Washington, New York e la lobby guerrafondaia contro il Venezuela

Machado contro la sovranità nazionale

Misión Verdad

Durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA), svoltasi alla fine di settembre scorso, l’opposizione venezuelana guidata da María Corina Machado ha intensificato i suoi sforzi diplomatici e mediatici per promuovere un cambio di regime in Venezuela, con l’obiettivo esplicito di rovesciare il presidente Nicolás Maduro.

Queste azioni si configurano come una campagna di lobby internazionale coordinata con settori dell’amministrazione di Donald Trump e con chiari interessi corporativi legati alle immense risorse naturali del Venezuela, in particolare alle sue riserve di petrolio, gas e minerali, tra le più grandi del mondo.

Machado, figura di estrema destra con oltre due decenni di attivismo d’opposizione —specificamente golpista, motivo per cui è stata premiata con il Premio Nobel per la Pace—, ha modellato la propria ideologia politica ispirandosi a figure come Margaret Thatcher e Ronald Reagan, e ha apertamente abbracciato una dottrina economica che un tempo fu chiamata “capitalismo popolare”, originariamente applicata dalla dittatura di Augusto Pinochet in Cile, primo esperimento formale di neoliberismo selvaggio in Sud America.

Si tratta di un programma che promuove la privatizzazione totale dei settori strategici dello Stato, compresa l’industria petrolifera e mineraria, che in Venezuela sono storicamente state sotto il controllo pubblico attraverso imprese come PDVSA.

Machado ha promesso in varie occasioni che, in una “Venezuela libera”, le imprese USA di petrolio, gas e minerali avrebbero priorità assoluta nello sfruttamento di tali risorse, un’offerta diretta di cessione della ricchezza nazionale in cambio di sostegno politico internazionale e, in particolare, dell’appoggio di Washington alla sua scalata personale al potere statale.

Ricordiamo che lo scorso giugno ha offerto il Venezuela agli imprenditori USA per “un bilione di dollari”.

Giustificazioni fallaci

Durante l’Assemblea Generale dell’ONU, secondo quanto riferisce il giornalista canadese Joseph Bouchard, l’opposizione venezuelana organizzò proteste di fronte alla sede della Segreteria delle Nazioni Unite, dove Pedro de Mendonça, direttore della comunicazione della campagna di Machado, accusò Maduro di essere il “capo del Cartello dei Soli e del Tren de Aragua”, etichette utilizzate come giustificazione per una possibile intervento militare straniero.

Tali accuse non hanno alcun fondamento solido: persino l’organizzazione InSight Crime —finanziata dal Dipartimento di Stato USA— ha smentito l’esistenza del “Cartello dei Soli” come struttura criminale organizzata sotto il controllo di Maduro.

Nonostante ciò, queste narrazioni sono state strumentalizzate dall’amministrazione Trump, soprattutto dal segretario di Stato Marco Rubio e dalla procuratrice generale Pam Bondi, per etichettare il governo venezuelano come “narco-terrorista” ed “illegittimo”, qualificazioni che fungono da pretesto legale per giustificare operazioni militari nei Caraibi e sanzioni extraterritoriali.

Machado, com’è noto, non agisce nel vuoto, ma fa parte di una rete di istituzioni e attori legati all’establishment politico ed economico USA. Ha collaborato con enti come l’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (Usaid), il National Endowment for Democracy (NED) —che le ha inviato una congratulazione formale per il Nobel— e l’International Republican Institute (IRI), tutti con un passato di ingerenza negli affari interni dei paesi latinoamericani.

Inoltre, è stata membro del programma Yale World Fellows, che rafforza le sue connessioni con l’élite accademiche e politiche USA.

La sua vicinanza all’amministrazione di George W. Bush e la partecipazione al fallito colpo di Stato del 2002 contro Hugo Chávez —quando firmò il cosiddetto “Decreto Carmona”, che sciolse l’Assemblea Nazionale e sospese la Costituzione— dimostrano una traiettoria segnata dalla promozione di “soluzioni di forza” rispetto a quelle pacifiche o di dialogo politico.

