La dedollarizzazione e il punto di non ritorno

Misión Verdad – Mauricio Metri*

Il sistema monetario internazionale ha già superato il punto di non ritorno verso un ordine monetario centrato su un’unica moneta nazionale di riferimento.

Il documento FEDS Notes del luglio 2025, intitolato «Il ruolo internazionale del dollaro: edizione 2025», elaborato dalla Federal Reserve, ha pubblicato dati aggiornati sull’indice di utilizzo delle principali valute nazionali convertibili. Questo indice tiene conto dei seguenti componenti: riserve valutarie dichiarate (25% del valore), volume delle transazioni in valuta estera (25%), emissione di debito in valuta estera (25%), prestiti internazionali (12,5%) e depositi internazionali (12,5%).

Secondo questo indice — mostrato nel grafico seguente — il dollaro si è mantenuto relativamente stabile per tutto il periodo compreso tra il 2000 e il 2024, oscillando tra 60 e 70. L’euro ha anch’esso fluttuato poco, tra 20 e 30, così come lo yen giapponese e la sterlina britannica, tra 5 e 10.

D’altra parte, il renminbi cinese (RMB) occupa soltanto il quinto posto nella gerarchia internazionale delle valute, con una crescita da 0 a 3 negli ultimi 15 anni. Inoltre, il valore dell’indice di utilizzo del dollaro è superiore alla somma di tutte le altre valute in qualsiasi anno del periodo analizzato.

Inoltre, secondo il documento della Federal Reserve sulla composizione dei portafogli delle banche centrali, nel 2024 il dollaro rappresentava il 58% delle riserve dichiarate, superando le altre valute convertibili, ossia: l’euro (20%), lo yen giapponese (6%), la sterlina britannica (5%) e il renminbi cinese (2%). Il documento segnala un aumento significativo della quota di oro nelle riserve ufficiali, più che raddoppiata nell’ultimo decennio. Tuttavia, attribuisce tale crescita principalmente all’aumento del valore di mercato del metallo — salito di oltre il 200% nello stesso periodo — mentre la quantità fisica detenuta nei caveau delle banche centrali è cresciuta solo del 10%.

È dunque sorprendente osservare l’isolamento e la stabilità della posizione del dollaro al vertice della gerarchia monetaria internazionale, soprattutto considerando che, in tutto questo periodo, gli USA hanno registrato deficit strutturali nella bilancia dei pagamenti, hanno visto crescere costantemente il debito pubblico in rapporto al PIL e hanno generato gravi crisi finanziarie globali, come la bolla di Internet nel 2001 e la Grande Recessione del 2008, entrambe originate nella loro stessa economia nazionale. Nonostante ciò, non si è verificata alcuna fuga dalle posizioni in dollari nel corso degli anni. Al contrario, i titoli del Tesoro USA hanno continuato a essere l’«attivo rifugio» del sistema, soprattutto nei momenti di maggiore incertezza e crisi.

Non sorprende, quindi, che basandosi su questi dati e fatti, il documento della Federal Reserve concluda che non esistono minacce significative per il dollaro come valuta di riferimento internazionale nella situazione attuale. Nemmeno l’uso generalizzato del dollaro come arma di guerra attraverso le sanzioni economiche e finanziarie contro diversi paesi, imprese e individui bersaglio della politica estera USA ne avrebbe compromesso la posizione, secondo il documento.

Neppure le valute digitali destano preoccupazione tra le autorità monetarie USA, poiché, in pratica, finiscono per rafforzare l’uso del dollaro: ad esempio, il 99% della capitalizzazione delle stablecoins si realizzano in dollari.

Quanto alla forte crescita economica della Cina, essa non viene considerata una minaccia. Secondo FEDS Notes: “Il renminbi non è liberamente convertibile, il conto capitale cinese non è aperto e la fiducia degli investitori nelle istituzioni del paese è relativamente bassa. Tutti questi fattori rendono il renminbi cinese poco attraente per gli investitori internazionali” (FED, 2025: 15).

In conclusione generale, il documento afferma: “In sintesi, salvo che si verifichino perturbazioni su larga scala e di lunga durata che pregiudichino il valore del dollaro USA come riserva di valore o mezzo di scambio e, contemporaneamente, rafforzino l’attrattiva delle alternative al dollaro, è probabile che il dollaro continui a essere la valuta internazionale dominante nel mondo nel futuro prevedibile” (FED, 2025: 15).

