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Il traduttore si scusa per gli errori

 

 

Dietro Capriles c’è la Casa Bianca,

ha affermato James Petras

 

 

04.10.12  - Pedro Rioseco www.grannma.cu

 

 

Dietro al candidato presidenziale della destra venezuelana, Henrique Capriles, c’è la Casa Bianca di Washington che gli da consigli per mostrare un’immagine di riformista, democratico e popolare, ha dichiarato l’affermato sociologo statunitense James Petras.

 

Nelle dichiarazioni pubblicate dal quotidiano digitale El Ciudadano, l’intellettuale ha segnalato che il candidato della “Mesa de Unidad Democrática” (MUD) gode “dell’appoggio incondizionato del presidente degli Stati Uniti (Barack Obama)”, contrapposto all’appoggio popolare di massa al presidente Hugo Chávez.

 

Petras ha assicurato che dalla Casa Bianca lo stanno aiutando a creare la sua immagine. “Capriles viene descritto come un bravo ragazzo, riformista super energico, che vuole un cambio moderato“ per il Venezuela.

 

L’accademico ed autore di vari libri ha denunciato che in realtà, il candidato della destra guidò “la mafia” che fece il colpo di Stato contro Chávez nel 2002 e fece parte della “banda che attaccò l’ambasciata cubana” a Caracas in quei giorni.

 

L’intellettuale statunitense ha anche ricordato che Capriles “appoggiò il lockout (blocco) dei petrolieri nel 2003”.

 

Pertanto, ha segnalato Petras, la sua posizione di presunto democratico “è un trucco perché ha dei precedenti violenti, golpisti, vincolati sempre con i settori dell’estrema destra”.

 

Il prestigioso sociologo ha spiegato che gli Stati Uniti credono che se Capriles perderà le elezioni presidenziali del 7 ottobre “con un distacco significativo, non denunceranno i brogli”, ma consolideranno l’appoggio ricevuto per le elezioni dei governatori nel dicembre di quest’anno.

 

L’ambasciatore dell’Ecuador in Venezuela, Ramón Torres, ha considerato che i risultati della Rivoluzione Bolivariana e della Cittadinanza vengono nascosti dai mezzi d’informazione, che presentano dei limiti e costituiscono una matrice perversa.

 

Si tratta di una matrice mediatica costruita per esacerbare, per sovradimensionare un processo che possiede limiti e virtù, come qualsiasi altro processo umano, però, ha chiarito, la vita quotidiana a Caracas non ha nulla a che fare con questa matrice rivolta a demonizzare l’amministrazione di Chávez.

 

Quindi, ha sottolineato Torres, noi ecuadoriani possiamo stare tranquilli, perché queste rivoluzioni, ecuadoriana e venezuelana, hanno fiducia nei nostri popoli, ed attualmente proprio il popolo è il soggetto principale nelle nostre rivoluzioni.

 

Ad oggi, tutti i sondaggi d’opinione sostengono che Chávez vincerà le prossime elezioni in Venezuela, con un vantaggio di oltre 15 punti percentuali su Capriles.

 

Capriles, un neoliberale

mascherato da progressista

 

 

20.09. 12 - Federico la Mattina http://www.marx21.it/

 

 

capriles-encuestasIl 7 ottobre, la data delle elezioni presidenziali in Venezuela, si avvicina. Anche se vi sono sette candidati, le elezioni si configurano all’interno di uno scontro bipolare tra Hugo Chavez (supportato dal Gran Polo Patriótico) e Henrique Capriles Radonski (supportato dalla coalizione Mesa de la Unidad Democrática).

Capriles viene presentato dai media come un progressista di sinistra che si oppone allo strapotere chavista. Questo è il mainstream ed è anche come in effetti si presenta il candidato del MUD. Ha addirittura dichiarato di ispirarsi alle politiche di Lula (peccato che Lula abbia dichiarato di sostenere fermamente Chavez [1] ). In realtà Capriles di sinistra non ha proprio nulla. Appartenente ad una ricchissima famiglia venezuelana, si forma nel COPEI ( partito di centro-destra democristiano), fonda successivamente “Primero Justicia”, un partito centrista liberale). Romain Migus (sociologo e giornalista francese che vive in Venezuela) ha definito “idéologiquement très libéral” la candidatura di Capriles, mostrando i punti programmatici della sua candidatura [2].
 


Il programma del MUD è reperibile in spagnolo nel sito della coalizione [3]. L’indirizzo neoliberale e organico ai piani del Fondo Monetario Internazionale del programma del MUD è riscontrabile soprattutto nelle politiche riguardanti la BCV (Banca Centrale Venezuelana) e la PDVSA ( compagnia petrolifera statale venezuelana).

Nel programma si legge: Restituir la autonomía del Banco Central de Venezuela: “…Por tanto, la autonomía del BCV debe ser respetada como un valor social tanto por el gobierno como por el Directorio del emisor y otros grupos de interés, y el Directorio debe responder por los resultados de su ejercicio en el logro de sus objetivos claramente indicados en la Constitución” ( art.408).

