Storia e leggenda dei medici

cubani a Miami
 

 

28 aprile 2012 - Edmundo Garcia http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/

 

 

Lo scorso sabato 21 aprile il Primo Vicepresidente cubano José Ramon Machado Ventura ha riconosciuto il lavoro dei medici laureati a Cuba, cinquanta anni fa, in circostanze molto particolari; si tratta dei chiamati "Alunni del Centenario" o "Medici della Rivoluzione" che il 21 aprile 1962 incominciarono a rispondere ai bisogni della salute in un paese dove rimanevano pochi medici.

Per quanto riguarda il numero di medici che su cui ha potuto contare la Rivoluzione in principio, lo stesso Comandante in Capo Fidel Castro ha detto in un discorso a Santiago de Cuba il 27 luglio 1983: "Noi avevamo 6000 medici al trionfo della Rivoluzione,  3000 se ne andarono. Con i 3000 che ci rimasero e con quelli che abbiamo formato, abbiamo ottenuto questi risultati". La politica di furto sistematico dei professionisti medici a Cuba era iniziata con lo stesso trionfo della Rivoluzione e rimane fino ad oggi, dove ha acquisito un'ingannevole apparenza "legale".

Come ha ricordato il Vice Ministro della Sanità Pubblica di Cuba Dr. Luis Estruch nello stesso incontro, circa 400 di quella promozione del 1962 rimasero a Cuba tutti questi anni esercitando la loro professione con onestà, alto livello scientifico e diventando essi stessi, attraverso l'insegnamento, formatori di altri medici.

Il desiderio di restaurare il regime deposto ha portato ad una persecuzione generale che comprendeva, anche, il campo medico, non lasciando altra alternativa, alla rivoluzione, che difendersi in detta sfera, per cui nei mesi di settembre e ottobre 1960 si produssero nazionalizzazioni di laboratori farmaceutici USA a Cuba e delle più grandi
“boticas” (farmacie ndt), che portò ad un'intensificazione delle restrizioni dell'interscambio medico con la nascente Rivoluzione.

Il governo incominciò a sviluppare, allora, nel quadro del nascente stato la produzione di medicamenti e la formazione di professionisti. Istituzioni non direttamente legate con questo tipo di servizio dovettero assumere compiti in questo campo, come accadde con l'Istituto Nazionale della Riforma Agraria, il Ministero dell'Industrie, il Ministero del Commercio Interno e il Ministero del Commercio Estero, che poi ha creato la società Medicuba. Stiamo parlando di un'epoca iniziale, tanto iniziale come l'agosto del 1961, momento della promulgazione della legge n° 959 che nomina il Ministero della Salute Pubblica come rettore del sistema medico cubano. Questa è la storia, o parte di essa, che dimostra che la socializzazione della medicina cubana non obbedì all'infondato desiderio di centralizzare ma a necessità molto concrete dove il sociale e il politico ebbero un peso importante. E' noto oggi, attraverso documenti declassificati, che il
Consiglio di Sicurezza Nazionale del presidente Kennedy consigliò annegare Cuba per fame, penurie e malattia che portassero a un malessere per giustificare azioni maggiori, che comprendevano piani per il deterioramento dei suoi servizi di salute.

Nonostante la gioventù della Rivoluzione e tutte le difficoltà che attraversava, in questa prima fase si trovano anche i primi gesti di solidarietà con altri paesi più bisognosi o sofferenti per un'emergenza. Nel 1960, Cuba inviò collaborazione medica in Cile quando fu colpito da un devastante terremoto, aiuto poi ripetuto nel 1971 dinnanzi a una catastrofe simile; così come in Honduras e Nicaragua quando patirono gravi cicloni. Sin dai primi anni 60 Cuba portò i servizi medici  in Algeria, Mali, Congo, Guinea e Vietnam. E a quell'epoca iniziale datano anche in tentativi politici di diffamare e danneggiare il lavoro umanitario cubano.

Cuba fu inoltre il primo paese che dopo gli attacchi terroristici dell'
11 settembre 2001, offrì agli Stati Uniti aiuti medici, e che dopo il passaggio dell'uragano Katrina offrì di inviare brigate di aiuti, plasma e ospedali da campo nella zona del disastro; gli Stati Uniti li rifiutarono.

