Rubio ed ExxonMobil nell’ombra Trinidad e Tobago

Misión Verdad

Il presidente Nicolás Maduro ha firmato una misura cautelare per sospendere l’Accordo Quadro di Cooperazione Energetica con Trinidad e Tobago, dopo che il governo di quel Paese si è apertamente unito al piano guerrafondaio degli USA contro il Venezuela.

In precedenza, durante una riunione con la direzione del Ministero del Potere Popolare per gli Idrocarburi e di PDVSA, la vicepresidente Delcy Rodríguez aveva denunciato che la prima ministra Kamla Persad-Bissessar aveva deciso di trasformare il territorio trinitense in una base militare al servizio del Comando Sud, rompendo con i principi di fratellanza e cooperazione energetica che storicamente avevano unito le due nazioni: “Quello che si vuole instaurare nella nostra regione è una guerra degli idrocarburi che minaccia la pace e la stabilità dei Caraibi”, ha avvertito la vicepresidente, sottolineando che la decisione venezuelana risponde alla difesa della propria sovranità e alla necessità di preservare i Caraibi come zona di pace.

Il contesto

L’annuncio arriva nel pieno del nuovo dispiegamento militare USA a Trinidad e Tobago. Il Pentagono, attraverso il suo portavoce Sean Parndell, ha confermato il 24 ottobre che il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha ordinato il dispiegamento della portaerei USS Gerald R. Ford e del suo gruppo d’attacco nell’area di responsabilità del Comando Sud.

Secondo Washington, la misura mira a “rafforzare la capacità USA di individuare, monitorare e smantellare attori illeciti che compromettono la sicurezza e la prosperità degli USA”. Tuttavia, la portata dell’operazione — una portaerei con oltre 75 velivoli e più di 4500 effettivi — rivela un movimento di provocazione bellicista contro il Venezuela.

Contemporaneamente, Trinidad e Tobago ha accolto l’arrivo del USS Gravely (DDG-107), un cacciatorpediniere lanciamissili che ha attraccato a Port of Spain per partecipare a esercitazioni militari congiunte con la 22ª Unità Spedizionaria dei Marines USA.

La prima ministra trinitense ha celebrato apertamente l’arrivo delle truppe straniere, affermando che tali attività rafforzano la cooperazione in materia di sicurezza: “Il Ministero degli Affari Esteri e la CARICOM hanno informato che il USS Gravely visiterà Trinidad e Tobago dal 26 al 30 ottobre, mentre la 22ª Unità Spedizionaria dei Marines effettuerà esercitazioni congiunte con la Forza di Difesa di Trinidad e Tobago”, ha dichiarato la funzionaria, legittimando una presenza che contraddice la vocazione pacifica dei Caraibi.

Da parte sua, l’incaricata d’affari dell’Ambasciata USA a Trinidad e Tobago, Jenifer Neidhart de Ortiz, ha dichiarato che “l’alleanza tra USA e Trinidad e Tobago esemplifica la forza regionale attraverso la collaborazione”, aggiungendo che entrambi i paesi lavorano insieme per affrontare “minacce comuni” e promuovere la “resilienza regionale”.

Dietro questa retorica diplomatica si cela un nuovo formato di intervento militare mascherato da cooperazione, volto a rilocalizzare la presenza armata USA nei Caraibi, utilizzando Trinidad e Tobago come piattaforma operativa.

Il pedone militare: Kamla Persad-Bissessar

Il percorso politico della prima ministra Kamla Persad-Bissessar riflette chiaramente il passaggio da una dirigente che un tempo difendeva la sovranità caraibica a una pedina funzionale della politica interventista USA.

Formata all’interno di programmi educativi USA — come il programma Fulbright e l’Università Columbia —, Persad-Bissessar ha modellato il suo pensiero politico in ambienti accademici dove la “cooperazione” si insegna come subordinazione e la “diplomazia” come allineamento strategico.

Durante il suo primo mandato (2010–2015), ha compiuto passi concreti verso una relazione di dipendenza: ha firmato l’Accordo sullo Statuto delle Forze Armate (SOFA), che concede privilegi e immunità alle truppe USA in territorio trinitense, trasformando di fatto il Paese in un’estensione logistica del Comando Sud.