L’articolo 409 continua: “.El gobierno de Unidad Nacional propondrá y solicitará a la Asamblea Nacional la reforma de la Ley del BCV y la completa e inmediata renovación de las autoridades del BCV…” (art. 409)

L’intento è chiaramente quello di svincolare le politiche economiche e monetarie dal controllo politico.

E’ chiara altresì la volontà di rendere la PDVSA autonoma dal potere politico.

“A continuación se presentan tres propuestas: reestructurar PDVSA como parte de la industria de hidrocarburos, incrementar la participación privada en la industria y crear un ente regulador independiente del Ejecutivo Nacional.” ( art. 407)

“Separar el cargo político del Ministro con competencias en hidrocarburos de la Presidencia de PDVSA y ampliar la composición de su Asamblea de Accionistas para garantizar a la empresa autonomía gerencial, financiera y operacional.” ( art. 409)

“Por ello no deben atribuírsele responsabilidades o restricciones que correspondan a los organismos del Estado sin fines comerciales; ni negársele opciones que redunden en el mejor desempeño de sus funciones” ( art. 500)

Attualmente la PDVSA contribuisce largamente al finanziamento di opere pubbliche e politiche sociali, in questo modo diventerebbe un’impresa a soli fini commerciali come si legge nell’articolo 500.

Per quanto riguarda la politica estera, si legge:

“Con los Estados Unidos, nuestro principal socio comercial, se normalizarán las relaciones sobre la base del respeto mutuo y el reconocimiento de la igualdad y la soberanía.” ( art. 1199)

Una vittoria di Capriles rigetterebbe il Venezuela nel buio neoliberale degli anni ’90. Ogni sincero progressista dovrebbe sostenere la candidatura di Chavez e opporsi ad un programma politico compatibile con le decisioni economiche del Fmi e complementare agli interessi statunitensi in Sudamerica.

Federico La Mattina
 


[1] http://venezuelanalysis.com/analysis/7093
[2] http://www.medelu.org/Comment-habiller-le-liberalisme-en
[3] http://www.unidadvenezuela.org/lineamientos-programaticos-para-el-gobierno-de-unidad-nacional/

 

Organizzazioni politiche venezuelane revocano

l’appoggio a Capriles Radonski

 

 

12.09.2012 - Jorge Hernandez Alvarez www.granma.cu

 

 

L’ex governatore venezuelano dello stato Anzoátegui, David de Lima, ha comunicato uscendo dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) che varie organizzazioni politiche hanno deciso di revocare il loro appoggio alla candidatura di Henrique Capriles Radonski.

 

“Adesso una serie di organizzazioni cominceranno a comunicare la revoca del loro appoggio a Capriles. Di queste si dirà che sono state pagate e sono state oggetto di tentazioni occulte da parte del Governo. Da oggi cominceranno a disprezzarci, però ieri, quando appoggiavamo Capriles ci elogiavano”, ha affermato.

 

Le organizzazioni politiche Partito Pietra, Unità Democratica, Mani per il Venezuela e Cambio Pana, hanno ritirato il loro appoggio al candidato della destra venezuelana, in vista delle elezioni presidenziali del 7 ottobre.

 

De Lima ha evidenziato che nei prossimi giorni ci saranno altre dichiarazione perché crede che sia l’inizio di una serie di proteste nel paese contro la candidatura di Capriles, “manifestazioni che ci riempiono d’orgoglio perché si tratta di partiti guidati da giovani”.

 

L’ex governatore ha aggiunto che si sta provando ad aprire un dibattito sulle idee politiche e programmatiche di ognuno dei candidati alla Presidenza del Venezuela.

 

Ha ricordato che precedentemente aveva presentato all’elettorato venezuelano un documento che conteneva le reali idee del candidato dell’opposizione in materia economica che sono pericolose per la nazione, che minacciano la sua pace, la sua stabilità e la tranquillità della cittadinanza.

 

De Lima ha indicato che dopo aver presentato questo documento si è aperta una discussione nel paese, “la parte coinvolta ha risposto soltanto con una serie di insulti e tentativi di screditare la mia persona, però hanno eluso ripetutamente il dibattito sulle idee contenute” nel testo.

 

Capriles violò norme internazionali entrando all’Ambasciata

di Cuba nel 2002, afferma Ambasciatore

 

 

11.04.12 da www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi

 

 

“Non posso confermare o affermare che non ci sia qui nessun rifugiato (…) perché non ho potuto perquisire l’Ambasciata”, furono le parole di Capriles Radonski, candidato oppositore alla Presidenza del Venezuela, in uno dei fatti più polemici dell’aprile del 2002: l’assedio all’Ambasciata di Cuba.

