Dietro
al candidato presidenziale della destra venezuelana, Henrique
Capriles, c’è la Casa Bianca di Washington che gli da consigli per
mostrare un’immagine di riformista, democratico e popolare, ha
dichiarato l’affermato sociologo statunitense James Petras.
Nelle
dichiarazioni pubblicate dal quotidiano digitale El Ciudadano,
l’intellettuale ha segnalato che il candidato della “Mesa de Unidad
Democrática” (MUD) gode “dell’appoggio incondizionato del presidente
degli Stati Uniti (Barack Obama)”, contrapposto all’appoggio
popolare di massa al presidente Hugo Chávez.
Petras
ha assicurato che dalla Casa Bianca lo stanno aiutando a creare la
sua immagine. “Capriles viene descritto come un bravo ragazzo,
riformista super energico, che vuole un cambio moderato“ per il
Venezuela.
L’accademico ed autore di vari libri ha denunciato che in realtà, il
candidato della destra guidò “la mafia” che fece il colpo di Stato
contro Chávez nel 2002 e fece parte della “banda che attaccò
l’ambasciata cubana” a Caracas in quei giorni.
L’intellettuale statunitense ha anche ricordato che Capriles
“appoggiò il lockout (blocco) dei petrolieri nel 2003”.
Pertanto, ha segnalato Petras, la sua posizione di presunto
democratico “è un trucco perché ha dei precedenti violenti,
golpisti, vincolati sempre con i settori dell’estrema destra”.
Il
prestigioso sociologo ha spiegato che gli Stati Uniti credono che se
Capriles perderà le elezioni presidenziali del 7 ottobre “con un
distacco significativo, non denunceranno i brogli”, ma
consolideranno l’appoggio ricevuto per le elezioni dei governatori
nel dicembre di quest’anno.
L’ambasciatore dell’Ecuador in Venezuela, Ramón Torres, ha
considerato che i risultati della Rivoluzione Bolivariana e della
Cittadinanza vengono nascosti dai mezzi d’informazione, che
presentano dei limiti e costituiscono una matrice perversa.
Si
tratta di una matrice mediatica costruita per esacerbare, per
sovradimensionare un processo che possiede limiti e virtù, come
qualsiasi altro processo umano, però, ha chiarito, la vita
quotidiana a Caracas non ha nulla a che fare con questa matrice
rivolta a demonizzare l’amministrazione di Chávez.
Quindi,
ha sottolineato Torres, noi ecuadoriani possiamo stare tranquilli,
perché queste rivoluzioni, ecuadoriana e venezuelana, hanno fiducia
nei nostri popoli, ed attualmente proprio il popolo è il soggetto
principale nelle nostre rivoluzioni.
Ad oggi,
tutti i sondaggi d’opinione sostengono che Chávez vincerà le
prossime elezioni in Venezuela, con un vantaggio di oltre 15 punti
percentuali su Capriles. |
Alcuni anni fa il
giornalista Maripili
Hernandez, un membro del
team della campagna che ha
portato Hugo Chavez al suo
primo mandato, ci ha
rivelato in un'intervista
(*) il mistero del legame
ombelicale tra il leader
bolivariano e il suo popolo:
"Conosce il Venezuela perché
lo ha girato centimetro per
centimetro, conosce i suoi
odori perché lo ha annusato,
conosce il suo sapore perché
ha provato il cibo delle sue
donne umili e ha sentito
sulla sua pelle le stesse
sofferenze della gente".
Lo ricordiamo ora, perché
questa realtà è ancora il
principale punto di
contrasto e rottura con il
candidato dell'opposizione
che affronterà il prossimo 7
ottobre: Chavez, senza
dubbio, è fatto della stessa
pasta del suo popolo e il
suo avversario, Enrique
Capriles Radonski (ECR), ha
l'innegabile pedigree
dell'oligarca nato in una
culla d'oro, educato per non
tradire gli interessi della
sua classe, scelto dei
gruppi imprenditoriali, che
ora ha l'ardire di
dirsi "conduttore dell'autobus di
progresso", come maquillage
della sua adesione ad una
destra radicale, violenta e
fascista.
