Nuestra America  - Cile

 

 

 

“Salvador Allende fu un esempio

 

di resistenza e valore”


Uno dei membri del corpo di sicurezza del presidente Allende ricorda l’11 settembre del 1973 a La Moneda

https://www.youtube.com/watch?v=WNOQbqVkzH0&feature=youtu.be

 

 

  11.09.2013 - Julio Martínez Molina www.granma.cu

Aveva solo 19 anni il dirigente del movimento studentesco   Luis Renato González Córdova quando gli affidarono la responsabilità di far parte del dispositivo di sicurezza personale di Salvador Allende, conosciuto come “Gruppo di Amici Personali” (GAP) del Presidente del Cile, impegno che lui desiderava moltissimo per il suo affetto e rispetto per il leader di Unidad Popular.

 

Ha detto, a proposito di come, tanto giovane, entrò in quel gruppo: “ Mio nonno, Juan González, era un fondatore del Partito Socialista e tutta la nostra famiglia, d’estrazione operaia, militava nelle sue fila. Io, oltre che di fiducia, ero educato e molto discreto, praticavo  kung-fu e conoscevo le armi, e tutto questo lo rese possibile”.

 

L’11 settembre del 1973, Eladio —nome di combattimento di Luis Renato— iniziò la sua guardia nella residenza  presidenziale in calle Tomás Moro 200 alle 6 di mattina. Doveva stare lì sino alle 9.00.

 

“Giunse presto una chiamata d’allerta, ma i miei compagni ed io avevamo l’ordine di non svegliare il Dottore perchè aveva passato la notte precedente in una riunione sino a tardi. Si parlava di un possibile colpo, ma inizialmente non ci si fece molto caso  perchè c’erano già stati vari allarmi di quel tipo precedentemente. Poi la cosa cambiò”, ricorda.

 

Dopo che il generale dei carabinieri, Jorge Urrutia, comunicò con Allende  e lo informò sulla situazione reale, il presidente diede degli ordini e il capo della sicurezza pose Eladio come scorta di Allende, per partire veloci verso La Moneda.  Lui fu una delle 16 guardie di sicurezza che parteciparono ai fatti.

 

“Là il Capo, il presidente, ci riunì, ci parlò e ci ringraziò per stare assieme a lui in quello che era un vile colpo di Stato in complicità con  Washington. Sapeva che era pericoloso resistere e ci diede la possibilità di  scegliere d’andare via, ma nessuno lo fece. Disse chiaro che sì,  la sua decisione era di rimanere a lottare sino al finale. Nel mezzo dell’ attacco e del bombardamento aereo, Allende non smetteva di dare istruzioni e di preoccuparsi per lo stato di chi lo difendeva. Voleva evitare uno spargimento di sangue inutile”, ricorda González.

 

“La figura eletta democraticamente dalle masse fu padrona sempre della situazione, combatteva gagliardamente e si espose agli spari in difesa del palazzo; sparò anche con un bazooka”, riferisce Luis Renato.

 

Dopo una battaglia nella quale poche persone furono capaci d’affrontare con tanta resistenza e valore una forza militare estremamente più poderosa, con carri armati Sherman, cannoni senza rinculo da 75 mm montati sulle jeeps, aerei da caccia  e 200 militari di due reggimenti, i golpisti penetrarono ne La Moneda e arrestarono i membri del GAP, dando loro colpi selvaggi con i calci dei fucili. Io non vidi la fine di Allende”, afferma González.

 

A 40 anni dall’anniversario della morte di Allende, Luis Renato risalta la bella amicizia che lo univa a Fidel e il valore del suo eterno esempio.   

 

“La sua opera non è stata distrutta, perchè  i suoi ideali vivono sempre.

 

“Si aprono i grandi viali alberati in America Latina e popoli hanno la parola!”