 

Ricordando quei giorni, il volto più visibile della situazione è stato senza dubbio quello dell’attuale Governatore di Miranda e candidato presidenziale per l’opposizione. Accorrendo all’Ambasciata durante le manifestazioni, Capriles Radonski salì su di una scala per addentrarsi nella sede diplomatica e conversare con l’Ambasciatore. Ma tale e come lo disse all’uscita, il vero motivo è stato cercare dei membri del Governo di Hugo Chavez che potessero essere ospitati nel recinto.

 

Rogelio PolancoRogelio Polanco Fuentes, ambasciatore di Cuba nel paese, ha conversato su questo tema con Noticias24. Con aspetto diplomatico, ha assicurato che non è suo dovere opinare sulla politica interna del paese, facendo riferimenti alla leadership di Capriles dentro l’opposizione ed alle prossime elezioni. Tuttavia, sì ha segnalato che quel giorno molti che avevano l’autorità di fare qualcosa, semplicemente, non lo fecero.

 

Facendo appoggio sul fatto che preferisce parlare di fatti e non di speculazioni, ha menzionato che “in quel momento il Sindaco di Baruta (Capriles Radonski) arrivò fino all’ambasciata e cercò di perquisire le installazioni”. Questo, ha puntualizzato, costituisce una violazione delle norme internazionali, specificamente, all’articolo 22 della Convenzione di Vienna che tanto Cuba come Venezuela, hanno accettato e ratificato:

 

1. I locali della missione sono inviolabili. Gli agenti dello Stato ricevente non potranno penetrare in questi senza consenso del capo della missione.

 

2. Lo Stato ricevente ha l’obbligo speciale di adottare tutte le misure adeguate per proteggere i locali dalla missione contro ogni intrusione o danno ed evitare che si turbi la tranquillità della missione o si attenti alla sua dignità.

 

3. I locali della missione, la sua mobilia ed altri beni situati in essi, come i mezzi di trasporto della missione, non potranno essere oggetto di nessun registro, perquisizione, sequestro o misura di esecuzione.

 

“È chiaro che in quel momento ci fu una pretesa flagrante di violare una norma internazionale da parte di un’autorità ed a sua volta quando è uscito non si fa assolutamente niente per ostacolarlo, per fermarlo”, disse. “E’ lì dove noi stimiamo quello che è accaduto, le valutazioni su cosa bisogna fare adesso e nel futuro deve essere un compito dello stesso popolo.”

 

Radiografia di un oligarca

 

Chi è il candidato degli Yankee e della destra venezuelana alle elezioni presidenziali

del prossimo 7 ottobre?

 

 

17 marzo 2012 - F.Lopez www.granma.cubaweb.cu

 

 

Alcuni anni fa il giornalista Maripili Hernandez, un membro del team della campagna che ha portato Hugo Chavez al suo primo mandato, ci ha rivelato in un'intervista (*) il mistero del legame ombelicale tra il leader bolivariano e il suo popolo: "Conosce il Venezuela perché lo ha girato centimetro per centimetro, conosce i suoi odori perché lo ha annusato, conosce il suo sapore perché ha provato il cibo delle sue donne umili e ha sentito sulla sua pelle le stesse sofferenze della gente".

Lo ricordiamo ora, perché questa realtà è ancora il principale punto di contrasto e rottura con il candidato dell'opposizione che affronterà il prossimo 7 ottobre: ​​Chavez, senza dubbio, è fatto della stessa pasta del suo popolo e il suo avversario, Enrique Capriles Radonski (ECR), ha l'innegabile pedigree dell'oligarca nato in una culla d'oro, educato per non tradire gli interessi della sua classe,  scelto dei gruppi imprenditoriali, che ora ha l'ardire di dirsi "conduttore dell'autobus di progresso", come maquillage della sua adesione ad una destra radicale, violenta e fascista.

Da oggi fino a ottobre, pubblicisti famosi e consulenti assunti dai gruppi imprenditoriali venezuelani - e sostenuti dalla concertazione mediatica - faranno del loro meglio per venderlo come una sorta di Robin Hood, un giovane e vigoroso politico che seppellisce gli screditati partiti politici dell'oligarchia Venezuela, del mago che fa il miracolo di cancellare le differenze tra "chavisti" e "squallidi", perché tutti sono uguali e "tutti possono essere milionari"... Fortunatamente, c'è la storia e la memoria per smontare la fallacia e la mitologia.
 


PEDIGREE DI OLIGARCA



Chi è il vero ECR? L' "umile" candidato è nato nel sono di due potenti famiglie: i  Capriles (discendenti di olandesi), proprietari di un impero mediatico, industriale e immobiliare a livello nazionale, proprietari della Catena Capriles (che comprende i mezzi di comunicazione  Ultime notizie, Il Mondo, Leader, Urbe, Urbe Bikini, Domenicale, Multicolor, tra altre aziende) e i Radonski (provenienti da una famiglia russo-polacca) che ha aperto la sua prima sala cinematografica a Puerto la Cruz nel 1937 ed oggi possiede Il Circuito Nazionale di Sale (Cinex), che riunisce, in un'unica società, i principali cine del paese.

