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Il traduttore si scusa per gli errori

 

 

 

 

Con i cittadini di Chavez, voglio

condividere la mia sorte

 

 

 

15.03.2013 - Parole di Josè Pertierra nell’omaggio al P.te Hugo Chavez nella Chiesa St. Stephens, Washington, D.C. 12 marzo 2013 www.cubadebate.cu

 

 

Voglio parlarvi brevemente di Chavez, l’uomo. E’ nato nel 1954 a Sabaneta de Barinas. Un piccolo paesino, con solamente tre strade di terra.

 

Hugo è stato il secondo di 6 fratelli. La sua famiglia era tanto povera che non avevano sufficiente denaro per comprare scarpe al bambino. Sua nonna Rosa Ines l’ha accompagnato al suo primo giorno di scuola con dei sandali di corda. Sua zia racconta che il maestro non l’ha lasciato entrare alla classe e l’ha mandato a casa, fino a che la sua famiglia trovasse la maniera di comprargli le scarpe.

 

Il Presidente Chavez ricordava che non aveva giocattoli quando era bambino. Insieme a suo fratello maggiore, Adan, inventava giochi immaginari con giocattoli immaginari. Immaginatevi tutto questo.

 

Quando gli statunitensi mi chiedono il perché si è formato un traboccare di emozioni dopo la morte di questo uomo, gli dico che i venezuelani umili si identificavano pienamente con il loro Presidente. Come l’ha detto l’autrice del libro “Chavez Nuestro”, “il meticciato, la diversità di influenze politiche, il peso della storia in ogni angolo delle sue decisioni ed un’origine profondamente popolare, fanno di Chavez una specie di compendio del venezuelano.”

 

Ha dedicato la sua vita a dare voce a quelli che erano nel silenzio, e dignità ai vilipesi. Ha creato le Assemblee di Quartiere ed ha fatto in modo che il popolo partecipasse a delle gesta democratiche. Grazie al Presidente Chavez, i venezuelani dibattono tutto e tutto il tempo. Per la prima volta nella loro storia, i venezuelani sanno che cosa è governare per loro stessi.

 

Il Presidente Chavez si riferiva sempre ai suoi compatrioti come fratello, camerata o cittadino, e così hanno cominciato a chiamarsi tra loro i venezuelani umili ed i rappresentanti del popolo. Una lavoratrice a Caracas ha riassunto che cosa ha rappresentato tutto questo per il popolo. Lei ha detto, “Cittadini? prima di Chavez, non sapevamo neanche che eravamo esseri umani.”

 

Questo, fratelli e sorelle, è il lascito del Presidente.

 

La Rivoluzione Bolivariana ha ridotto drammaticamente la povertà in Venezuela, ha quasi eliminato la miseria, ed ha sradicato l’analfabetismo. Le ricchezze dell’industria petroliera di PDVSA sono ora al servizio del popolo e non al servizio delle multinazionali, che anteriormente hanno saccheggiato il paese e pagavano una tariffa di solamente l’1% per le migliaia di milioni di dollari che hanno guadagnato.

 

La Rivoluzione ha creato le Missioni da tutte le parti del paese, per provvedere gratuitamente all’attenzione medica di milioni di venezuelani. Una volta sono stato un passeggero in un aeroplano da L’Avana a Caracas. Nel volo c’erano più di un centinaio di pazienti venezuelani con poche risorse. Ritornavano in patria dopo aver ricevuto gratis assistenza medica a Cuba. Molti sono arrivati ciechi a L’Avana. L’Operazione Miracolo ha ridato loro la vista.

 

Non ho mai dimenticato quel viaggio. I pazienti che pochi giorni prima non vedevano, ora piangevano davanti al panorama delle nuvole, mentre l’aeroplano ha preso il volo. Applaudivano vedendo le acque verdi-azzurre dei Caraibi. Hanno cantato durante il viaggio intero e mentre atterravano, hanno cantato: “Gloria al Valoroso Popolo” ed hanno terminato con grida di “Grazie Chavez, Grazie Fidel, Grazie Venezuela, Grazie Cuba.”

 

Questo, amici miei, è Rivoluzione.

 

È vero che il Presidente Chavez era antipatico ad alcuni. Era odiato dal governo degli Stati Uniti, dall’oligarchia venezuelana ed i mezzi di stampa che sono controllati da loro. Ma ricordo anche che il Presidente ha detto varie volte che se non c’è opposizione, non c’è Rivoluzione. Così era il Presidente.

 

Dopo aver assunto il potere avrebbe potuto essere un politico qualunque dell’America Latina, ma il Presidente Chavez non ha mai accettato la mediocrità. Era un leader, un rivoluzionario, il Simon Bolivar di questa epoca. Ha lottato per un’America Latina unita. Sovrana. Libera dal dominio della Spagna e degli Stati Uniti.

 

Era un Presidente poco convenzionale. Piangeva, cantava e mangiava “arepas” con il suo popolo. Rideva a crepapelle come qualunque figlio di un vicino e distruggeva tutte le regole del protocollo diplomatico. Era semplicemente molto umano.

