L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si è tenuta a New York a fine
settembre aveva un tema di grande attualità che ha concentrato l’attenzione dei
nostri media: la questione siriana e il braccio di ferro fra i due principali
contendenti in quella assemblea: la Russia e gli Stati Uniti. La sede è stata
utile per rallentare la dissennata corsa alla guerra che sembrava ormai dietro
l’angolo ma è stata anche teatro di una sfilata di capi di stato latinoamericani
che hanno posto questioni di rispetto dei diritti e delle sovranità indirizzate
soprattutto ad accusare gli Stati Uniti di gravi abusi e scorrettezze.
Fra gli interventi di maggior rilievo c’è stato quello della presidentessa del
Brasile, Dilma Rousseff, che ha accusato il Presidente Obama, in attesa di
parlare dietro le quinte, per la pratica di spionaggio della National Security
Agency rivelate da Edward Snowden, rivolta anche a un governo amico, come fino
ad ora è stato il Brasile. Dilma ha chiesto a muso duro “spiegazioni, scuse e
garanzie affinché il fatto non si verifichi in futuro”.
Il Venezuela che, finché è stato in vita il Presidente Chávez, era il
portabandiera delle accuse dei paesi del Terzo Mondo sui soprusi nordamericani,
non era presente a New York visto il trattamento riservato a Maduro al quale era
stato vietato il sorvolo di Porto Rico durante il suo viaggio in Cina, divieto
poi rimosso mentre non è stato rimosso il rifiuto del visto per la delegazione
del Venezuela all’Assemblea. Chávez parlava fuori dai denti, aveva battezzato
Bush come Mr. Danger e sosteneva di sentire puzza di zolfo nell’aula dove era
presente.
E’ stato Evo Morales, presidente della Bolivia, ad incaricarsi di accusare
davanti all’assemblea le prepotenze e le provocazioni degli Stati Uniti,
chiedendo un tribunale popolare internazionale per giudicare Barack Obama per
diritti di lesa umanità, portando come esempi i bombardamenti in Libia, la
guerra in Iraq, la promozione di atti di terrorismo internazionale fino al
finanziamento di gruppi terroristi. Morales ha detto che mentre in questo mondo
c’è chi lavora per porre fine alla povertà, per ricercare la pace e la giustizia
sociale, altre potenze promuovono la guerra, l’interventismo in altri paesi e lo
spionaggio massiccio violando la sovranità di altri stati. Gli Stati Uniti, ha
denunciato Evo, hanno violato quattro norme: la Dichiarazione dei Diritti Umani,
il Patto per i Diritti Civili e Politici, la Convenzione su Missioni Speciali e
la Convenzione di Vienna sui Rapporti Diplomatici. E’ il caso, dice Morales, di
cambiare la sede delle Nazioni Unite per porre fine all’ arbitrarietà delle
autorità migratorie nordamericane che negano a loro giudizio i visti di entrata,
e portarla in un paese che, contrariamente agli USA, abbia ratificato i trattati
dell’ONU.
Anche Ollanta Humala, presidente del Perù, ha posto una richiesta importante e
che è in discussione ormai da qualche decennio, la richiesta di una riforma e di
un ampliamento del Consiglio di Sicurezza affinché sia più rispondente alle
realtà del terzo millennio; a questa richiesta si è unito il Presidente del
Cile, Sebastián Piñera, anche se Piñera, come Humala e come i presidenti di
Messico e Colombia hanno presentato la nuova associazione internazionale Alleanza
del Pacifico, voluta da Obama, allargata ad altri paesi che si affacciano sul
Pacifico, allo scopo di costituire un’alleanza utile per contrastare i paesi
dell’Alleanza Bolivariana (ALBA) e la scalata cinese in America Latina.
Anche l’anziano ed eccentrico Presidente dell’Uruguay, l’ex guerrigliero José
Mujica, c’è andato giù pesante usando gli Stati Uniti come esempio
dell’autodistruzione verso la quale si incammina la società contemporanea: “se
l’Umanità consumasse come un nordamericano medio, ci servirebbero tre pianeti”,
ha sostenuto, mentre se quel cittadino medio circolasse, come lui su un vecchio
motorino e vivesse in una modestissima casa di campagna, ne basterebbe la metà
di uno.
Su Cuba, il Presidente del Salvador, Mauricio Funes, ha ricordato che l’isola è
parte dell’America Latina e che il lungo blocco a cui è sottoposta va abolito.
Un paio di mesi prima, il vecchio Mujica, partecipando alle celebrazioni per il
60° anniversario dell’assalto alla Caserma Moncada, a Cuba, aveva spiegato
perché la Rivoluzione cubana è, per l’America Latina, un punto di partenza:
“Questa Rivoluzione, che è stata fondamentalmente la Rivoluzione della dignità,
dell’autonomia per i latinoamericani, ci ha seminato di sogni, ci ha riempito di
don Chisciotte. Abbiamo sognato che in 15, 20 anni era possibile creare una
società completamente diversa e siamo sbattuti contro la storia; i cambiamenti
materiali sono più facili dei cambiamenti culturali. I cambiamenti culturali
sono, in fin dei conti, il vero cemento della storia e sono una semina molto
lenta di generazione in generazione. [...] La Rivoluzione oggi, la parola
Rivoluzione acquisisce una dimensione di carattere universale mentre il mondo si
globalizza e questa dimensione è proprio l’idea che è possibile, che è una
necessità storica, per mantenere e sostenere la vita, per lottare per creare un
mondo migliore, di rispetto, di uguaglianza di base, senza paura di essere
schiacciati, senza portaerei, senza aerei con un braccio lungo, senza gente, un
mondo in cui sia possibile che l’uomo esca dalla preistoria, e uscirà dalla
preistoria il giorno in cui le caserme saranno scuole e università”.