 

E' una lunga storia che si collega con le attuali calunnie propagandistiche contro le missioni mediche cubane; delle quali uno dei capitoli più vergognosi si riferisce all'incitamento costante ai medici cubani di disertare il loro compito nei più di 77 paesi dove lavorano 37000 professionisti della salute, facilitandogli materialmente e legalmente la fuga, e offuscando il loro giudizio con false leggende sul mondo idilliaco che li attenderebbe in una sorta di "grandes ligas" della medicina USA. I media stessi manipolati e manipolatori di sempre, si prestano a divulgare questi piani.

Il 16 gennaio 2011 Joel Millman ha pubblicato un articolo sul The Wall Street Journal, dove rivela la facilità con cui un medico cubano che lavora all'estero può chiedere l'aiuto di un'ambasciata USA per disertare la sua missione. Non importa i pazienti  che smette di curare anche nel mezzo del trattamento, né il sovraccarico del suo team per il lavoro abbandonato.

 

Il giornalista Joel Millman racconta il caso di un  medico disertore a cui fu sufficiente entrare in un internet caffè in Gambia, chiamare l'ambasciata USA in quel paese e dire semplicemente: "Io sono un medico cubano che vuole andare negli USA. Quando ci possiamo vedere?" Immediatamente, in quanto medico cubano, gli indicarono di andare in un affollato mercato della città e che si avvicinasse a una bionda vestita di verde, che era, in realtà, una funzionaria del consolato degli Stati Uniti . L'incontro della storia ebbe luogo nel settembre 2008 e il dottore in questione arrivò a Miami con lo status giuridico di rifugiato e la possibilità di ottenere la cittadinanza.

 

Da questo caso, The Wall Street Journal commenta (senza essere adeguatamente critico) le facilitazioni create per la defezione di medici cubani, dal 2006, stimolata da un programma chiamato Cuban Medical Professional Parole Program (CMPP) che, nel peggiore spirito della Guerra Fredda, cerca di sabotare il lavoro di solidarietà di un paese come Cuba, che l'ala destra della politica nord americana considera suo nemico.

Questo programma fu concepito dall'ex colonnello dell'esercito USA d'origine cubana
Emilio Gonzalez, che come membro del Consiglio di Sicurezza convinse l'allora presidente George W. Bush che colpendo i programmi di aiuto medico cubano si controarrestava l'influenza politica dell'isola. Se Gonzalez chiama "influenza politica" lo sviluppo di programmi contro il colera, contro la malnutrizione, la malaria e contro l'AIDS, allora dovrebbe certamente incoraggiarsi la promozione di detta "influenza" come l'eccellente lavoro realizzato da Cuba ad Haiti, che ha meritato più di un elogio a livello internazionale.

Emilio Gonzalez è legato ai settori più estremisti della politica cubano americana di Miami, ed è apparso in una
televisione di questa città rivendicando essere l'autore del riferito Cuban Medical Professional Parole Program (CMPP), che oltre ai medici agevola anche la diserzione di paramedici, terapisti, infermieri, allenatori fisici, dentisti e tecnici di laboratorio, insieme alle loro famiglie. Tra i grandi complici di questo programma, lo ripeto, è la stampa, che con le sue storie di medici vincitori, milionari, ipoteticamente impiegati nelle grandi sale di Chicago e Long Island, invitano i medici ad abbandonare la missione. E sono  complici anche alcuni di questi stessi medici che, una volta arrivati ​​negli Stati Uniti, si dedicano a contattare i loro colleghi perché seguano il loro percorso. Un esempio di questo è il vergognoso programma "Barrio Afuera"  che cerca di attentare contro il programma di collaborazione "Barrio Adentro" offrendo informazioni on-line per la diserzione. Ovviamente, quando questa avviene, l'aiuto degli istigatori brilla per assenza.

Gli interessi che si muovono dietro questa campagna contro le missioni mediche cubane all'estero sono così grandi che voglio confessare ai lettori che una delle maggiori difficoltà che ho avuto nello scrivere un articolo come questo si riferisce al timore mostrato e dichiarato dagli intervistati. Oltre a richiedere l'anonimato, alcuni addirittura sono arrivati a chiedere, posteriormente, di non utilizzare le informazioni fornite, perché qualcuno avrebbe potuto dedurre dal contenuto l'identità della persona che testimoniava. E' deludente vedere come alcuni vivono pieni di paura in una terra che gli é stata promessa proprio come la libertà.

