Pablo Solana – La Tizza
Roque Dalton è, anche, un nacedor: uno di quegli esseri che sfuggono alla volontà dei propri assassini, e che con versi e proiettili — con versi come proiettili — inondano con la sua voce l’aria. Nel suo 90 compleanno, La Tizza ripubblica questo scritto apparso il 9 maggio scorso su Huella del Sur.
Il testo funge da studio introduttivo al poemario El amor me cae más mal que la primavera (L’amore mi è più odioso della primavera), appena uscito dai torchi grazie a un’alleanza di case editrici indipendenti di Colombia, Venezuela e Messico.
Correva l’anno 1973. Roque Dalton si trovava a Cuba, dove riceveva la preparazione necessaria per unirsi alla guerriglia salvadoregna. Fu in quel periodo che approfittò del tempo di isolamento imposto dalla vita clandestina per terminare la revisione e l’ordinamento della sua poesia completa, inclusi i 29 testi raccolti sotto il titolo El amor me cae más mal que la primavera, che lasciò pronti per la pubblicazione “quando fosse giunto il momento”. Fino a oggi, quel momento era rimasto sfuggente. È la prima volta che questo poemario viene stampato come libro indipendente, così come l’autore lo aveva concepito. [1]
Erano tempi di rivoluzione: quella cubana, già consolidata da oltre un decennio e desiderosa di espandere l’ondata insorgente in tutto il “terzo mondo”; quella che stava maturando in America Centrale, dove Roque portò il suo contributo artistico e militante. Anche i valori culturali e le relazioni sociali vivevano una fase di profonda trasformazione, specialmente all’interno della generazione che allora guidava le lotte contro l’oppressione in un momento storico cruciale.
La caduta del Che in Bolivia, nell’ottobre del 1967, lungi dallo spegnere gli impulsi di cambiamento, li accese ancor più. Poco dopo vennero le proteste contro la guerra del Vietnam, il Maggio francese, la Primavera di Praga, le mobilitazioni studentesche in Messico, il Cordobazo in Argentina. Le guerriglie colombiane e i movimenti di liberazione nazionale. Woodstock, la Nueva Trova cubana, la Nueva Canción cilena. Joan Báez, Silvio Rodríguez, Quilapayún. Le gioventù del mondo radicalizzavano i propri aneliti politici e ridefinivano i propri orizzonti di vita. Anche i legami interpersonali — tra cui quelli affettivi e sessuali — venivano messi in discussione, spinti dal desiderio di uguaglianza e di emancipazione che prometteva il futuro socialista “imminente”, ma anche dai progressi del femminismo (non sempre presi in considerazione dalle organizzazioni rivoluzionarie), fenomeno che Dalton registrò nei suoi ultimi scritti, come vedremo più avanti. In quel contesto nacquero questi versi.
L’ultimo anno di permanenza del poeta a Cuba fu particolarmente produttivo. Messo in conto che la sua scelta di unirsi alla guerriglia poteva privarlo per sempre delle condizioni di tranquillità necessarie alla scrittura, passò in rassegna tutta la sua opera. In quei mesi, oltre a concludere questo poemario, Dalton scrisse decine di saggi per riviste come Casa de las Américas, Tricontinental, Cine Cubano, Santiago, per l’Organización Continental Latinoamericana y Caribeña de Estudiantes (OCLAE) e per l’Unione dei Giornalisti di Cuba (UPEC); compose opere teatrali — una delle quali fu rappresentata con un certo successo all’Avana —; iniziò due romanzi rimasti incompiuti, Dalton y CIA e Miriam; e portò a termine vari libri, alcuni pubblicati prima della sua morte, come Miguel Mármol. Los sucesos de 1932 en El Salvador e Las historias prohibidas del Pulgarcito. Preparò personalmente un’antologia dedicata al popolo cubano e organizzò quella che considerava la sua opera poetica completa. Lasciò pronti anche Un libro rojo para Lenin (pubblicato per la prima volta in Nicaragua nel 1986) e Un libro levemente odioso (uscito in Messico nel 1988).
A quel punto, Dalton godeva già di un prestigio che travalicava i confini del suo paese. Nel 1969, il suo libro Taberna y otros lugares aveva vinto il Premio di Poesia della Casa de las Américas. La giuria aveva messo in evidenza “l’avanzata rappresentatività dei suoi versi nel contesto della più attuale espressione poetica in lingua castigliana”. Aveva dunque a disposizione varie opportunità editoriali: pubblicava poesie e saggi su riviste di diversi paesi, e i suoi libri erano stampati — o in procinto di esserlo — in Messico, Costa Rica (e, naturalmente, anche Cuba).