RSS, il discendente, ha cominciato a dilettarsi di politica nel 1998. Non c'è bisogno di spiegare come  il sostegno famigliare, con importanti investimenti in banche e media, lo hanno catapultato in un comune e un governatorato nell'est ricco e anti chavista di Caracas. Il suo "eroico" curriculum accumula diversi processi, ma la causa più grave data aprile 2002, quando l'allora sindaco di Baruta, la zona dove sta l'ambasciata di Cuba in Venezuela, non esercitò la sua autorità sull'orda fascista che assediò la missione diplomatica, ma partecipò alla ripugnante detenzione dell'allora ministro degli Interni e della Giustizia, Ramon Rodriguez Chacin, a cui violarono tutti i diritti umani e cittadini. Erano i giorni del colpo di stato oligarchico di Pedro Carmona Estanga (Il  Breve), Fedecamaras e i governi  d'ingerenza di Bush e Aznar.



VESTITO DA CAPPUCCETTO ROSSO...



A più che ragione la collega Carmen Lara quando ribadisce ai suoi compatrioti che "già il Venezuela ha dato all'umanità la quota di sangue che gli spettava, e ora gli tocca dare la sua quota d'intelligenza, creatività, coerenza, dedizione e amore per poter sostenere il processo bolivariano". Questa riflessione comprende la necessità di olfatto popolare per non lasciarsi manipolare, incantare o ingannare né dal falso discorso di ECR né dai più coinvolgenti delle campagne politiche.

Se qualcosa ha in più il candidato dell'opposizione venezuelana è lo schermo: i piccoli (TV) e i grandi (cinema). Da loro, attraverso trucco e photoshop, ha assunto il ruolo del lupo mascherato da Cappuccetto Rosso. Ricordate quella campagna elettorale per il governatorato dello stato di Miranda, quando ECR si fece un "bagno di popolo" apparendo, sui manifesti elettorali, abbracciato a neri e nere che la sua classe tanto disprezza. Ora il lupo riprende la maschera e parla di concordia, progresso, uguaglianza e amore. Non si vergogna di dire che è progressista, che vuole essere "come il Lula dei venezuelani" e posa da sinistra, mentre dice (dita incrociate) che non privatizzerà PDVSA, che renderà più efficienti le missioni sociali e che non perseguiterà i chavisti.

Il costume da Cappuccetto Rosso sta anche  servendo per un'operazione di pulizia e immagine all'oligarchia: presentare la vittoria di ECR nelle
primarie dell'opposizione come una sconfitta per l'AD e COPEI, i due dinosauri della politica tradizionale del Venezuela. Molta attenzione a dar credito a questa teoria! ECR, lungi dall'essere qualcosa di nuovo, è il riassunto, la creazione e la continuità, con volto nuovo  di quegli screditati partiti, che mal governarono, saccheggiarono e ipotecarono il futuro del popolo. Solo che ora, l'oligarchia pretende appropriarsi di altri simboli per confondere i rivoluzionari.

Sino al 7 ottobre, senza dubbio alcuno, vedremo ECR adorare Bolivar, con indosso una camicia rossa, facendo false promesse per i quartieri, e perfino un occasionale cenno ai medici venezuelani e cubani che tutti i giorni salvano vite ogni tra le colline, nelle selve e nelle pianure del paese.
 


ODORE DELLA STRATEGIA GRINGA
 


Poco prima di lanciare la sua candidatura per le primarie dell'opposizione, ECR è stato denunciato da Wikileaks come un collaboratore dell'ambasciata USA a Caracas. Sempre in quella data, il Ministro del Petrolio, Rafael Ramirez, ha dichiarato che il paese contava con riserve petrolifere certificate per 297 miliardi di barili, cifra che ha lasciato come seconda l'Arabia Saudita e che ha permesso a Chavez di assicurare che "il Venezuela ha petrolio per 200 anni". I gringo vogliono questo petrolio e solo un "presidente" come ECR lo porrebbe su un piatto d'argento.

In questa occasione il "consenso" tra i gruppi economici di potere e la diplomazia gringa avvenne prima delle elezioni primarie dell'opposizione. I consiglieri di ECR, ovviamente, hanno dato le istruzioni fondamentali: occultare tutti i legami con le transnazionale e allontanarsi dai golpisti del 11 aprile; tacitare la sua militanza nella setta Tradizione, Famiglia e Proprietà e nella direzione del partito fascista Primero Justicia; negare la sua responsabilità per tutti gli atti di violenza associati ai golpisti e assume, opportunisticamente, alcune politiche del governo bolivariano che godono di accettazione nella popolazione.