 

 

Lezioni per il presente

 

 

10.09.2013 -  di Atilio Boròn Politologo argentino; da: lahaine.org traduzione di D.Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” web ciptagarelli.jimdo.com/

 

 

Il 4 settembre 1970 Salvador Allende, il candidato di Unità Popolare – coalizione formata dai partiti Comunista, Socialista e Radicale e altri tre piccoli raggruppamenti politici – otteneva la prima minoranza nelle elezioni presidenziali cilene. Allende rappresentava la linea più radicale del socialismo cileno e durante gli anni ’60 aveva dimostrato, nei fatti, la sua profonda solidarietà e amicizia con il popolo e il governo cubano, al punto che quando venne creata la OLAS, Organizzazione Latinoamericana di Solidarietà, per difendere la sempre più minacciata rivoluzione cubana, la presidenza di questa istituzione fu affidata alle mani dell’allora senatore cileno.

 

Tre candidati si presentarono alle elezioni del 4 settembre: oltre ad Allende correva il candidato della destra tradizionale ed ex presidente, Jorge Alessandri; e quello della moribonda e spezzata democrazia cristiana, Radomiro Tomic, mal messo grazie al fiasco della tanto millantata “Rivoluzione in Libertà” con cui Washington aveva voluto soffocare la ribellione popolare costantemente spinta a livello continentale dal luminoso esempio di Cuba.

 

Alla fine della giornata il conteggio diede queste cifre: Allende (UP) 1.076.616 voti; Alessandri (Partito nazionale) 1.036.278; e Tomic (DC) 824.849.


Ma la legislazione elettorale del Cile stabiliva che, se il candidato trionfatore non otteneva la maggioranza assoluta del voto popolare, il Congresso avrebbe eletto il nuovo presidente tra i due più votati.

 

A nessuno sfuggiva l’enorme significato storico che avrebbe assunto il consolidamento della vittoria di Allende: sarebbe stato il primo presidente marxista della storia ad arrivare al potere in un paese dell’Occidente, e niente meno che in America Latina!, nel quadro delle istituzioni della democrazia borghese e in rappresentanza di una coalizione di sinistra radicale. L’impatto sulla destra latinoamericana e mondiale della vittoria di Allende fu enorme, e terribili pressioni destabilizzatrici si scatenarono la stessa notte della sua vittoria.

 

Perché il Congresso ratificasse la sua vittoria (che era l’unica cosa che poteva legittimamente fare) fu necessario vincere enormi ostacoli. Il P.N. non la accettava e la D.C. era divisa. Per uscire dall’impasse la D.C. impose, per dare il suo voto favorevole, che Allende firmasse uno “Statuto delle Garanzie Costituzionali”. In realtà si trattava di una sorta di estorsione mafiosa per frustrare la viabilità del programma di transizione al socialismo. Attraverso questo strumento Allende dovette compromettersi formalmente ed esplicitamente a conservare libertà come quella di insegnamento, di stampa, associazione e riunione – nessuna delle quali minacciate dal candidato vincitore o dal suo programma di governo – e a indennizzare le espropriazioni previste nel programma di Unità Popolare.

 

Ciò rivela chiaramente il servilismo della DC e della destra tradizionale in relazione agli interessi delle oligarchie locali e dell’imperialismo, che esigevano dai loro soci locali, sedicenti difensori della “democrazia” e della “libertà”, di preservare l’assoluta intangibilità dei loro interessi.


Successivamente questo statuto fu introdotto come riforma nella Costituzione, nel 1971.

 

Il Congresso fissò per il giorno 24 ottobre 1970 la data della sessione che avrebbe confermato il trionfo di Allende. Ma un giorno prima un commando della destra ferisce mortalmente, in un attentato terroristico, il generale costituzionalista René Schneider, che morirà qualche giorno dopo. Schneider aveva affermato che le forze armate cilene dovevano rispettare il verdetto delle urne, e lo pagò con la sua vita. Si sospetta che la CIA, che seguiva i fatti del Cile molto da vicino fin dall’inizio degli anni ’60, in collaborazione con un gruppo dell’estrema destra cilena, abbia pianificato e portato a termine questa sanguinosa operazione.

