Il discorso politico del Che: appunti sulla sua validità e attualità etica

Nota per Cubadebate:

“La storia di Cuba, dal 1959 ad oggi, dimostra che sia nei momenti critici che in quelli cosiddetti “normali” del processo rivoluzionario, le parole opportune, sincere, critiche e autocritiche dei leader possono arrivare ad avere una tale “forza materiale” da essere in grado di motivare, unire e generare modelli di comportamento nel popolo, spiegabili solo sul piano soggettivo in virtù dell’autorità e della fiducia politica conquistate da questi ultimi con l’esempio e la coerenza tra ciò che dicono e fanno, ciò che annunciano e realizzano”.

“…il discorso politico rivoluzionario deve fare in modo che le realtà esposte siano verificabili da tutti coloro a cui è rivolto. Procedere con questa onestà non solo rafforza la fiducia politica nel leader rivoluzionario che parla, ma anche la sua autorità morale e moltiplica la credibilità della causa che egli rappresenta”.

Questi brani, tratti dall’articolo “Il discorso politico del Che. Appunti sulla sua validità e attualità”, costituiscono un necessario richiamo a due paradigmi della comunicazione politica nel contesto della Rivoluzione Cubana al potere: Fidel e il Che. Allo stesso tempo, illustrano come essi abbiano onorato il legame indissolubile tra la credibilità della comunicazione politica nel contesto di una/o LA Rivoluzione (e la storia di vita degli attori dell’atto comunicativo). Il presente e il futuro del difficile e inedito cammino cubano verso il socialismo richiederanno sempre più questa sintesi.

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“(…) uomo integro in tutto e per tutto,
uomo di estrema onestà,
di assoluta sincerità”

Fidel Castro sul Che.

Sono passati esattamente 58 anni dall’ultimo combattimento militare del Che, combattuto nella Quebrada del Yuro, in territorio boliviano. Il noto esito lo trasformò immediatamente in un precursore contemporaneo delle lotte per la seconda e vera indipendenza dell’America Nostra. Così, contrariamente a quanto previsto dai suoi assassini, la sua figura è emersa come un simbolo impossibile da mettere a tacere, tra le altre ragioni essenziali, per il valore intramontabile dei suoi contributi nel campo delle idee politiche e dell’etica rivoluzionaria.

Per questo motivo è urgente socializzare maggiormente e meglio le sue concezioni teoriche e le sue pratiche politiche, in entrambi i casi condensate in un’appassionante biografia che ispira il suo studio, fin da quando si conosce la precocità intellettuale del Che quando era appena un adolescente, o quando si entra in contatto con la temerarietà e la franchezza che gli riconoscono gli amici di gioventù, o quando ci avviciniamo al modo in cui ha unito una vasta cultura con l’esame critico delle sue esperienze pratiche, in campi come la medicina e la politica, la filosofia e la letteratura, la guerra rivoluzionaria e la diplomazia, la gestione del governo e la direzione politica. Quanto detto vale per Cuba e per il campo rivoluzionario internazionale.

Nel campo rivoluzionario e progressista del mondo continua ad essere percepito con enorme ammirazione e rispetto, ma si ignora la profondità dei suoi contributi alla teoria e alla pratica rivoluzionarie, a partire dalla rigorosa applicazione che fece del metodo storico e dialettico di Marx.

A Cuba, un motivo in più moltiplica la necessità di studiarlo. Essa risiede nell’importanza di comprendere, in tutta la sua portata, la validità e l’attualità dei suoi contributi all’inedito processo di costruzione del socialismo in questa parte dell’isola caraibica. È ciò che viene sommariamente illustrato di seguito attraverso una questione chiave, soprattutto per una rivoluzione al potere: il contenuto etico del discorso politico.

L’argomento richiede queste tre precisazioni:

