Da dove vengono

i medici cubani

 

 

4 ottobre 2012 - Omar Perez Solomon http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/
 

 

 

Negli ultimi mesi  frequentemente  appaiono nella stampa anticubana dispacci e articoli giornalistici che si scagliano contro la salute pubblica di Cuba. Che "le cure negli ospedali è cattiva", che "i medici disertano a migliaia nelle missioni all'estero", che "lo stato costruttivo degli ospedali è cattivo", che "se una classe professionale è stata oggetto di vessazioni a Cuba, dal 1959, è quello dei medici', e come queste un'infinità di falsità e manipolazioni in un settore che rappresenta una delle principali conquiste della Rivoluzione cubana.

Ricordo che circa tremila medici, quasi la metà di quelli che esistevano al trionfo della Rivoluzione lasciarono il paese dopo i canti della sirena che provenivano dal nord. Tuttavia, una cifra simile decisero di schierarsi a lato del popolo per correre la stessa sorte di questo e far parte di quel gruppo di medici che piantò le semenze della salute pubblica rivoluzionaria cubana.

Vorrei attirare l'attenzione sul fatto che a chi solo gli interessa divulgare i  problemi della nostri sanità pubblica e promuovere il malcontento e la sfiducia nel governo rivoluzionario, vogliono che l'isola ritorni al quadro spaventoso che esisteva nella repubblica neocoloniale:

Prevalevano alti tassi di mortalità infantile, 58 per mille nati vivi, bassa aspettativa di vita alla nascita, 62,1 anni, e una elevata incidenza di malattie trasmissibili. L'organizzazione dei servizi sanitari di cure primarie, pilastro fondamentale  per lo sviluppo delle attività di promozione della salute e la prevenzione delle malattie, era molto poco sviluppo. Circa un 20% della popolazione del paese riceveva servizi da istituzioni di tipo mutualistico, mentre il sistema sanitario privato era determinato dalle leggi della domanda e dell'offerta.

Il paese aveva 6511 medici, di cui 4615 (70,9%), si trovavano nelle città capoluoghi delle antiche sei province. La più alta concentrazione si trova nella città di L'Avana - 58,5% del totale di questi professionisti - mentre solo un migliaio di medici. in tutto il paese, lavoravano nel settore pubblico. A questo si aggiungeva lo scarso numero di istituzioni della sanità che non  raggiungevano le 400 unità mediche, nel 1958, con un organico di circa 32500 posti letto per l'assistenza medica e sociale, ciò  che  impediva l'accesso ai servizi di base e così impediva affrontare i mali che affliggevano il paese.

Non mi soffermo a elencare i risultati della medicina nel periodo rivoluzionario, perché sono molti e riconosciuti dagli organismi internazionali; solo citerò l'indicatore della mortalità infantile,
4,9 per mille nati vivi, il tasso più basso in America Latina
e inferiore a quello degli Stati Uniti e Canada; ed il programma del medico di famiglia, un punto di riferimento a livello mondiale nell'assistenza sanitaria di base.

Errori e difficoltà ci sono. Non è un segreto a Cuba che il personale sanitario, così come degli altri settori hanno diversi scenari  per esporre le loro preoccupazioni, come lo hanno fatto con migliaia di osservazioni a seguito della discussione del progetto di Lineamenti economici e sociali approvati nel corso del VI Congresso del Partito Comunista di Cuba. Molti sono stati presi in considerazione nel documento finale, in altri casi si spiegò il motivo per cui non potevano essere attuati in questi momenti.

La Rivoluzione ha formato oltre 100000 medici con alta professionalità, senso umanistica e spirito internazionalista, dando continuità al legato dei medici che rimasero insieme al loro popolo dopo il 1959.

I medici cubani hanno viaggiato in tutto il mondo. Nessun altro paese ha inviato tanto personale sanitario all'estero. Qualunque cubano che ha compiuto e compie tali missioni, non deve far altro che andare in un
consolato yankee per ricevere immediatamente il visto e il soggiorno; solo un pugno di medici lo hanno fatto, ma i media capitalisti insistono nell'informare del contrario.

Ci rafforza che si discutano i nostri problemi. Ho letto nei media cubani lamentele e critiche alla qualità dei servizi sanitari, e anche elogi come quello pubblicato lo scorso 28 settembre nel giornale Juventud Rebelde che qui si riporta:

José Eusebio Chirino (Calle 5 No. 10, Narcisa, Yaguajay, Sancti Spiritus) racconta che sua moglie è stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva dell'Ospedale Municipale di Yaguajay Joaquin Paneca Consuegra, esattamente nello stesso edificio dove si trovava il quartier generale militare che il Comandante Camilo Cienfuegos e la sua colonna prese negli ultimi giorni della lotta guerrigliera nel 1958.

"Questo ospedale è una meraviglia della Rivoluzione. Lì abbiamo ricevuto solidarietà e sostegno umano, dalla Direzione, il team di medici, i radiologi, infermieri, assistenti di laboratorio, addetti ai servizi, custodi ...

"Che la qualità nei servizi. Che grado di scientificità medica. Che calore umano. I pavimenti brillano e il cibo è ben cotto. C'è un ordine poche volte visto, benchè non possa essere del tutto perfetto, perché viviamo in un paese bloccato, e lì, come in altri ospedali di Cuba, potrebbero esistere mezzi tecnici molto più avanzati ...

"In questa istituzione c'è una eccellenza gestionale. Potrebbe essere un punto di riferimento per il paese.

Unicamente ispirati agli elevati ereditati dai medici che sono rimasti dopo il 1959, è possibile concepire l'azione, a lato della Rivoluzione, della maggior parte dei medici che oggi prestano servizio e affrontano le sfide a Cuba di fronte  al vociferare sconfitto di chi non poté allora, né ora potrà comprare il loro onore ed impegno per il popolo.

