HOME AMERICA LATINA

Il traduttore si scusa per gli errori

 

 

Ricordatevi di aprile
 

 

14 aprile 2012 - F.Lopez www.granma.cu

 

 

Ricordatevi di aprile La saggezza popolare nordamericana dice che negli Stati Uniti non avvengono colpi di Stato perchè in questo paese non c’è un’ambasciata statunitense.

 

Non è una barzelletta. La prova sta nelle evidenze lasciate dalla diplomazia gringa in tutti i tentativi per far cadere i presidenti incomodi nella storia dell’America Latina.

 

E la sua massima espressione è avvenuta esattamente dieci anni fa, nell’aprile del 2002, durante il colpo di Stato fascista contro il presidente Hugo Chavez.

 

Di quel fatto storico, per l’esemplare importanza della vittoria popolare contro l’oligarchia fascista, esistono due immagini che entrarono per sempre nell’iconografia rivoluzionaria. Una è la fotografia del presidente Chávez che ritorna vittorioso a Miraflores, circondato dai giovani paracadutisti che lo avevano riscattato dalla morte, e l’altra quella dei soldati leali della Guardia d’Onore, che sventolavano la bandiera e i loro baschi rossi da una terrazza del Palazzo, per indicare al popolo che stavano con lui e lo avrebbero accompagnato nella vittoria.

 

A Cuba, dieci anni dopo quei tre giorni d’indignazione, incertezza e angoscia, abbiamo festeggiato come nostra quella vittoria dei nostri fratelli venezuelani.

 

Perchè abbiamo vissuto, sguardo fisso alla televisione e o attaccati alla radio, lo svolgersi degli avvenimenti.

 

Fidel aveva avuto la possibilità di parlare con Chávez per telefono e sappiamo oggi quando si è fatto da quest’Isola per far sì che i golpisti non realizzassero il loro piano d’assassinare il leader bolivariano.

 

Mentre questi due uomini parlavano, migliaia di cubani erano vincolati sentimentalmente con la Patria di Bolívar.

 

E poi, finalmente, la ripetizione della profezia che aprile non è un mese buono per gli yankee, in America Latina.

 

La seconda Baia dei Porci è accaduta in Venezuela
 

 

13 aprile 2012 - testo di Alì Rodriguez Araque www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi

 

 

Ali RodriguezGià da cinquanta anni, si è prodotta l’invasione della Repubblica di Cuba da parte di migliaia di mercenari allenati, equipaggiati, finanziati, trasportati e diretti dal governo nordamericano. La Rivoluzione ancora giovane, contando sulla coraggiosa azione delle milizie e delle giovani Forze Armate Rivoluzionarie, sotto la brillante conduzione del suo Comandante in Capo, Fidel Castro, direttamente dalla prima linea di fuoco, e con l’appoggio massiccio di tutto il popolo cubano, inflisse la prima ed umiliante sconfitta militare, politica e morale in America Latina al più grande e poderoso impero che ha conosciuto la storia dell’umanità.

 

Ma, come diceva Goethe, la storia normalmente si ripete, prima come un dramma e la seconda come una commedia. Playa Giron, sceneggiata nella Baia dei Porci, come si conosceva allora, è stata una battaglia nella quale ha vinto la ragione storica, la prodezza del popolo e la conduzione del capo della rivoluzione, contro una forza armata che cercava di stabilire un’entrata dal mare, installare un governo provvisorio che fosse riconosciuto immediatamente da tutti i complici dell’impero, che erano ben addomesticati. Come è universalmente conosciuto, ebbe tutte le caratteristiche di un vero dramma.

 

Dove è accaduta la commedia? Sembra davvero paradossale: è successa nella città che è stata la culla di tutto il processo d’indipendenza di un altro dei più grandi imperi della storia della Nostra America: a Caracas. E’ accaduta nell’Ambasciata di Cuba che, per legge universale, è parte inviolabile del paese al quale rappresenta, cioè, nel caso che commentiamo, una minuta porzione del territorio cubano, come lo conosce qualunque cittadino con una minima informazione. Piccola porzione territoriale che acquisì taglia di gigante davanti alla prodezza e dignità dei suoi rappresentanti, guidati dall’ambasciatore German Sanchez Otero.

