René González ha chiuso il Foro

per la liberazione dei Cinque

 

 

21 settembre 2013 - www.granma.cu

 

 

Ieri, venerdì 20, si è svolto nella sede nazionale della Centrale dei Lavoratori - CTC - il IV Foro della Società Civile Cubana per la Liberazione dei Cinque Eroi convocato dall’Associazione cubana delle Nazioni Unite (ACNU).

 

Il Foro è stato  presieduto da Ricardo Alarcón de Quesada, Elio Gámez, vicepresidente dell’ Istituto Cubano d’Amicizia con i Popoli (ICAP); Lourdes Cervantes, presidentessa della OSPAAL; Elizabeth Palmeiro, Irma Sehwerert, Mirtha Rodríguez e Isabel Hernández: familiari dei Cinque e  Soraya Álvarez, Direttrice  Generale della ACNU, che hanno realizzato interventi, riferendosi allo stao legale del caso dei Cinque e alle azioni di solidarietà dentro e fuori dall’Isola.

 

“La chiusura sarà breve”, ha detto René iniziando a parlare.

 

“Contiamo con una società, contiamo con una nazione, con un popolo, e questo è un vantaggio e pesa. (…)  voi in questo momento rappresentate la società civile di questa nazione. In questo incontro non si è parlato solo di quello che si è fatto, ma di quello che va ancora fatto, riconoscendo che la cosa più importante è che sono sempre prigionieri (...) siamo contro un sistema che quando tratta cause politiche ha fatto esibizione di  ferocia  e i Cinque non siamo soli in questo: alcuni giorni fa abbiamo dato alla famiglia di Oscar López Rivera una decorazione.

 

Oscar López Rivera è in carcere da 32 anni. Di cosa lo accusano i pubblici ministeri?  Di cospirazione sediziosa. È un esempio del livello di odio che Washington scarica su chiunque osa affrontare la sua  arroganza, il suo senso d’impunità ed è quello che ha passato Cuba con i Cinque, che rappresentano precisante questo, la resistenza di un popolo che non si è mai inginocchiato di fronte all’arroganza,  e questo fa star male gli Stati Uniti, li riempie di odio e li fa comportare come dice la frase che Silvio ci ha regalato tanto magistralmente: “come bestie di fronte ad una luce che li acceca...” 

 

Lo dico perchè dobbiamo considerare che stiamo affrontando un mostro, e non è un compito facile.

 

Come ho già ricordato in altre occasioni, l’Impero opera nel nome del concetto “costo-beneficio”. Ovviamente quando ci arrestarono, pensarono che avrebbero avuto un beneficio. In quei tempi pensarono probabilmente che non ci sarebbero stati costi allora.

 

La vendetta per loro è un beneficio, proteggere i loro terroristi lo considerano un beneficio, castigare Cuba lo considerano un beneficio.  Se noi ci fossimo piegati, avrebbe potuto accusare Cuba di assassinio o di spionaggio: un altro beneficio. Noi ci siamo intromessi e non abbiamo ceduto e allora i due ultimi benefici sono stati frustrati, ma resta la vendetta, rimane  l’utilizzo dei Cinque come un’arma contro Cuba.

 

E si tratta per noi che siamo impegnati a liberare i nostri Quattro compagni, d’incrementare i costi per il governo nordamericano. Ci sono già dei costi e sono in aumento. Qual è il nostro lavoro? Continuare d insistere  per far sì che questi costi s’incrementino sino a che giungerà il momento in cui loro faranno il contro e diranno “questo affare non conviene più”!

 

L’Eroe della Repubblica ha parlato del successo della Giornata  per la Liberazione dei Cinque, grazie all’appoggio di massa e spontaneo della società cubana, come prova evidente che sono queste manifestazioni quelle che provocano un vero impatto a livello internazionale, e come lezione per noi stessi,  dimostrandoci quello che siamo capaci di fare per conto nostro, senza orientamenti superiori. 

 

Durante il Foro, Alarcón ha  informato con amarezza che dal punto di vista legale la situazione è cambiata assai poco e che la censura sul caso rimane,  evidenziata di recente dalla cancellazione e la posposizione di un’intervista  a Stephen Kimber, autore del libro “Quello che c’è dall’altra parte del mare -La Vera storia dei Cinque cubani”,  nella  National Public Radio di Miami.

 

“Di fronte alla protesta di molti ascoltatori, perchè si tratta di una catena pubblica, hanno deciso d’intervistarlo oggi, dando però spazio nello steso tempo ad alcuni personaggi  di Miami, perchè lo contraddicano”, ha spiegato Alarcón, aggiungendo che la battaglia per liberarli deve arrivare a milioni di persone, a milioni di nordamericani, e per questo dobbiamo usare tutti gli spazi, al massimo,  sistematicamente e con creatività.

 

Dobbiamo evitare la ripetizione constante di slogan, la retorica sterile, i discorsi formalisti che annoiano a stancano. Dobbiamo motivare con un linguaggio che interessi ed emozioni: che ognuno lo faccia  alla sua maniera e dalla sua prospettiva,  perchè il messaggio giunga a milioni di ascoltatori.  I messaggeri devono essere numerosi e diversi. Si deve capire che questa non è la battaglia di un partito o di un governo, ma di un popolo”. 

 

Elio Gámez  ha annunciato una serie di azioni che saranno implementate: “Come parte per la liberazione di mio marito e dei suoi fratelli,  il sogno di tutti noi”!, ha detto Elizabeth Palmeiro, moglie  di Ramón Labañino, che ha chiamato a collaborare dentro e fuori dall’Isola per una causa che difende uomini che hanno rinunciato al loro progetto di vita personale per proteggere il loro popolo dal terrorismo.

 

Sono intervenuti diversi rappresentanti di organizzazioni della società civile, che hanno espresso il loro appoggio alla causa e la loro disposizione a lavorare con iniziative e forza rinnovata alla campagna per il ritorno dei fratelli ancora prigionieri,  per il semplice fatto d’aver sfidato l’arroganza imperiale  e aver lottato per proteggere la vita...