 

Nonostante la commozione del momento, o forse a causa delle gravi conseguenze che si vedevano apparire sull’orizzonte politico, il Congresso procedette a ratificare il trionfo di Allende per 153 voti contro 35, che scelsero Alessandri.

 

Vale la pena ricordare questi antecedenti ora che stanno per compiersi 43 anni dalla splendida lotta del popolo cileno e di Salvador Allende.

 

E ricordare anche che, in base alla documentazione declassificata della CIA, il 15 settembre 1970, pochi giorni dopo le elezioni, il presidente Richard Nixon – che più tardi sarà destituito per lo scandalo del Watergate – convocò nel suo ufficio Henry Kissinger, Consigliere alla Sicurezza Nazionale; Richard Helms, direttore della CIA e William Colby, suo direttore aggiunto; e il Procuratore Generale John Mitchell, per una riunione nello Studio Ovale della Casa Bianca per elaborare la politica da seguire in relazione alle cattive notizie che venivano dal Cile. Nelle sue note Colby scrisse che Nixon “era furioso” perchè era convinto che la presidenza di Allende avrebbe potenziato la disseminazione della rivoluzione comunista propugnata da Fidel Castro non solo in Cile ma nel resto dell’America Latina.


In quella riunione propose di impedire che il Congresso (cileno) ratificasse la vittoria di Allende e che questi assumesse la presidenza. Il messaggio raccolto da Helms esprimeva con chiarezza la viscerale mescolanza di odio e di rabbia che il trionfo di Allende provocava in personaggi del tipo di Nixon.

 

Secondo Helms, le sue istruzioni furono le seguenti: “Una possibilità su 10, ma salvate il Cile. La spesa vale la pena.


Non preoccuparsi dei rischi impliciti nell’operazione.

 

Non coinvolgere l’ambasciata.

Destinare 10 milioni di dollari per iniziare, e di più se è necessario fare un lavoro a tempo completo.


Mandiamo i migliori uomini che abbiamo.

Subito: fate che l’economia gridi. Né un chiodo né una vite per il Cile.

In 48 ore voglio un piano di azione.”. 

 

Incaricato di monitorare tutto il progetto fu il criminale di guerra Henry Kissinger. Il nome di questa iniziativa terroristica destabilizzatrice fu “Via II°”, per differenziarla dalla “Via I°”, nome utilizzato per designare gli intensi sforzi diplomatici e “legali” che da tempo la Casa Bianca stava facendo per contrastare l’influenza comunista in Cile, soprattutto attraverso la democrazia cristiana e altre organizzazioni di destra del paese.

 

Se guardiamo il panorama attuale dell’America Latina e dei Caraibi, vedremo che poco o nulla è cambiato. Che, come diceva la poesia di Violeta Parra, “il leone è sanguinario in ogni generazione”. L’azione dell’imperialismo nei paesi della Nostra America, e specialmente nell’avanguardia formata da Cuba, Venezuela, Bolivia e Ecuador, non è diversa oggi dagli stessi lineamenti che la CIA e le altre agenzie del governo statunitense applicarono con selvaggia brutalità nel Cile di Allende.

 

Schneider assassinato, Carlos Pratts assassinato a Buenos Aires, Orlando Letelier (ex cancelliere di Allende) assassinato nel Dupont Circle, a poche centinaia di metri dalla Casa Bianca, oltre alle migliaia di arrestati, torturati e spariti dopo il golpe militare del 1973.

 

Sarebbe ingenuo pensare che oggi, nello Studio Ovale della Casa Bianca, un inverosimile Premio Nobel per la Pace convochi i suoi consiglieri per elaborare strategie politiche diverse – umanitarie, solidali, democratiche – per far fronte alle resistenze che si oppongono all’imperialismo alle più diverse latitudini, sia in Siria che in Libano, a Cuba come in Venezuela, in Bolivia come in Ecuador e, oltretutto, in tutta l’America Latina e nei Caraibi, paesi questi assolutamente prioritari per preservare l’integrità della retroguardia imperiale.