All’epoca, fu celebrata a Washington per la sua disponibilità a “cooperare” in materia di sicurezza ed energia, recandosi più volte negli USA per rafforzare i legami con il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca. I suoi discorsi erano sempre compiacenti verso la politica estera USA, presentandosi come un’“alleata affidabile” nei Caraibi.

Va ricordato che, seguendo la linea politica della Casa Bianca, già nel 2019, dal suo seggio in Parlamento, riconobbe Juan Guaidó; nel 2023 intensificò i contatti con l’ambasciatrice Candace Bond; e nel 2025, già rieletta, a fine settembre si recò a Washington per incontrare Marco Rubio e ottenere l’avallo USA sul campo gasifero Dragón, appartenente al Venezuela.

Come confermato dal procuratore generale di Trinidad e Tobago, John Jeremie, il governo USA aveva concesso una nuova licenza dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC) della durata di sei mesi, per consentire la prosecuzione delle negoziazioni con il Venezuela sullo sviluppo del campo Dragón.

Tale nuova licenza, in realtà, rappresentava un arretramento rispetto alle condizioni iniziali dell’accordo, poiché limitava le operazioni a una fase di colloqui, senza autorizzare ancora la produzione né l’esportazione del gas venezuelano.

Quando, ad agosto, iniziò l’agenda di aggressione militare contro il Venezuela, l’ufficio della prima ministra diffuse un comunicato ufficiale che appoggiava apertamente il dispiegamento nel Caribe: “Il dispiegamento di asset militari USA per distruggere i cartelli terroristici della droga ha il pieno appoggio del governo di Trinidad e Tobago”, si leggeva nel testo.

Con quel messaggio, Persad-Bissessar adottava il discorso di Washington secondo cui la presenza del Comando Sud risponde alla “lotta contro il crimine organizzato”, occultando il carattere geopolitico dell’operazione.

“I cittadini rispettosi della legge non hanno nulla da temere”, aggiunse, riducendo un dispiegamento bellico a una presunta operazione di sicurezza.

Poi cercò di attenuare la posizione affermando: “Il governo USA non ha mai chiesto accesso al territorio trinitense per alcuna azione militare contro il regime venezuelano”.
Ma tale affermazione crolla di fronte ai fatti.

Con l’arrivo delle navi da guerra USA nei porti trinitensi si dimostra l’assurdità della presunta neutralità. La passività con cui la prima ministra ha accolto queste unità navali rivela ancora una volta la sua complicità attiva.

Concluse il suo messaggio, aggiunse: “Se il regime di Maduro lanciasse un attacco contro il popolo guyanese e gli USA chiedessero accesso al nostro territorio per difendere la Guyana, il mio governo lo concederà senza riserve.”
Con ciò ruppe con la politica storica della CARICOM e con il principio secondo cui i Caraibi sono una zona di pace.

In definitiva, la sua carriera politica è segnata da un’ambiguità costante di subordinazione a Washington: se l’interlocutore USA aggrotta le sopracciglia, cambia discorso; se annuisce, continua con entusiasmo.

Il comunicato mostra in fondo il suo allineamento reale: Trinidad e Tobago si offre come un altro enclave logistico degli USA — il secondo casus belli prediletto, dopo l’enclave guyanese.

Campo Dragón in sospeso: ExxonMobil dietro le quinte

Lo sviluppo del campo Dragón, uno dei giacimenti di gas più rilevanti della regione, rappresenta un progetto strategico di cooperazione bilaterale e un esempio di buona vicinanza tra Venezuela e Trinidad e Tobago.

Dalla sua concezione nel 2008, il progetto ha attraversato più di un decennio di negoziati tecnici, diplomatici e legali, ostacolati dal prolungato regime di sanzioni illegali imposto dagli USA, volto a frenare la sua esecuzione e a condizionarne i benefici agli interessi di Washington.

Il maggiore progresso si registrò nel gennaio 2023, quando l’allora primo ministro Keith Rowley riconobbe che il principale ostacolo alla cooperazione energetica era proprio la pressione delle sanzioni USA.