È interessante notare che, nel luglio 2025, anche la Banca Popolare Cinese ha pubblicato un documento tecnico sulla gerarchia monetaria internazionale, intitolato Libro bianco sull’internazionalizzazione del RMB della Banca di Cina, con l’obiettivo principale di valutare il processo di proiezione del renminbi (RMB) sulla base dell’evoluzione dei flussi transfrontalieri tra la Cina e i mercati esteri, dello sviluppo dei mercati offshore in RMB e del ruolo della moneta cinese nelle istituzioni internazionali multilaterali.

Secondo il documento, nel 2024 il totale delle transazioni transfrontaliere della Cina in RMB è aumentato del 22,5% rispetto all’anno precedente. Di queste, le liquidazioni in RMB nella bilancia dei pagamenti correnti sono cresciute del 15,7% e, nella bilancia dei capitali, del 24,9%. L’uso globale della valuta nel 2024 ha raggiunto il 4,2% dei pagamenti internazionali, il 5,5% del finanziamento commerciale, il 5% del commercio di valute e il 2,2% delle riserve valutarie. In termini comparativi, il RMB è stata la terza valuta più utilizzata nel finanziamento del commercio, la quarta nei pagamenti, la quinta nel mercato dei cambi e soltanto la settima come valuta di riserva.

Il rapporto sottolinea inoltre che le imprese cinesi hanno usato sempre più il RMB come valuta veicolare per gli investimenti diretti esteri (IDE). Per il 27,1% delle imprese, il RMB ha rappresentato almeno il 50% del loro IDE nel 2024, con un aumento di 2,2 punti percentuali rispetto al 2023. Per il 22,3% di esse, il RMB ha rappresentato almeno il 20% del suo IDE, con un aumento di 3,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente.

Pertanto, analogamente ai FEDS Notes di Washington, il Libro Bianco di Pechino mostra che la valuta cinese non ha ancora raggiunto una posizione significativa nell’attuale gerarchia monetaria internazionale. Tuttavia, ha conseguito tassi di crescita rilevanti in alcune attività, in parte dovuti a una base di calcolo iniziale ridotta. In ogni caso, il documento indica una prospettiva di maggiore internazionalizzazione del renminbi nel prossimo futuro.

Così, mentre il rapporto della Federal Reserve rafforza la centralità del dollaro nell’economia mondiale e segnala l’assenza di minacce concrete e potenziali, quello della Banca Popolare Cinese, pur non contraddicendo tali conclusioni, preferisce evidenziare la crescita recente della proiezione internazionale del renminbi, senza però mostrare un cambio significativo nella posizione della moneta cinese nella gerarchia internazionale.

Considerando questi dati e analisi, non è facile giungere a una conclusione diversa. Tuttavia, vi sono ragioni per ritenere che nessuno dei due rapporti abbia prestato la dovuta attenzione ai pilastri essenziali che determinano la gerarchia monetaria internazionale.

Forse perché concentrati principalmente sui dati di mercato e sulla logica degli agenti economici, i rapporti di Washington e Pechino non hanno colto a fondo le trasformazioni geopolitiche che il mondo sta vivendo. Sono infatti in corso diverse iniziative volte ad aggirare il sistema del dollaro, attraverso la costruzione di un’infrastruttura monetaria e finanziaria in punti sensibili della gerarchia globale, come: la creazione di spazi per la determinazione dei prezzi delle materie prime strategiche al di fuori del dollaro (in particolare il petrolio); l’istituzione di organizzazioni finanziarie multilaterali al di fuori del potere di veto di Washington, offrendo margini operativi in altre valute nazionali; e la costruzione di sistemi internazionali di pagamento e comunicazione interbancaria che aggirano il sistema SWIFT. Si tratta, dunque, di processi che le forze di mercato non colgono immediatamente, ma abbastanza solidi da esercitare una pressione strutturale sui pilastri del dollaro nell’attuale sistema internazionale.