Cinque poesie di Roque Dalton
Nel 1973, quando completò il poemario che presentiamo in queste pagine, Roque intratteneva contatti con case editrici di vari paesi, in America e in Europa. In una lettera del giugno di quell’anno indirizzata a Aída Cañas, sua ex moglie e madre dei suoi figli, scriveva: “Ho organizzato le edizioni di Mármol per l’Italia, la Francia e gli USA, che se escono potranno dare qualche soldo a voi. Ti manderò un resoconto dettagliato di come stanno i conti in sospeso e delle pratiche che si faranno con le nuove possibili edizioni”. [2]
Ma El amor me cae más mal que la primavera rimase accantonato e, fino ad ora, non era mai stato pubblicato come tale.
Oggi, l’opera di Dalton ha trovato in Internet una via legittima e preziosa di diffusione di massa. Tuttavia, la riproduzione dei suoi versi in modo impreciso e decontestualizzato impedisce di apprezzarne pienamente la profondità. Ignorare il contesto in cui il poeta salvadoregno scrisse significa correre un serio rischio, poiché i suoi versi nascono da un intreccio unico e irripetibile tra la sua creatività letteraria e le sue scelte di vita; tra le sue relazioni personali e il suo impegno nella lotta rivoluzionaria.
L’analisi completa dell’opera di Dalton richiede una dedizione che supera queste righe. La maggior parte degli studi finora condotti si è concentrata solo su frammenti: alcuni hanno analizzato la sua poesia ma non i suoi saggi; altri hanno ricostruito la sua biografia senza dare il giusto rilievo alla sua opzione rivoluzionaria; resta ancora da approfondire in modo sistematico il suo pensiero teorico sul marxismo e sulla lotta armata. Chi più si è avvicinato a questa impresa è James Iffland, con un’opera monumentale di oltre duemila pagine, Para llegar a Roque Dalton. Pequeños infiernos y otros paraísos, pubblicata in due tomi dall’Editorial de la Universidad de El Salvador nel 2022. [3]
Non serve sottolineare l’importanza di ogni verso salvato dall’oblio, tanto più se si tratta di un poeta della statura di Roque Dalton. Le ragioni inspiegabili per cui questo poemario è rimasto inedito rendono la sua pubblicazione ancora più significativa. Porre l’attenzione su El amor me cae más mal que la primavera — tenendo conto non solo del contesto di produzione ma anche del percorso umano dell’autore — permette di delineare un’interpretazione poco esplorata: il modo in cui Dalton ha trattato, nel corso della sua opera poetica, il tema dell’amore.
Per realizzare tale compito è utile basarsi sulla periodizzazione proposta da Luis Melgar Brizuela, che distingue tre fasi nella poesia di Dalton: la prima, dagli esordi al 1964; la seconda, fino al 1973; e la terza, fino alla sua morte due anni dopo. Brizuela colloca El amor me cae más mal que la primavera nel “secondo Dalton”: la fase più ampia e più sperimentale dal punto di vista creativo, che comprende anche Taberna y otros lugares e Un libro levemente odioso. (…)
[1] I 29 componimenti di El amor me cae más mal que la primavera erano stati inclusi solo in due edizioni pubblicate a El Salvador: l’antologia En la humedad del secreto (1994), a cura di Rafael Lara Martínez, e il volume III di No pronuncies mi nombre. Poesía completa (2008), edito dalla Dirección de Publicaciones e Impresos de El Salvador. Entrambe le edizioni sono ormai esaurite da anni. Il poemario non era conosciuto al di fuori del paese. Grazie alla generosità di Francisco Domínguez abbiamo potuto consultare i volumi della Poesía completa. Riproduciamo qui il poemario così come compare in quella curata edizione, che è stata inoltre confrontata con gli originali conservati dalla famiglia Dalton. È stata effettuata un’unica correzione necessaria nel poema «Cortazariana».
[2] Una copia della lettera si conserva presso l’Archivio Roque Dalton del Museo de la Imagen y la Palabra (MUPI), a San Salvador.