Contro i discorsi colonizzatori, razzisti e persino auto-dequalificanti che sostengono l’irrilevanza di questa parte del mondo, i tragici fatti del Cile dimostravano già più di quaranta anni fa quanto cruciale fosse il processo politico di quel paese per la stabilità della dominazione globale degli Stati Uniti.

 

Oggi possiamo affermare, senza paura di sbagliarci, che in confronto a quelle funeste giornate del 1970, l’importanza della Nostra America è infinitamente più grande, come più grande è la virulenza terroristica dell’impero per far tornare la situazione dei nostri paesi a quella esistente prima del trionfo della Rivoluzione Cubana.

 

Da qui nasce la necessità di prendere nota delle lezioni che il caso cileno ci dà, e di non abbassare la guardia neppure per un attimo davanti a questo nemico così perverso e incorreggibile, quali che siano i suoi gesti, le retoriche o i personaggi che lo rappresentano.


Nixon, Reagan, Bush (padre e figlio), Clinton e Obama sono, in fondo, lo stesso: marionette che amministrano un impero che vive del saccheggio e del furto, protetto da un formidabile apparato ideologico e di comunicazione e da un ancor più terribile potere di fuoco, capace di eliminare ogni forma di vita sul pianeta Terra.

 

Sarebbe imperdonabile se ci sbagliassimo nel capire la sua natura e le sue vere intenzioni.

 

 

Il rovesciamento di Allende

raccontato da Washington

A parte alcuni piccoli cambiamenti, questo articolo è preso dal libro “La Squadra di Shock della CIA, El Viejo Topo, Barcellona, 2010

 

 

10.09.2013 - di Hernando Calvo Ospina scrittore, storico, saggista e drammaturgo venezuelano da: rebelion.org traduzione di D.Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” web ciptagarelli.jimdo.com/

 

 

Fin dal 1961, appena entrato in carica, il presidente John F.Kennedy nominò un comitato incaricato delle elezioni che si sarebbero tenute in Cile tre anni dopo. Secondo l’inchiesta della Commissione Church del Senato statunitense (1), il comitato era composto da alti responsabili del Dipartimento di Stato, della Casa Bianca e della CIA. Il Comitato aveva un omologo all’ambasciata statunitense di Santiago, capitale cilena. L’obiettivo era impedire che il candidato socialista, Salvador Allende, vincesse le elezioni (2).

 

Allende era un marxista convinto che si potesse arrivare al governo per via pacifica e, da lì, dare una svolta alle strutture dello Stato a beneficio delle masse impoverite. Affermava che per raggiungere tale obiettivo bisognava nazionalizzare le grandi industrie, dando priorità a quelle in mano statunitense, che sfruttavano le risorse strategiche.

 

Queste idee, e altri ideali sociali, lo trasformarono in un indesiderabile per Washington: avrebbe potuto essere d’esempio per i popoli di altre nazioni latinoamericane. Per opporglisi, furono distribuiti vari milioni di dollari tra i partiti politici di centro e di destra per la loro propaganda. Al momento di scegliere il candidato alla presidenza, Washington decise di appoggiare Eduardo Frei, del partito Democratico Cristiano, personaggio che impose agli altri partiti finanziati.

 

In totale l’operazione costò circa venti milioni di dollari, somma immensa per l’epoca, paragonabile solo a quanto speso nelle elezioni presidenziali statunitensi. Washington non investì tanto sul candidato Frei, quanto effettuò una campagna di propaganda anticomunista a lungo raggio.