Da oggi fino a ottobre,
pubblicisti famosi e
consulenti assunti dai
gruppi imprenditoriali
venezuelani - e sostenuti
dalla concertazione
mediatica - faranno del loro
meglio per venderlo come una
sorta di Robin Hood, un
giovane e vigoroso politico
che seppellisce gli
screditati partiti politici
dell'oligarchia Venezuela,
del mago che fa il miracolo
di cancellare le differenze
tra "chavisti" e
"squallidi", perché tutti
sono uguali e "tutti possono
essere milionari"...
Fortunatamente, c'è la
storia e la memoria per
smontare la fallacia e la
mitologia.
PEDIGREE DI OLIGARCA
Chi è il vero ECR? L'
"umile" candidato è nato nel
sono di due potenti
famiglie: i Capriles (discendenti
di olandesi),
proprietari di un impero
mediatico, industriale e
immobiliare a livello
nazionale, proprietari della
Catena Capriles (che
comprende i mezzi di
comunicazione Ultime notizie,
Il Mondo, Leader, Urbe, Urbe Bikini, Domenicale, Multicolor,
tra altre aziende) e i Radonski (provenienti da
una famiglia russo-polacca)
che ha aperto la sua prima sala
cinematografica a Puerto la
Cruz nel 1937 ed oggi
possiede Il Circuito Nazionale
di Sale (Cinex),
che riunisce, in un'unica
società, i principali
cine del paese.
RSS, il discendente, ha cominciato a
dilettarsi di politica nel
1998. Non c'è bisogno di
spiegare
come il sostegno famigliare, con
importanti investimenti in
banche e media, lo hanno
catapultato in un comune e
un governatorato nell'est
ricco e anti chavista di
Caracas. Il suo
"eroico"
curriculum accumula diversi
processi, ma la causa più
grave data aprile 2002,
quando l'allora sindaco di Baruta, la
zona dove sta
l'ambasciata di Cuba in
Venezuela, non esercitò la
sua autorità sull'orda
fascista che assediò la
missione diplomatica, ma
partecipò alla ripugnante
detenzione dell'allora ministro
degli Interni e della
Giustizia, Ramon Rodriguez Chacin,
a cui violarono
tutti i diritti umani e
cittadini. Erano i giorni
del colpo di stato
oligarchico di Pedro Carmona Estanga
(Il Breve), Fedecamaras e i
governi d'ingerenza di Bush e
Aznar.
VESTITO DA CAPPUCCETTO ROSSO...
A più che ragione la collega
Carmen Lara quando ribadisce
ai suoi compatrioti che "già il
Venezuela ha dato
all'umanità la quota di
sangue che gli spettava, e ora
gli tocca dare la sua quota
d'intelligenza,
creatività, coerenza,
dedizione e amore per
poter sostenere il processo bolivariano". Questa
riflessione comprende la
necessità di olfatto
popolare per non lasciarsi manipolare,
incantare o ingannare né dal
falso discorso
di ECR né dai più coinvolgenti
delle campagne politiche.
Se qualcosa ha in più il
candidato dell'opposizione
venezuelana è lo
schermo: i piccoli (TV) e
i grandi (cinema). Da loro,
attraverso trucco e photoshop, ha assunto il
ruolo del lupo mascherato da
Cappuccetto Rosso. Ricordate
quella campagna elettorale
per il
governatorato dello stato di
Miranda, quando ECR si fece un
"bagno di popolo"
apparendo, sui manifesti
elettorali, abbracciato a neri
e nere che la sua classe
tanto disprezza. Ora il lupo
riprende la
maschera e parla di concordia,
progresso, uguaglianza e
amore. Non si vergogna di
dire che è progressista,
che vuole essere "come
il Lula dei venezuelani" e posa
da sinistra, mentre dice
(dita incrociate) che non
privatizzerà PDVSA, che
renderà più efficienti le
missioni
sociali e che non perseguiterà
i chavisti.