 

Allora, il giorno 12 aprile 2002, un gruppo di gente, mescolanza di venezuelani diretti da Henrique Capriles Radonski e cubani controrivoluzionari, con lo stesso pensiero e la stessa intenzione di quelli che tentarono in Playa Giron, volle ripetere un’azione di simile natura politica ed etica, invadendo il territorio sovrano dell’Ambasciata di Cuba in Venezuela, dove appena c’era un piccolo gruppo di diplomatici, personale amministrativo, includendo donne e bambini.

 

Nei dintorni dell’Ambasciata, con le espressioni più conosciute dell’odio fascista, quando questo si manifesta; sotto la protezione della Polizia Municipale al comando del suo capo, Henrique Capriles Radonsky, i fascisti saltavano e colpivano, distruggendo veicoli dell’ambasciata, tagliavano l’elettricità e l’acqua, esprimendo con una perdita totale d’ogni senso della razionalità, “che dovranno mangiarsi i tappeti” per il “blocco” che sicuramente pretendevano imporre, come parte dell’accanimento imperialista che impone sull’isola della rivoluzione da cinquanta anni.

 

Ma non bastava tutto questo. Era necessario “invadere” questo territorio per ispezionare se lì si trovava il vicepresidente esecutivo Diosdado Cabello, per rapirlo e distruggere tutti gli organi del potere legale democratico del paese. Doppia commedia.

 

Avvisato dall’ambasciatore German Sanchez Otero che non avrebbero permesso sotto nessun pretesto tale invasione e che la respingerebbero a qualunque prezzo, Capriles chiese che gli fosse permesso entrare, cosa che è accaduta, previa autorizzazione dell’Ambasciatore, ma solo per un’intervista. Una volta dentro, chiese “percorrere” le installazioni dell’Ambasciata, sollecito che, ovviamente, fu respinto energicamente dall’Ambasciatore.

 

Quelli che hanno potuto apprezzare le immagini registrate di tali scene, potranno vedere gli occhi esagerati dell’allora sindaco Capriles Radonski e l’atteggiamento dominante con il quale pretendeva imporre la sua volontà sull’autorità dell’Ambasciatore, tentativo che, se avesse conosciuto un poco la storia di Cuba e dei suoi rivoluzionari, non avrebbe neanche sognato di fare. Ma come si dice, “l’ignoranza normalmente è molto audace”. Come poteva pretendere di ottenere quello che il più grande impero non ha potuto ottenere in cinquanta anni?

 

Infine, questo nuova Playa Giron, oltre a rappresentare una commedia grottesca, dimostrazione di totale ignoranza sulla legalità internazionale e di una mentalità chiaramente fascista, lascia tutto il popolo venezuelano di fronte alla riflessione, particolarmente per quelli che mostrano una certa simpatia per la sua candidatura per le elezioni del prossimo 7 ottobre, se un uomo con tali qualità potrebbe dirigere i problemi tanto complessi che espone oggi la politica venezuelana, nell’ambito interno come negli esteri; ancora di più quando non è stato capace di dimostrare il più piccolo segnale di autocritica per i suoi evidenti errori, per qualificarli in maniera molto generosa.

 

Sarebbe così, allora, come, se uscisse trionfatore, (fatto per fortuna impossibile) dirigerebbe la politica interna e le sue relazioni internazionali. Credo che non ci voglia troppo potere analitico per approdare alle conclusioni corrispondenti alle quali sta arrivando già un crescente numero di venezuelani e venezuelane, a dispetto della disperata campagna per la dimenticanza ed i melliflui appelli ad una riconciliazione sleale.