 

La Commissione scrisse: “Si sfruttarono tutti i mezzi possibili: stampa, radio, film, volantini, lettere, striscioni, pitture murali”. La Commissione riconobbe che la CIA realizzò, attraverso i partiti comprati e varie organizzazioni sociali, una “campagna allarmistica” il cui obiettivo principale furono le donne, a cui si assicurava che, se Allende avesse vinto, sarebbero arrivati sovietici e cubani a strappare loro i figli. Anche la tradizione religiosa fu manipolata al massimo perché si avesse paura del “comunista ateo e empio”.

 

L’operazione psicologica funzionò al di sopra delle aspettative: Frei raggiunse il 56% dei voti e Allende il 39%. La CIA, secondo la Commissione del Senato, assicurò che “la campagna dell’inculcamento della paura anticomunista era stata la più efficace di tutte le attività messe in campo”. Fu un’operazione psicologica con carattere di guerra, le cui basi erano i piani applicati in Guatemala che diedero luogo al rovesciamento del presidente Jacobo Arbenz, nel giugno 1954 (3).

 

Operazione che non fu smantellata con il trionfo di Frei perché, nonostante tutto, la quantità di voti guadagnati da Allende era alta. E il vinto aveva tutte le intenzioni di presentarsi alle future elezioni.

 

Nelle sue Memorie, William “Bill” Colby, capo della CIA tra il 1973 e il 1976, racconta che durante le elezioni presidenziali del 1970, “la CIA dovette dirigere tutti gli sforzi contro il marxista Allende”. Essa si incaricò di organizzare una vasta campagna di propaganda contro la sua candidatura” (4), L’operazione fu chiamata “Seconda Via”. Tutto per ordine diretto del presidente Richard Nixon.

 

Henry Kissinger, il consigliere alla Sicurezza nazionale del presidente, avrebbe detto durante una riunione del Consiglio di Sicurezza sul Cile, il 27 giugno 1970: “Non vedo perché dobbiamo restare indifferenti mentre un paese cade nel comunismo per l’irresponsabilità del suo popolo” (5). Ovvero, la sovrana decisione dei cittadini non poteva essere valida se non concordava con gli interessi statunitensi. Durante questa riunione si decise di aumentare di altri trecentomila dollari l’operazione di propaganda che già si preparava.

 

Secondo la Commissione Church del senato, Richard Helms – capo della CIA dal 1966 – inviò due ufficiali della CIA - che conosceva dai primi preparativi per l’invasione di Cuba - come responsabili; entrambi erano specialisti in guerra psicologica e in disinformazione, avevano partecipato al colpo di Stato in Guatemala e erano appena ritornati dalla guerra d’Indocina: David Atlee Phillips e David Sànchez Morales.


La Commissione del Senato scrisse che uno degli slogan della campagna era: “La vittoria di Allende significa la violenza e la repressione stalinista”.

 

Ma il 4 settembre 1970 Allende vinse le elezioni. Scrive Colby che “Nixon montò in collera. Egli era convinto che la vittoria di Allende avrebbe fatto passare il Cile nel campo della rivoluzione castrista e anti-americano e che il resto dell’America Latina non avrebbe perso tempo a seguirlo”. Prosegue l’ex capo della CIA: Nixon convocò Helms “e gli impose molto chiaramente la responsabilità di evitare che Allende assumesse le sue funzioni”. Nella stessa riunione Nixon incaricò Kissinger di seguire molto da vicino il complotto.

 

Il fatto è che restava una possibilità per evitare che Allende assumesse la presidenza: aveva trionfato ma con una maggioranza relativa, dovuta al fatto che le forze di sinistra si erano divise, erose dalla campagna mediatica e/o dal denaro che la CIA riuscì a infilare in certi gruppi. Quindi il Congresso cileno doveva riunirsi il 24 ottobre per decidere tra Allende e Jorge Alessandri, candidato del partito conservatore, e che aveva ottenuto una seconda votazione. Il piano di Washington era, allora, quello di comprare il voto dei congressisti perché non confermassero il trionfo del socialista. Helms inviò un “gruppo di lavoro” che svolse “un’attività frenetica per sei settimane”, come scrive Colby. Ma neanche questo funzionò e Allende fu dichiarato vincitore delle elezioni.

