Cuba e la guerra mediatica
 

 

 

 

 

 

Quattro prospettive dell’assurdo

 

migratorio cubano

 

 

 

12.04.2013 - Vincenzo Basile (CapítuloCubano) https://www.youtube.com/watch?v=QMyQEXXK1Vc

 

 

 

 

Lo scorso 14 gennaio (2013), è entrata in vigore la nuova legge migratoria cubana.

 

Questa riforma, tra le altre cose, ha eliminato anacronistiche - e nella maggior parte dei casi solo formali - restrizioni ai viaggi in altri paesi, come ad esempio il cosiddetto “permesso di uscita”, e in ultima analisi ha smascherato la frode mediatica internazionale introno al fenomeno migratorio, distruggendo il luogo comune del cubano che fugge dall'isola-prigione e, soprattutto, chiarendo definitivamente qual è la realtà dei fatti, cioè, qual è il governo che effettivamente impedisce i viaggi ai cubani e agli statunitensi, il ché ha evidenziato una politica nordamericana di ‘due pesi, due misure’ completamente taciuta dai grandi media internazionali che per anni hanno manipolato il tema dell'emigrazione cubana che ora, dopo i recenti fatti, potrebbe essere analizzato sotto quattro differenti prospettive.


 

PROSPETTIVA 1: DISSIDENTI PRIVILEGIATI


 

Bisogna ricordare in primo luogo che - pochi giorni dopo l'entrata in vigore della menzionata riforma - un gruppo molto ristretto di cubani ha intrapreso un lungo tour mondiale. Si tratta di un gruppo di cosiddetti “dissidenti”, i quali - spinti da un enorme sostegno della stampa internazionale - stanno mettendo in scena autentici spettacoli mediatici in ogni paese che visitano.

 

Yoani Sánchez parte per il suo viaggio

Tre casi sono emblematici. Il primo, il caso di Rosa Maria Payá, figlia del defunto Oswaldo Payá, che ha riempito le testate dei principali media internazionali accusando apertamente il governo cubano, con prove inconsistenti e quasi fantasiose, di essere il responsabile della morte di suo padre e chiedendo una cosiddetta ‘inchiesta indipendente’ che, di fatto, violerebbe la sovranità giudiziaria cubana.

 

Il secondo, il caso di delirante Berta Soler, portavoce della Damas de Blanco, la quale - giunta in Spagna - si è autonomamente elevata al rango di portavoce di tutto il popolo cubano, ha chiesto più pressione politica internazionale contro il suo paese e ha esaltato la prosperità della Cuba prima della Rivoluzione - la Cuba di Batista - che ha descritto come un “gioiello d'oro”.

 

Il terzo e più famoso è il caso della sedicente blogger e giornalista Yoani Sánchez, che ha intrapreso un tour mondiale di 80 giorni che sta lentamente distruggendo la sua immagine donna pacifica, mostrando al mondo i suoi legami con i proprietari dei media latinoamericani, l'estrema destra di Miami e lo stesso governo degli Stati Uniti.

 

Queste tre persone, con enormi privilegi politici inspiegabili disponibilità economiche per intraprendere viaggi che sarebbero impossibili non solo per i cubani ma per la maggior parte dei cittadini del mondo, sono l'emblema vivente dell'esistenza di un chiaro progetto politico internazionale di destabilizzazione del progetto rivoluzionario cubano.


 

PROSPETTIVA 2: LA‘LEY DE AJUSTE CUBANO’

E I ‘RIFUGIATI ECONOMICI’


 

Nel frattempo, quasi a sottolineare l’eccezionale privilegio di quei “dissidenti” che hanno potuto viaggiare all'estero solo ed esclusivamente grazie alla la solidarietà internazionale e al sostegno dei media, e cercando di preservare la costruzione mediatica del cubano che fugge, lo scorso 3 aprile, molti media internazionali hanno diffuso la notizia della defezione di sette membri del Balletto Nazionale di Cuba.

 

I ballerini e le ballerine disertori, che hanno raggiunto Miami dopo aver attraversato il confine tra Messico e Texas (USA), hanno chiesto asilo politico alle autorità statunitensi aggrappandosi alla Ley de Ajuste Cubano (in inglese Cuban Refugee Adjustmen Act), una normativa genocida che conferisce lo status di rifugiato politico, una serie infinita di benefici sociali e, dopo un anno e un giorno dall’arrivo, la residenza permanente a qualsiasi cubano che con qualsiasi mezzo riesca a calpestare suolo statunitense.