Per quanto riguarda la fissazione dei prezzi dei prodotti strategici, dal 2018 la Borsa dei Futures di Shanghai negozia contratti futures di petrolio e altre materie prime in yuan, creando così uno spazio al di fuori del dominio del dollaro USA. Ad esempio, dato che la Cina è il maggiore consumatore mondiale di metalli industriali, ma gran parte di questo commercio avviene in dollari, nel maggio di quest’anno la Borsa dei Futures di Shanghai ha intrapreso una maggiore apertura per favorire il posizionamento del renminbi al centro di questi contratti a scapito del dollaro. Inoltre, Pechino si sta già preparando ad aprire il proprio mercato obbligazionario nazionale alle principali aziende energetiche russe, Gazprom, Gazprom Neft e Rosatom. Per queste aziende, “l’emissione di obbligazioni in Cina permetterà di ottenere finanziamenti a tassi più convenienti in yuan, cosa importante in un contesto caratterizzato dall’alto costo dei prestiti in Russia e dal divieto di prestiti esteri”.

Per quanto riguarda i sistemi di comunicazione interbancaria al di fuori del dominio del dollaro, ce ne sono almeno tre in funzione, in varie fasi di sviluppo. C’è il sistema di messaggistica finanziaria della Russia (SPFS), che riesce a eludere il sistema SWIFT. Il recente successo di questo sistema ha spinto Francia e Germania a proporre nuove sanzioni ancora più dure contro le banche estere che mantengono rapporti commerciali con Mosca tramite il sistema russo.

Allo stesso modo, l’India ha già sviluppato il proprio sistema strutturato di messaggistica finanziaria (SFMS), così come la Cina, che ha creato la propria rete di pagamenti internazionali, il Sistema di Pagamenti Interbancari Transfrontalieri (CIPS). Per dare un’idea, “il volume annuo attraverso il Sistema di Pagamenti Interbancari Transfrontalieri (CIPS) ha raggiunto circa 175 trilioni di yuan (24 miliardi di dollari) nel 2024, con un tasso di crescita annuo superiore al 40%, secondo i dati ufficiali”.

In un articolo recente, del 27 luglio 2025, la CNBC ha analizzato il rapporto tra petrolio e sistemi di pagamento non denominati in dollari. “Per anni la Cina ha acquistato petrolio iraniano in grandi quantità a prezzo scontato, e le sanzioni USA contro Teheran hanno avuto poco effetto su questo commercio, secondo gli analisti, grazie a una catena di approvvigionamento parallela e a un sistema di pagamento denominato in yuan che elude il dollaro USA”. Così, queste iniziative hanno indebolito il potere del dollaro come strumento di sanzioni, ponendo al contempo le basi per un’infrastruttura monetaria e finanziaria al di fuori del suo territorio.

Nel campo delle istituzioni finanziarie internazionali, la grande notizia di quest’anno è stata la decisione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS), nella sua summit tenutosi a Tianjin (Cina), di proseguire nella creazione del proprio banco di sviluppo. Oltre a creare una nuova fonte di finanziamento internazionale in valute diverse dal dollaro, l’obiettivo del nuovo banco sarà eludere Euroclear e Clearstream nei processi di garanzia di liquidazione (trasferimento finale di asset e denaro) e custodia (custodia di asset) di valori nella regione e nel mondo. In altre parole, l’intento è creare un’infrastruttura finanziaria per la liquidazione, la custodia e la gestione di asset in transazioni transfrontaliere e nazionali che coinvolgano valori, azioni, derivati e fondi al di fuori del dominio del dollaro. Questo nuovo banco permetterà, ad esempio, alle imprese e alle banche russe di reinvestire in asset esteri senza rischio di confisca o congelamento, e agli investitori stranieri di investire in Russia senza affrontare minacce.

Pertanto, non è difficile vedere che sono già in corso iniziative, in varie fasi di consolidamento, per riconfigurare la geografia monetaria internazionale. Queste si concentrano su punti sensibili nella gerarchia del sistema. Si tratta di fatti concreti della situazione più recente riguardante la creazione di un’infrastruttura monetaria e finanziaria volta principalmente a eludere il dominio del dollaro, realizzata da Stati in grado di difendersi da veto e ritorsioni.