Parallelamente alle attività di Machado, l’articolo di Bouchard menziona che Juan Guaidó —l’autoproclamato “presidente ad interim” sostenuto dagli USA tra il 2019 e il 2023— si è anch’egli riunito con funzionari del governo Trump durante la UNGA per sostenere operazioni di “contronarcos” in Venezuela, un’altra via per legittimare la presenza militare USA nel paese.

Sia Machado che Guaidó hanno diffuso sistematicamente sulle reti sociali e nei media internazionali una narrativa omogenea che presenta Maduro come un dittatore criminale e terrorista, con l’obiettivo di costruire un’“opinione pubblica globale” favorevole all’intervento.

Tuttavia, queste proteste e campagne non sono spontanee: sono orchestrate da circoli di potere USA, centro studi guerrafondai e corporazioni interessate ad accedere alle risorse venezuelane. Data la loro scarsa capacità di mobilitazione nel tessuto sociale venezuelano, il settore più estremista dell’opposizione torna ciclicamente agli stessi schemi di fattura USA che hanno già fallito nei loro obiettivi di destituzione.

La designazione del Tren de Aragua (TdA) come organizzazione terroristica internazionale da parte del governo Trump, nel febbraio 2025 —sotto l’accusa di operare con l’appoggio del governo Maduro—, è servita come ulteriore giustificazione per misure repressive, incluse deportazioni massicce di migranti venezuelani, che violano ogni principio fondamentale di diritto.

Il Dipartimento della Sicurezza Interna ha diffuso video virali e disumanizzanti sulle reti sociali per promuovere tali deportazioni, contribuendo così a una narrativa xenofoba e criminalizzante. Ma queste azioni servono davvero a combattere il narcotraffico, o piuttosto a costruire un quadro legale per un intervento diretto in Venezuela, sul modello delle giustificazioni usate per invadere i paesi dell’Asia occidentale dopo l’11 settembre?

L’ipocrisia e contraddizione della politica estera USA sono evidenti: mentre Trump e i suoi alleati chiedono il rovesciamento di Maduro per presunti legami con il narcotraffico, mantengono accordi commerciali con il governo bolivariano, compresi l’acquisto di petrolio venezuelano —attraverso Chevron— e il coordinamento dei voli di deportazione.

Questa doppia morale mostra che i veri interessi dietro la campagna contro Maduro non sono la democrazia né la sicurezza, ma il controllo delle risorse strategiche del Venezuela. Il paese possiede le maggiori riserve provate di petrolio al mondo, oltre a importanti giacimenti di oro, coltan, diamanti e altri minerali critici per l’industria tecnologica ed energetica globale.

Dall’ONU al Pentagono

La proposta di Machado —consegnare l’economia venezuelana alle corporazioni USA attraverso la privatizzazione totale delle industrie di base— rappresenta un ritorno alle condizioni neoliberali e impone un’agenda che aggraverebbe la dipendenza economica, la disuguaglianza e la perdita di sovranità nazionale.

Inoltre, un intervento militare o un colpo di Stato sostenuto dagli USA non solo violarebbe il diritto internazionale, ma ripeterebbe gli errori storici di Washington in America Latina, dove le sue azioni hanno lasciato dietro di sé dittature, violenza e saccheggio.

In sintesi, la campagna dell’opposizione venezuelana all’ONU non è stato un movimento democratico legittimo: si è trattato di un’operazione di lobby politico-corporativa volta a consegnare le risorse naturali del Venezuela agli interessi USA, in cambio del sostegno necessario a promuovere María Corina Machado al potere.

Il Nobel ricevuto costituisce un precedente simbolico a favore della sua agenda personale, con ramificazioni imprenditoriali perfettamente coerenti con le ambizioni del magnate e attuale presidente degli USA.

Questa strategia, sostenuta dalla retorica bellicista di Washington, utilizza menzogne su narcotraffico e terrorismo per giustificare misure coercitive volte, in ultima analisi, a ottenere il controllo economico e geopolitico di uno dei paesi più ricchi di risorse del pianeta.

In questo senso, il vocabolo “cipayo” (ascaro ndt) risulta insufficiente come sostantivo e aggettivo per descrivere la condizione nominale —e persino esistenziale— di quei settori dell’opposizione che perseguono solo profitto politico ed economico, a spese della popolazione, del territorio e delle risorse strategiche del Venezuela.