  1. Socializzare implica la necessità di sviluppare uno sforzo più profondo rispetto al semplice informare sulla sua vita e opera. Sottolinea che è fondamentale comprendere e interiorizzare appieno i suoi approcci su come costruire un socialismo in grado di raggiungere un elevato progresso materiale, ma anche e contemporaneamente la formazione di una nuova società. Vale a dire, trasformatrice; caratterizzata da una partecipazione sempre maggiore del popolo al processo decisionale, a tutti i livelli del sistema politico; più consapevole, solidale e colta; con un maggiore senso di corresponsabilità di ciascuno dei suoi membri nei confronti del presente e del futuro dell’opera collettiva; caratterizzata da una correlazione meno egoistica tra l’“io” e il “noi”; e radicalmente intransigente, tra le altre esigenze, di fronte a qualsiasi deviazione in materia di principi e di rispetto della verità dei fatti.
  2. La storia di Cuba, dal 1959 ad oggi, dimostra che sia nei momenti critici che in quelli cosiddetti “normali” del processo rivoluzionario, la parola opportuna, sincera, critica e autocritica dei leader può arrivare ad avere una tale “forza materiale” da essere in grado di motivare, coesionare e generare modelli di comportamento nel popolo, spiegabili solo sul piano soggettivo in virtù dell’autorità e della fiducia politica conquistate da questi ultimi con l’esempio e la coerenza tra ciò che dicono e fanno, ciò che annunciano e realizzano.
  3. Il modo in cui il Che esponeva le realtà della giovane Rivoluzione, sia ai suoi protagonisti interni che a quelli esterni, permette di illustrare come l’attaccamento alla verità possa essere praticato con la crudezza dei fatti, ma anche con una visione del futuro.

Due azioni di comunicazione politica confermano quanto espresso: un discorso rivolto ai giovani stranieri, pronunciato il 28 luglio 1960, quando il suo pensiero politico era in pieno sviluppo. E una lettera personale a Fidel, datata 26 marzo 1965, nel pieno della sua maturità politica, quando era già un leader rivoluzionario di altissimo prestigio nazionale e internazionale. Per ragioni di spazio, l’attenzione sarà concentrata sul discorso del 28 luglio.

(2)

Il 28 luglio 1960 Che Guevara inaugura il Primo Congresso Latinoamericano della Gioventù. L’evento si svolge in uno dei momenti più tesi del confronto tra Cuba e gli Stati Uniti. Questi ultimi moltiplicano ogni giorno le pressioni economiche e diplomatiche e incoraggiano le più disparate aggressioni contro la Rivoluzione. La massima dirigenza della rivoluzione, con Fidel alla guida, applica la politica martiana del “piano contro piano”, partendo da questa nota premessa: risposta ferma a ogni aggressione.

Il 6 agosto il leader storico della rivoluzione chiude il Congresso. Quel giorno annuncia che gli Stati Uniti perdono le loro principali proprietà in territorio cubano. Queste vengono nazionalizzate con un atto legittimo e sovrano.

È in questo contesto di radicalizzazione rivoluzionaria che parla il Che. Egli sa che i delegati e gli invitati sono arrivati con molti dubbi, interrogativi e persino critiche sulla direzione della Rivoluzione. Lo ammette come un fatto naturale e da lì argomenta, con serena naturalezza, i suoi punti di vista.

All’inizio afferma: “…le braccia di tutta Cuba sono aperte per accogliervi e per mostrarvi ciò che c’è di buono e ciò che c’è di cattivo, ciò che è stato realizzato e ciò che resta da realizzare, il percorso compiuto e quello che resta da compiere…”. Si può dedurre che con questa “introduzione”, coloro che si aspettavano un intervento apologetico e di carattere pubblicitario devono essere rimasti, come minimo, sorpresi.

Subito dopo ricorre a questo espediente ricorrente nei discorsi di Fidel e nei suoi, quello delle domande di interesse per gli interlocutori: “Che cos’è la Rivoluzione cubana? Qual è la sua ideologia? E subito sorgerà la domanda che, in questi casi, viene sempre posta dai sostenitori o dai detrattori: la Rivoluzione cubana è comunista?”.

Conosce il carattere controverso di quest’ultima domanda. Come la affronta, sapendo che quello sarebbe stato, a un certo punto, il corso politico e ideologico della Rivoluzione? Risponde così, con un’argomentazione che potrebbe figurare come paradigma per la diplomazia e i dialoghi politici di alto livello: “… se mi chiedessero se questa Rivoluzione che avete davanti agli occhi è una rivoluzione comunista, dopo le consuete spiegazioni per capire cos’è il comunismo e lasciando da parte le accuse trite e ritrite dell’imperialismo e dei poteri coloniali, che confondono tutto, arriveremmo alla conclusione che questa Rivoluzione, se fosse marxista – e ascoltate bene quando dico marxista –, lo sarebbe perché ha scoperto anche, con i suoi metodi, le vie indicate da Marx”. Questa risposta è tra quelle che non richiedono alcun commento.

Di seguito, espone esempi che dimostrano l’interazione inseparabile tra politica interna e politica estera; dimostra come la Rivoluzione si sviluppi e trionfi attraverso un apprendimento reciproco permanente tra l’avanguardia rivoluzionaria e il popolo, che si trasforma progressivamente in garante sempre più consapevole di essa; e insiste con marcata intenzionalità sul fatto che la direzione della Rivoluzione ha adottato le misure di cui il popolo aveva bisogno e che chiedeva, senza pensare agli attacchi esterni dell’imperialismo, né alle resistenze interne dei suoi alleati.