Va tenuto presente che si tratta di reazioni al dominio del dollaro, legate ai vantaggi di cui gli USA hanno goduto negli ultimi tre decenni in termini di: una capacità sproporzionata di mantenere una struttura militare globale e una storia di guerre ininterrotte, da un lato; e l’uso generalizzato di sanzioni economiche contro gli obiettivi della loro politica estera, dall’altro.

Non è difficile vedere che questa reazione alla “violenza del dollaro” procede di pari passo con le tensioni e la pressione competitiva tra le grandi potenze del sistema internazionale, segnate da rivalità intensificate in tutti i campi strategici della disputa geopolitica più ampia. Pertanto, nel breve termine, dato che non vi sono segnali di un rallentamento di queste rivalità tra grandi potenze, né indizi che una delle parti possa imporsi unilateralmente, persisterà la volontà di affrontare la violenza del dollaro costruendo una geografia monetaria internazionale meno gerarchica. In questo senso, si sostiene che il mondo abbia già superato il punto di non ritorno nella transizione verso un ordine unilaterale centrato sul dollaro, evolvendo verso altre configurazioni, molto probabilmente la formazione di blocchi monetari, come già avvenuto in diversi momenti della storia.

Per quanto riguarda la velocità di queste trasformazioni, si osserva che quando si innescano pressioni che incrinano la gerarchia monetaria internazionale, non necessariamente si tratta di processi lunghi dominati da forze inerziali, come si tende a supporre.

Dopo la II Guerra Mondiale, ad esempio, sia i vincitori che i vinti hanno risolto i loro conflitti in dollari: i primi attraverso il meccanismo di prestito e affitto (1941-45), i secondi attraverso le riparazioni di guerra previste dai trattati di pace. A questo si aggiunsero gli Accordi di Bretton Woods del 1944, che stabilirono il dollaro come centro del nuovo sistema in costruzione. In quell’epoca, benché poco discusso nella letteratura specializzata, l’imposizione del dollaro avvenne in maniera diretta e senza vincoli. Come affermò il rappresentante britannico a Bretton Woods, il celebre economista John Maynard Keynes:

“Abbiamo tutti dovuto firmare, ovviamente, prima di aver avuto l’opportunità di leggere una copia pulita e consecutiva del documento (…). L’unica cosa che avevamo visto era la linea tratteggiata. La nostra unica scusa è sapere che i nostri ospiti avevano predisposto gli ultimi preparativi per mandarci via dall’hotel, senza alloggio, delusi e senza anelli, entro poche ore”

(Steil, Benn. La battaglia di Bretton Woods: John Maynard Keynes, Harry Dexter White e la creazione di un nuovo ordine mondiale. Princeton University Press, New Jersey, 2013, p. 251).

Tuttavia, in soli due anni, con lo scoppio della Guerra Fredda nel 1947, si stabilì una geografia monetaria caratterizzata dalla bipolarità globale: da una parte il dominio del dollaro, dall’altra quello del rublo. Questa geografia monetaria rifletteva fedelmente le caratteristiche del nuovo ordine mondiale militare, politico e ideologico in emersione. La bipolarità monetaria che caratterizzò le prime decadi della Guerra Fredda cambiò solo nel 1971, a seguito della diplomazia triangolare del 1969, quando, nel giro di due anni, Cina e URSS si riaggregarono al dominio del dollaro, stabilendo solo allora la globalizzazione effettiva della valuta statunitense (Metri, M. Storia e diplomazia monetaria. Editorial Dialética, Rio de Janeiro, 2023, capitoli 8 e 9).

In conclusione, contrariamente alle conclusioni del rapporto della Federal Reserve, si comprende che il sistema monetario internazionale ha già superato il punto di non ritorno verso un ordine monetario internazionale centrato su una sola valuta nazionale di riferimento. Il processo di ridisegno della geografia monetaria non sarà necessariamente lento come spesso suppongono gli analisti economici e come suggeriscono i dati di mercato. Come è avvenuto nel corso della storia, la disputa tra le grandi potenze determinerà sia la direzione sia la velocità degli avvenimenti nel campo monetario. Come disse una volta l’ex presidente argentina Cristina Kirchner (2007-15), in maniera precisa, concisa e diretta: “È geopolitica, stupido”.