 

Alcuni banchieri, imprenditori ed oligarchi non masticano un leader di questa stirpe naturale, ma il popolo poteva percepire la sua sincerità, la sua umanità, la sua grazia e la sua allegria. Soleva interrompere i suoi discorsi con caldi saluti ai venezuelani che aveva conosciuto durante i suoi percorsi per il paese. “Ciao Pepe. Un saluto per Pepe in Barquisimeto”, o “Gladys, a Petare, cerchiamo di terminare quel progetto.”

 

Usava anche l’inglese ed esclamava con la sua voce rombante: “Fidel, How are you Fidel?” O inviava un messaggio molto speciale a W. Bush: “Mr. Danger, se lei decide di invadere il Venezuela, lo starò aspettandolo nella Savana. Come on here, Mr. Danger. Codardo. Donkey”. E chi potrà dimenticare le sue parole sul podio delle Nazioni Unite, dove Bush Junior aveva parlato poche ore prima: “Zolfo. Puzza ancora di zolfo qui sopra.”

 

Non era un rivoluzionario metafisico, soddisfatto perché poteva dibattere con scioltezza la filosofia del socialismo del secolo XXI. Era occupato nel cambiare il Venezuela e ci è riuscito. Era coinvolto nel cambiare l’America Latina e lo ha ottenuto. Sapeva che affinché i rivoluzionari possano cambiare la società, necessitano prima di tutto prendere il potere e poi tentare di costruire un socialismo che non può essere, come diceva Mariategui, “né ricalcato né una copia, bensì una creazione eroica.”

 

Il Presidente Chavez è stato un tsunami bolivariano. Ha cambiato radicalmente Venezuela e tutta l’America Latina.

 

Alcuni dicono che la sua morte ha lasciato un vuoto che non potrà riempirsi. Non sono d’accordo. Come ha detto Martì, “morire è la stessa cosa che vivere, anzi è meglio, se si è fatto quello che si deve”. Da morto, il Presidente Chavez è più grande che mai, perché illumina la strada che deve portarci a far scomparire dalla faccia della terra l’oscurità della povertà, della repressione e dello sfruttamento.

 

Ha vinto dodici elezioni prima di morire precocemente a 58 anni di età. Un record prodigioso. Tuttavia, i suoi nemici insistevano in che fosse un despota. Quante elezioni ha vinto Mr. Danger? Ed il Re Juan Carlos di Spagna che tanto lo ha criticato per un supposto autoritarismo, nonostante non si sia mai sottomesso ad elezioni? I re e le regine credono che le elezioni sono solamente per i plebei. Che quelli di sangue blu ereditano un diritto divino per governarci.

 

Ogni volta che io arrivavo a Caracas, accendevo il televisore, vedevo il viso del Presidente Chavez e sorridevo, anticipando quello che potesse dire. Tra i suoi molti attributi, non dimentichiamo che il Presidente era sommamente divertente. La gente lo vedeva come un amico giocherellone con cui potevano condividere la vita. La sua simpatia arrivava perfino ai bambini.

 

Alcuni anni fa stavo guardando nella televisione uno spettacolo di teatro infantile a Caracas. Dopo la presentazione, il Presidente Chavez è salito sul palcoscenico per ringraziare per la messa in scena. Gli attori che non passavano la soglia dei 9 o 10 anni, indossavano ancora i loro costumi. Il Presidente ha chiesto ad una bambina che costume aveva. “Io sono una maga”, gli rispose la piccola. “Bhè, non mi farai sparire”, gli ha detto Chavez. “No, Sig. Presidente. A Lei, io lo dovrei moltiplicare”, gli ha risposto la bambina.

 

Bhè, fratelli miei: il Presidente Chavez si è moltiplicato. Oggi, insieme, tutti siamo Chavez. E’ nei cuori di milioni di noi. Ma come ha detto il Presidente Nicolas Maduro domenica a Caracas: “Siamo Chavez solo se stiamo uniti. Separati non siamo nulla.”

 

Fratelli e sorelle:

 

Il nostro nord è il sud. È il sogno di Bolivar. Quello di un’America Latina unita. Il sogno di un mondo migliore per i poveri della terra. Il sogno di rendere possibile quello che sembra impossibile. Il sogno di prendere il cielo per assalto. Il sogno del Presidente Chavez di raggiungere la stella celestiale, della quale parlano le parole del “El Hombre de la Mancha” che qui ricordo:

 

Fu il suo ideale raggiungere la stella
Non importa quanto lontano, potesse trovarsi
Lottare per il bene, senza dubitare né temere
E disposto ad arrivare all’inferno se lo detta il dovere.

E sapeva che se riusciva ad essere fedele e
Raggiungere il suo sogno
Starebbe la sua anima in pace arrivando
la fine della vita.

Sarà questo mondo migliore
Se c’è stato chi disprezzando il dolore
Combatté fino all’ultimo respiro
Con fede sognare l’Impossibile e raggiungere la stella.