 

Emotiva manifestazione a Caracas ricorda

l’assedio all’ambasciata cubana nel 2002

 

 

 

12 aprile 2012 - Prensa Latina traduzione di Ida Garberi

 

 

 

German Sanchez Otero: “L’attacco contro l’ambasciata di Cuba in aprile del 2002 è stato un attacco brutale”

 

 

12.04.2012 - da www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi

 

 

Oggi giovedì 12 aprile, nel teatro Principale di Caracas, nella capitale venezuelana, German Sanchez Otero presenterà il suo libro 'Aprile senza censura', con un prologo del giornalista venezuelano, allora Ministro della Difesa durante il golpe mediatico di aprile del 2002, Josè Vicente Rangel.

 

“Questo è un libro che presentiamo all’opinione pubblica venezuelana e latinoamericana, come omaggio alla vittoria popolare, e contiene, con molti altri documento importanti, la trascrizione integra della conversazione tra Fidel Castro e Hugo Chávez, alla mezzanotte del 12 aprile del 2002, quando i golpisti si sentivano padroni della situazione”, ha commentato.

 

Il presidente Chávez, attraverso la rete sociale Twitter, ha inviato un saluto: “ Mando un saluto a voi tutti lì, al battesimo del libro di Germán Sánchez Otero. Eccellente il tuo libro fratello Germán!", ha scritto il presidente.

 

“Il prologo del testo è stato scritto dal giornalista José Vicente Rangel, che nel 2002 era ministro della Difesa”, ha detto ancora l’autore, segnalando che la restituzione del governo democratico del presidente Hugo Chávez avvenne grazie al popolo, alla mobilitazione del popolo e che questo “ci rese felici a Cuba”.

 

“Fummo molto contenti di sapere che questa Rivoluzione, che i nemici del Venezuela volevano assassinare in maniera macabra e violenta, era ritornata”, ha roportato Telesur.

 

In un’intervista telefonica col programma della radio 'La Bussola del Sud' che trasmeGerman Sanchez Oterotte in FM l’emittente Alba Città 96.3, German Sanchez Otero, ex ambasciatore della Repubblica di Cuba nella Repubblica Bolivariana del Venezuela durante gli eventi dell' aprile 2002, racconta che “il giorno 11 di sera, c’è stata un’aggressione contro la residenza dell’ambasciatore molto brutale. Tre persone cercarono di entrare all’edificio della residenza con pistole in mano e logicamente hanno ricevuto una risposta immediata che era l’unica possibile per difendere questo territorio cubano. Un compagno con una mitragliatrice sparò all’aria per trattare che non entrassero. Questo provocò uno scoppio immediato.”

 

Durante il golpe di Stato di aprile del 2002 contro il governo del presidente Chavez, l’ambasciata di Cuba è stata circondata da fanatici isterici per la transitoria vittoria del golpe di stato. L’esiliato cubano Salvador Romanì (ex agente della polizia del dittatore Fulgencio Batista) e l’avvocato venezuelano Ricardo “Cañita” Koesling, promossero l’assalto che durò 5 giorni.

 

Gli eventi di questi giorni dimostrarono la violenza dell’attacco ed il coraggio di quelli che, all’interno dell’ambasciata, sopportarono l’assalto. Il ritorno del presidente Chavez al potere, il 13 aprile, ha messo il punto finale all’assedio.

 

Ancora risulta impattante la dichiarazione dell’allora ambasciatore cubano quando disse che le persone che attaccavano l’ambasciata erano manipolate da membri della mafia anticastrista di Miami, con l’intenzione di entrare violentemente.

 

“Fummo vittime, come tutto il popolo del Venezuela, di quell’unghiata fascista”, ricorda German Sanchez Otero. “Ci furono intrighi e manipolazioni mediatiche e politiche della controrivoluzione venezuelana, in coordinazione col Dipartimento di Stato, la CIA e la chiamata Fondazione Nazionale Cubano-Americana.”

