Il dovere di difendere il Venezuela

Sacha Llorenti

Non si tratta di una figura retorica scrivere che le cannoniere imperiali puntano contro il Venezuela. È ciò che effettivamente sta accadendo con l’inedito dispiegamento militare USA: navi da guerra armate di missili, aerei e elicotteri da combattimento, droni, un sottomarino nucleare e migliaia di soldati concentrati nel Mar dei Caraibi.

Per mostrare il proprio brutale potere bellico, Donald Trump ha ordinato la distruzione di tre imbarcazioni che, secondo lui, trasportavano droga diretta negli USA. Il 2 settembre, il primo attacco ha lasciato come saldo l’assassinio di 11 persone; il 15 settembre le vittime sono state 4; non si hanno ulteriori informazioni sul terzo attacco, solo la dichiarazione di Trump, che ha affermato: “Abbiamo abbattuto, in effetti, tre imbarcazioni, non due, ma voi ne avete viste due”.

Questi attacchi sono stati compiuti in zone che non erano state dichiarate come teatro di guerra, contro civili che non rappresentavano alcuna minaccia e che non sono stati sottoposti ad alcun tipo di processo giudiziario. Molto tempo dopo gli attacchi, il 2 ottobre 2025, Trump ha inviato un memorandum al Congresso del suo paese dichiarando che questo si trovava in un “conflitto armato non internazionale con i cartelli della droga”. Queste esecuzioni sono crimini di guerra, violano il diritto internazionale e, con ogni probabilità, anche le stesse leggi degli USA.

Più recentemente, la rete NBC ha pubblicato che gli USA stanno preparando opzioni per attacchi militari all’interno del Venezuela. Parallelamente, di fronte a tale eventualità, il governo del presidente Nicolás Maduro si sta preparando con un dispiegamento militare e civile in difesa della propria sovranità. Il 29 settembre ha firmato un decreto di stato di commozione esterna che verrebbe attivato immediatamente in caso di aggressione.

L’arsenale retorico

Già dall’amministrazione di George W. Bush, tutte le amministrazioni USA hanno impiegato il proprio arsenale retorico contro il paese sudamericano. Le innumerevoli falsità vanno dalla consueta “difesa della democrazia” alle accuse di terrorismo, ai presunti legami con i gruppi guerriglieri colombiani Fuerzas Armadas de Colombia (FARC) e ELN (Ejército de Liberación Nacional), fino alla nota dichiarazione di Barack Obama che definì il Venezuela “una minaccia insolita e straordinaria” per la sicurezza interna della più grande potenza militare che l’umanità abbia conosciuto.

Durante il primo mandato di Trump, furono usate le stesse carte, aggiungendo quella dell’“aiuto umanitario” come un cavallo di Troia per avviare una serie di azioni militari al confine con la Colombia. Durante la presidenza di Joseph Biden, oltre alla “difesa della democrazia”, venne aggiunta la questione del narcotraffico. Trump, nel suo secondo mandato, ha intensificato gli attacchi rafforzando tutte le accuse precedenti, con un’enfasi particolare sulla presunta lotta contro il narcotraffico, sulla sua piattaforma razzista di guerra contro i migranti e sulla campagna per ridurre la presenza cinese nella regione.

Con tutti i mezzi

Nel corso dei 26 anni della Rivoluzione Bolivariana, gli USA e l’oligarchia venezuelana hanno organizzato, finanziato ed eseguito una serie di piani per rovesciare i governi di Hugo Chávez e Nicolás Maduro: molteplici tentativi di colpi di Stato, sabotaggi all’industria petrolifera, alla rete elettrica e persino tentativi di magnicidio. Hanno anche utilizzato mercenari per compiere incursioni armate e organizzare attentati terroristici sul territorio venezuelano. Hanno fomentato divisioni nelle Forze Armate per provocare sollevazioni militari.

Le centinaia di misure coercitive unilaterali —che in realtà dovrebbero essere chiamate misure di estorsione— hanno causato un danno dal quale pochissimi paesi potrebbero riprendersi. Prima della loro applicazione, il Venezuela disponeva di una rendita petrolifera superiore ai 56 miliardi di $; il loro effetto ha ridotto tale cifra a 700 milioni, poco più dell’1%. La guerra economica, commerciale e finanziaria mirava a distruggere l’economia e, di conseguenza, le strutture di coesione sociale e politica. Arrivarono perfino a utilizzare la pandemia come arma per raggiungere i propri obiettivi.

Fallimenti imperiali

Già dai tempi di Hugo Chávez, tutti questi sforzi sono falliti. Dal Nord si pensava che, dopo la sua morte, l’unità civico-militare si sarebbe disgregata. Non avevano previsto che Nicolás Maduro non solo avrebbe mantenuto la continuità del processo rivoluzionario, ma avrebbe anche resistito agli inenarrabili attacchi provenienti da Washington, evitando l’isolamento internazionale, diversificando e facendo crescere l’economia, vincendo le campagne di stigmatizzazione e rafforzando l’unità del popolo venezuelano.