Viva il President Chavez!
Viva il Presidente Nicolas Maduro!
Che vivano i poveri della terra!

Comandante Presidente Hugo Chavez Frias: Ti accompagneremo sempre!

 

 

Chavez il Mito e l’Europa incredula

 

 

14.03.2013 di Rafael Rico Rios da Rebelion  www.cubadebate.cu

 

 

La leggenda venezuelana della Llorona (Frignona) racconta come una giovane innamorata è abbandonata dal suo amante e nella sua pazzia assassina sua figlia, è maledetta dal popolo, fugge nelle pianure venezuelane dove si trasforma in un fantasma. Da allora, nel silenzio in alcune notti oscure, si ascolta come chiama sua figlia in forma di lamento terrificante.

 

Questa storia me l’ha raccontata per la prima volta un buon amico venezuelano, che stimo per la sua intelligenza chiara e pragmatica, fondamentale per capire il processo venezuelano. Gli ho chiesto, in tono scherzoso, se aveva ascoltato qualche volta la Llorona, e mi ha risposto che “ovviamente che sì, tutto il mondo l’ha sentita”. L’ho guardato scandalizzato e mi ha sorriso. Ho pensato che il suo sorriso fosse di complicità, ma col tempo mi sono reso conto che in realtà si stava ridendo dell’incredulità e dello scetticismo europeo.

 

Alejo Carpentier, nel suo meraviglioso romanzo “Il Regno di questo Mondo”, racconta la storia dello schiavo François Mackandal, a cui attribuivano proprietà magiche nella sua lotta contro la dominazione bianca in Haiti. Mackandal è stato catturato dalle autorità della colonia, che hanno riunito tutti gli schiavi negri affinché assistessero alla sua esecuzione, mentre lo schiavo si è trasformato in farfalla per essere eternamente libero. Il mito di Mackandal ha scatenato una ribellione popolare. La questione non è in se Mackandal aveva qualità magiche, perché è stata assolutamente reale la ribellione degli schiavi. Una favola che ha avuto conseguenze politiche. Alejo Carpentier faceva un appello a queste storie magiche e concrete del realismo magico.

 

Ricordiamo anche il Realismo Magico di Gabriel Garcia Marquez. Un buon amico europeo, davanti all’onda di insolite dicerie che scuotono abitualmente le strade di Caracas, arresosi davanti all’incomprensibile fenomeno, è giunto alla conclusione che “in Venezuela la realtà è irreale”. Comunque, questa interpretazione dell’esistenza permette che in America Latina tutto sia possibile. I popoli latinoamericani credono nelle loro leggende, nei loro miti e nelle loro rivoluzioni perché credono in una realtà magica, diluita e volubile, che possono trasformare.

 

Hugo Chavez è morto, ora è una leggenda ed un mito. Il dibattito in Europa è se il “Chavismo” si manterrà unito, mentre si scandalizzano per le manifestazioni mistiche del dolore di un popolo. Non riescono a capire come possono mettere insieme la mistica e l’unità dei movimenti popolari nei processi di liberazione dell’America Latina. Il Chavez Mito è un cemento, un cemento armato che agisce nell’unità dalle fazioni del “Chavismo” e che agirà per molto tempo. Chi calpesterà la memoria di Chavez uscirà dal “Chavismo”.

 

Di fronte alle elezioni del 14 aprile, il “Chavismo” ha garantito l’unità, mentre l’opposizione che si manteneva unita per un insieme di interessi contro Chavez, ha gravi problemi di coesione che possono avere un’influenza negativa sulla mobilitazione del suo elettorato. Chavez in vita manteneva unito il “Chavismo” ma, ancora di più, manteneva unita l’opposizione.

 

Benché La Mensa dell’Unità Democratica, MUD, finalmente, abbia ottenuto la candidatura unica con Capriles, l’elettorato oppositore percepisce queste divisioni interne ed una mancanza di direzione politica per l’eterogeneità delle correnti politiche che la conformano. È certo che l’opposizione si è avvicinata abbastanza nelle ultime presidenziali ma, elettoralmente, il “Chavismo” non dovrebbe preoccuparsi per l’opposizione: se il “Chavismo” mobilita tutto il suo elettorato, potrà vincere con facilità. Paradossalmente, anche l’opposizione, per tentare di rubare i voti dei chavisti, si vede obbligata ad utilizzare Chavez il Mito con l’argomento: “Chavez sì era un vero leader e voi non siete Chavez.”

 

In qualsiasi caso, la Rivoluzione Bolivariana ha già la sua leggenda che gli darà corpo e consistenza per un lungo tempo e l’America Latina continuerà lungo il sentiero dei cambiamenti con le sue leggende, i suoi miti e le sue rivoluzioni. L’Europa, tuttavia, non crede né in sé stessa. Nell’Europa della crisi, credono in una realtà inerte, immobile ed indurita. Magari l’Europa facesse la sua rivoluzione, quella notte che recuperi la sua mistica, creda nelle sue leggende ed ascolti il terrificante lamento della sua Llorona, quando ucciderà per fame.