Il
costume da Cappuccetto Rosso
sta anche servendo per
un'operazione di pulizia e
immagine all'oligarchia:
presentare la vittoria di
ECR nelle
primarie
dell'opposizione
come una sconfitta per l'AD
e COPEI, i due dinosauri
della politica tradizionale
del
Venezuela. Molta attenzione
a dar credito a
questa teoria! ECR, lungi
dall'essere qualcosa di
nuovo, è il riassunto, la
creazione e la continuità,
con volto nuovo di quegli
screditati partiti, che mal
governarono, saccheggiarono
e ipotecarono il futuro del
popolo. Solo che ora,
l'oligarchia pretende
appropriarsi di altri
simboli per confondere
i rivoluzionari.
Sino al 7 ottobre,
senza dubbio alcuno, vedremo
ECR adorare Bolivar, con indosso
una camicia rossa, facendo
false promesse per i
quartieri, e perfino un
occasionale cenno ai medici
venezuelani e cubani che
tutti i giorni salvano vite ogni
tra le colline, nelle selve
e nelle pianure del paese.
ODORE DELLA
STRATEGIA GRINGA
Poco prima di lanciare la
sua candidatura per le
primarie dell'opposizione,
ECR è
stato denunciato da Wikileaks come un
collaboratore dell'ambasciata
USA a Caracas. Sempre in quella data, il Ministro
del Petrolio, Rafael Ramirez,
ha dichiarato che il paese
contava con riserve
petrolifere certificate per 297 miliardi di
barili, cifra che ha lasciato
come
seconda l'Arabia Saudita e
che ha permesso a Chavez di
assicurare che "il Venezuela
ha petrolio per 200 anni".
I gringo vogliono questo petrolio e solo un
"presidente" come
ECR lo porrebbe su un piatto d'argento.
In questa occasione il "consenso"
tra i gruppi
economici di potere e la diplomazia gringa
avvenne prima delle
elezioni primarie dell'opposizione.
I consiglieri di ECR, ovviamente,
hanno dato le istruzioni
fondamentali: occultare tutti i
legami con le transnazionale
e allontanarsi
dai golpisti del 11
aprile; tacitare la
sua militanza nella setta
Tradizione, Famiglia e
Proprietà e nella direzione
del partito fascista Primero
Justicia;
negare la sua
responsabilità per tutti gli
atti di violenza associati
ai golpisti e
assume, opportunisticamente,
alcune politiche del governo bolivariano che godono di
accettazione nella
popolazione.
Inoltre, i consiglieri
cercano di tenerlo lontano
da ciò che è la sua area
di morte come candidato:
il confronto di idee con il
presidente Chavez. ECR ha
ripetuto qualcosa che è
molto ben definito nella
regia della sua campagna:
"Non ho intenzione di
consumarmi in sterili litigi
con Chavez". La verità è che
sa che non può uguagliare la conoscenza
storica e le solide idee bolivariane
e rivoluzionarie
di Chavez. Per coprire
questa lacuna
insormontabile, ECR
continuerà a gestire un
discorso simbolico al di
fuori della realtà
nazionale, ripetendo a
pappagallo che è il
conducente dell'
"autobus del progresso", una
piccola favola di fronte ad
un Chavez che salì,
quindici anni prima di lui,
alla locomotiva della Storia.
Con la campagna arriva il
momento della verità per ECR.
Come farà questo esponente
degli yuppies (giovani
professionisti urbani) per
dimostrare che la famiglia
dei Pedro Perez che vive
sulla collina de Petare è uguale
alla familia Zuluaga che
vive nel Country Club? Come
farà a dimostrare ai
cittadini dei quartieri che
a essere presidente non va a reintegrare
nel
paese la "democrazia"
retta
dalla classe capitalista
imprenditoriale, servile con
i gringo e sfruttatrice del popolo?