Opposizione? Piuttosto subappalto: offrono la patria come pacchetto d’investimento in cambio di una poltrona a Miraflores.


Machado contra la soberanía nacional

Washington, Nueva York y el lobby guerrerista contra Venezuela

 

Durante la Asamblea General de las Naciones Unidas (UNGA) celebrada a finales de septiembre pasado, la oposición venezolana liderada por María Corina Machado intensificó sus esfuerzos diplomáticos y mediáticos para promover un cambio de régimen en Venezuela, con el objetivo explícito de derrocar al presidente Nicolás Maduro.

Estas acciones se presentan como una campaña de lobby internacional coordinada con sectores de la administración de Donald Trump y con claros intereses corporativos vinculados con los vastos recursos naturales de Venezuela, particularmente sus reservas de petróleo, gas y minerales, entre las más grandes del mundo.

Machado, una figura de extrema derecha con más de dos décadas de activismo opositor —específicamente golpista, por el que fue premiada con el Premio Nobel de la Paz—, ha modelado su ideología política a partir de figuras como Margaret Thatcher y Ronald Reagan, y ha abrazado abiertamente una supuesta doctrina económica denominada en su momento “capitalismo popular”, originalmente implementada por la dictadura de Augusto Pinochet en Chile, el primer experimento formal de neoliberalismo salvaje en Sudamérica.

Se trata de un programa que promueve la privatización total de los sectores estratégicos del Estado, incluida la industria petrolera y minera, que en Venezuela han sido históricamente controladas por el Estado a través de empresas como PDVSA.

Machado ha prometido en varias oportunidades que, en una “Venezuela libre”, las empresas estadounidenses de petróleo, gas y minería tendrían prioridad absoluta en la explotación de estos recursos, lo que constituye un ofrecimiento directo de entrega de la riqueza nacional a cambio de apoyo político internacional y, en particular, del respaldo de Washington para su ascenso personal al poder estatal.

Recordemos que en junio pasado ofreció Venezuela por “un billón de dólares” a empresarios estadounidenses.

Justificaciones falsarias

Durante la UNGA, informa el reporte del periodista canadiense Joseph Bouchard, la oposición venezolana organizó protestas frente al edificio de la Secretaría de la ONU, donde Pedro de Mendonça, director de prensa de la campaña de Machado, acusó a Maduro de ser el “jefe del Cártel de los Soles y del Tren de Aragua”, etiquetas que han sido utilizadas como justificación para una posible intervención militar extranjera.

Estos señalamientos carecen de fundamento sólido; incluso la propia organización InSight Crime —financiada por el Departamento de Estado de EE.UU.— ha desmentido la existencia del “Cártel de los Soles” como una estructura criminal organizada bajo el control de Maduro.

No obstante, estas narrativas han sido instrumentalizadas por la administración Trump, sobre todo por el secretario de Estado Marco Rubio y la fiscal general Pam Bondi, para calificar al gobierno venezolano como “narco-terrorista” e “ilegítimo”, etiquetas que sirven como pretexto legal para justificar operaciones militares en el Caribe y sanciones extraterritoriales.

Machado, ya lo sabemos, no actúa en el vacío sino que forma parte de una red de instituciones y actores vinculados con el establishment político y económico de EE.UU. Ha colaborado con instancias como la Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (Usaid), el National Endowment for Democracy —NED, institución de la que recibió una felicitación formal por el Nobel— y el International Republican Institute (IRI), todas ellas con historial de intervención en asuntos internos de países latinoamericanos.

Además, fue miembro del programa Yale World Fellows, lo que refuerza sus conexiones con élites académicas y políticas estadounidenses.

Su cercanía con la administración de George W. Bush y su participación en el fallido golpe de Estado de 2002 contra Hugo Chávez —cuando firmó el llamado “Decreto Carmona” que disolvió la Asamblea Nacional y suspendió la Constitución— demuestran una trayectoria marcada por la promoción de “soluciones de fuerza” por sobre las pacíficas o de entendimiento político.