*Mauricio Metri è professore associato presso l’Istituto di Relazioni Internazionali e Difesa dell’Università Federale di Rio de Janeiro (UFRJ), Brasile, e presso il Programma di Post-laurea in Economia Politica Internazionale (UFRJ). È dottore di ricerca, master e laureato in Economia.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Strategic Culture il 26 settembre 2025 ed è stato tradotto per Misión Verdad da Spoiler.


La desdolarización y el punto de no retorno

Mauricio Metri

El sistema monetario internacional ya ha superado el punto de no retorno hacia un orden monetario centrado en una única moneda nacional de referencia.

El documento FEDS Notes de julio de 2025, titulado “El papel internacional del dólar: edición 2025“, elaborado por la Reserva Federal, publicó datos actualizados sobre el índice de uso de las principales monedas nacionales convertibles. Tiene en cuenta los siguientes componentes: reservas de divisas divulgadas (25% del valor), volumen de transacciones en divisas (25%), emisión de deuda en moneda extranjera (25%), préstamos internacionales (12,5%) y depósitos internacionales (12,5%).

Según este índice, que se muestra en el gráfico siguiente, el dólar se ha mantenido relativamente estable durante todo el período comprendido entre 2000 y 2024, oscilando entre 60 y 70. El euro también ha fluctuado poco, entre 20 y 30, al igual que el yen japonés y la libra esterlina, entre 5 y 10. Por otro lado, el renminbi chino (RMB) ocupa solo el quinto lugar en la jerarquía internacional de divisas, con un crecimiento de 0 a 3 en los últimos 15 años. Además, el valor del índice de uso del dólar es superior a la suma de las demás divisas en cualquier año del período analizado.

Además, según el documento de la Reserva Federal sobre la participación en las carteras de los bancos centrales, en 2024 el dólar representaba el 58% de las reservas declaradas, superando a otras monedas convertibles, a saber: el euro (20%), el yen japonés (6%), la libra esterlina (5%) y el renminbi chino (2%). El documento señala un aumento significativo de la proporción de oro en las reservas oficiales, que se ha más que duplicado en la última década. Sin embargo, considera que esto se debió principalmente al aumento del valor de mercado del metal, que se incrementó en más de un 200% durante ese periodo, mientras que su cantidad física en las cámaras acorazadas de los bancos centrales solo aumentó un 10%

Por lo tanto, resulta sorprendente observar el aislamiento y la estabilidad de la posición del dólar en la cima de la jerarquía monetaria internacional, especialmente si se tiene en cuenta que, a lo largo de este período, Estados Unidos ha incurrido en déficits estructurales en su cuenta corriente de la balanza de pagos, ha producido un crecimiento constante de su deuda pública como porcentaje del PIB y ha sometido al mundo a graves crisis financieras, como la crisis de Internet en 2001 y la Gran Recesión de 2008, cuyos epicentros fueron su propia economía nacional.

A pesar de ello, no se ha producido una huida de las posiciones en dólares a lo largo de los años. Por el contrario, los títulos de deuda pública estadounidense han seguido siendo el activo refugio del sistema, especialmente en momentos de gran incertidumbre y crisis.

No es de extrañar, basándose en estos datos y hechos, que el documento de la Reserva Federal concluyera que no existen amenazas significativas para el dólar como moneda de referencia internacional en la situación actual. Ni siquiera el uso generalizado del dólar como arma de guerra a través de sanciones económicas y financieras a diferentes países, empresas y personas objetivo de su política exterior ha comprometido su posición, según el documento.

Las monedas digitales tampoco son motivo de preocupación para las autoridades monetarias estadounidenses, ya que, en la práctica, terminan reforzando el uso del dólar, dado que, por ejemplo, el 99% de las capitalizaciones de las monedas estables se realizan en dólares.

En cuanto al importante crecimiento económico de China, tampoco se considera una amenaza. Según FEDS Notes, “el renminbi no es libremente convertible, la cuenta de capital china no está abierta y la confianza de los inversores en las instituciones del país es relativamente baja. Todos estos factores hacen que el renminbi chino resulte relativamente poco atractivo para los inversores internacionales” (FED, 2025: 15).

Por lo tanto, como conclusión general, el documento afirma que: “En resumen, salvo que se produzcan perturbaciones a gran escala y duraderas que perjudiquen el valor del dólar estadounidense como reserva de valor o medio de intercambio y, al mismo tiempo, refuercen el atractivo de las alternativas al dólar, es probable que el dólar siga siendo la moneda internacional dominante en el mundo en el futuro previsible” (FED, 2025: 15).