Inoltre, i consiglieri cercano di tenerlo lontano da ciò che è la sua area di morte come candidato: il confronto di idee con il presidente Chavez. ECR ha ripetuto qualcosa che è molto ben definito nella regia della sua campagna: "Non ho intenzione di consumarmi in sterili litigi con Chavez". La verità è che sa che non può uguagliare la conoscenza storica e le solide idee bolivariane e rivoluzionarie di Chavez. Per coprire questa lacuna insormontabile, ECR continuerà a gestire un discorso simbolico al di fuori della realtà nazionale, ripetendo a pappagallo che è il conducente dell' "autobus del progresso", una piccola favola di fronte ad un Chavez che salì, quindici anni prima di lui, alla locomotiva della Storia.

Con la campagna arriva il momento della verità per ECR. Come farà questo esponente degli yuppies (giovani professionisti urbani) per dimostrare che la famiglia dei Pedro Perez che vive sulla collina de Petare è uguale alla familia Zuluaga che vive nel Country Club? Come farà a dimostrare ai cittadini dei quartieri che a essere presidente non va a reintegrare nel paese la "democrazia" retta dalla classe capitalista imprenditoriale, servile con i gringo e  sfruttatrice del popolo? Chi crederà alla storia che non privatizzerà PDVSA, l'impresa che oggi finanzia un incomparabile investimento sociale in funzione del popolo?

Penso che i consulenti di ECR sono messi in grossi guai. Per questo vanno, tanto disperati ponendo ceri alla morte e  finanziando quei
giornalisti (interni ed esterni) che si sono specializzati nello scrivere circa la salute di Chavez e riempiono, ogni settimana,  i telegiornali e le prime pagine con certificati di morte. A questa fase hanno già sborsato un sacco di soldi e i conti non tornano: la popolarità di Chavez continua a crescere nelle indagini condotte da entrambe le parti, e più di ciò stanno le matematiche elettorali: la soglia  della destra si aggira intorno ai quattro milioni di voti, ben al di sotto dei 7,3 milioni che ha preso Chavez nella sua rielezione.

Il 7 ottobre prossimo sarà una data storica in Venezuela. Il giorno del confronto tra l'umile e coraggioso popolo di Bolivar, con a capo Chavez, e l'oligarca consumista e pro yankee, con Enrique Capriles Radonski al timone di "dell'autobus del fallimento".

(*) Documental Presidente Pueblo, Caracas, 2006

 

 

Radiografía de un oligarca
¿Quién es el candidato de los yankis y de la derecha venezolana para los comicios presidenciales del próximo 7 de octubre?

FÉLIX LÓPEZ

Hace unos años la periodista Maripili Hernández, integrante del equipo de campaña que llevó a Hugo Chávez a su primera presidencia, nos develó en una entrevista (*) el misterio de esa conexión umbilical que existe entre el líder bolivariano y su pueblo: "Se conoce a Venezuela porque la ha zapateado centímetro a centímetro, conoce sus olores porque la ha olido, conoce su sabor porque ha probado la comida de sus mujeres humildes y ha sentido en su piel los mismos sufrimientos de la gente".


Lo recordamos ahora, porque esa realidad sigue siendo el principal punto de contraste y ruptura con el candidato opositor que enfrentará el próximo 7 de octubre: Chávez, sin duda, está hecho del mismo barro de su pueblo; y su contendiente, Enrique Capriles Radonski (ECR), tiene el inobjetable pedigrí del oligarca nacido en cuna de oro, educado para no traicionar los intereses de su clase, del elegido de los grupos empresariales, que ahora usa el ardid de "conductor del autobús del progreso", para maquillar su pertenencia a una derecha radical, violenta y fascista.

Desde ahora y hasta octubre, afamados publicistas y asesores contratados por los grupos empresariales venezolanos —y secundados por la concertación mediática— se esmerarán en venderlo como una suerte de Robin Hood, de joven y vigoroso político que sepulta a los desprestigiados partidos políticos de la oligarquía venezolana, del mago que obra el milagro de borrar las diferencias entre "chavistas" y "escuálidos", porque "todos son iguales y "todos pueden ser millonarios"¼ Por suerte, existe la historia y la memoria para desmontar la falacia y la mitología.

PEDIGRÍ DE OLIGARCA

¿Quién es el verdadero ECR? El "humilde" candidato nació en el seno de dos familias poderosas: los Capriles (descendientes de holandeses), propietarios de un emporio mediático, industrial e inmobiliario a nivel nacional, dueños de la Cadena Capriles (que reúne a los medios de comunicación Últimas Noticias, El Mundo, Líder, Urbe, Urbe Bikini, Dominical, Multicolor, entre otras compañías); y los Radonski (provenientes de una familia ruso-polaca), que abrió su primera sala de cine en Puerto la Cruz en 1937 y hoy es dueña del Circuito Nacional de Exhibidores (Cinex), que reúne en una sola empresa a los principales cines del país.