È il petrolio, amico

Nel libro The Threat, l’ex direttore ad interim dell’FBI Andrew McCabe racconta che, in una riunione del luglio 2017, il presidente Trump chiese: “Perché non siamo in guerra con il Venezuela? Hanno tutto quel petrolio e sono proprio dietro casa nostra”.

Più tardi, nel 2023, ormai fuori dal potere, Trump disse a una folla: “Venezuela, stiamo comprando petrolio dal Venezuela, ma quando ho lasciato il potere il Venezuela era sul punto di collassare. Ce ne saremmo impossessati, ci saremmo presi tutto quel petrolio”.

Non resta il minimo dubbio che impossessarsi del petrolio venezuelano sia un’ossessione per tutte le amministrazioni statunitensi. Tuttavia, non è l’unica. Il Venezuela è uno dei paesi più ricchi del mondo: possiede numerose risorse naturali, rinnovabili e non, e la sua posizione geografica è strategica.

Gli USA e i loro alleati si impadronirono violentemente del petrolio iracheno nel 2003. I crimini di sterminio commessi contro il popolo iracheno si traducono in oltre un milione di morti.

In Libia, l’invasione ebbe luogo nel 2011; dopo più di 120000 morti, il paese resta immerso nel caos. Dispone di due banche centrali per amministrare due poli di sfruttamento del petrolio che garantiscono prezzi accessibili ai mercati europei.

In Siria, nel 2024, con l’appoggio di USA, Francia e Regno Unito, il capo di Al Qaeda, Al Sharaa, prese il potere dopo una guerra che costò la vita a più di mezzo milione di persone. È significativo che, prima della caduta del governo siriano, molti pozzi petroliferi fossero già caduti nelle mani di coloro che patrocinarono l’ascesa di Al Sharaa. Quei giacimenti furono il primo obiettivo dell’offensiva imperiale contro il paese.

Ora, in mezzo al genocidio contro il popolo palestinese —di cui sono anch’essi complici—, l’impero decadente e in declino punta i suoi cannoni verso le coste venezuelane. Le conseguenze di una guerra imposta sarebbero gravissime per tutta la regione. Basterebbe ricordare ciò che è accaduto ai paesi dell’Asia occidentale e del Sahel dopo i crimini imperiali in Iraq, Libia e Siria.

Per le lezioni che la storia ci insegna, difendere il Venezuela è un dovere. Per chi crede nei principi della Carta delle Nazioni Unite, difendere il Venezuela è un dovere. Per chi difende il diritto internazionale, difendere il Venezuela è un dovere. Per chi sostiene la Proclama della CELAC, che dichiara l’America Latina e i Caraibi zona di pace, difendere il Venezuela è un dovere. Per chi crede nella sovrana uguaglianza degli Stati, difendere il Venezuela è un dovere. Per chi crede nell’autodeterminazione dei popoli, difendere il Venezuela è un dovere.


El deber de defender a Venezuela

Por: Sacha Llorenti

No es un recurso literario escribir que las cañoneras imperiales apuntan contra Venezuela. Eso es lo que efectivamente está pasando con el inédito despliegue militar estadounidense, con buques de guerra armados de misiles, aviones y helicópteros de combate, drones, un submarino nuclear y miles de soldados que se concentran en el Mar Caribe.

Para mostrar su cruel poder bélico, Donald Trump instruyó la destrucción de tres botes que, según él, transportaban droga dirigida a los Estados Unidos. El 2 de septiembre, el primer ataque dejó como saldo el asesinato de 11 personas; el 15 de septiembre fueron 4 las víctimas; no se tiene más información del tercer ataque, sólo la declaración de Trump, quien dijo: “Derribamos, de hecho, tres barcos, no dos, pero ustedes vieron dos”.

Estos ataques fueron cometidos en zonas que no fueron declaradas como de guerra, contra civiles que no presentaban ninguna amenaza y que no fueron sometidos a ningún tipo de proceso judicial. Mucho después de los ataques, el 2 de octubre de 2025, Trump envió un memorando al Congreso de su país para decir que éste se encontraba en un “conflicto armado no internacional con los carteles de droga”. Estas ejecuciones son crímenes de guerra, violan el derecho internacional y, con seguridad, vulneran las propias leyes de los Estados Unidos.

Más recientemente, la cadena NBC publicó que Estados Unidos está preparando opciones para ataques militares dentro de Venezuela. Paralelamente, ante la eventualidad de esos ataques, el gobierno del presidente Nicolás Maduro viene preparándose con un despliegue militar y ciudadano en defensa de su soberanía. El 29 de septiembre firmó un decreto de estado de conmoción externa que se activaría de manera inmediata ante la eventualidad de un ataque.

Arsenal retórico

Ya desde la gestión de George Bush jr., todas las administraciones estadounidenses vienen desplegando todo su arsenal retórico en contra del país sudamericano. Las innumerables falacias van desde la consabida defensa de la democracia, las denuncias de terrorismo, de vínculos con los grupos guerrilleros Fuerzas Armadas de Colombia (FARC) y ELN (Ejército de Liberación Nacional), hasta la consabida declaración hecha por Barack Obama al señalar a Venezuela como una “amenaza inusual y extraordinaria” a la seguridad interior de la potencia militar más grande que la humanidad hubiera conocido.