Sottolinea, come questione di principio, che la Rivoluzione Cubana non accetterà mai di umiliarsi davanti a nulla e a nessuno. E di fronte alla serie di pressioni affinché Cuba interrompesse le relazioni con l’URSS e altri paesi socialisti dell’epoca che le avevano fornito sostegno materiale e politico, e di fronte alle raccomandazioni di adottare misure “moderate” per evitare reazioni ostili da parte dell’Impero e dei suoi alleati, risponde così: “E noi eravamo disposti, insieme al nostro popolo, a sopportare fino alle ultime conseguenze della nostra ribellione”.

In virtù del diritto conferito dalla comprovata capacità della Rivoluzione Cubana di resistere e vincere, il Che arriva al tema che dà senso a questi appunti: il principio etico di parlare chiaramente e in base alla verità.

Lo esprime così: “Quando la Rivoluzione Cubana parla, può sbagliare, ma non dice mai una bugia. La Rivoluzione Cubana esprime in ogni tribuna in cui deve parlare la verità dei figli della sua terra e la esprime sempre di fronte agli amici o ai nemici. Non si nasconde mai per lanciare una pietra e non dà mai consigli che nascondono un pugnale, ma che sono rivestiti di velluto”.

Affronta subito dopo importanti realtà dell’America Latina e il servilismo pro-imperialista di alcuni dei suoi governanti, tutti complici della politica della Casa Bianca contro Cuba. Conclusa questa analisi, riprende argomenti della Rivoluzione che i delegati e gli ospiti dell’evento dovevano conoscere.

Argomenta partendo da questa logica: espone i risultati raggiunti, ma anche gli errori e, sempre, le possibili soluzioni. Il contenuto etico delle sue parole salta agli occhi:

Non voglio dirvi io cosa c’è di buono; potrete constatare voi stessi cosa c’è di buono.

So che ci sono molti aspetti negativi; so che qui c’è molta disorganizzazione. Forse lo saprete già tutti, se siete stati nella Sierra. So che c’è ancora guerriglia. So che qui mancano tecnici in quantità incredibili rispetto alle nostre esigenze. So che il nostro esercito non ha ancora raggiunto il grado di maturità necessario, né i miliziani hanno raggiunto un coordinamento sufficiente per costituire un esercito.

Ma quello che so, e vorrei che tutti voi sapeste, è che questa Rivoluzione è stata fatta contando sempre sulla volontà di tutto il popolo cubano, e che ogni contadino e ogni operaio, se non sa maneggiare bene il fucile, lavora ogni giorno per imparare a maneggiarlo meglio, per difendere la sua Rivoluzione, e se in questo momento non riesce a capire il complicato meccanismo di una macchina il cui tecnico è già partito per gli Stati Uniti, lo studia ogni giorno per impararlo, affinché la sua fabbrica funzioni meglio. E il contadino studierà il suo trattore, per risolvere i problemi meccanici che ha, affinché i campi della sua cooperativa rendano di più.

Questo stile discorsivo, sincero e guevariano di comunicare, permette di abbattere la barriera del tempo storico che ha fatto da sfondo alle sue parole. A distanza di 65 anni, è possibile trarre le seguenti conclusioni, pertinenti per la loro attualità (validità) e appropriate per il momento storico che sta vivendo la Rivoluzione (validità): il discorso politico rivoluzionario deve prestare molta attenzione affinché le realtà esposte siano verificabili da tutti coloro a cui è rivolto. Procedere con questa onestà non solo rafforza la fiducia politica nel leader rivoluzionario che parla, ma anche la sua autorità morale e moltiplica la credibilità della causa che egli rappresenta.

Questo modo di procedere conferma, inoltre, che l’etica politica non è un’astrazione, ma un comportamento possibile dal contenuto concreto, in grado di indurre un popolo politicizzato, come quello cubano, ad affrontare con successo difficoltà e ostacoli apparentemente insormontabili. La forza del fattore coscienza può moltiplicarsi in tempi difficili. Lo conferma la storia contemporanea della Rivoluzione.

In sintesi, il discorso del Che analizzato, come la lettera che scrive a Fidel il 26 marzo 1965, costituiscono monumenti alla parola veritiera. Su questo punto il Che onora la convinzione di José Martí: “Chi dice la verità serve meglio la Patria”.

Fonte: CUBADEBATE

Traduzione: italiacuba.it

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