ECR, el vástago, comenzó a incursionar en la política en 1998. No hace falta explicar cómo el soporte familiar, con grandes inversiones en bancos y medios de comunicación, lo catapultaron a una alcaldía y una gobernación en el este rico y antichavista de Caracas. Su "heroico" currículo acumula varios procesos, pero la causa más grave data de abril del 2002, cuando el entonces alcalde de Baruta, la zona donde está la embajada de Cuba en Venezuela, no ejerció su autoridad frente a la horda fascista que asedió la delegación diplomática; pero sí participó en la ominosa detención del entonces ministro de Interior y Justicia, Ramón Rodríguez Chacín, a quien violaron todos sus derechos humanos y ciudadanos. Eran los días del golpe oligárquico de Pedro Carmona Estanga (El Breve), Fedecámaras y los gobiernos ingerencistas de Bush y Aznar.

VESTIDO DE CAPERUCITA ROJA...

Sobra razón a la colega Carmen Lara cuando insiste a sus compatriotas en que "ya Venezuela le dio a la humanidad la cuota de sangre que le correspondía, y ahora le toca dar su cuota de inteligencia, creatividad, coherencia, dedicación y amor para poder sostener al proceso bolivariano". Esa reflexión incluye la necesidad del olfato popular para no dejarse manipular, encantar o engañar ni por el falso discurso de ECR ni por la más envolvente de las campañas políticas.

Si algo le sobra al candidato de la oposición venezolana es pantalla: las chicas (TV) y las grandes (cines). Desde ellas, truco y photoshop mediante, ha venido asumiendo el rol del lobo disfrazado de caperucita. Recordemos aquella campaña electoral por la gobernación del estado de Miranda, cuando ECR se dio un "baño de pueblo", apareciendo en los carteles electorales abrazado con los negros y las negras a los que su clase tanto desprecia. Ahora, el lobo retoma la máscara y habla de concordia, progreso, igualdad y amor. No se sonroja para decir que es progresista, que quiere ser "como el Lula de los venezolanos" y posa desde la izquierda, mientras dice (dedos cruzados) que no privatizará PDVSA, que hará más eficientes las misiones sociales y que no perseguirá a los chavistas.

El disfraz de Caperucita Roja también le está sirviendo para una operación de limpieza e imagen a la oligarquía: presentar la victoria de ECR en las primarias opositoras como una derrota para AD y COPEI, los dos dinosaurios de la política tradicional venezolana. ¡Mucho cuidado con dar crédito a esa teoría! ECR, lejos de representar algo nuevo, es el resumen, la creación y la continuidad, en nuevo rostro, de esos desprestigiados partidos, que mal gobernaron, saquearon e hipotecaron el futuro del pueblo. Solo que ahora, la oligarquía pretende apropiarse de otros símbolos para confundir a los revolucionarios.

Hasta el 7 de octubre, sin duda alguna, veremos a ECR adorando a Bolívar, vistiendo alguna camisa roja, haciendo promesas falsas por los barrios, y hasta uno que otro guiño a los médicos venezolanos y cubanos que todos los días salvan vidas en los cerros, en las selvas y en los llanos del país.

HUELE A ESTRATEGIA GRINGA

Poco antes de lanzar su candidatura a las primarias de la oposición, ECR fue denunciado por Wikileaks como un colaborador de la embajada norteamericana en Caracas. También por esa fecha el ministro de Petróleo, Rafael Ramírez, declaró que el país contaba con reservas petroleras certificadas por 297 mil millones de barriles, marca que dejó en segundo lugar a Arabia Saudita y que permitió a Chávez asegurar que "Venezuela tiene petróleo para 200 años". Los gringos quieren ese petróleo y solo un "presidente" como ECR se lo pondría en bandeja de plata.

En esta ocasión el "consenso" entre los grupos económicos de poder y la diplomacia gringa ocurrió antes de las elecciones primarias de la oposición. Los asesores de ECR, obviamente, le han dado instrucciones fundamentales: ocultar todo vínculo con las transnacionales y distanciarse de los golpistas del 11 de abril; echarle tierra a su militancia en la secta Tradición, Familia y Propiedad, y en la dirección del partido fascista Primero Justicia; negar su responsabilidad en todo acto violento asociado a los golpistas y asumir oportunistamente algunas políticas del Gobierno bolivariano que gozan de aceptación en la población.

Por otra parte, los asesores tratan de mantenerlo alejado de lo que es su zona de muerte como candidato: la confrontación de ideas con el presidente Chávez. ECR ha repetido algo que está muy bien definido en el guion de su campaña: "Yo no me voy a desgastar en peleas estériles con Chávez". La verdad es que sabe que no podrá igualarse al conocimiento histórico y las sólidas ideas bolivarianas y revolucionarias de Chávez. Para disimular esa carencia insalvable, ECR seguirá manejando un discurso simbólico ajeno a la realidad nacional, repitiendo como loro que es el conductor del "autobús del progreso", una fábula enana ante un Chávez que se subió tres lustros antes que él a la locomotora de la Historia.