 

Ad esempio, un neurochirurgo che ora lavora come guardiano notturno in un condominio a Miami, che ha 53 anni ed è improbabile faccia un internato per la dura discriminazione che esiste per indici di età, si é pentito di testimoniare nello stesso momento dell'intervista, per il timore e la vergogna di confessare il suo senso di fallimento professionale. Un altro medico ha inviato una lettera, datata 23 marzo, alla direzione del programma "La tarde se mueve" facendo conoscere i problemi che avrebbe portato far dichiarazioni circa la difficile situazione di molti medici cubani arrivati ​​negli Stati Uniti. Tra le altre cose che dice (cito testualmente): "... ho deciso di non poterti aiutare su questo argomento per ora motivato dal fatto che sto impegnandomi per entrare in un ospedale... avrebbe danneggiato il mio rapporto, non sarebbe salutare per raggiungere il mio obiettivo" .

Tra le testimonianze che mi permetto usare si trova quella di un altro medico cubano residente a Miami, che dopo aver pensato alla sorte di alcuni colleghi ha detto: "... è una realtà che di 100 medici solo 10 ricevono il board e di questi solo 3 o 5 arrivano a completare l'internato ed esercitare, è vero". Egli ha poi commentato: "La mia memoria ricorda 59 medici, negli ultimi 20 anni, che sono venuti negli Stati Uniti, medici che hanno fatto l'internato presso l'Ospedale Hermanos Ameijeiras a Cuba e qui riempiendo sacchi in un Sedano's (supermercato ndt) o prelevando sangue ... altri comprano titoli di infermiere e vanno sempre con un sasso in una scarpa per il  fatto che non potranno mai  esercitare e vedono gli errori dei medici, ma non possono dire nulla perché sono semplici infermieri". E' uscita anche  la questione delle frodi, in cui qualcuno ha detto: "altri rubandogli le assicurazioni presso le famosi agenzie di home health".

Si parla inoltre del tipo di pratica meccanica, con poco spazio per la creatività medica: "ti tolgono il succo, sono molte ore di lavoro e nessuna di insegnamento, nella maggior parte degli ospedali si lavora come un mulo per produrgli biglietti." Ci sono chirurghi di prima rispondendo al telefono e compilando moduli senza prospettive reali sul piano scientifico. Destini tortuosi che, spesso, sono meno amabili di come li dipinsero. Troppi talenti sprecati per false promesse che non tengono conto delle enormi risorse che uno stato piccolo come Cuba ha utilizzato per la loro formazione. Un fatto che alla fine della giornata, salvo pochi ingrati, tutti riconoscono quando verificano l'alto livello della medicina che hanno appreso nelle università e ospedali di Cuba.

 

 

Historia y leyenda de los médicos cubanos en Miami

Edmundo García

El pasado sábado 21 de abril el Primer Vicepresidente cubano José Ramón Machado Ventura reconoció el trabajo de los médicos graduados en Cuba hace cincuenta años en circunstancias muy especiales; se trata de los llamados “Alumnos del Centenario” o “Médicos de la Revolución”, que el 21 de abril de 1962 empezaron a cubrir las necesidades de la salud en un país en que quedaban pocos galenos.

Respecto al número de médicos con que contó la revolución en un inicio, el propio Comandante en Jefe Fidel Castro dijo en un discurso en Santiago de Cuba el 27 de julio de 1983: “Nosotros teníamos 6 000 médicos al triunfo de la Revolución, se fueron 3 000. Con los 3 000 que nos quedaron y con los que hemos formado hemos logrado estos resultados”. La política de sistemático robo de profesionales de la medicina a Cuba había comenzado con el mismo triunfo revolucionario y se mantiene hasta nuestros días, donde ha adquirido hasta una engañosa apariencia “legal”.

Como recordó el Viceministro de Salud Pública de Cuba Dr. Luis Estruch en el mismo encuentro, unos 400 médicos de aquella promoción de 1962 permanecieron en Cuba todos estos años ejerciendo su profesión con honestidad, alto nivel científico y convirtiéndose ellos mismos, a través de la docencia, en formadores de otros médicos.

El deseo de reinstaurar el régimen derrotado condujo a un hostigamiento general que también abarcó el terreno médico, no dejando otra alternativa a la revolución que defenderse en dicha esfera, por lo que en los meses de septiembre y octubre de 1960 se produjeron nacionalizaciones de laboratorios farmacéuticos norteamericanos en Cuba y las mayores “boticas”, lo que provocó una intensificación de las restricciones del intercambio médico con la naciente revolución.