Chi crederà alla storia che
non privatizzerà PDVSA,
l'impresa che oggi finanzia un
incomparabile investimento
sociale in funzione del
popolo?
Penso che i consulenti di ECR
sono messi in grossi
guai. Per questo vanno,
tanto
disperati ponendo ceri alla morte
e
finanziando quei
giornalisti (interni ed
esterni)
che si sono
specializzati nello scrivere
circa la salute di Chavez e
riempiono, ogni settimana,
i telegiornali e le
prime pagine con
certificati di morte. A
questa fase hanno già
sborsato un sacco di
soldi e i conti
non tornano: la popolarità di Chavez continua a crescere
nelle indagini condotte da
entrambe le parti, e più di
ciò stanno le matematiche
elettorali: la soglia
della destra si aggira
intorno ai quattro
milioni di voti, ben al di
sotto dei 7,3 milioni che ha
preso Chavez nella sua
rielezione.
Il 7 ottobre prossimo sarà
una data storica in
Venezuela. Il giorno del
confronto tra l'umile e coraggioso
popolo di
Bolivar, con a capo Chavez, e
l'oligarca consumista e pro yankee,
con Enrique Capriles Radonski al
timone di "dell'autobus
del fallimento".
(*) Documental Presidente Pueblo, Caracas, 2006
Radiografía de un oligarca
¿Quién es el candidato de los yankis y de la derecha venezolana para
los comicios presidenciales del próximo 7 de octubre?
FÉLIX LÓPEZ
Hace unos años la periodista Maripili Hernández, integrante del
equipo de campaña que llevó a Hugo Chávez a su primera presidencia,
nos develó en una entrevista (*) el misterio de esa conexión
umbilical que existe entre el líder bolivariano y su pueblo: "Se
conoce a Venezuela porque la ha zapateado centímetro a centímetro,
conoce sus olores porque la ha olido, conoce su sabor porque ha
probado la comida de sus mujeres humildes y ha sentido en su piel
los mismos sufrimientos de la gente".
Lo recordamos ahora, porque esa realidad sigue siendo el principal
punto de contraste y ruptura con el candidato opositor que
enfrentará el próximo 7 de octubre: Chávez, sin duda, está hecho del
mismo barro de su pueblo; y su contendiente, Enrique Capriles
Radonski (ECR), tiene el inobjetable pedigrí del oligarca nacido en
cuna de oro, educado para no traicionar los intereses de su clase,
del elegido de los grupos empresariales, que ahora usa el ardid de
"conductor del autobús del progreso", para maquillar su pertenencia
a una derecha radical, violenta y fascista.
Desde ahora y hasta octubre, afamados publicistas y asesores
contratados por los grupos empresariales venezolanos —y secundados
por la concertación mediática— se esmerarán en venderlo como una
suerte de Robin Hood, de joven y vigoroso político que sepulta a los
desprestigiados partidos políticos de la oligarquía venezolana, del
mago que obra el milagro de borrar las diferencias entre "chavistas"
y "escuálidos", porque "todos son iguales y "todos pueden ser
millonarios"¼ Por suerte, existe la historia y la memoria para
desmontar la falacia y la mitología.
PEDIGRÍ DE OLIGARCA
¿Quién es el verdadero ECR? El "humilde" candidato nació en el seno
de dos familias poderosas: los Capriles (descendientes de holandeses),
propietarios de un emporio mediático, industrial e inmobiliario a
nivel nacional, dueños de la Cadena Capriles (que reúne a los medios
de comunicación Últimas Noticias, El Mundo, Líder, Urbe, Urbe
Bikini, Dominical, Multicolor, entre otras compañías); y los
Radonski (provenientes de una familia ruso-polaca), que abrió su
primera sala de cine en Puerto la Cruz en 1937 y hoy es dueña del
Circuito Nacional de Exhibidores (Cinex), que reúne en una sola
empresa a los principales cines del país.