 

I “manovali” speciali della CIA presero contatto con responsabili politici e militari, per selezionare quelli che fossero stati pronti ad agire contro Allende “e determinare con loro gli aiuti finanziari, le armi e il materiale necessario per spazzarlo via dalla strada della presidenza”, secondo Colby.

 

Le speranze più grandi si incentravano sulle Forze Armate, ma tutto dipendeva dal loro comandante, il generale René Schneider. Il problema che incontrò la CIA fu che questo militare aveva dichiarato con chiarezza che la sua istituzione avrebbe rispettato la Costituzione. E Colby, nelle sue Memorie, riconosce con incredibile naturalezza: “Allora era un uomo da uccidere. Viene organizzato un tentativo di sequestro contro di lui che finisce male: opponendo resistenza viene ferito e muore poco dopo a seguito delle ferite”.

 

Secondo la Commissione Church il 22 ottobre, la mattina molto presto, la CIA consegnò a cospiratori cileni mitragliette e munizioni “sterilizzate”, chiamate così perché in caso di inchiesta non fosse possibile risalire alla loro origine. Alcune ore più tardi accadde l’attentato. Tre giorni dopo Schneider, “l’uomo da uccidere” sarebbe morto. Immediatamente il presidente Nixon inviò un cinico messaggio al suo omologo cileno: “Vorrei esprimerle il mio dolore davanti a quest’atto ripugnante”. Il successore di Schneider sarebbe stato un certo generale Pinochet.


Il 3 novembre Allende entrò in carica come presidente: Nixon non gli inviò il regolare messaggio di felicitazioni che il protocollo diplomatico esige e l’ambasciatore statunitense non assistette all’investitura.

 

Ora bisognava preparare la destabilizzazione del nuovo governo, di cui si sarebbe incaricata la Divisione dell’Emisfero Occidentale dell’Agenzia. Una dipendenza che dal 1972 ebbe come direttore un ufficiale con grande esperienza in operazioni clandestine: Ted Shackley. E questi incaricò il suo uomo-ombra, Tom Clines, di concentrarsi sul “caso Allende”, con alle sue dipendenze i vecchi colleghi Sánchez Morales y Atlee Phillips.

 

Nel marzo dell’anno seguente Colby torna ad essere il superiore di Shackley e Clines come sotto-direttore delle Operazioni Speciali. Il trio tornava dopo essere stato sul fronte della guerra sporca in Indocina, in particolare in Vietnam.


Dal 1972 questa equipe della CIA, a Washington e in Cile, sviluppò l’operazione più perfezionata di disinformazione e sabotaggio economico che finora fosse conosciuta al mondo. Colby confessò che fu “un’esperienza di laboratorio che dimostrò l’efficacia dell’investimento finanziario per screditare e rovesciare un governo “ (6).

 

Non fu tutto. Secondo la Commissione del Senato statunitense, la stazione della CIA di Santiago si dedicò a raccogliere tutte le informazioni necessarie per un eventuale colpo di Stato. “Liste di persone da arrestare; infrastrutture e personale civile che dovevano prioritariamente essere protette; installazioni governative da occupare; piani di urgenza previsti dal governo in caso ci fosse un sollevamento militare” (7).

 

Secondo l’ex funzionario del Dipartimento di Stato William Blunt, questa informazione sensibile di Stato fu ottenuta a partire dall’ “acquisto” di alti funzionari e di dirigenti politici della coalizione di partito di Allende, Unità Popolare (8). Intanto a Washinton gli impiegati dell’ambasciata cilena si lamentavano della sparizione di documenti, non solo dalla sede diplomatica ma anche dai loro domicili. Le loro comunicazioni furono spiate: lavoro realizzato dalla stessa equipe che, pochissimo tempo dopo, sarebbe stata coinvolta nel Watergate (9).