Dopo dure trattative e aggiustamenti alle licenze emesse dall’OFAC, fu possibile consentire a imprese come Shell e alla National Gas Company (NGC) di operare nel campo Dragón, all’interno di un quadro giuridico binazionale che formalizzava lo sfruttamento congiunto del giacimento e garantiva meccanismi di pagamento flessibili, inclusi dollari statunitensi o scambi umanitari.

Questo progetto non solo costituiva una pietra miliare per l’industria del gas venezuelana, come sottolineato dalla vicepresidente Rodríguez, ma riaffermava anche il principio di buona vicinanza e cooperazione pacifica sui risorsi condivisi, sostenuto da norme internazionali.

La visione strategica del Venezuela è sempre stata quella di garantire lo sviluppo congiunto, equo e sovrano dei campi gasiferi come strumento di stabilità regionale e di rafforzamento delle relazioni bilaterali.

Tuttavia, la recente politica del governo trinitense, sotto l’amministrazione Persad-Bissessar, ha introdotto una svolta ostile che minaccia la continuità di tale cooperazione.

Il comunicato del 23 agosto, in cui esprimeva il suo appoggio al dispiegamento militare USA nella regione, coincide con la firma di un contratto multimilionario con ExxonMobil (simultaneo all’escalation contro il Venezuela), evidenziando un allineamento strategico con interessi esterni che compromettono la cooperazione gasifera.

Il contratto riattiva le operazioni commerciali della multinazionale a Trinidad dopo la sua uscita nel 2003 e si è concretizzato 100 giorni dopo la vittoria elettorale del governo di coalizione guidato da Persad-Bissessar.

“Per la prima volta dal 2003, ExxonMobil torna a Trinidad e Tobago. Abbiamo concordato un piano di esplorazione a fasi per una zona di acque ultraprofonde che copre sette blocchi della costa orientale di Trinidad, tra i 2000 e i 3000 metri di profondità”,
dichiarò allora la prima ministra.

La coincidenza temporale tra queste decisioni e la firma dell’accordo con ExxonMobil non è casuale.

In questo contesto, le grandi corporazioni internazionali continuano ad agire a scapito degli accordi di buona vicinanza, con l’obiettivo di appropriarsi di risorse condivise sotto la copertura di governi servili. La realtà mostra che, senza cooperazione sovrana, le risorse naturali si trasformano in strumenti di conflitto e la stabilità regionale rimane esposta a rischi strategici latenti.

Il presidente Nicolás Maduro lo aveva già avvertito lo scorso anno: “Le grandi transnazionali esplorano e cercano campi condivisi per mettere i paesi l’uno contro l’altro, ma Venezuela e Trinidad e Tobago sviluppano i campi gasiferi in pace.”

Di conseguenza, il Venezuela si vede costretto a sospendere gli accordi relativi al campo Dragón e ad altri progetti, in legittima difesa della propria sovranità. In uno scenario di guerra e aggressione esterna, non è possibile mantenere una cooperazione energetica con attori bellicosi che minacci la pace e la stabilità.


Rubio y ExxonMobil en la sombra Trinidad y Tobago

 

El presidente Nicolás Maduro firmó una medida cautelar para suspender el Acuerdo Marco de Cooperación Energética con Trinidad y Tobago, luego de que el gobierno de ese país se sumara abiertamente al plan guerrerista de Estados Unidos contra Venezuela.

Anteriormente, durante una reunión con la directiva del Ministerio del Poder Popular para los Hidrocarburos y de PDVSA, la vicepresidenta Delcy Rodríguez denunció que la primera ministra Kamla Persad-Bissessar había decidido convertir el territorio trinitense en una base militar al servicio del Comando Sur, rompiendo con los principios de hermandad y cooperación energética que históricamente unieron a ambas naciones: “Lo que se pretende instalar en nuestra región es una guerra de hidrocarburos que amenaza la paz y la estabilidad del Caribe”, advirtió la vicepresidenta, al tiempo que destacó que la decisión venezolana responde a la defensa de su soberanía y a la necesidad de preservar el Caribe como zona de paz.