Con la campaña llega la hora de la verdad para ECR. ¿Cómo hará este exponente de los yuppies (young urban professionals) para demostrar que la familia de los Pedro Pérez que viven en el cerro de Petare es igual a la familia Zuluaga que vive en el Country Club? ¿Cómo le va a demostrar a la gente de los barrios que de ser presidente no va a reinstaurar en el país la "democracia" regida por la clase capitalista empresarial, servil a los gringos y explotadora del pueblo? ¿Quién le creerá el cuento de que no privatizará PDVSA, la empresa que hoy paga una incomparable inversión social en función del pueblo?

Yo creo que los asesores de ECR están metidos en un gran problema. Por eso andan tan desesperados poniéndole velas a la muerte y financiando a esos periodistas (de adentro y de afuera) que se han especializado en escribir sobre la salud de Chávez y llenan los telediarios y primeras planas con certificados de defunción cada semana. A esta altura ya han desembolsado muchísima plata y las cuentas no dan: la popularidad de Chávez sigue subiendo en las encuestas elaboradas por los dos bandos, y más que eso están las matemáticas electorales: el piso de la derecha ronda los cuatro millones de votos, muy por debajo de los 7,3 millones que captó Chávez en su reelección.

El 7 de octubre próximo volverá a ser un día histórico en Venezuela. El día del enfrentamiento entre el humilde y valeroso pueblo de Bolívar, con Chávez al frente, y la oligarquía consumista y pitiyanki, con Enrique Capriles Radonski al timón del "autobús del fracaso".

(*)
 

Venezuela. Il candidato

dell'imperialismo

 

8 marzo 2012 -  www.retedeicomunisti.org www.resistenze.org

 

 

Il 12 febbraio si sono svolte in Venezuela le primarie dell'opposizione riunita nella Mesa de la Unidad Democrática che, nata nel 2007 per unificare l'opposizione frammentata, comprende una ventina di partiti e movimenti. Una coalizione pienamente nelle aspettative imperialiste candida Henrique Capriles Radonsk.

 

Al termine del conteggio dei quasi 3 milioni di voti espressi, Henrique Capriles Radonski ha vinto col 63%, pari a un milione 806 mila voti. Trentanovenne, di famiglia ricca ed imprenditoriale, proprietaria di catene di cinema, Henrique Capriles Radonski, ex vicepresidente del Congresso, ex sindaco di Baruta, è governatore dello stato di Miranda, confinante con la capitale Caracas, il secondo più popoloso del Venezuela.

 

Sarà quindi lui a sfidare il presidente Hugo Chavez alle elezioni presidenziali del 7 ottobre, per cercare di impedirgli il quarto mandato a Palacio Miraflores.

 

"Oggi ha vinto il futuro del Venezuela", ha gridato dal palco Henrique Capriles Radonski subito dopo l'ufficializzazione della vittoria alle primarie, in un discorso teso a ricostruire l'unità del paese, senza mai nominare il presidente Hugo Chavez. Ed è questa la sua tecnica oratoria. Parlare del Venezuela, cercando per quanto possibile di non nominare l'attuale presidente.

 

Secondo Jesse Chacón, il presidente dell'agenzia di sondaggi GIS - Grupo de Investigación Social XXI, la campagna elettorale di Capriles Radonski "si manterrà a livello simbolico: il progresso, la pace, la sicurezza, perché qualunque discesa per discutere i programmi, discutere i concetti, la politica e l'ideologia, lo metterà di fronte all'uomo più importante della politica venezuelana. In questo campo non batterà Chavez."

 

Su questo aspetto dell'assenza di proposte concrete o definizioni ideologiche, concorda anche Oscar Schemel, presidente dell'altra agenzia di sondaggi Hinterlaces, secondo il quale la mancanza di discorso dello sfidante della destra ha conseguenze palpabili: "Capriles è un giardino senza fiori che non riesce a mettersi in contatto con la maggioranza "infatti"benché il 46% dei venezuelani pensi che l'opposizione abbia buone idee per i poveri, solo il 25% si identifica con i suoi ideali […] mentre più del 60% ha un riconoscimento di gestione molto alto per il presidente Hugo Chávez."

 

In un recente articolo pubblicato su Tribuna Popular, organo del Comitato Centrale del Partito Comunista Venezuelano, Rafael Enciso economista investigatore individua in Capriles Radonski il candidato della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, dell'Organizzazione Mondiale del Commercio - cioè degli strumenti dell'imperialismo - alle elezioni presidenziali in Venezuela e fa un'approfondita analisi economica degli antecedenti delle politiche che questi organismi chiedono di eseguire al candidato.

 

Le politiche neoliberali del FMI, imposte con maggior forza a partire dal cosiddetto "Consenso" di Washington nel 1994 dopo la fine dell'Unione Sovietica e del campo socialista dell'Europa dell'Est, hanno intensificato il saccheggio delle risorse naturali e lo sfruttamento dei lavoratori dei paesi sottosviluppati per garantire un super-profitto ai monopoli.

 

Come in Europa la BCE, così in America Latina le politiche del FMI, sono mascherate come aiuto finanziario ai governi dei paesi in crisi, crisi che sono frequentemente causate dal pagamento del debito estero, dalla corruzione amministrativa delle oligarchie governanti e dalle decisioni miranti a soddisfare le necessità di guadagno dei paesi centrali a detrimento delle economie nazionali con sempre maggior impoverimento delle classi subalterne.

