La causa del fermo a Cuba

dei 4 giornalisti italiani

 

 

30.09.2012 - Marzio Castagnedi www.radiocittaperta.it

 

 

Scriviamo nel momento in cui i Tg italiani del mezzogiorno di sabato 29 settembre danno la prima notizia del fermo a Cuba, e proviamo dalle scarne prime notizie, a dare una prima risposta.

 

Poiché questo cronista conosce bene Cuba per essere stato diversi anni giornalista regolarmente accreditato a Cuba e anche corrispondente di Radio Città Aperta, diciamo subito che la prima e unica causa del fermo dei quattro inviati italiani è dovuta alla violazione di una regola e di un regolamento che sono molto precisi a Cuba (e non solo a Cuba). Regolamenti certamente noti nelle redazioni e tra i giornalisti stranieri e italiani. Cioè che per esercitare l'attività giornalistica è necessario essere in possesso del relativo VISTO GIORNALISTICO in precedenza richiesto ai consolati cubani. In Italia c'è quello di Milano (via Pirelli, vicino ai palazzi della Regione Lombardia) e a Roma presso la sede dell'ambasciata cubana. Esistono anche i relativi siti in rete dove inviare la domanda. Si tratta di un "visto di transito" che i giornalisti devono richiedere per coprire un determinato evento.

 

Per esempio per la copertura di manifestazioni come Il Festival internazionale del Nuovo Cinema Latinoamericano, prima quindicina di dicembre o La Fiera del Libro prima settimana di febbraio. Ma il visto può essere anche per qualsiasi evento in campo medico, scientifico o culturale. O anche politico, perché no? Per esempio per la visita del Papa tutti i giornalisti italiani (e del mondo) erano in possesso del relativo e regolamentare visto giornalistico di transito. Ma questo visto è stato dato anche per altre occasioni diciamo più individuali e particolari. Per esempio nel marzo 2010 l'inviata del Tg Uno Marilù Lucrezio viaggiò all'Avana dove addirittura realizzò una intervista filmata con la famosa "blogger" Yoani Sanchèz tra l'altro nota per i suoi scritti e posizioni non solo critiche ma anche apertamente ostili al governo cubano. Il servizio filmato fu trasmesso poi da uno "Speciale TgUno" di cui è curatrice la giornalista Monica Maggioni.

 

Come si vede si può fare giornalismo a Cuba a molti livelli e per molte tematiche.

 

Certo Cuba richiede il massimo rispetto di regole e regolamenti, cioè l'esplicita e ufficiale richiesta di visto giornalistico (cosa necessaria e obbligatoria in non poche nazioni, in testa Stai Uniti e Israele). Altra variante riguarda i giornalisti corrispondenti permanenti che cioè risiedono a Cuba per lunghi periodi e anni. Per esempio l'importante quotidiano spagnolo EL PAIS ha in Mauricio Vicent un corrispondente fisso a Cuba da oltre 15 anni, e anche il quotidiano italiano IL MANIFESTO ha da tre anni un suo corrispondente accreditato all'Avana. I corrispondenti permanenti acquisiscono anche lo status di straniero residente temporaneo e hanno carta di identità cubana (i corrispondenti stranieri accreditati a Cuba presso il Centro de Prensa Internacional sono circa 180). Da questo discorso ne deriva in modo evidente che NON è possibile né consentito effettuare lavoro giornalistico a Cuba avendo un semplice VISTO TURISTICO. Il visto turistico lo prendono circa 3 milioni di persone, quanti sono ora i turisti stranieri a Cuba ogni anno. Il visto turistico è un semplice foglietto con identità e nazionalità della persona e con data di entrata nel Paese e che deve essere conservato e presentato al controllo passaporti all'uscita dal Paese. Il visto turistico dà diritto ad una permanenza di un mese a Cuba ed è possibile richiedere una proroga di un secondo mese. Queste regole le rispettano i quasi tre milioni di turisti che si recano a Cuba. E' dunque più che ovvio che non è consentito a giornalisti e fotografi professionali viaggiare e lavorare disinvoltamente a Cuba con un semplice visto turistico comprato in agenzia di viaggi!