ECR, el vástago, comenzó a incursionar en la política en 1998. No
hace falta explicar cómo el soporte familiar, con grandes
inversiones en bancos y medios de comunicación, lo catapultaron a
una alcaldía y una gobernación en el este rico y antichavista de
Caracas. Su "heroico" currículo acumula varios procesos, pero la
causa más grave data de abril del 2002, cuando el entonces alcalde
de Baruta, la zona donde está la embajada de Cuba en Venezuela, no
ejerció su autoridad frente a la horda fascista que asedió la
delegación diplomática; pero sí participó en la ominosa detención
del entonces ministro de Interior y Justicia, Ramón Rodríguez Chacín,
a quien violaron todos sus derechos humanos y ciudadanos. Eran los
días del golpe oligárquico de Pedro Carmona Estanga (El Breve),
Fedecámaras y los gobiernos ingerencistas de Bush y Aznar.
VESTIDO DE CAPERUCITA ROJA...
Sobra razón a la colega Carmen Lara cuando insiste a sus
compatriotas en que "ya Venezuela le dio a la humanidad la cuota de
sangre que le correspondía, y ahora le toca dar su cuota de
inteligencia, creatividad, coherencia, dedicación y amor para poder
sostener al proceso bolivariano". Esa reflexión incluye la necesidad
del olfato popular para no dejarse manipular, encantar o engañar ni
por el falso discurso de ECR ni por la más envolvente de las
campañas políticas.
Si algo le sobra al candidato de la oposición venezolana es pantalla:
las chicas (TV) y las grandes (cines). Desde ellas, truco y
photoshop mediante, ha venido asumiendo el rol del lobo disfrazado
de caperucita. Recordemos aquella campaña electoral por la
gobernación del estado de Miranda, cuando ECR se dio un "baño de
pueblo", apareciendo en los carteles electorales abrazado con los
negros y las negras a los que su clase tanto desprecia. Ahora, el
lobo retoma la máscara y habla de concordia, progreso, igualdad y
amor. No se sonroja para decir que es progresista, que quiere ser "como
el Lula de los venezolanos" y posa desde la izquierda, mientras dice
(dedos cruzados) que no privatizará PDVSA, que hará más eficientes
las misiones sociales y que no perseguirá a los chavistas.
El disfraz de Caperucita Roja también le está sirviendo para una
operación de limpieza e imagen a la oligarquía: presentar la
victoria de ECR en las primarias opositoras como una derrota para AD
y COPEI, los dos dinosaurios de la política tradicional venezolana.
¡Mucho cuidado con dar crédito a esa teoría! ECR, lejos de
representar algo nuevo, es el resumen, la creación y la continuidad,
en nuevo rostro, de esos desprestigiados partidos, que mal
gobernaron, saquearon e hipotecaron el futuro del pueblo. Solo que
ahora, la oligarquía pretende apropiarse de otros símbolos para
confundir a los revolucionarios.
Hasta el 7 de octubre, sin duda alguna, veremos a ECR adorando a
Bolívar, vistiendo alguna camisa roja, haciendo promesas falsas por
los barrios, y hasta uno que otro guiño a los médicos venezolanos y
cubanos que todos los días salvan vidas en los cerros, en las selvas
y en los llanos del país.
HUELE A ESTRATEGIA GRINGA
Poco antes de lanzar su candidatura a las primarias de la oposición,
ECR fue denunciado por Wikileaks como un colaborador de la embajada
norteamericana en Caracas. También por esa fecha el ministro de
Petróleo, Rafael Ramírez, declaró que el país contaba con reservas
petroleras certificadas por 297 mil millones de barriles, marca que
dejó en segundo lugar a Arabia Saudita y que permitió a Chávez
asegurar que "Venezuela tiene petróleo para 200 años". Los gringos
quieren ese petróleo y solo un "presidente" como ECR se lo pondría
en bandeja de plata.