El gobierno empezó a desarrollar entonces en el marco del naciente estado la producción de medicamentos y la formación de profesionales. Instituciones no directamente vinculadas con este tipo de servicio tuvieron que asumir tareas en este campo, como sucedió con el Instituto Nacional de la Reforma Agraria, el Ministerio de Industrias, el Ministerio de Comercio Interior y el Ministerio de Comercio Exterior, que creó por entonces la empresa MEDICUBA. Estamos hablando de una época muy temprana; tan temprana como agosto de 1961, cuando se promulga la Ley No. 959 que nombra al Ministerio de Salud Pública como rector del sistema médico cubano. Esa es la historia, o parte de ella, que muestra que la socialización de la medicina cubana no obedeció a un deseo infundado de centralizar sino a unas necesidades muy concretas donde lo social y lo político tuvieron un peso importante. Se sabe hoy, a través de documentos desclasificados, que el Consejo de Seguridad Nacional del Presidente Kennedy le aconsejó ahogar a Cuba por hambre, necesidades y enfermedades que llevaran a un malestar que justificara acciones mayores, lo que incluía planes para el deterioro de sus servicios de salud.

A pesar de la juventud de la revolución y de todas las dificultades por las que atravesaba, en esa primera etapa se sitúan también los primeros gestos solidarios con otros países más necesitados o aquejados por una emergencia. En 1960 Cuba envió colaboración médica a Chile cuando le afectó un devastador terremoto, ayuda que luego repitió en 1971 ante catástrofe similar; además a Honduras y Nicaragua cuando padecieron severos ciclones. Desde principios de los años 60 Cuba llevó servicios médicos a Argelia, Mali, Congo, Guinea y Vietnam. Y de esa época temprana datan también los intentos de intereses políticos por calumniar y malograr la labor humanitaria cubana.

Cuba fue por demás el primer país que tras los ataques terroristas del 11 de septiembre del 2001 brindó a Estados Unidos ayuda médica, y que tras el paso del huracán Katrina ofreció el envío de brigadas de ayuda, plasma y hospitales de campaña a la zona de desastre; que Estados Unidos rechazó. Es una larga historia que conecta con las actuales calumnias propagandísticas contra las misiones médicas cubanas; uno de cuyos más bochornosos capítulos se refiere a la constante incitación a los galenos cubanos para que deserten de sus tareas en los más de 77 países donde trabajan 37 mil profesionales de la salud, facilitándoles material y legalmente la fuga, y nublando su juicio con falsas leyendas sobre el mundo idílico que les esperaría en una suerte de “grandes ligas” de la medicina norteamericana. La misma prensa manipulada y manipuladora de siempre, se presta para divulgar estos planes.

El 16 de enero de 2011 Joel Millman publicó un artículo en el periódico The Wall Street Journal donde revela la facilidad con que un médico cubano que colabora en el exterior puede solicitar la ayuda de una Embajada norteamericana para desertar de su misión. No importa los pacientes que deje de atender aún en medio de un tratamiento, ni la sobrecarga de su equipo por las tareas abandonadas. Cuenta el periodista Joel Millman el caso de un médico desertor que le bastó con entrar a un café internet en Gambia, llamar a la Embajada de EEUU en ese país y simplemente decir: “Soy un doctor cubano que quiere ir a Estados Unidos. ¿Cuándo nos podemos ver?” Al instante, por tratarse de un médico cubano, le indicaron que fuera a un mercado concurrido de la ciudad y que se acercara a una rubia vestida de verde, que sería en verdad una funcionaria del consulado de los EEUU. El encuentro de la historia se produjo en septiembre de 2008 y el médico en cuestión llegó a Miami posteriormente con estatus legal de refugiado y posibilidades de obtener la ciudadanía. A partir de este caso The Wall Street Journal comenta (sin ser lo debidamente crítico) las facilidades creadas para la deserción de médicos cubanos desde 2006, estimulados por un programa llamado Cuban Medical Professional Parole Program (CMPP), que en el peor espíritu de la guerra fría trata de sabotear el trabajo solidario de un país como Cuba, al que el ala derechista de la política norteamericana considera su enemigo.

Dicho programa fue concebido por el ex Coronel del Ejército de Estados Unidos de origen cubanoamericano Emilio González, quien como miembro del Consejo de Seguridad persuadió al entonces Presidente George W. Bush de que afectando los programas de ayuda médica cubana se contrarrestaba la influencia política de la isla. Si González llama “influencia política” al desarrollo de programas contra el cólera, contra la desnutrición, contra la malaria y contra el SIDA, entonces ciertamente debería alentarse el avance de dicha “influencia” con excelentes trabajos como los realizados por Cuba en Haití, que han merecido más de un elogio a nivel internacional.