Es interesante señalar que, en julio de 2025, el Banco Popular de China también publicó un documento técnico sobre la jerarquía monetaria internacional, titulado Libro Blanco sobre la internacionalización del RMB del Banco de China, cuyo objetivo principal es evaluar el proceso de proyección del renminbi (RMB) basándose en: la evolución de los flujos transfronterizos entre China y los mercados extranjeros; el desarrollo de los mercados extraterritoriales en RMB; y el papel de la moneda china en las instituciones internacionales multilaterales.

Según el documento, en 2024, el total de liquidaciones transfronterizas de China en RMB aumentó un 22,5% con respecto al año anterior. Entre ellas, las liquidaciones en RMB en la cuenta corriente crecieron un 15,7% y, en la cuenta de capital, un 24,9%. El uso global de dicha moneda en 2024 alcanzó el 4,2% de los pagos internacionales, el 5,5% de la financiación del comercio, el 5% del comercio de divisas y el 2,2% de las reservas de divisas. Según el documento, en términos comparativos, el RMB fue la tercera moneda más utilizada en la financiación del comercio, la cuarta más utilizada para los pagos, la quinta más utilizada en el comercio de divisas y solo la séptima más utilizada como moneda de reserva.

El informe también destaca que las empresas chinas han utilizado cada vez más el RMB como moneda vehicular para la inversión extranjera directa (IED). Para el 27,1% de las empresas, el RMB representó al menos el 50% de su IED en 2024, lo que supone un aumento de 2,2 puntos porcentuales en comparación con 2023. Para el 22,3% de ellas, el RMB representó al menos el 20% de su IED, lo que supone un aumento de 3,1 puntos porcentuales con respecto al año anterior.

Por lo tanto, al igual que los FEDS Notes de Washington, el Libro Blanco de Beijing muestra en última instancia que la moneda china aún no ha alcanzado una posición significativa en la jerarquía internacional actual. Sin embargo, ha logrado tasas de crecimiento sustanciales en su uso en determinadas actividades, en parte debido a una base de cálculo inicial reducida. En cualquier caso, el documento apunta a una mayor internacionalización del renminbi en un futuro próximo.

Así pues, mientras que el informe de la Reserva Federal refuerza la centralidad del dólar en la economía mundial y señala la ausencia de amenazas concretas y potenciales, el informe del Banco Popular de China, aunque no contradice estas conclusiones, prefiere destacar el reciente crecimiento de la internacionalización del renminbi, sin mostrar, sin embargo, un cambio más significativo en la posición de su moneda nacional en la jerarquía monetaria internacional.

Teniendo en cuenta estos datos y análisis, no es fácil llegar a una conclusión diferente. Sin embargo, hay razones para creer que ninguno de los dos informes prestó la debida atención a los pilares más esenciales para determinar la jerarquía monetaria internacional.

Quizá debido a que se centran sobre todo en los datos del mercado y la lógica de los agentes económicos, los informes de Washington y Beijing no prestaron la debida atención a las transformaciones geopolíticas que está experimentando el mundo. Se están llevando a cabo diversas iniciativas para eludir el sistema del dólar, mediante la construcción de una infraestructura monetaria y financiera en puntos sensibles para la jerarquía del sistema, tales como: la creación de espacios para la fijación de precios de materias primas estratégicas al margen del dólar (especialmente el petróleo); el establecimiento de organizaciones financieras multilaterales fuera del poder de veto de Washington, lo que proporciona un espacio para operar con otras monedas nacionales; y la construcción de sistemas internacionales de pago y comunicación interbancaria que eluden el sistema SWIFT.  Se trata, por tanto, de procesos cuya dinámica no captan inmediatamente las fuerzas del mercado, pero que son lo suficientemente fuertes como para ejercer una presión estructural sobre los pilares del dólar en el sistema internacional contemporáneo.