 

Questo avrebbe obbligato loro a reagire come lo farebbe il loro popolo in caso di essere aggredito: difenderebbero questo pezzo di terra perfino a costo delle loro vite. E questo non era un discorso. Questo era così. Quella dichiarazione è da brivido, perfino oggigiorno. “Noi cubani non facciamo discorsi. L’abbiamo dimostrato molte volte. Io vi invito ad evitare una tragedia”, diceva l’ambasciatore a quello che oggi è il candidato della destra alle presidenziali.

 

Quell’assedio è una prova tangibile dell’aspetto “democratico” di Henrique Capriles Radonski che, con la sua indifferenza e contraddicendo l’ambasciatore cubano, incoraggiò i fatti violenti contro uomini, donne, bambine e bambini che si preparavano per qualcosa peggiore dell’assalto fascista della destra venezuelana.

 

“Ci diedero un ultimatum. Dopo, un altro gruppo assicurò che voleva dialogare in maniera pacifica e noi accettammo questo dialogo per evitare una tragedia. Capriles Radonski entrò nell’ambasciata sotto la mia autorizzazione, perché altrimenti non avrebbe potuto farlo. Lui non fece nulla finché quella gente che stava fuori dell’ambasciata non si ritirò”, ricorda Sanchez Otero.

 

Capriles violò norme internazionali entrando all’Ambasciata

di Cuba nel 2002, afferma Ambasciatore

 

 

11.04.12 da www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi

 

 

“Non posso confermare o affermare che non ci sia qui nessun rifugiato (…) perché non ho potuto perquisire l’Ambasciata”, furono le parole di Capriles Radonski, candidato oppositore alla Presidenza del Venezuela, in uno dei fatti più polemici dell’aprile del 2002: l’assedio all’Ambasciata di Cuba.

 

Ricordando quei giorni, il volto più visibile della situazione è stato senza dubbio quello dell’attuale Governatore di Miranda e candidato presidenziale per l’opposizione. Accorrendo all’Ambasciata durante le manifestazioni, Capriles Radonski salì su di una scala per addentrarsi nella sede diplomatica e conversare con l’Ambasciatore. Ma tale e come lo disse all’uscita, il vero motivo è stato cercare dei membri del Governo di Hugo Chavez che potessero essere ospitati nel recinto.

 

Rogelio PolancoRogelio Polanco Fuentes, ambasciatore di Cuba nel paese, ha conversato su questo tema con Noticias24. Con aspetto diplomatico, ha assicurato che non è suo dovere opinare sulla politica interna del paese, facendo riferimenti alla leadership di Capriles dentro l’opposizione ed alle prossime elezioni. Tuttavia, sì ha segnalato che quel giorno molti che avevano l’autorità di fare qualcosa, semplicemente, non lo fecero.

 

Facendo appoggio sul fatto che preferisce parlare di fatti e non di speculazioni, ha menzionato che “in quel momento il Sindaco di Baruta (Capriles Radonski) arrivò fino all’ambasciata e cercò di perquisire le installazioni”. Questo, ha puntualizzato, costituisce una violazione delle norme internazionali, specificamente, all’articolo 22 della Convenzione di Vienna che tanto Cuba come Venezuela, hanno accettato e ratificato:

 

1. I locali della missione sono inviolabili. Gli agenti dello Stato ricevente non potranno penetrare in questi senza consenso del capo della missione.

 

2. Lo Stato ricevente ha l’obbligo speciale di adottare tutte le misure adeguate per proteggere i locali dalla missione contro ogni intrusione o danno ed evitare che si turbi la tranquillità della missione o si attenti alla sua dignità.

 

3. I locali della missione, la sua mobilia ed altri beni situati in essi, come i mezzi di trasporto della missione, non potranno essere oggetto di nessun registro, perquisizione, sequestro o misura di esecuzione.

 

“È chiaro che in quel momento ci fu una pretesa flagrante di violare una norma internazionale da parte di un’autorità ed a sua volta quando è uscito non si fa assolutamente niente per ostacolarlo, per fermarlo”, disse. “E’ lì dove noi stimiamo quello che è accaduto, le valutazioni su cosa bisogna fare adesso e nel futuro deve essere un compito dello stesso popolo.”