Dichiarazione del governo rivoluzionario
 

Per la seconda indipendenza

 

 

 18.04.2012 - www.granma.cu

 

 

In Colombia, a Cartagena de Indias, è stato dimostrato che c’è un abisso crescente tra la Nuestra America martiana e il nord aggressivo e brutale che ci disprezza. Lì è avvenuta una ribellione dell’America Latina e dei Caraibi contro l’imposizione di un governo e mezzo che esercitano un veto imperiale ai paragrafi del progetto di dichiarazione finale del detto Vertice delle Americhe, che reclamavano il termine del blocco e dell’esclusione di Cuba dagli incontro emisferici.

 

Dal precedente Vertice del 2009 si sono dissipate le li illusioni sulla politica del presidente Omaba e si è aperta una breccia tra i suoi discorsi e le sue azioni. Non c’è stato un maggior cambio nella politica verso l’America Latina e i Caraibi; il blocco a Cuba è continuato ed anzi, si è indurito nel settore finanziario, nonostante la condanna internazionale e il voto schiacciate dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con l’obiettivo “di provocare fame, disperazione e la caduta del governo”, quello che ora si conosce come “cambio del regime”.

 

L’ALBA si è riunita il 4 febbraio scorso a Caracas, in occasione della commemorazione dell’eroica ribellione civico-militare del 1992 ed ha adottato una dichiarazione sulla sovranità argentina delle Isole Malvine, un’altra sul blocco, ed ha considerato ingiusta ed inaccettabile l’imposizione dell’esclusione di Cuba da questi Vertici. Il presidente Correa ha affermato fermamente che se non si risolveva la questione, l’Ecuador non avrebbe partecipato al Vertice di Cartagena e quello scosse la regione e quella coraggiosa posizione è stata il preludio di quello che è accaduto.

 

Il presidente Raúl Castro Ruz ha detto lì: “Io vi voglio ringraziare, presidente Correa, Evo e tutti voi per queste decisioni ... è un tema di vita e d’importanza ed avete tutti ragione. Noi non abbiamo mai reclamato che si prendessero misure come questa, ma non per questo tralasceremo di sostenerla, dato che la consideriamo molto giusta”.

 

Il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, che ci ha visitato in maniera rispettosa ed ha ricevuto come risposta dal presidente Raúl Castro Ruz che Cuba, se fosse stata invitata al Vertice, avrebbe partecipato come sempre con tutto il rispetto, nel vincolo dei principi e alla verità, ha avuto il merito d’introdurre direttamente il tema del blocco e dell’esclusione di Cuba.

 

Il presidente Evo Morales, che era stato il primo a criticare questo Vertice nella riunione di febbraio dell’ALBA, a Caracas, ha dato battaglia a Cartagena, ed ha affermato che: “Stiamo in una tappa di disintegrazione. Non è possibile che un paese possa vietare la presenza di Cuba e quindi non c’è integrazione, e con l’assenza dell’Ecuador, che è un’assenza giusta, come protesta del veto degli Stati Uniti verso Cuba, di che integrazione possiamo parlare?”

 

Il presidente Chávez, il 13 aprile scorso, aveva esclamato: “Adesso in verità, se questi due governi, gli Stati Uniti e il Canada, rifiutano di discutere temi tanto profondamente vincolati all’essere dell’America Latina e dei Caraibi, come il tema della fraterna Cuba, della solidale Cuba, come il tema delle Isole Malvine, perchè il Vertice delle Americhe allora? Si dovrebbe smetterla con questi Vertici. Prima avevo scritto ‘reclamiamo ugualmente la fine del vergognoso e criminale blocco contro la fraterna Repubblica di Cuba, blocco che da più di 50 l’impero applica con crudeltà, seviziando, contro l’eroico popolo di José Martí”.

 

Daniel Ortega, nella manifestazione di solidarietà con Cuba, di massa e giovanile, del 14 aprile, a Managua, ha detto: “Io credo che questo sia il momento per il governo degli Stati Uniti d’ascoltare tutte le nazioni dell’America Latina con le più diverse ideologie, con i più diversi pensieri politici, dal pensiero più conservatore ai pensieri più rivoluzionari, ma lì ci siamo tutti coincidendo che Cuba dev’essere presente in queste riunioni o non ci saranno i prossimi Vertici chiamati o mal chiamati delle Americhe”.