En esta ocasión el "consenso" entre los grupos económicos de poder y
la diplomacia gringa ocurrió antes de las elecciones primarias de la
oposición. Los asesores de ECR, obviamente, le han dado
instrucciones fundamentales: ocultar todo vínculo con las
transnacionales y distanciarse de los golpistas del 11 de abril;
echarle tierra a su militancia en la secta Tradición, Familia y
Propiedad, y en la dirección del partido fascista Primero Justicia;
negar su responsabilidad en todo acto violento asociado a los
golpistas y asumir oportunistamente algunas políticas del Gobierno
bolivariano que gozan de aceptación en la población.
Por otra parte, los asesores tratan de mantenerlo alejado de lo que
es su zona de muerte como candidato: la confrontación de ideas con
el presidente Chávez. ECR ha repetido algo que está muy bien
definido en el guion de su campaña: "Yo no me voy a desgastar en
peleas estériles con Chávez". La verdad es que sabe que no podrá
igualarse al conocimiento histórico y las sólidas ideas bolivarianas
y revolucionarias de Chávez. Para disimular esa carencia insalvable,
ECR seguirá manejando un discurso simbólico ajeno a la realidad
nacional, repitiendo como loro que es el conductor del "autobús del
progreso", una fábula enana ante un Chávez que se subió tres lustros
antes que él a la locomotora de la Historia.
Con la campaña llega la hora de la verdad para ECR. ¿Cómo hará este
exponente de los yuppies (young urban professionals) para demostrar
que la familia de los Pedro Pérez que viven en el cerro de Petare es
igual a la familia Zuluaga que vive en el Country Club? ¿Cómo le va
a demostrar a la gente de los barrios que de ser presidente no va a
reinstaurar en el país la "democracia" regida por la clase
capitalista empresarial, servil a los gringos y explotadora del
pueblo? ¿Quién le creerá el cuento de que no privatizará PDVSA, la
empresa que hoy paga una incomparable inversión social en función
del pueblo?
Yo creo que los asesores de ECR están metidos en un gran problema.
Por eso andan tan desesperados poniéndole velas a la muerte y
financiando a esos periodistas (de adentro y de afuera) que se han
especializado en escribir sobre la salud de Chávez y llenan los
telediarios y primeras planas con certificados de defunción cada
semana. A esta altura ya han desembolsado muchísima plata y las
cuentas no dan: la popularidad de Chávez sigue subiendo en las
encuestas elaboradas por los dos bandos, y más que eso están las
matemáticas electorales: el piso de la derecha ronda los cuatro
millones de votos, muy por debajo de los 7,3 millones que captó
Chávez en su reelección.
El 7 de octubre próximo volverá a ser un día histórico en Venezuela.
El día del enfrentamiento entre el humilde y valeroso pueblo de
Bolívar, con Chávez al frente, y la oligarquía consumista y
pitiyanki, con Enrique Capriles Radonski al timón del "autobús del
fracaso".
(*)
|
Il 12 febbraio si sono svolte in Venezuela le
primarie dell'opposizione riunita nella Mesa de la Unidad
Democrática che, nata nel 2007 per unificare l'opposizione
frammentata, comprende una ventina di partiti e movimenti. Una
coalizione pienamente nelle aspettative imperialiste candida
Henrique Capriles Radonsk.
Al termine del conteggio dei quasi 3 milioni di
voti espressi, Henrique Capriles Radonski ha vinto col 63%, pari
a un milione 806 mila voti. Trentanovenne, di famiglia ricca ed
imprenditoriale, proprietaria di catene di cinema, Henrique
Capriles Radonski, ex vicepresidente del Congresso, ex sindaco
di Baruta, è governatore dello stato di Miranda, confinante con
la capitale Caracas, il secondo più popoloso del Venezuela.