 

L’azione contro Allende ebbe bisogno di una campagna internazionale di intrighi e diffamazioni. Buona parte di essa fu commissionata ad un politico inesperto di politica estera e quasi sconosciuto, anche se vecchio conoscente del presidente Nixon e degli uomini che portavano avanti l’operazione: George H.W. Bush. Egli realizzò questo compito come ambasciatore all’ONU, funzione che occupava dal febbraio 1971.

 

Quando fu nominato in questo incarico, nessuno volle ricordare che pochi mesi prima era riuscito, come rappresentante della Camera del Texas, a far sì che fosse reintrodotta in quello Stato la pena di morte per gli “omosessuali recidivi”.

 

L’11 settembre 1973 avviene il sanguinario colpo di Stato contro il governo di Allende, guidato dal generale Augusto Pinochet, e si scatena una repressione terribile. Anche se Shackley aveva lasciato il suo incarico poco prima di quel fatidico giorno, egli fu la figura chiave nell’operazione. Il suo biografo afferma: “Salvador Allende morì durante il golpe. Quando il fumo si dissipò, il Generale Augusto Pinochet, dirigente della Giunta Militare, era al potere come dittatore grazie, in parte, all’arduo lavoro di Shackley …” (10).

 

Quasi un mese dopo, il 16 ottobre, Henry Kissinger avrebbe ricevuto il Premio Nobel per la Pace.....L’anno seguente al golpe, mentre la dittatura continuava ad insanguinare la nazione, il presidente Gerald Ford dichiarava che gli statunitensi avevano agito “nel migliore interesse dei cileni e, ovviamente, in quello degli Stati Uniti” (11). E nel 1980 l’ex presidente Nixon avrebbe scritto: “I detrattori si preoccupano unicamente per la repressione politica in Cile, e ignorano le libertà frutto di un’economia libera ….Più che reclamare la perfezione immediata in Cile, dovremmo appoggiare i progressi realizzati”(12).
 

Note:

 

01- Commissione speciale presieduta dal senatore Frank Church: “Alleged Assassination Plots Involving foreign Leaders.” November, 1975. U.S. Government printing office 61-985, Washington, 1975.
02- Cover Action in Chile, 1963-1973. The Select Committe to Study Governmental Operations with Respect to Intelligence Activities, US Senate.
Washington, 18.12.1975.

03- Il presidente statunitense Dwight David Eisenhower autorizzó la CIA a rovesciare Arbenz, aplicando un piano integrale, inedito fino a quel momento nel continente, basato su azioni di guerra psicologica, mercenaria e paramilitare, il cui nome in codice fu PBSUCCESS.  Vedi: Cullather, Nick. "Secret History: the CIA Classified Accounts of its Operations in Guatemala, 1952-1954". Stanford University. 1999.

04- Colby, William. "30 ans de C.I.A." Presses de la Renaissance. París, 1978.  

05- Newsweek. Washington, 23 settembre 1974.
06- New York Times. 8 settembre 1974.
07- Cover Action in Chile, 1963-1973. Ob. Cit.
08- Blum, William. "Les guerres scélérates".
Parangon, París 2004.
09- Watergate era il nome dell’edificio dove si trovavano gli uffici del Partito Democratico.
Illegalmente, nel 1972, il presidente Nixon ordinò fossero messi sotto intercettazione .Davanti alle prove e allo scandalo il presidente dovette dimettersi nell’agosto 1974.
  Vedi: Marchetti, Victor y Marks, John. "La CIA et le culte du renseignement". Ed. Robert Laffont. París, 1975.

10- Corn, David. Blond Ghost, "Ted Shackley and the CIA’s Crusades". Simon & Schuster. New York, 1994.

11- New York Times. 17 settembre 1974.

12- Nixon, Richard. "La vraie guerre". Albin Michel. París, 1980.