 

È stato impressionante l’atteggiamento unitario di Nuestra America attorno al blocco, l’esclusione di Cuba e sulle Malvine, ed è stata essenziale la fermezza e la dignità della presidentessa dell’Argentina nell’energica difesa di queste cause.

 

Ci siamo sentiti orgogliosi quando la presidentessa del Brasile, Dilma Roussef, ha difeso con serena dignità, di fronte a Obama, che la Patria Grande si può solo trattare come uguali e ha confermato la posizione comune in appoggio all’Argentina e Cuba.

 

I leader dei Paesi dei Caraibi hanno mostrato la solidità della Comunità dei Caraibi, (CARICOM) e che questa e l’America Latina sono ugualmente indivisibili. La loro difesa della sovranità argentina delle Malvine e il loro tradizionale e categorico sostegno a Cuba sono stati trascendentali.

 

Le forze della sinistra dei movimenti popolari, le organizzazioni sindacali, giovanili e studentesche, le organizzazioni non governative riunite tutte nel Congresso dei Popoli, a Cartagena, hanno espresso un’emozionante solidarietà con Cuba. La riunione inter - parlamentare delle Americhe ha adottato una condanna dell’esclusione e del blocco al nostro paese.

 

Gli Stati Uniti hanno sottovalutato che il 2 dicembre del 2011, a Caracas, con la guida di Chávez, nel 55º anniversario dello sbarco del Granma, è nata la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi - CELAC - quello che il leader della Rivoluzione cubana, Fidel Castro aveva anticipato nel febbraio del 2010, scrivendo che: “Nessun altro fatto istitituzionale nel nostro emisfero, nell’ultimo secolo riflette una simile trascendenza”.

 

Quando è stato eletto, in questo primo Vertice a Cuba, come Presidente della CELAC nel 2013, il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz ha dichiarato: “Con le decisioni che qui adottiamo e con il lavoro congiunto degli ultimi tre anni, rivendichiamo più di due secoli di lotte e di speranze. Giungere tanto lontano ci è costato uno sforzo, ma anche sangue e sacrificio. Le metropoli coloniali d’allora e le potenze imperiali di oggi ci sono state nemiche in questo impegno”.

 

Apparentemente Obama non sembra capire nemmeno il significato della vittoria bolivariana del 13 aprile del 2002 e nemmeno che precisamente adesso si compiono dieci anni dal colpo di Stato organizzato dal suo predecessore, con l’appoggio della OEA, con il quale si pretendeva di distruggere la Rivoluzione Bolivariana e assassinare il suo leader. Come gli ha ricordato il ministro degli Esteri venezuelano, Nicolás Maduro, guardandolo negli occhi in un memorabile discorso nel Vertice di Cartagena: “Il governo nordamericano persiste nella sua condotta d’intervento nei temi interni del Venezuela e appoggia i golpisti trasformati in candidati elettorali”.

 

Il presidente Obama dovrebbe rendersi conto che il Vertice di Cartagena non è stato propizio per consigliare democrazia a Cuba, e tanto meno se chi ha preteso di farlo era lì totalmente isolato ed obbligato ad esercitare un voto imperiale per mancanza d’idee e d’autorità politica e morale. Si dedica alla demagogia, in cammino verso delle elezioni scabrose. Farebbe meglio ad occuparsi delle sue guerre, le sue crisi e le polticherie, che di Cuba. Noi ci occupiamo dei cubani.

 

Gli Stati Uniti non hanno mai voluto dibattere sulle terribili conseguenze per l’America Latina ed i Caraibi del neoliberismo, nè sugli immigranti negli Stati Uniti e in Europa, separati dalle famiglie, rimandati crudelmente o assassinati nei muri come quello al fiume Bravo. Non hanno mai nemmeno accettato di parlare dei poveri, che sono la metà dell’ umanità.

 

L’impero e le antiche metropoli coloniali non ascoltano gli indignati, i loro cittadini, le minoranze che vivono in povertà nelle società opulente, mentre salvano con somme esorbitanti i banchieri corrotti e gli speculatori. Nella superpotenza il 10% delle famiglie controlla l’80% delle ricchezze e queste risorse sono sufficienti per risolvere i problemi del pianeta.