[3] In Las brújulas de Roque Dalton, Luis Melgar Brizuela propone la periodizzazione alla quale facciamo riferimento in questo testo. In El ciervo perseguido, Luis Alvarenga redige una biografia che contribuisce a contestualizzare la poesia di Dalton in esplicita sintonia con le sue scelte di vita. Entrambe le edizioni si trovano con relativa facilità su internet. Il lavoro di James Iffland può essere acquistato, in formato digitale, nell’edizione pubblicata dall’Università della Carolina del Nord (USA)
Roque Dalton: poemas de amor y revolución
Pablo Solana – La Tizza
Roque Dalton es, también, un nacedor. De esos que escapan a la voluntad de sus asesinos, y con versos y balas, con versos como balas, inundan con su voz el aire. En su 90 cumpleaños, La Tizza replica este trabajo que apareció el pasado 9 de mayo en Huella del Sur.
El texto sirve como estudio introductorio del poemario El amor me cae más mal que la primavera, que acaba de salir de imprenta gracias a una alianza de editoriales independientes en Colombia, Venezuela y México.
Corría el año 1973. Roque Dalton se encontraba en Cuba, recibiendo la preparación necesaria para sumarse a la guerrilla salvadoreña. Fue en ese período que aprovechó el tiempo de aislamiento que le imponía la vida clandestina para terminar de corregir y ordenar su poesía completa, incluidos los 29 poemas que agrupó bajo el título El amor me cae más mal que la primavera y que dejó preparados para ser publicados cuando llegara la ocasión. Hasta ahora, esa ocasión había resultado esquiva. Es la primera vez que este poemario se imprime como libro independiente, tal cual el autor lo concibió. [1]
Aquellos eran tiempos de revolución: la cubana, que se había concretado hacía más de una década y buscaba expandir la ola insurgente por todo el «tercer mundo»; la que estaba en proceso en Centroamérica, donde Roque aportó su arte y su presencia combatiente. También estaban revolucionados los valores culturales y las relaciones sociales, especialmente los de la generación que protagonizaba las luchas contra la opresión en aquel momento histórico crucial.
La caída del Che en Bolivia en octubre de 1967, lejos de aplacar los ímpetus de cambio, los agitó aún más. Poco después siguieron las protestas contra la guerra de Vietnam, el Mayo Francés, la Primavera de Praga, las movilizaciones estudiantiles en México, el Cordobazo en Argentina. Las guerrillas colombianas y los movimientos de liberación nacional. Woodstock, la Nueva Trova en Cuba, la Nueva Canción en Chile. Joan Báez, Silvio Rodríguez, Quilapayún. Las juventudes del mundo radicalizaron sus anhelos políticos y redefinieron sus horizontes de vida. Los vínculos interpersonales, entre ellos los sexoafectivos, también se vieron interpelados (por las ansias de igualdad y emancipación que prometía el «inminente» futuro socialista, pero también por los avances del feminismo — no siempre tenidos en cuenta en las organizaciones revolucionarias — , hecho que Dalton registró en sus últimos escritos, como veremos más adelante). En ese contexto, estos poemas.
El último año de la estadía del poeta en Cuba fue muy productivo. Pasó en limpio toda su obra, consciente de que su decisión guerrillera podía privarlo definitivamente de las condiciones de tranquilidad que requería esa tarea. Además de terminar este poemario, durante esos meses, Dalton redactó decenas de ensayos para las revistas Casa de las Américas, Tricontinental, Cine Cubano, Santiago, para la Organización Continental Latinoamericana y Caribeña de Estudiantes (Oclae), y para la Unión de Periodistas de Cuba (Upec); escribió obras de teatro — una se estrenó con cierto éxito en La Habana — ; empezó a trabajar en dos novelas que quedaron inconclusas, tituladas Dalton y CIA, y Miriam. También terminó varios libros, algunos publicados antes de su muerte, como Miguel Mármol. Los sucesos de 1932 en El Salvador y Las historias prohibidas del Pulgarcito. Preparó personalmente una antología que dedicó al pueblo cubano y ordenó lo que él consideraba su obra poética completa; dejó listos Un libro rojo para Lenin (editado por primera vez en Nicaragua en 1986) y Un libro levemente odioso (que se publicó en México en 1988).
Para ese entonces, Dalton contaba con un prestigio que traspasaba fronteras. En 1969, su libro Taberna y otros lugares había ganado el Premio de Poesía de la Casa de las Américas. El jurado destacó la «avanzada representatividad de sus poemas en el contexto de la más actual expresión poética en lengua castellana». Tenía a su alcance diversas posibilidades de edición. Había publicado poemas y ensayos en revistas de distintos países y sus libros se habían impreso — o estaban por imprimirse — en México y en Costa Rica (y, por supuesto, también en Cuba).
