Un abbraccio per René e un consiglio

di lettura per Yoani Sánchez

 

 

27.04.2013 - A.Riccio http://www.giannimina-latinoamerica.it

 

 

 

Mi è davvero difficile non far notare, anche se in queste settimane il lettore italiano è coinvolto e amareggiato dalle nostre vicende politiche, che mentre 21 deputati di sinistra del Parlamento Europeo, in occasione della visita del segretario di Stato nordamericano John Kerry a Bruxelles, gli hanno presentato la loro preoccupazione per il prolungarsi dell’ingiusta condanna inflitta nel 1998 a cinque cubani, che informavano il governo cubano delle iniziative di sabotaggio e di destabilizzazione progettate dagli anticastristi della Florida, il fatto che fra quei ventuno non ce ne era uno della sinistra italiana.


Proprio in questi giorni, uno dei cinque,
René González, avendo scontato la pena in carcere adesso gli toccano tre anni di domicilio coatto in Florida, è andato per la seconda volta a Cuba, con il permesso e alle condizioni dettate dal giudice di Miami.

 

Nè la prima, né la seconda volta per René si è trattato di un viaggio felice: l’anno scorso è andato ad abbracciare la famiglia dopo la morte prematura del fratello affetto da un cancro, e adesso per la morte del padre. Penso al diverso atteggiamento dei giudici indiani che hanno concesso ai nostri due marò di andare una volta per le feste di Natale e un’altra per partecipare – durante un mese - alla campagna elettorale. René, come ordinatogli, ritornerà a completare la sua condanna che una Commissione delle Nazioni Unite ha fortemente criticato segnalandone le irregolarità, ma l’opinione pubblica deve essere informata di questo caso di ingiustizia e deve lavorare per ottenere la libertà dei cinque, ormai in carcere da quindici anni.


La “famosa” blogger
Yoani Sánchez, che sta facendo il giro del mondo in ottanta giorni, ripete che i cinque erano spie e dunque è giusto che paghino. Ne dice anche di tutti i generi sul governo di Raúl Castro e sulle disgrazie di Cuba, andando di città in città e di continente in continente, ricevuta sempre dal fior fiore della destra internazionale, da Aznar a Mario Vargas Llosa. Adesso arriva a Perugia dove il quotidiano La Stampa e il suo direttore Mario Calabresi la presentano alla ribalta del Festival del Giornalismo. La cosa ha suscitato delusione e scontento in chi crede che quell’evento coinvolga davvero la libera stampa. Altri, con più esperienza di mondo giornalistico, sanno che si tratta comunque di una ribalta che richiede spettacolarità e il coro dei mass-media su Yoani Sánchez garantisce l’evento. Senza stare a discutere con la star del blog sulla tristezza di non avere pannolini usa e getta per le mamme cubane, né impermeabili da indossare sotto la pioggia, senza star lì a mettere in evidenza le sue tante contraddizioni, io vorrei che leggesse questo scritto del cantautore Silvio Rodríguez, anche lui autore di un blog (ma certo molto meno “famoso” di quello della “famosa”) e che ci riflettesse un po’ su, e magari rispondesse su queste questioni che vanno molto al di là delle note penurie dell’economia cubana.

 

Silvio Rodríguez

Provo un sano orgoglio per il mio sangue meticcio

 

Tutti i pronostici annunciano che il mondo continuerà a crescere. E quanta più gente ci sarà, più lontane rimarranno le possibilità di equità e di giustizia.
I paesi più grandi consumano, sprecano e accelerano l’esaurimento delle risorse, ma le abitudini al consumo in cui sono immersi impedisce loro di ritrattare.
Hanno abituato la gente all’idea che essere così significa vivere in libertà, che vivere in un altro modo significa non essere più liberi. Questo è il peso insostenibile della crisi in molti paesi, dalla quale difficilmente potranno tirarsi fuori con più giustizia sociale.
Pochi paesi ricchi, da anni sviluppano piani per impadronirsi di tutto quanto di utile resta ancora nel pianeta. Ci sono libri, documentari, migliaia di testimonianze che lo provano. Lo viviamo quotidianamente. Si dice che nei prossimi anni le guerre si faranno per l’acqua, ormai neanche più per il petrolio.
Questi pochi paesi, armati di bombe e di cannoni, vogliono decidere la sorte del pianeta e, secondo la loro logica egoista, molto si finirebbe col sacrificare.
Il mondo orwelliano viene imposto dai progetti di dominazione, basati sulla forze. Che resta della dichiarazione dei diritti dell’uomo di fronte a questo? Dove vanno a finire la libertà, l’uguaglianza e la fraternità di un mondo dove impera la legge del più forte?
Io sono del sud. Per geografia e per traiettoria sono della parte condannata. Ma non mi rassegno alla discriminazione e all’abuso. E mi rifiuto di servire il potente perché torni a mio vantaggio. Peggio per quelli che lo fanno; questione di criteri.
Io credo di godere di una così bella Storia come chiunque e provo un sano orgoglio per il mio sangue meticcio, che quando non può crescere verso l’esterno, sa crescere verso dentro.