 

 

De dónde vienen los médicos cubanos

Omar Pérez Salomón http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/

En los últimos meses con mucha frecuencia aparecen en la prensa anticubana despachos y artículos periodísticos que arremeten contra la salud pública de Cuba. Que si “la atención en los hospitales es mala”, que si “los médicos desertan por miles en las misiones en el exterior”,que si “el estado constructivo de los hospitales es malo”, que “si una clase profesional ha sido hostigada en Cuba a partir de 1959 es la de los médicos”, y así un sin número de falsedades y manipulaciones en un sector que representa una de las principales conquistas de la Revolución Cubana.

Recuerdo que unos tres mil médicos, casi la mitad de los que existían al triunfo de la Revolución se fueron del país tras los cantos de sirena que provenían del norte. Sin embargo una cifra similar decidieron ponerse al lado del pueblo para correr la misma suerte de este y formar parte de aquel grupo de galenos que sembró las simientes de la salud pública revolucionaria cubana.

Llamo la atención sobre el hecho de que a quienes sólo le interesa divulgar problemas en nuestra salud pública y promueven el descontento y la desconfianza en el gobierno revolucionario, quieren que la isla regrese al cuadro espantoso que existía en la república neocolonial:

Prevalecían altas cifras de mortalidad infantil, 58 por mil niños nacidos vivos, baja esperanza de vida al nacer, 62.1 años, y una alta incidencia de enfermedades transmisibles. La organización de los servicios de salud en el nivel primario de atención, pilar fundamental para el desarrollo de las actividades de promoción de salud y la prevención de enfermedades, exhibía muy poco desarrollo. Aproximadamente un 20% de la población del país recibía servicios de instituciones de tipo mutualistas, mientras que el sistema de consultas médicas privadas estaba determinado por las leyes de la oferta y la demanda.

El país contaba con 6511 médicos de los cuales 4615 (70,9%) se ubicaban en las ciudades capitales de las antiguas 6 provincias del país. La mayor concentración se localizaba en la Ciudad de La Habana – el 58,5% del total de estos profesionales – mientras que sólo mil médicos en todo el territorio nacional trabajaban en el sector estatal. A ello se unía el escaso número de instituciones de salud que no ascendían ni a 400 unidades médicas en 1958, con una dotación de unas 32500 camas para la asistencia médica y social, lo que imposibilitaba el acceso a los servicios básicos y por tanto impedía enfrentar los males que afectaban al país.

No me voy a detener a enumerar los logros de la salud en el período revolucionario, porque son muchos y reconocidos por los organismos internacionales correspondientes; solo citaré el indicador de mortalidad infantil, 4,9 por mil nacidos vivos, la tasa más baja en Latinoamérica y menor que en Estados Unidos y Canadá; y el programa del médico de la familia, un referente a nivel mundial en atención primaria de salud.

Errores y dificultades hay. Para nadie es un secreto en Cuba que el personal de la salud, al igual que otros sectores tiene disímiles escenarios para plantear sus inquietudes, como lo hicieron con miles de planteamientos a raíz de la discusión del proyecto de los Lineamientos económicos y sociales aprobados posteriormente en el VI Congreso del Partido Comunista de Cuba. Muchos se tuvieron en cuenta en el documento final, en otros casos se explicó por qué no se podían implementar en estos momentos.

La Revolución ha formado a más de 100 mil médicos con un alto nivel profesional, sentido humanista y espíritu internacionalista, que dan continuidad al legado de los médicos que se quedaron juntos a su pueblo después de 1959.

Los médicos cubanos han recorrido el mundo. Ningún otro país ha enviado tantos colaboradores de la salud al exterior. Cualquiera de los cubanos que ha cumplido y cumplen esas misiones, no necesitan más que acudir a un consulado yanki para recibir de inmediato visa y residencia; sólo un puñado de médicos lo han hecho pero los medios de comunicación capitalistas se empeñan en informar lo contrario.

Nos fortalece que se discutan nuestros problemas. He leído en los medios cubanos quejas y críticas a la calidad de los servicios de salud, y también elogios como la publicada el pasado 28 de septiembre en el periódico Juventud Rebelde que cito a continuación:

José Eusebio Chirino (Calle 5ta. No. 10, Narcisa, Yaguajay, Sancti Spíritus) cuenta que su esposa estuvo ingresada en la Sala de Terapia Intensiva del Hospital Municipal de Yaguajay Joaquín Paneca Consuegra, exactamente en el mismo edificio donde estuvo el cuartel militar que el Comandante Camilo Cienfuegos y su columna tomaran en los días finales de la lucha guerrillera en 1958.

«Ese hospital es una maravilla de la Revolución. Allí recibimos la solidaridad y el apoyo humano, desde la Dirección, el equipo de clínicos, los radiólogos, enfermeras, laboratoristas, trabajadores de servicio, custodios…

«Qué calidad en los servicios. Qué grado de cientificidad médica. Qué calor humano. Los pisos brillan y los alimentos están bien cocidos. Existe un orden pocas veces visto; aunque no puede ser totalmente perfecto, porque vivimos en un país bloqueado, y allí, como en otros hospitales de Cuba, pudieran existir medios técnicos mucho más avanzados…

«En esa institución hay una gestión de excelencia. Podría ser referencia para el país.

Únicamente inspirados en los elevados propósitos legados por los médicos que se quedaron a partir de 1959, se puede concebir la actuación, al lado de la Revolución, de la mayoría de los médicos que hoy prestan servicios y enfrentan retos en Cuba frente al pataleo derrotado de quienes no pudieron entonces, ni podrán ahora, comprar su honor y compromiso con el pueblo.