El contexto

El anuncio se produce en medio del nuevo despliegue militar estadounidense en Trinidad y Tobago. El Pentágono, a través de su portavoz Sean Parndell, confirmó el 24 de octubre que el secretario de Guerra, Pete Hegseth, ordenó el despliegue del portaaviones USS Gerald R. Ford y su grupo de ataque en el área de responsabilidad del Comando Sur.

Según Washington, esta medida busca “reforzar la capacidad estadounidense de detectar, monitorear y desmantelar actores ilícitos que comprometen la seguridad y la prosperidad de Estados Unidos”. Sin embargo, la magnitud del operativo, un portaaviones con capacidad para más de 75 aeronaves y más de 4 mil 500 efectivos, revela un movimiento de provocación belicista en contra de Venezuela.

Simultáneamente, Trinidad y Tobago recibió al USS Gravely (DDG-107), un destructor de misiles guiados que atracó en Puerto España para participar en ejercicios militares conjuntos con la 22ª Unidad Expedicionaria de Marines de los Estados Unidos.

La primera ministra trinitense celebró abiertamente la llegada de las tropas extranjeras, afirmando que estas actividades fortalecen la cooperación en materia de seguridad. “El Ministerio de Asuntos Exteriores y la CARICOM han informado que el USS Gravely visitará Trinidad y Tobago del 26 al 30 de octubre, mientras la 22ª Unidad Expedicionaria de Marines realizará ejercicios conjuntos con la Fuerza de Defensa de Trinidad y Tobago”, declaró la funcionaria, legitimando una presencia que viola la vocación de paz del Caribe.

Por su parte, la encargada de negocios de la Embajada de Estados Unidos en Trinidad y Tobago, Jenifer Neidhart de Ortiz, afirmó que “la alianza entre Estados Unidos y Trinidad y Tobago ejemplifica la fortaleza regional mediante la colaboración”, añadiendo que ambos países trabajan juntos para enfrentar “amenazas compartidas” y promover la “resiliencia” regional.

Detrás de esa retórica diplomática se esconde un nuevo formato de intervención militar, disfrazado de cooperación, que busca reubicar la presencia armada estadounidense en el Caribe, utilizando a Trinidad y Tobago como plataforma de operaciones.

El peón militar: Kamla Persad-Bissessar

La trayectoria de la primera ministra Kamla Persad-Bissessar retrata con nitidez el tránsito de una dirigente que pasó de defender la soberanía caribeña a convertirse en pieza funcional de la política injerencista de Estados Unidos.

Formada bajo el amparo de los programas educativos estadounidenses, el programa Fulbright y la Universidad de Columbia, permitió que Persad-Bissessar moldeara su pensamiento político en esos entornos académicos, donde la cooperación se enseña como subordinación y la diplomacia como alineamiento estratégico.

 Así que, durante su primer mandato (2010-2015), Persad-Bissessar dio pasos concretos hacia una relación de dependencia. Firmó el Acuerdo sobre el Estatuto de las Fuerzas (SOFA), que otorga privilegios e inmunidad a las tropas estadounidenses en territorio trinitense, y que en la práctica convirtió al país en una extensión logística del Comando Sur.

La entonces primera ministra fue celebrada en Washington por su disposición a “cooperar” en seguridad y energía, e incluso viajó en repetidas ocasiones a Estados Unidos para fortalecer lazos con el Departamento de Estado y la Casa Blanca. En esas reuniones, su discurso siempre fue complaciente con las líneas de política exterior estadounidense, presentándose como una “aliada confiable” en el Caribe.

Debe recordarse también que, siguiendo la línea política de la Casa Blanca en aquel entonces, para 2019, desde el curul del parlamento trinitense, reconoció a Juan Guaidó; en 2023 intensificó contactos con la embajadora Candace Bond; y en 2025, ya reelecta, a finales de septiembre se reunió con Marco Rubio en Washington para recibir el aval estadounidense en torno al campo gasífero Dragón, perteneciente a Venezuela.

Esa exención, tal como confirmó el fiscal general de Trinidad y Tobago, John Jeremie, se refería a que el gobierno estadounidense otorgó una nueva licencia de la Oficina de Control de Activos Extranjeros (OFAC, sus siglas en inglés) por seis meses, con el fin de permitir la continuidad de las negociaciones con Venezuela sobre el desarrollo del campo Dragón.