 

La imigraciòn cubana ha sempre comunicato che col visto turistico si può viaggiare e permanere nel paese solo facendo i turisti. Anche gli stranieri che a Cuba svolgono attività commerciali (a Cuba operano oltre 400 imprese estere di cui circa 80 italiane) devono richiedere un visto speciale previsto appunto per le attività commerciali.

 

Quindi nelle redazioni degli organi di informazione esteri, tra cui giornali, riviste, radio e tv italiane sanno bene, o dovrebbero sapere, che non è consentito inviare professionisti vestiti da turisti e poi farli girare senza alcun controllo in lungo e in largo per il paese ospitante. Quando vengono intercettati questi cronisti e giornalisti abusivi incorrono nelle sanzioni della violazione sopra descritta. Naturalmente ci sono precedenti, alcuni clamorosi. Come quando nel maggio del 2005, nei giorni 20 e 21 di quel mese, furono intercettati e subito espulsi da Cuba Francesco Battistini, del Corriere della Sera, e una collega di Repubblica. Avevano preso un aereo intercontinentale il giorno prima (confondendosi appunto alla massa dei normali turisti) e pretendevano di essere presenti il giorno successivo all'evento della famosa, e consentita, riunione dei 150 dissidenti cubani ospiti nella villetta di Felix Bonne nel municipio di Rancho Boyeros alla periferia ovest de L'Avana, vicino all'aeroporto internazionale Josè Martì. A quella speciale riunione parteciparono ovviamente esponenti del corpo diplomatico di vari Paesi presenti a Cuba, giornalisti accreditati come corrispondenti permanenti e comunque giornalisti in possesso di visto di transito. I due professionisti italiani sopra citati, di Corriere e Repubblica, pretendevano di infilarsi abusivamente e burlandosi dei regolamenti a quella manifestazione. Alla quale partecipò addirittura il responsabile diplomatico del palazzo della SINA, la sede degli interessi degli Usa all'Avana, James Cason, che portò al capo di quella riunione, la dissidente Marta Beatriz Roque, un dvd con un saluto del presidente Usa G.W.Bush, messaggio che fu letto ai presenti. Ripetiamo: 150 dissidenti cubani. Certo una occasione ghiottissima per la stampa italiana! Di più, la registrazione integrale di quella manifestazione che non fu proprio per nulla né vietata né censurata, venne poi tempo dopo trasmessa dalla Tv cubana nel corso di una "tavola rotonda". Senza filtri e senza tagli.

 

E' ovvio e comprensibile che avvenimenti come quello, o come quello odierno della ricerca del fratello presunto complice dell'assassinio di Lignano dello scorso agosto fuggito a Cuba mentre la sorella rea confessa è in carcere in Italia, è un "boccone" che fa molto gola alla stampa e tv italiana e non solo a quella informativa ma anche a quella "gossipara" dei molti talk show pomeridiani che sulle reti tv italiane fanno a gara a chi trasmette di più sui casi di omicidi, delitti, sparizioni varie. Certo, pretendere di entrare a Cuba senza alcun problema e effettuare "scoop" clandestini e scavalcando le regole, e poi ripartire rimischiandosi e nascondendosi tra le migliaia di turisti in partenza da Cuba, era davvero troppo. Quando le autorità cubane si sono accorte della spedizione (i quattro italiani erano arrivati nella città di Camaguey, avevano lavorato intervistando, fotografando e filmando il giovane cubano soprannominato "Tyson"), sono intervenute fermando i giornalisti abusivi senza il regolamentare visto giornalistico. Le autorità cubane possono anche perdere un po di pazienza dopo i non pochi tentativi, non molto innocenti, come quello in questione, di professionisti venuti a investigare e a lavorare giornalisticamente a Cuba violando ogni regola che sicuramente conoscevano. Quanto al giovane presunto assassino di Lignano soprannominato Tyson, saranno gli investigatori e le autorità di polizia cubane a decidere i tempi di indagine e accordi con la polizia, l'Interpol, la giustizia italiana e gli organi ufficiali della sede diplomatica d'Italia all'Avana, una volta che sarà spiccato un mandato internazionale. (sabato 29 settembre, ore 16)