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Un incubo che si allontana?

 

 

6.09.12 - Iroel Sanchez Pubblicato in CubAhora

 

 

Nel suo romanzo 'Il trono dell'Aquila',  il recentemente defunto scrittore messicano Carlos Fuentes racconta la politica messicana dell'anno 2020 attraverso uno scambio di lettere tra figure del suo paese. Nella narrazione, il metodo di comunicazione epistolare è resuscitato a causa dell'interruzione di tutti i mezzi di comunicazione elettronica, in seguito di una ritorsione degli Stati Uniti per la protesta del Messico contro l'invasione della Colombia da parte degli Stati Uniti, decisa dalla sua presidente Condolezza Rice.

Fuentes scrive un'opera scioccante ed inquietante che porta alla luce la corruzione e il cinismo a cui è giunto l'esercizio della politica in Messico, ed è un peccato che in alcuni momenti del suo libro tiri per i capelli i suoi  tradizionali attacchi ai leader  rivoluzionari di Cuba e Venezuela, proprio i due luoghi dove molti dei problemi economici e sociali che con dolore pone nel Trono dell'Aquila sono stati risolti o sono in via di risoluzione.

Fatta eccezione per le poche volte in cui affiorano questi vecchi odi, la fantasia di Carlos Funtes porta molto della realtà. Ed in particolare sulla Colombia, non è affatto impossibile che gli sforzi degli Stati Uniti di installare basi militari in quel paese, con il pretesto della lotta contro il traffico di droga, il loro intervento nel conflitto armato supportando tecnologicamente le esecuzioni di leader guerriglieri - come hanno fatto con
Raul Reyes e altri - in combinazione con l'ascesa al potere dell'estrema destra negli Stati Uniti, può derivare, senza molta fantasia, uno scenario come quello che prefigura lo scrittore messicano, bagnando ancora più nel sangue questo già insanguinato paese e creando una situazione imprevedibile nell'intero continente.

Quello che è successo ieri a L'Avana, la firma di un
accordo per l'avvio di un nuovo processo di pace, è un promettente passo per allontanare definitivamente questa possibilità. Sono i latino-americani, e in particolare Cuba e Venezuela, che insieme con la Norvegia, hanno fatto sì che questo processo potesse avere luogo. Ciò è stato riconosciuto sia dal presidente colombiano, Juan Manuel Santos, che dal leader delle FARC-EP, Rodrigo Londoño.

Settimane dopo di aver dato lezioni di retorica e di escludere, nuovamente, Cuba dal
Vertice delle Americhe, Washington è solo spettatore in uno dei processi più importanti della regione in cui le sue nemesi nel continente giocano un ruolo decisivo.

Paradossalmente, il Dipartimento di Stato ha appena incluso nuovamente Cuba nella
lista dei paesi sponsor del terrorismo. Ma la realtà dice un'altra cosa: La nazione caraibica è lo scenario per cercare la pace dove gli Stati Uniti installano basi militari, vendono armi e fornisce posizioni, dai satelliti, per assassinii extragiudiziali. Differenze capitali tra accusatore e accusato e anche tra il discorso mediatico e il mondo reale, oltre ad essere una speranza aperta che magari possa scongiurare per sempre l'incubo che prende come punto di partenza 'Il trono dell'Aquila'.

 

Una pesadilla que se aleja?

Iroel Sánchez

En su novela La silla del águila, el recientemente fallecido escritor mexicano Carlos Fuentes cuenta la política mexicana del año 2020 a través del intercambio de cartas entre figuras de su país. En la narración, el método de comunicación epistolar ha resucitado debido a la interrupción de todos los medios de comunicación electrónicos, a consecuencia de una represalia norteamericana por la protesta de México contra la invasión de Colombia por Estados Unidos, decidida por su presidenta Condolezza Rice.

Fuentes escribe una obra estremecedora e inquietante que saca a la luz la corrupción y el cinismo a que ha llegado el ejercicio de la política en México, y es una pena que en algún momento de su libro traiga por los pelos sus tradicionales ataques a los líderes revolucionarios de Cuba y Venezuela, justo dos lugares donde varios de los problemas económicos y sociales que con dolor plantea en La silla del águila se han resuelto o están en vías de resolverse.

Excepto en los contadísimos momentos en que afloran esos viejos odios, la fantasía de Carlos Funtes lleva mucho de realidad. Y en particular sobre Colombia, no es para nada imposible que el afán norteamericano por instalar bases militares en ese país con el pretexto de la lucha contra el narcotráfico, su intervención en el conflicto armado apoyando tecnológicamente las ejecuciones de líderes guerrilleros -como han hecho con Raúl Reyes y otros-, en combinación con el ascenso al poder de la ultraderecha en EE.UU., pudiera derivar sin necesidad de mucha imaginación en un escenario como el que prefigura el escritor mexicano, bañando aún más en sangre ese ya ensangrentado país y creando una situación imprevisible en todo el continente.

Lo ocurrido ayer en La Habana: la firma de un acuerdo para el inicio de un nuevo proceso de paz, es un paso esperanzador para alejar definitivamente esa posibilidad. Son los latinoamericanos, y especialmente Cuba y Venezuela quienes junto a Noruega han garantizado que este proceso pueda tener lugar. Así lo han reconocido el presidente colombiano, Juan Manuel Santos, y el líder de las FARC-EP, Rodrigo Londoño.

Semanas después de dar lecciones de retórica y excluir nuevamente a Cuba de la Cumbre de las Américas, Washington es sólo espectador en uno de los procesos más importantes de la región en que sus némesis en el continente juegan un papel decisivo.

Paradójicamente, el Departamento de Estado acaba de incluir nuevamente a Cuba en la lista de países que promueven el terrorismo. Pero la realidad dice otra cosa: La nación caribeña es el escenario para buscar la paz donde EE.UU. instala bases militares, vende armas y da ubicaciones satelitales para asesinatos extrajudiciales. Diferencias capitales entre acusador y acusado y también entre el discurso mediático y el mundo real, además de una esperanza abierta que ojalá pueda conjurar para siempre la pesadilla que toma como punto de partida La silla del águila.

(Publicado en CubAhora)