Sarà quindi lui a sfidare il presidente Hugo
Chavez alle elezioni presidenziali del 7 ottobre, per cercare di
impedirgli il quarto mandato a Palacio Miraflores.
"Oggi ha vinto il futuro del Venezuela", ha
gridato dal palco Henrique Capriles Radonski subito dopo
l'ufficializzazione della vittoria alle primarie, in un discorso
teso a ricostruire l'unità del paese, senza mai nominare il
presidente Hugo Chavez. Ed è questa la sua tecnica oratoria.
Parlare del Venezuela, cercando per quanto possibile di non
nominare l'attuale presidente.
Secondo Jesse Chacón, il presidente dell'agenzia
di sondaggi GIS - Grupo de Investigación Social XXI, la campagna
elettorale di Capriles Radonski "si manterrà a livello
simbolico: il progresso, la pace, la sicurezza, perché qualunque
discesa per discutere i programmi, discutere i concetti, la
politica e l'ideologia, lo metterà di fronte all'uomo più
importante della politica venezuelana. In questo campo non
batterà Chavez."
Su questo aspetto dell'assenza di proposte
concrete o definizioni ideologiche, concorda anche Oscar Schemel,
presidente dell'altra agenzia di sondaggi Hinterlaces, secondo
il quale la mancanza di discorso dello sfidante della destra ha
conseguenze palpabili: "Capriles è un giardino senza fiori che
non riesce a mettersi in contatto con la maggioranza
"infatti"benché il 46% dei venezuelani pensi che l'opposizione
abbia buone idee per i poveri, solo il 25% si identifica con i
suoi ideali […] mentre più del 60% ha un riconoscimento di
gestione molto alto per il presidente Hugo Chávez."
In un recente articolo pubblicato su Tribuna
Popular, organo del Comitato Centrale del Partito Comunista
Venezuelano, Rafael Enciso economista investigatore individua in
Capriles Radonski il candidato della Banca Mondiale, del Fondo
Monetario Internazionale, dell'Organizzazione Mondiale del
Commercio - cioè degli strumenti dell'imperialismo - alle
elezioni presidenziali in Venezuela e fa un'approfondita analisi
economica degli antecedenti delle politiche che questi organismi
chiedono di eseguire al candidato.
Le politiche neoliberali del FMI, imposte con
maggior forza a partire dal cosiddetto "Consenso" di Washington
nel 1994 dopo la fine dell'Unione Sovietica e del campo
socialista dell'Europa dell'Est, hanno intensificato il
saccheggio delle risorse naturali e lo sfruttamento dei
lavoratori dei paesi sottosviluppati per garantire un
super-profitto ai monopoli.
Come in Europa la BCE, così in America Latina le
politiche del FMI, sono mascherate come aiuto finanziario ai
governi dei paesi in crisi, crisi che sono frequentemente
causate dal pagamento del debito estero, dalla corruzione
amministrativa delle oligarchie governanti e dalle decisioni
miranti a soddisfare le necessità di guadagno dei paesi centrali
a detrimento delle economie nazionali con sempre maggior
impoverimento delle classi subalterne.
Come in Europa, questi "aiuti" sono prestiti
concessi con interessi elevatissimi quasi impagabili (vedi
Grecia) e che soprattutto condizionano le politiche economiche e
sociali dei paesi debitori, diminuendo così la sovranità
nazionale per creare le condizioni politiche ed economiche
favorevoli a liquidare gli Stati Nazione.
Queste politiche si concretizzano nelle seguenti
misure:
Riduzione della spesa sociale, a discapito delle
politiche di sostegno alle necessità della popolazione, per cui
i più poveri sono quelli più colpiti in maniera drastica.
Libero commercio e predominio totale del mercato
(controllato dai monopoli) come regolatore della società.