Durante la primera gestión de Trump, las cartas que se utilizaron fueron las mismas, añadiendo la “ayuda humanitaria” como un Caballo de Troya para iniciar una serie de acciones militares en la frontera con Colombia. En la presidencia de Joseph Biden, además de la carta de la “defensa de la democracia”, se añadió el narcotráfico. Trump, en su segundo gobierno, intensificó sus ataques reforzando todos los anteriores con un énfasis en la supuesta lucha contra el narcotráfico, su plataforma racista de guerra contra los migrantes y su campaña para disminuir la presencia china en la región.

Por todos los medios

Durante los 26 años de vida de la Revolución Bolivariana, Estados Unidos y la oligarquía venezolana organizaron, financiaron y ejecutaron una serie de planes para derrocar a los gobiernos de Hugo Chávez y de Nicolás Maduro: la multiplicidad de intentos de golpes de Estados, los sabotajes a la industria petrolera, al suministro de energía eléctrica y los intentos de magnicidio. También utilizaron mercenarios para que, a través de incursiones armadas, organicen atentados terroristas dentro del territorio venezolano. Fomentaron quiebres en el seno de las Fuerzas Armadas para que hubiese levantamientos militares.

Los centenares de medidas coercitivas unilaterales, que en realidad deberían ser llamadas medidas de extorsión, provocaron un daño del que muy pocos países podrían recuperarse. Antes de su aplicación, Venezuela contaba con una renta petrolera de más de 56 000 millones de dólares, su efecto redujo ese ingreso a 700 millones de dólares, poco más del 1 por ciento. La guerra económica, comercial y financiera pretendía quebrar la economía y, por ende, las estructuras de cohesión social y política. Además, llegaron a utilizar la pandemia como un arma para alcanzar sus fines.

Fracasos imperiales

Ya desde la época de Hugo Chávez, todos esos esfuerzos fracasaron. Desde el norte, pensaron que, después de su muerte, la unidad cívico-militar se quebraría. No contaron con que Nicolás Maduro, no sólo mantendría la continuidad el proceso revolucionario, sino que también resistiría los inenarrables embates desde Washington, que no sería aislado en sus relaciones internacionales, que lograría diversificar y hacer crecer la economía, que lograría vencer las distintas campañas de estigmatización y que fortalecería la unidad del pueblo venezolano.

Es el Petróleo, amigo

Según el libro “The Threat”, de Andrew McCabe, exdirector interino del FBI, en una reunión sostenida en julio de 2017, el presidente Trump preguntó: “¿Por qué no estamos en guerra con Venezuela? Tienen todo ese petróleo y están justo en nuestra puerta trasera”.

Tiempo después, en 2023, cuando estaba fuera del cargo, Trump dijo a una multitud: “Venezuela, estamos comprando petróleo de Venezuela, cuando dejé el poder Venezuela estaba a punto de colapsar. Nos hubiéramos apoderado de ella, nos hubiéramos quedado con todo ese petróleo.”

No queda la menor duda de que adueñarse del petróleo venezolano es una obsesión para todas las administraciones estadounidenses. Sin embargo, no es la única. Venezuela es uno de los países más ricos del mundo, tiene muchos recursos naturales renovables y no renovables y su ubicación geográfica es estratégica.

Estados Unidos y sus aliados se adueñaron violentamente del petróleo iraquí el año 2003. Los crímenes de exterminio cometidos en contra del pueblo iraquí acumulan la tragedia de más de un millón de muertos.

En Libia, la invasión se realizó en 2011; después de más de 120 mil muertos, el país sigue sumido en el caos. Tiene dos bancos centrales para administrar dos polos de explotación del petróleo que garantiza precios asequibles para los mercados europeos.

En Siria, en el año 2024, con apoyo de EEUU, Francia y el Reino Unido, el líder de Al qaeda, Al Sharaa, tomó el poder después de una guerra que cegó la vida a más de medio millón de personas. Cabe notar que antes de la caída del gobierno sirio, muchos pozos petroleros cayeron en manos de quienes patrocinaron el ascenso de Al sharra. Esos pozos petrolíferos fueron el primer objetivo de la ofensiva imperial contra ese país.

Ahora, en medio del genocidio contra el pueblo palestino, del que también son cómplices, el imperio decadente y en declive dirige sus cañones hacia las costas venezolanas. Las consecuencias de una guerra impuesta serían muy graves para toda la región. Solo hace falta recordar qué pasó con los países de Asia Occidental y el Sahel después de los crímenes imperiales en Iraq, Libia y Siria.

Por las lecciones que nos enseña la historia, es un deber defender a Venezuela. Para quienes creen en los principios de la Carta de las Naciones Unidas, defender a Venezuela es un deber. Para quienes defienden el derecho internacional, defender a Venezuela es un deber. Para quienes defienden la Proclama de la CELAC, que señala que América Latina y el Caribe es una zona de paz, defender a Venezuela es un deber. Para quienes creen en la igualdad soberana de los Estados, defender a Venezuela es un deber. Para quienes creen en la autodeterminación de los pueblos, defender a Venezuela es un deber.

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