Ho una lettera di Obama

 

 

22.08.2013 - Iroel Sanchez pubblicato in CubAhora

 

 

Fu una bomba, o più precisamente due, quelle che sentimmo nel Padiglione Cuba il 12 luglio 1997. Le esplosioni si erano verificate, con solo dieci minuti di differenza, negli hotel Nazionale e Capri, lasciando vari feriti, e l'effetto di essere stato a pochi metri, in compagnia di molti bambini - tra loro il mio - che quella mattina di sabato erano presenti con i loro genitori nella centrale installazione avanera, fu impressionante.

Allontanai lo sguardo dalla TV e osservai Ruben che giocava sul pavimento con i suoi tre anni, ignaro di ogni pericolo, e feci un respiro profondo ma con molta incertezza. Poi si seppe tutto. Erano terroristi centroamericani assunti da
Luis Posada Carriles con i soldi della Fondazione Nazionale Cubano Americana (
FNCA), la stessa organizzazione che annunciava allegramente in una pubblicazione: "A Cuba esplodono anche gli avocado", attribuendo la paternità a cubani sull'isola

Il governo cubano non fece come gli Stati Uniti con i terroristi di Boston. Senza sparare un colpo catturarò i colpevoli diretti in uno sforzo combinato di informazioni di intelligence e di lavoro sul campo e propose al presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, attraverso lo scrittore Gabriel Garcia Marquez, di informare le autorità statunitensi dei piani terroristici
e i loro organizzatori. Anche se apparentemente accettarono, la vera risposta non si fece attendere ed il 12 settembre 1998 l'FBI di Miami catturò i cubani che cercavano informazioni per prevenire gli atti terroristici; i mass media di lì scatenarono una campagna - che oggi sappiamo fu
pagata con denaro federale - per assicurare la condanna a coloro che evitavano s'incrementasse l'elenco, di più di tremila cubani, uccisi dal terrorismo praticato contro Cuba dagli Stati Uniti.

 

Quattro di questi uomini sono ancora in carcere per scontare condanne sino a due ergastoli e un quinto é potuto tornare a casa dopo aver trascorso quasi tre decenni separato dalla sua famiglia, tra cui le sue due figlie.

Tutti amiamo i nostri figli e figlie.

 

Nel 1998 Barack Obama, era solo un senatore dello stato dell'Illinois, ebbe la sua prima figlia Malia Ann, e nel 2001 la seconda, Natasha. A loro ha scritto quando è stato eletto presidente per la prima volta:

... voglio che ogni bambino abbia le stesse opportunità di imparare e di sognare e crescere che voi, bambine, avete avuto. per questo ho deciso di intraprendere questa avventura con la mia famiglia.
"Sono così orgoglioso di voi. Vi amo più di quanto potiate immaginare. E ringrazio ogni giorno per la vostra pazienza, portamento, gentilezza, umorismo mentre ci prepariamo per iniziare questa vita insieme alla Casa Bianca.
"Vi voglio bene,
"Papà"

Lì, di fronte alla Casa Bianca, questo 12 settembre, è stata convocato una veglia per i quindici anni da quel mattino in cui l'FBI ha fatto irruzione nelle case di coloro,che  a Miami,  vigilavano per le opportunità di apprendere e sognare dei bambini cubani, sicuri da bombe ed esplosioni. Il padre di Malia e Natasha è l'unico che può porre quegli uomini - considerati Eroi a Cuba e in gran parte del mondo - insieme alle loro famiglie e  costantemente riceve messaggi, che non legge e non ascolta, perché lo faccia.

Qualche tempo fa, pensando che avrebbe aiutato in qualche modo la libertà dei Cinque - come sono conosciuti a Cuba - ho firmato sul sito web della Casa Bianca una petizione a favore della libertà di questi cubani. Nulla è cambiato ma ora, grazie al fatto che hanno ottenuto la mia email, ricevo messaggi spam da Obama, come quello di ieri che mi chiedeva di sostenerlo in modo che i giovani USA possano fare studi universitari, senza indebitarsi per la vita.

Certo che lo sostengo e gli dico inoltre che i genitori cubani non hanno bisogno del presidente degli Stati Uniti per essere il talento e non il denaro ciò che permette ai nostri figli di accedere all'Università, ma che ci farebbe molto felice se ascoltasse coloro che questo 12 settembre manifesteranno davanti alla sua abitazione.