Rincaro di tutti i prodotti e diminuzione del poter acquisto
della popolazione.
Nel caso del costo dei crediti bancari, gli
elevatissimi tassi di interesse diventano impagabili, così i
crediti diventano una speculazione legalizzata che porta
all'espropriazione di case, terre, aziende, tutte ipotecate come
garanzia di pagamento.
L'imposizione delle così dette aperture
economiche e Trattati di Libero Commercio (TLC) ha significato
la liquidazione delle politiche protezionistiche
dell'agricoltura, dell'industria e del lavoro dei paesi
sottosviluppati. Questo, a sua volta, ha significato che con la
riduzione o l'abolizione dei dazi per l'importazione dei
prodotti dai paesi industrializzati, si distrugge l'agricoltura
e l'industria dei paesi dipendenti che non sono in grado di
competere in prezzo e qualità.
Si arriva così alla de-nazionalizzazione delle
imprese che diventano di proprietà maggioritaria dei monopoli.
Tutto ciò produce una disoccupazione crescente, mentre i paesi
esportatori creano nuova occupazione, come la Germania in
Europa.
Subordinazione delle Costituzioni e Leggi dei
paesi vittima ai dettami di organismi sovranazionali, con
progressiva distruzione degli Stati-Nazione.
Privatizzazione delle imprese pubbliche e di
molti servizi di Stato dai trasporti, all'istruzione e alla
sanità: quello che era un patrimonio del popolo, forgiato
durante secoli di civiltà, è ora oggetto di appropriazione da
parte dei monopoli imperialisti. E come se non bastasse ne
consegue un rincaro di tutti i servizi, con ulteriore
impoverimento delle classi lavoratrici.
Libero investimento straniero favorito dalla
soppressione di ogni tipo di controllo e restrizione da parte
dello Stato.
Riduzione dei salari reali e de-regolazione dei
rapporti di lavoro. Cioè, strappare la stabilità e i diritti dei
lavoratori, conquistati con grandi lotte durante il secolo XX,
per ridurre gli stipendi e a beneficio del capitale
imperialista.
Un altro metodo adottato dall'imperialismo
tramite il FMI e la Banca Centrale per garantirsi l'applicazione
delle sue politiche nel mondo, è la nomina di ex-presidenti ed
ex ministri del Fisco, Finanze o Economia ad alte cariche di
cosiddetti organismi multilaterali, come parte del pagamento
della tangente per aver rinunciato alla sovranità nazionale e al
patrimonio dei popoli a favore dei monopoli imperialisti.
Prosegue nel suo articolo l'economista Rafael
Enciso "Tutta questa è la vera essenza delle politiche pubbliche
che l'oligarchia venezuelana ed i monopoli imperialisti,
rappresentati dalla candidatura di Capriles Radonsky,
applicherebbero in Venezuela nel negato caso che vincessero le
elezioni presidenziali del prossimo 7 di ottobre. Il valoroso
popolo del Venezuela, sotto la conduzione del suo Comandante
Presidente Hugo Chávez, saprà ostacolarlo, per assicurare la
continuità della rivoluzione bolivariana ed il suo
approfondimento in direzione socialista.
Affinché le politiche pubbliche, concepite ed
eseguite con visione bolivariana che hanno permesso - anche se
con alcuni errori e deformazioni che è necessario superare-, di
recuperare per lo sviluppo nazionale le risorse naturali e in
primo luogo il petrolio e il gas; e le Missioni Sociali in
salute, alimentazione, educazione, abitazione, produzione
agricola ed industriale benefichino sempre più il popolo
venezuelano e propizino il suo sviluppo integrale e la sua
felicità; affinché si fortifichino la capacità produttiva,
l'indipendenza e la sovranità del Venezuela.
E affinché i paesi dell'America Latina e del
Caribe proseguano ogni giorno di più nella loro integrazione, su
basi di eguaglianza, equità, complementarità e solidarietà."
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