, e in posti come la Grecia (9) e Cile (10), la polizia usava gas lacrimogeni, manganelli, proiettili di gomma e altri strumenti di repressione contro lavoratori e studenti.

 

Un'immagine - così comune nel mondo - che i media internazionali anelano poter captare a Cuba, e che - nonostante le decine di milioni di dollari che riceve la chiamata "dissidenza" cubana per le sue costanti provocazioni - nessuno ha potuto vedere a Cuba negli ultimi 53 anni.