 

 

Tengo carta de Obama

Iroel Sánchez

Fue una bomba, o más exactamente dos, lo que escuchamos en el Pabellón Cuba el 12 de julio de 1997. Las explosiones habían ocurrido con apenas diez minutos de diferencia en los hoteles Nacional y Capri, dejando varios heridos, y el efecto de haber estado a escasos metros, en compañía de numerosos niños -entre ellos el mío- que esa mañana de sábado asistían junto a sus padres a la céntrica instalación habanera era sobrecogedor.
Aparté la mirada del televisor y miré a Rubén que jugaba en el piso con sus tres años, ajeno a todo peligro, y respiré hondo pero con mucha incertidumbre. Luego se supo todo. Eran terroristas centroamericanos contratados por Luis Posada Carriles con dinero de la Fundación Nacional Cubano Americana (FNCA), la misma organización que proclamaría alegremente en una publicación: “En Cuba también explotan aguacates”, atribuyendo la autoría a cubanos de la Isla.
El gobierno cubano no hizo como EE.UU. con los terroristas de Boston. Sin disparar un tiro fue capturando a los autores directos en un esfuerzo combinado de información de inteligencia y trabajo en el terreno y propuso al presidente estadounidense Bill Clinton, a través del escritor Gabriel García Márquez, poner en conocimiento de las autoridades norteamericanas los planes terroristas y sus organizadores. Aunque aparentemente aceptaron, la verdadera respuesta no se hizo esperar, y el 12 de septiembre de 1998 el FBI en Miami capturó a los cubanos que buscaban información para evitar los actos terroristas y los medios de comunicación allí desataron una campaña -que hoy se sabe fue pagada con dinero federal- para asegurar la condena a quienes evitaban se incrementara la lista de más de tres mil cubanos muertos por el terrorismo practicado contra Cuba desde EE.UU. Cuatro de esos hombres aún están en prisión cumpliendo penas de hasta dos cadenas perpetuas y un quinto pudo regresar a su país tras permanecer casi tres lustros separado de su familia, incluyendo sus dos hijas.
Todos amamos a nuestros hijos o hijas. En 1998 Barack Obama, siendo sólo un senador del Estado de Illinois, tuvo su primera hija Malia Ann, y en 2001 la segunda, Natasha. A ellas les escribió al ser electo presidente por primera vez:
…quiero que cada niño tenga las mismas oportunidades de aprender y soñar y crecer que ustedes, niñas, han tenido. Por eso he decidido emprender esta aventura con mi familia.
“Estoy tan orgulloso de ustedes. Las quiero más de lo que pueden imaginar. Y doy gracias cada día por su paciencia, porte, gentileza y humor mientras nos preparamos para iniciar esta vida juntos en la Casa Blanca.
“Las quiere,
“Papá”
Allí, frente a la Casa Blanca, este 12 septiembre, se ha convocado una vigilia por los quince años de aquella madrugada en que el FBI asaltó las casas de quienes en Miami velaban por las oportunidades de aprender y soñar de los niños cubanos, a salvo de bombas y explosiones. El padre de Malia y Natasha es el único que puede colocar a esos hombres -considerados héroes en Cuba y gran parte del mundo- junto a sus familias y constantemente recibe mensajes que no lee y reclamos que no escucha para que lo haga.
Hace algún tiempo, creyendo que ayudaría en algo a la libertad de los Cinco -como se les conoce en Cuba-, firmé en el sitio web de la Casa Blanca una petición a favor de la libertad de esos cubanos. No cambió nada pero ahora, gracias a que obtuvieron mi correo electrónico, me llegan mensajes spam de Obama, como uno de ayer en que me pide lo apoye para que los jóvenes estadounidenses puedan cursar estudios universitarios sin tener que endeudarse de por vida.
Por supuesto que lo apoyo y le digo además que los padres cubanos no necesitamos del presidente de Estados Unidos para que sea el talento y no el dinero el que les permita a nuestros hijos acceder a la Universidad pero que nos haría muy felices si escuchara a quienes este 12 de septiembre se manifestarán frente a su casa. (Publicado en CubAhora)