Celia, simbolo degli ideali più puri

 

 

9 maggio 2013 - www.granma.cu

 

 

Il 9 maggio del 1920 nasce Celia Sánchez Manduley, eroina della lotta clandestina e della Sierra Maestra, combattente infaticabile che dedicò tutte le sue energie alla costruzione della nuova società.

 

Cresciuta a Media Luna, villaggio ubicato nel municipio omonimo nell’attuale provincia di Granma, la sua vita e la sua opera sono simboli di rettitudine, unità, forza, rispetto e dedizione ai più puri ideali di indipendenza della Patria.

 

Nello stesso tempo Celia incarna la delicatezza della donna cubana Parlare di Celia, deceduta nel gennaio del 1980 è pensare nel suo profondo patriottismo, nella sua allegria di vivere, alla sua fedeltà alla Rivoluzione e Fidel e al suo fervore martiano.

 

 


Celia, genuina espressione 
della donna cubana

 

 

11 gennaio 2013 - www.granma.cu

 

 

Assieme a suo  padre rivendicò l’Apostolo nell’anno del suo centenario, collocando sulla cresta del Turquino il busto di Martí, che da lì scrutava l’orizzonte come reclamando la conclusione della sua opera.

 

Lei non sapeva che nello stesso anno a Santiago, un centinaio di giovani stava iniziando il tentativo di rivendicarlo, immolandosi nella caserma Moncada.

 

Nemmeno immaginava che sarebbe tornata su quella cima accompagnando il leader dei moncadisti, vestita di verde olivo, come prima guerrigliera, con un fucile appeso alla sua tenera  spalla di donna.

 

Con l’umanesimo ereditato da suo padre e la sensibilità di sua madre, organizzò con i nomi di Norma, Aly, Carmen, Liliana o Caridad, la base d’appoggio dell’incipiente movimento guerrigliero, crescendo lei stessa con il vigore incontenibile di quella froza e trasformandosi nella semplice e insostituibile Celia, il cui nome è eterno tra il nostro popolo. Non è per caso che Armando Hart affermò nella sua orazione funebre che: “Sarà impossibile scrivere la storia di Fidel Castro senza riflettere nello stesso tempo la vita di Celia”.

 

Molte opere conservano la sua impronta nella bellezza dei dettagli, che lei suggeriva a architetti e ingegneri, che poi le fecero loro, e il Parco Lenin, la Casa dei Cosmonauti, il Palazzo delle Convenzioni ne sono testimoni.

 

Come disse la sua collaboratrice  Nelsy Babiel, “stava in tutto e non appariva mai, evitava le interviste per evitare che si risaltasse la sua opera”.

 

La sua materna preoccupazione per ogni compagno, per ogni famiglia contadina, nei giorni della lotta guerrigliera, si estese dopo la vittoria al suo popolo: tutti avevano fiducia in lei e nessuno fu mai tradito.

 

Con il suo fiore preferito, la mariposa, a volte tra i capelli o tra le dita, come donna delicata e tenera che era, stava attenta e allerta su tutto.

 

Celia Sánchez Manduley non è morta l’11 gennaio del 1980, quando non aveva ancora compiuto 60 anni, perchè continua ad essere il fiore più autoctono della Rivoluzione, una genuina espressione della donna cubana.