Cinco poemas de Roque Dalton
En 1973, cuando terminó el poemario que presentamos en estas páginas, Roque mantenía contactos con editoriales en distintos países, tanto de América como de Europa. Le cuenta a Aída Cañas, su exesposa y madre de sus hijos, en una carta de junio de ese año: «Organicé las ediciones de Mármol para Italia, Francia y Estados Unidos, que si salen van a dar algunos pesos para ustedes. Te mandaré un detalle minucioso de cómo están las cuentas pendientes y las tramitaciones que se harán con nuevas posibles ediciones». [2]
Pero El amor me cae más mal que la primavera quedó relegado y, hasta ahora, no se había publicado como tal.
En la actualidad, la obra de Dalton encontró en internet una vía legítima y válida de difusión masiva. Sin embargo, la réplica de sus poemas de manera imprecisa y descontextualizada impide disfrutar íntegramente de su poesía. Obviar el contexto en el que el salvadoreño escribió implica un serio riesgo, porque sus versos son el resultado de una imbricación única, excepcional, entre su creatividad literaria y sus decisiones de vida; entre sus relaciones personales y su compromiso con la lucha por la revolución.
El análisis exhaustivo de la obra de Dalton exige una dedicación que excede estas líneas. La mayor parte de los trabajos que se propusieron la tarea lo hicieron de manera fragmentada: hay quienes estudiaron su poesía, pero no su obra ensayística; quienes abordaron su biografía sin poner el énfasis suficiente en su opción revolucionaria; aún está vacante el estudio de sus escritos teóricos en torno a los debates sobre el marxismo y la lucha armada. Quien más se acercó a esa labor integral fue James Iffland, en un trabajo reciente de más de 2000 páginas titulado Para llegar a Roque Dalton. Pequeños infiernos y otros paraísos, publicado en dos tomos por la Editorial de la Universidad de El Salvador en 2022. [3]
No hace falta resaltar la importancia de todo verso rescatado del olvido, más aún si se trata de la obra de un poeta de la talla de Roque Dalton. Los motivos inexplicables por los cuales este poemario se mantuvo inédito hacen que su publicación sea todavía más relevante. Poner el foco en El amor me cae más mal que la primavera — teniendo en cuenta no solo el contexto de producción, sino también el proceso vital del autor — permite esbozar una interpretación poco explorada: el modo en el que Dalton trató, a lo largo de su obra poética, el tópico del amor.
Para realizar esta tarea es útil apoyarse en la periodización que propone Luis Melgar Brizuela, quien distingue una primera etapa de la poesía de Dalton desde sus inicios hasta el año 1964, un segundo momento que llega hasta 1973 y un tercero desde entonces hasta su muerte dos años después. Brizuela considera que El amor me cae más mal que la primavera forma parte del «segundo Dalton», la fase más extensa y más experimental desde el punto de vista creativo, que abarca, además de este poemario, los libros Taberna y otros lugares, y Un libro levemente odioso.
[1] Los 29 poemas de El amor me cae más mal que la primavera solo fueron incluidos en dos ediciones que se realizaron en El Salvador: la antología En la humedad del secreto (1994), selección de Rafael Lara Martínez, y en el tomo III de No pronuncies mi nombre. Poesía completa (2008), a cargo de la Dirección de Publicaciones e Impresos de El Salvador. Ambas ediciones llevan años agotadas. El poemario no se conoció fuera de aquel país. Gracias a la generosidad de Francisco Domínguez pudimos acceder a los tomos de la Poesía completa. Reproducimos este poemario tal como figura en esa cuidada edición, que a la vez fue contrastada con los originales en poder de la familia Dalton. Realizamos una única corrección necesaria en el poema «Cortazariana».
[2] Una copia de la carta se encuentra en el Archivo Roque Dalton del Museo de la Imagen y la Palabra (MUPI), en San Salvador.
[3] En Las brújulas de Roque Dalton, Luis Melgar Brizuela propone la periodización a la que hacemos mención en este texto. En El ciervo perseguido, Luis Alvarenga realiza una biografía que ayuda a contextualizar la poesía de Dalton en explícita sintonía con sus elecciones de vida. Ambas ediciones se encuentran con relativa facilidad en internet. El trabajo de Iffland se puede adquirir, en formato digital, en la edición hecha por la Universidad de Carolina del Norte (Estados Unidos).