Paralelamente con las actividades de Machado, el artículo de Bouchard menciona que Juan Guaidó —el autoproclamado “presidente interino” respaldado por EE.UU. entre 2019 y 2023— también se reunió con funcionarios del gobierno de Trump durante la UNGA para impulsar operaciones de “contranarcóticos” en Venezuela, otra vía para legitimar la presencia militar estadounidense en el país.

Tanto Machado como Guaidó han difundido sistemáticamente en redes sociales y medios internacionales una narrativa homogénea que presenta a Maduro como un dictador criminal y terrorista, con el fin de construir una “opinión pública global” favorable a la intervención.

Sin embargo, estas protestas y campañas no son orgánicas: están orquestadas desde círculos de poder estadounidenses, think tanks belicistas y corporaciones interesadas en acceder a los recursos venezolanos. Debido a la nula convocatoria que genera en el tejido social venezolano, el sector extremista de las oposiciones vuelve eternamente a los mismos procedimientos de factura estadounidense que han fracasado en sus objetivos destituyentes.

La designación del Tren de Aragua (TdA) como organización terrorista internacional por parte del gobierno de Trump en febrero de 2025 —bajo la acusación de que opera con apoyo del gobierno de Maduro— ha servido como justificación adicional para medidas represivas, incluidas deportaciones masivas de migrantes venezolanos que violan todas las leyes fundamentales posibles.

El Departamento de Seguridad Nacional ha difundido videos virales y deshumanizantes en redes sociales para promover estas deportaciones, con lo cual han contribuido con una narrativa xenófoba y criminalizadora. ¿Tales acciones buscan combatir el narcotráfico, o precisamente consolidar un marco legal que permita la intervención directa en Venezuela al estilo de las justificaciones utilizadas para invadir países de Asia Occidental tras el 11-S?

La hipocresía y contradicción de la política exterior estadounidense es notoria: mientras Trump y sus socios exigen el derrocamiento de Maduro por supuestos vínculos con el narcotráfico, han mantenido acuerdos comerciales con el Gobierno Bolivariano, incluida la compra de petróleo venezolano —Chevron mediante— y la coordinación de vuelos de deportación.

Esta doble moral refleja que los intereses reales detrás de la campaña contra Maduro no son la democracia ni la seguridad sino el control de los recursos estratégicos de Venezuela. El país posee las mayores reservas probadas de petróleo del mundo, además de importantes yacimientos de oro, coltán, diamantes y otros minerales críticos para la industria tecnológica y energética global.

De la ONU al Pentágono

La propuesta de Machado —entregar la economía venezolana a corporaciones estadounidenses mediante la privatización total de las industrias básicas— representa un retorno a las condiciones neoliberales e instala una agenda que profundizaría la dependencia económica, la desigualdad y la pérdida de soberanía nacional.

Además, una intervención militar o un golpe de Estado respaldado por EE.UU. no solo violaría el Derecho Internacional sino que también repetiría los errores históricos de Washington en América Latina, donde sus acciones han dejado un rastro de dictaduras, violencia y saqueo.

En síntesis, la campaña de la oposición venezolana en la ONU no fue un movimiento democrático legítimo: se trató de una operación de lobby corporativo-político destinada a entregar los recursos naturales de Venezuela a intereses estadounidenses a cambio del apoyo necesario para promover a María Corina Machado al poder.

El Nobel recibido sienta un precedente simbólico en favor de su agenda personal, con ramificaciones empresariales tan “naturales” a las ambiciones del magnate y actual presidente de Estados Unidos.

Esta estrategia, respaldada por la retórica belicista de Washington, utiliza patrañas sobre narcotráfico y terrorismo para justificar medidas coercitivas que buscan, en última instancia, el control económico y geopolítico de uno de los países más ricos en recursos del planeta.

En ese sentido, el vocablo cipayo queda rebasado como sustantivo y adjetivo de la condición nominal —y existencial— de aquellos sectores opositores que solo tienen afán de lucro político y económico a costa de la población, del territorio y de los recursos estratégicos de Venezuela.

¿Oposición? Más bien subcontratación: ofrecen la patria como paquete de inversión a cambio de una silla en Miraflores.

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