 

Una ballerina del gruppo, Annie Ruiz Díaz, ha raccontato al sito digitale Café fuerte le ragioni che l’hanno portata a tale decisione e ha detto: “È la decisione più difficile che ho preso in tutta la mia vita, però non bisogna pensare al passato, bensì al futuro. Siamo determinati a cercare una migliore vita artistica e benessere economico per le nostre famiglie”.

 

Cioè, la ballerina - richiedente lo status di rifugiata politica - ha dato una chiara dimostrazione di come l’aspetto economico della migrazione cubana, “cercare una migliore vita artistica e benessere economico” si dimentica sistematicamente e -grazie alla citata ‘Ley de Ajuste Cubano’- si trasforma il fenomeno migratorio cubano in un qualcosa di esclusivamente politico.

 

Articolo del quotidiano spagnolo ABC

sul caso dei due attori cubani

Vale la pena ricordare che non si tratta di un caso isolato. Ci sono molti altri casi di emigranti economici trasformati in emigranti politici, rifugiati o esiliati. Appena un anno fa, ad esempio, due giovani attori cubani, Anailín de la Rúa de la Torre e Javier Núñez Florián, si avvantaggiarono dei benefici di questa politica statunitense verso Cuba e chiesero asilo politico negli Stati Uniti dopo aver disertato la proiezione del loro film a New York. Queste furono le motivazioni che i due giovani sollevarono per giustificare il loro diritto di chiedere asilo. Anailín de la Rua disse: “Se sono qui (negli Stati Uniti) è per la mia famiglia, perché da qui li posso aiutare e posso dare alle mie sorelle tutto quello che a Cuba non possono avere [...] Alle mie sorelle piace vestirsi bene e quindi sono qui per loro [...] in modo che mia sorella possa avere delle fotografie per il suo quindicesimo compleanno. [...] La mia famiglia non ha i soldi per far fotografare mia sorella”. E Javier Nuñez Florián aggiunse: “La maggior parte dei giovani vuole lasciare Cuba. Lì non c’è futuro: ci sono molti ragazzi che non possono andare in discoteca”.


 

PROSPETTIVA 3: CUBANI BLOCCATI


 

Parallelamente - lo stesso 3 aprile - mentre persone in cerca di un futuro economico migliore in fuga dal comunismo erano ricevute a braccia aperte negli Stati Uniti, la blogger, giornalista e docente universitaria Elaine Diaz Rodriguez ha annunciato quanto segue sul suo account di Facebook: «Purtroppo, non potrò partecipare al Congresso LASA 2013 (Latin American Studies Association, ndr). La SINA (Sezione di Interessi degli Stati Uniti a L'Avana, ndr) mi ha negato il visto. Ringrazio LASA per aver accettato la mia richiesta di partecipazione "Decidere in rete: consenso e dissenso nella blogosfera cubana” e per la concessione di un finanziamento per viaggio. Considero umiliante il fatto di aver ricevuto una risposta impersonale che considera tutti i richiedenti “potenziali emigranti”.Ringrazio anche i governi di Brasile e Kenya per avermi permesso di partecipare a tre importanti eventi durante lo scorso anno. Mi auguro che il più importante congresso di Scienze Sociali del mondo, esca nuovamente dal territorio statunitense. Solo in questo modo si garantirà la partecipazione di tutti i cubani al LASA! E, infine, TUTTI i cubani ritornano a Cuba, fino a prova contraria! (e non viceversa)»

 

Queste parole, successivamente spiegate in un testo più lungo della stessa giornalista intitolato “Possibile emigrante”, riflettono le conseguenze dell’assurda legislazione migratoria statunitense nei confronti di Cuba che - in ultima analisi - ha il solo scopo di incoraggiare l'emigrazione illegale, il fenomeno dei ‘balseros’ e - di conseguenza - sostenere mediaticamente il luogo comune del cubano che scappa dal comunismo e dalla dittatura.

 

In questo senso, mentre la citata Ley de Ajuste Cubano ha concesso i benefici di cui sopra ai membri del Balletto Nazionale giunti illegalmente negli Stati Uniti, le autorità migratorie degli Stati Uniti - al tempo stesso - hanno negato il visto di ingresso a un cittadino cubano che voleva viaggiare negli Stati Uniti legalmente e in sicurezza, il che rappresenta una contraddizione in termini e l'esempio più evidente delle relazioni migratorie paradossali tra Stati Uniti e Cuba e la politica nordamericana ‘due pesi, due misure’.