Emilio González está vinculado a los sectores más extremistas de la política cubanoamericana de Miami, y se ha paseado por la televisión de esta ciudad reivindicando ser el autor del referido Cuban Medical Professional Parole Program (CMPP), que además de los médicos también facilita la deserción de paramédicos, terapistas, personal de enfermería, entrenadores físicos, dentistas y técnicos de laboratorio; junto a sus familiares. Entre los grandes cómplices de este programa, lo repito, está la prensa, que con sus historias de médicos triunfadores, millonarios, hipotéticamente empleados en los grandes quirófanos de Chicago y Long Island, convidan a los galenos a que abandonen la misión. Y son cómplices también algunos de estos mismos médicos que, una vez llegados a los Estados Unidos, se dedican a contactar a sus colegas para que sigan su camino. Un ejemplo de esto es el bochornoso programa “Barrio Afuera”, que trata de atentar contra el programa de colaboración “Barrio Adentro” proponiendo en internet información para la deserción. Por supuesto, cuando esta se produce, la ayuda de los incitadores brilla por ausencia.

Los intereses que se mueven detrás de esta campaña contra las misiones médicas cubanas en el exterior son tan grandes, que quiero confesarle a los lectores que una de las dificultades más grandes que ha tenido escribir un artículo como este se refiere al temor mostrado y declarado por los entrevistados. Además de pedir el anonimato, algunos incluso llegaron a solicitar posteriormente que no se utilizara la información brindada, porque alguien podría inferir a través del contenido la identidad de la persona que testimoniaba. Es decepcionante comprobar cómo algunos viven llenos de miedo en una tierra que se les prometió precisamente como de libertad. Por ejemplo, un neurocirujano que hoy en día trabaja como sereno en un condominio de Miami, que cuenta con 53 años y tiene pocas posibilidades de hacer una residencia por la dura discriminación que existe por índices de edad, se arrepintió de testimoniar en el mismo momento de la entrevista, por temor y por la vergüenza de confesar su sentido de fracaso profesional. Otro médico envió un correo con fecha del 23 de marzo a la dirección del programa “La tarde se mueve” dejando saber los problemas que le traería hacer declaraciones acerca de la difícil situación de muchos galenos cubanos llegados a los Estados Unidos. Entre otras cosas dice (cito textualmente): “… decidí no poder ayudarte en ese tema por ahora motivado a que estoy haciendo gestiones para poder entrar a un hospital a una residencia… sería dañar mi relación, no sería saludable para poder lograr mi objetivo”.

Entre los testimonios que me permito usar se encuentra el de otro médico cubano residente en Miami que tras pensar en la suerte de algunos colegas dijo: “… es una realidad que de 100 médicos solo 10 sacan los board y de esos solo 3 o 5 llegan a terminar la residencia y ejercer; es cierto esto”. Luego comentó: “mi memoria recuerda 59 médicos en los últimos 20 años que han llegado a USA, médicos que hicieron la residencia en el Hospital Hermanos Ameijeiras en Cuba y todo y aquí llenando bolsitas en un Sedano’s o sacando sangre… otros compran títulos de enfermeros y andan con una piedra en un zapato siempre con aquello de que nunca pudieron ejercer y ven los errores de los médicos pero no pueden decir nada pues son simples enfermeros”. También salió el tema de los fraudes, en el que alguien comentó: “otros robándole a los seguros en las famosas agencias de home health”.

Se habla además del tipo de práctica mecánica, con poco margen para la creatividad médica: “te sacan el jugo, son muchas horas de trabajo y nada de docencia, lo de la mayoría de los hospitales es trabajar como un mulo para producirles billetes”. Existen cirujanos de primera atendiendo teléfonos y llenando planillas y sin perspectivas reales en el plano científico. Destinos torcidos que, casi siempre, resultan menos amables de como los pintaron. Demasiados talentos desperdiciados por falsas promesas que no toman en cuenta los enormes recursos que un estado pequeño como el cubano empleó en formarles. Un hecho que al final de la jornada, si descontamos a algunos desagradecidos, todos acaban por reconocer cuando verifican el alto nivel de la medicina que aprendieron en las Universidades y Hospitales de Cuba.