En cuanto a la fijación de precios de los productos estratégicos, desde 2018, la Bolsa de Futuros de Shanghái negocia contratos de futuros de petróleo y otras materias primas en yuanes, creando así un espacio fuera del territorio del dólar estadounidense. Por ejemplo, dado que China es el mayor consumidor mundial de metales industriales, pero gran parte de este comercio se realiza en dólares, la Bolsa de Futuros de Shanghái, en mayo de este año, emprendió una mayor apertura para promover la colocación del renminbi en el centro de estos contratos en detrimento del dólar. Por otra parte, Beijing ya se está preparando para abrir su mercado de bonos nacionales a las principales empresas energéticas rusas Gazprom, Gazprom Neft y Rosatom. Para estas empresas, “la colocación de bonos en China permitirá obtener fondos a tipos más asequibles en yuanes, lo que es importante en un contexto de alto coste de los préstamos en Rusia y de prohibición de los préstamos extranjeros”.

En cuanto a los sistemas de comunicación interbancaria fuera del territorio del dólar, hay al menos tres en funcionamiento, en distintas fases de desarrollo. Está el sistema de mensajería financiera de Rusia (SPFS), que consigue eludir el sistema SWIFT. Su reciente éxito ha llevado a Francia y Alemania a impulsar nuevas sanciones aún más duras contra los bancos extranjeros que mantienen relaciones comerciales con Moscú a través del sistema ruso.

Del mismo modo, la India ya ha desarrollado su sistema estructurado de mensajería financiera (SFMS), al igual que los chinos, que han creado su propia red de pagos internacionales, el Sistema de Pagos Interbancarios Transfronterizos (CIPS). Para que se haga una idea, “el volumen anual a través del Sistema de Pagos Interbancarios Transfronterizos (CIPS) alcanzó alrededor de 175 billones de yuanes (24.000 millones de dólares) en 2024, lo que supone una tasa de crecimiento interanual superior al 40%, según sus propios datos”.

En un artículo reciente con fecha del 27 de julio de 2025, la CNBC analizó la interfaz entre el petróleo y los sistemas de pago no denominados en dólares. “Durante años, China ha estado comprando petróleo iraní a granel con descuento, y las sanciones de Estados Unidos a Teherán han tenido poco efecto en este comercio, según los analistas, gracias a una cadena de suministro de transbordo paralela y a un sistema de pago denominado en yuanes que elude el dólar estadounidense”. Así, estas iniciativas han debilitado el poder del dólar como instrumento de sanciones, al tiempo que han sentado las bases para una infraestructura monetaria y financiera que elude su territorio.

En el ámbito de las instituciones financieras internacionales, la gran noticia de este año fue la decisión de la Organización de Cooperación de Shanghái (OCS), en su cumbre celebrada en Tianjin (China), de seguir adelante con la creación de su propio banco de desarrollo. Además de crear una nueva fuente de financiación internacional en monedas distintas al dólar, el objetivo del nuevo banco será eludir a Euroclear y Clearstream en los procesos de garantía de liquidación (transferencia final de activos y dinero) y custodia (guardianía de activos) de valores en la región y en todo el mundo. En otras palabras, la intención es crear una infraestructura financiera para la liquidación, la custodia y la gestión de activos en casos de transacciones transfronterizas y nacionales que impliquen valores, acciones, derivados y fondos fuera del territorio del dólar. Este nuevo banco permitirá, por ejemplo, que las empresas y los bancos rusos vuelvan a invertir en activos extranjeros sin riesgo de confiscación y congelación, y que los extranjeros inviertan en Rusia sin enfrentarse a amenazas.

Por lo que, no es difícil ver que ya se están llevando a cabo iniciativas, en diversas fases de consolidación, para reconfigurar la geografía monetaria internacional. Estas se centran en puntos sensibles dentro de la jerarquía del sistema. Son hechos concretos de la situación más reciente en relación con la creación de una infraestructura monetaria y financiera, con el objetivo principal de eludir el territorio del dólar, implementada por Estados con capacidad para defenderse de los vetos y las represalias.

Hay que tener en cuenta que se trata de reacciones al dominio del dólar, vinculadas a las ventajas de que ha disfrutado Estados Unidos durante las últimas tres décadas en términos de: una capacidad desproporcionada para mantener una estructura militar global y una historia de guerras ininterrumpidas, por un lado; y el uso generalizado de sanciones económicas contra los objetivos de su política exterior, por otro.