 

Come in Europa, questi "aiuti" sono prestiti concessi con interessi elevatissimi quasi impagabili (vedi Grecia) e che soprattutto condizionano le politiche economiche e sociali dei paesi debitori, diminuendo così la sovranità nazionale per creare le condizioni politiche ed economiche favorevoli a liquidare gli Stati Nazione.

 

Queste politiche si concretizzano nelle seguenti misure:

 

Riduzione della spesa sociale, a discapito delle politiche di sostegno alle necessità della popolazione, per cui i più poveri sono quelli più colpiti in maniera drastica.

 

Libero commercio e predominio totale del mercato (controllato dai monopoli) come regolatore della società. Rincaro di tutti i prodotti e diminuzione del poter acquisto della popolazione.

 

Nel caso del costo dei crediti bancari, gli elevatissimi tassi di interesse diventano impagabili, così i crediti diventano una speculazione legalizzata che porta all'espropriazione di case, terre, aziende, tutte ipotecate come garanzia di pagamento.

 

L'imposizione delle così dette aperture economiche e Trattati di Libero Commercio (TLC) ha significato la liquidazione delle politiche protezionistiche dell'agricoltura, dell'industria e del lavoro dei paesi sottosviluppati. Questo, a sua volta, ha significato che con la riduzione o l'abolizione dei dazi per l'importazione dei prodotti dai paesi industrializzati, si distrugge l'agricoltura e l'industria dei paesi dipendenti che non sono in grado di competere in prezzo e qualità.

 

Si arriva così alla de-nazionalizzazione delle imprese che diventano di proprietà maggioritaria dei monopoli. Tutto ciò produce una disoccupazione crescente, mentre i paesi esportatori creano nuova occupazione, come la Germania in Europa.

 

Subordinazione delle Costituzioni e Leggi dei paesi vittima ai dettami di organismi sovranazionali, con progressiva distruzione degli Stati-Nazione.

 

Privatizzazione delle imprese pubbliche e di molti servizi di Stato dai trasporti, all'istruzione e alla sanità: quello che era un patrimonio del popolo, forgiato durante secoli di civiltà, è ora oggetto di appropriazione da parte dei monopoli imperialisti. E come se non bastasse ne consegue un rincaro di tutti i servizi, con ulteriore impoverimento delle classi lavoratrici.

 

Libero investimento straniero favorito dalla soppressione di ogni tipo di controllo e restrizione da parte dello Stato.

 

Riduzione dei salari reali e de-regolazione dei rapporti di lavoro. Cioè, strappare la stabilità e i diritti dei lavoratori, conquistati con grandi lotte durante il secolo XX, per ridurre gli stipendi e a beneficio del capitale imperialista.

 

Un altro metodo adottato dall'imperialismo tramite il FMI e la Banca Centrale per garantirsi l'applicazione delle sue politiche nel mondo, è la nomina di ex-presidenti ed ex ministri del Fisco, Finanze o Economia ad alte cariche di cosiddetti organismi multilaterali, come parte del pagamento della tangente per aver rinunciato alla sovranità nazionale e al patrimonio dei popoli a favore dei monopoli imperialisti.

 

Prosegue nel suo articolo l'economista Rafael Enciso "Tutta questa è la vera essenza delle politiche pubbliche che l'oligarchia venezuelana ed i monopoli imperialisti, rappresentati dalla candidatura di Capriles Radonsky, applicherebbero in Venezuela nel negato caso che vincessero le elezioni presidenziali del prossimo 7 di ottobre. Il valoroso popolo del Venezuela, sotto la conduzione del suo Comandante Presidente Hugo Chávez, saprà ostacolarlo, per assicurare la continuità della rivoluzione bolivariana ed il suo approfondimento in direzione socialista.

 

Affinché le politiche pubbliche, concepite ed eseguite con visione bolivariana che hanno permesso - anche se con alcuni errori e deformazioni che è necessario superare-, di recuperare per lo sviluppo nazionale le risorse naturali e in primo luogo il petrolio e il gas; e le Missioni Sociali in salute, alimentazione, educazione, abitazione, produzione agricola ed industriale benefichino sempre più il popolo venezuelano e propizino il suo sviluppo integrale e la sua felicità; affinché si fortifichino la capacità produttiva, l'indipendenza e la sovranità del Venezuela.

 

E affinché i paesi dell'America Latina e del Caribe proseguano ogni giorno di più nella loro integrazione, su basi di eguaglianza, equità, complementarità e solidarietà."

 

 

Fonti:

3) http://www.tribuna-popular.org/index.php?option=com_content&; view=article&id=1046:las-politicas-imperialistas-del-fondo-monetario-internacional-y-la-candidatura-de-capriles-radonski&catid=63:mision-7-octubre&Itemid=66