 

La cosa nuova a Cartagena è stata che una buona parte dei governi, con naturali differenze e messe a fuoco diverse, hanno domandato un modello alternativo che privilegi la solidarietà e la complementarità, di fronte alla competizione fondata nell’egoismo; che si protegga l’armonia con la natura e non il saccheggio delle risorse naturali e il consumismo sfrenato. Hanno chiesto che si assicuri la diversità culturale e non l’imposizione di valori e stili di vita lontani dai nostri popoli; che si consolidi la pace e si eliminino le guerre e la militarizzazione.

 

Hanno fatto un richiamo per recuperare la condizione umana delle nostre società e per costruire un mondo in cui si riconoscano e si rispettino la pluralità delle idee e dei modelli, la partecipazione democratica della società nei temi di governo, includendo la consultazione delle politiche economiche e monetarie; che si combattano l’analfabetismo, la mortalità infantile e materna, le malattie curabili ed è stato reclamato l’accesso all’informazione libera e con verità, come dell’acqua potabile. È stata riconosciuta l’esclusione sociale e che i diritti umani sono per l’esercizio di tutti e non per usarli come arma politica dei poderosi.

 

Il governo degli Stati Uniti stavolta ha dovuto ascoltare non una voce quasi unica, com’è avvenuto per decenni, nè una scarsa minoranza come sino a poco tempo fa: adesso è stata la maggioranza dei popoli che ha parlato nel Vertice per bocca dei suoi presidenti e dei capi delegazione, in questo dibattito imprescindibile e attraverso il comportamento di coloro che non erano presenti. Il Vertice ha dovuto usare la censura perchè l’impero ascolta con orecchie sorde.

 

A Cartagena, è stata definita la Dottrina Monroe dell’ "America (del nord) per gli americani". Come se nessuno si ricordasse l’inganno dell’Alleanza per il Progresso, nel 1961, o dell’Iniziativa per le Americhe, o ALCA nel 1994. Hanno voluto, adesso, ingannare con “L’alleanza ugualitaria”.

 

Come aveva detto in un evento internazionale nella stessa Cartagena, il 14 giugno del 2004, il Comandante in Capo Fidel Castro: “I detti Vertici delle Americhe hanno beneficato solo il nord”.

 

José Martí, quando giudicò una riunione simile a Washington, 105 anni fa, scrisse: “Dopo aver visto con gli occhi del giudizio i precedenti, le cause e i fattori dell’incontro, è urgente decidere, perchè questa è la verità, che è giunta per l’America spagnola l’ora di dichiarare la sua seconda indipendenza”.

 

Durante lo stesso evento, l’ ALBA ha reso ufficiale e pubblico che senza un cambio radicale della natura di questi Vertici non parteciperà mai più e altri leader del continente lo hanno ugualmente avvertito.

 

La Repubblica argentina ha il diritto inalienabile di sovranità sulle Isole Malvine, le Georgia del Sud, le Sandwich del Sud e gli spazi marittimi circostanti.

 

Cuba ricorda che la Patria Grande non sarà completa sino a quando il fraterno popolo di Puerto Rico non eserciterà il suo diritto inalienabile all’auto determinazione, sino a quando questa nazione latinoamericana e caraibica sarà sottomessa dagli Stati Uniti al colonialismo e non otterrà la sua piena indipendenza.

 

Con un solido consenso di sovranità regionale, in difesa della nostra cultura e della nostra ricca diversità, con quasi 600 milioni di abitanti, con enormi risorse naturali, Nuestra America ha una opportunità per risolvere i gravi problemi di estrema disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze e può, con la sua forza già evidente, contribuire all’equilibrio del mondo e alla difesa della pace, alla preservazione della specie umana.

 

Per questo di fronte ai tentativi di dividerci e annichilirci che verranno di nuovo, è necessario mantenerci uniti.

 

Nessuno si dimentichi che 51 anni fa, il popolo cubano difendeva già in queste stesse ore, una Rivoluzione socialista nella sabbia insanguinata di Playa Girón e che da allora tutti i popoli dell’America sono stati un poco più liberi.

 

L’Avana

18 aprile del 2012