No es difícil ver que esta reacción a la violencia del dólar va de la mano con las tensiones y la presión competitiva entre las principales potencias del sistema internacional, marcadas por rivalidades intensificadas en todos los campos estratégicos de la disputa geopolítica más amplia. Por lo tanto, a corto plazo, dado que no hay nada que indique una desaceleración o ralentización de estas rivalidades entre las grandes potencias, ni tampoco hay indicios de que una de las partes pueda imponerse unilateralmente, seguirá existiendo la voluntad de hacer frente a la violencia del dólar mediante la construcción de una geografía monetaria internacional menos jerárquica. En este sentido, se argumenta que el mundo ya ha superado el punto de no retorno en la transición hacia un orden unilateral centrado en el dólar, avanzando hacia otras configuraciones, muy probablemente la formación de bloques monetarios, como ha ocurrido en diferentes momentos de la historia.

En cuanto a la velocidad de estas transformaciones, señala que cuando se desencadenan presiones que tensan la jerarquía monetaria internacional, no implican necesariamente procesos prolongados llenos de fuerzas inerciales, como se suele suponer.

Después de la Segunda Guerra Mundial, por ejemplo, tanto los vencedores resolvieron sus conflictos en dólares, a través del mecanismo de préstamo y arriendo (1941-45), como los vencidos, a través de las reparaciones de guerra establecidas en los tratados de paz. A esto se sumaron los Acuerdos de Bretton Woods de 1944, que establecieron el dólar como centro del nuevo sistema en construcción. En aquel momento, aunque poco comentado en la literatura especializada, la imposición del dólar se produjo de forma directa y sin restricciones. Según el representante británico en Bretton Woods, el famoso economista John Maynard Keynes:

“Todos nosotros tuvimos que firmar, por supuesto, antes de haber tenido la oportunidad de leer una copia limpia y consecutiva del documento (…). Lo único que habíamos visto era la línea punteada. Nuestra única excusa es saber que nuestros anfitriones habían hecho los preparativos finales para echarnos del hotel, sin alojamiento, decepcionados y sin anillos, en pocas horas” (Steil, Benn. La batalla de Bretton Woods: John Maynard Keynes, Harry Dexter White y la creación de un nuevo orden mundial. Princeton University Press. Nueva Jersey, 2013, p. 251).

 

Sin embargo, en solo dos años, con el estallido de la Guerra Fría en 1947, se estableció una geografía monetaria marcada por la bipolaridad global, con el territorio del dólar, por un lado, y el territorio del rublo, por el otro. Esta geografía monetaria reflejaba fielmente las características del nuevo orden mundial militar, político e ideológico que estaba surgiendo. La bipolaridad monetaria que caracterizó las primeras décadas de la Guerra Fría solo cambió en 1971, como resultado de la diplomacia triangular de 1969, cuando, en el plazo de dos años, China y la URSS se reincorporaron al territorio del dólar, estableciendo, solo entonces, la globalización efectiva de la moneda estadounidense (Metri, M. Historia y diplomacia monetaria. Editorial Dialética. Río de Janeiro, 2023, capítulos 8 y 9).

Por lo tanto, concluyendo el argumento de la sugerencia, a diferencia de las conclusiones del informe de la Reserva Federal, se entiende que el sistema monetario internacional ya ha superado el punto de no retorno hacia un orden monetario internacional centrado en una única moneda nacional de referencia. El proceso de rediseño de la geografía monetaria no será necesariamente tan lento como suelen suponer los analistas económicos y sugieren los datos del mercado. Como ha ocurrido a lo largo de la historia, la disputa entre las grandes potencias determinará tanto la dirección como la velocidad de los acontecimientos en el ámbito monetario. Como dijo una vez la expresidenta de Argentina, Cristina Kirchner (2007-15), de forma precisa, sucinta y algo tajante: “Es geopolítica, estúpido”.

Mauricio Metri es profesor asociado del Instituto de Relaciones Internacionales y Defensa de la Universidad Federal de Río de Janeiro (UFRJ), Brasil, y del Programa de Posgrado en Economía Política Internacional (UFRJ). Doctor, máster y licenciado en Economía.

Este artículo fue publicado originalmente en Strategic Culture el 26 de septiembre de 2025 y fue traducido para Misión Verdad por Spoiler.

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