 

PROSPETTIVA 4: STATUNITENSI COLPITI DALL' INTOLLERANZA FASCISTA DELLA MAFIA ANTICUBANA


 

 

Beyoncé e Jay-Z a L'Avana (Cubadebate)

Sempre questo fatidico 3 aprile, mentre emigranti economici chiedevano asilo politico e ad una intellettuale era negato un visto di ingresso, due cittadini americani camminavano per le strade di Cuba.

 

Si tratta della famosa cantante Beyoncé e di suo marito, il cantante e produttore Jay-Z. La coppia - che era a Cuba, come hanno annunciato diversi giornali digitali cubani, per festeggiare il loro anniversario di matrimonio - è stata accolta dagli habaneros con simpatia e amicizia.

 

Sarà stata forse questa accoglienza spontanea e l’atmosfera rilassata che ha accompagnato il viaggio della coppia - un qualcosa che si scontra fortemente con le immagini terribili della dittatura cubana vendute dai media statunitensi che parlano di un popolo schiavizzato e sottomesso - che ha scatenato l’ira della più intollerante e intransigente mafia anticubana di Miami, rappresentata dai congressisti Mario Diaz-Balart (figlio del Ministro degli Interni di Cuba durante la dittatura di Batista) e Ileana Ros-Lehtinen (figlia di un funzionario del regime di Batista e sostenitrice di terroristi e di azioni violente contro Cuba).

 

Díaz-Balart e Ros-Lehtinen, come annunciato da molti media internazionali, hanno inviato una lettera ad Adam J. Szubin, membro del Dipartimento del Tesoro, con la quale hanno chiesto spiegazioni sul tipo di autorizzazione che la coppia ha ottenuto per viaggiare a Cuba. La lettera fa riferimento al fatto che la dittatura cubana [...] supporta il terrorismo internazionale[...] e che l'industria del turismo sull'isola è controllata dal governo cubano e questo implica che i dollari americani lì spesi servono a finanziare direttamente la macchina dell’oppressione che reprime brutalmente il popolo cubano.
 

Naturalmente, il fatto che la coppia ha intrapreso un viaggio turistico a Cuba, in violazione delle assurde leggi migratorie statunitensi che li proibiscono, è solo un pretesto per esternare una intransigenza che si è già manifestata ripetute volte nel corso degli anni.
 

In quest'ultimo senso, basti pensare, ad esempio, alla campagna di odio e diffamazione che montò la mafia anticubana fascista a Miami, quando nel 2009 il cantante colombiano Juanes organizzò il concerto Pace senza frontiere a L'Avana, per rendersi conto del fatto che queste persone, giorno dopo giorno, cercano di isolare Cuba dal resto del mondo e non tollerano alcun gesto di riavvicinamento -economico, politico, sociale o culturale - con l'Isola e la sua gente.


 

CONCLUSIONE


 

Quel che appare evidente da tutto questo - usando senza ridicole speculazioni le parole della stessa blogger Yoani Sánchez - è che la questione della migrazione cubana è qualificabile esclusivamente come un assurdo migratorio.

 

Solamente come assurda è qualificabile una situazione in cui cittadini degli Stati Uniti rischiano di essere sanzionati dal proprio governo per aver viaggiare a Cuba, intellettuali dell’Isola non possono partecipare a conferenze accademiche negli Stati Uniti, emigranti evidentemente economici diventano rifugiati politici in fuga dal comunismo e dissidenti repressi e stigmatizzati da una terribile dittatura viaggiano liberamente e con tutti gli onori per vari angoli del mondo, inventando menzogne, lanciando gravissime accuse contro il proprio governo, riunendosi con chi -durante gli ultimi decenni- ha appoggiato e addirittura organizzato azioni terroristiche contro l’Isola e chiedendo ai governo stranieri misure contro Cuba, come l’inasprimento del blocco statunitense o della Posizione Comune dell’Unione Europea.

 

Tuttavia, in tutto questo caos migratorio, i media hanno preferito concentrare la loro attenzione sulla creazione di un nuova costruzione manipolativa - le storie dei delinquenti cubani che il regime castrista non lascia viaggiare - e hanno completamente taciuto la storia di Elaine Diaz e delle chissà quante migliaia di cubani che si vedranno negare un visto per entrare negli Stati Uniti sotto la giustificazione di ‘potenziale immigrato’.