Ese nuevo movimiento en realidad evidenció un retroceso en las condiciones iniciales del acuerdo, pues la nueva licencia restringe las operaciones a una fase de conversaciones, sin facultar aún la producción ni la exportación del gas venezolano.

Ahora bien, cuando inició la agenda de agresión militar en contra de Venezuela, en agosto, la oficina de la primera ministra difundió un comunicado oficial respaldando abiertamente el despliegue en el Caribe: “El despliegue de activos militares estadounidenses para destruir los cárteles terroristas de la droga cuenta con el pleno apoyo del gobierno de Trinidad y Tobago”, afirmaba el texto.

Con ese mensaje, Persad-Bissessar adoptó el discurso de Washington según la cual la presencia del Comando Sur responde a “la lucha contra el crimen organizado”, ocultando el carácter geopolítico del operativo.

“Los ciudadanos respetuosos de la ley no tienen nada que temer”, añadió, reduciendo un despliegue bélico a una supuesta operación de seguridad.

Luego hizo una aclaratoria en el tenor de un intento fallido de suavizar la postura: “El gobierno estadounidense nunca ha solicitado acceso a territorio trinitense para ninguna acción militar contra el régimen venezolano”. Sin embargo, esa afirmación se desmorona frente a los hechos.

Con el arribo de los buques de guerra estadounidenses a puertos trinitenses queda en evidencia la absurda neutralidad. La pasividad con la que la primera ministra ha recibido estas unidades navales revela una vez más su complacencia activa.

Finalizó el mensaje con “Si el régimen de Maduro lanza algún ataque contra el pueblo guyanés y Estados Unidos solicita acceso a nuestro territorio para defender a Guyana, mi gobierno lo concederá sin reservas”. A su vez, rompió con la política histórica de la CARICOM y con el principio de que el Caribe es una zona de paz.

En definitiva, su carrera política ha estado marcada por esa ambigüedad de arrastre hacia Washington, porque si el interlocutor estadounidense frunce el ceño, cambia el discurso; si asiente, continúa con entusiasmo.

El comunicado al final muestra en el fondo su alineamiento real: Trinidad y Tobago se ofrece como otro enclave logístico de Estados Unidos; es el otro casus belli predilecto (el primero es el enclave guyanés).

Campo Dragón en reposo: La ExxonMobil detrás

El desarrollo del campo Dragón, uno de los yacimientos gasíferos más relevantes de la región, representa un proyecto estratégico de cooperación binacional y un ejemplo de buena vecindad entre Venezuela y Trinidad y Tobago.

Desde su concepción en 2008, el proyecto ha atravesado más de una década de negociaciones técnicas, diplomáticas y legales, incluyendo obstáculos impuestos por el prolongado régimen de sanciones ilegales de Estados Unidos, que han buscado frenar su ejecución y condicionar sus beneficios al interés de Washington.

El punto de mayor avance se registró en enero de 2023, cuando el entonces primer ministro Keith Rowley reconoció que el principal obstáculo para la cooperación energética había sido precisamente la presión de sanciones estadounidenses.

Tras arduas negociaciones y ajustes de licencias emitidas por la OFAC, se logró permitir que empresas como Shell y la Compañía Nacional de Gas (NGC) pudieran operar en el campo Dragón, bajo un marco jurídico binacional que formalizó la explotación conjunta del yacimiento y aseguraba mecanismos de pago flexibles, incluyendo dólares estadounidenses o intercambios humanitarios.

Este proyecto no solo constituye un hito histórico para la industria del gas venezolano, como lo destacó la vicepresidenta Rodríguez, sino que también reafirma el principio de buena vecindad y cooperación pacífica sobre recursos compartidos, respaldado por normas internacionales.

La visión estratégica de Venezuela ha sido siempre la de garantizar el desarrollo conjunto, equitativo y soberano de los campos gasíferos como herramienta de estabilidad regional y de fortalecimiento de relaciones bilaterales.

No obstante, la reciente política del gobierno trinitense, bajo la administración de la primera ministra Kamla Persad-Bissessar, ha introducido un giro hostil que amenaza la continuidad de esta cooperación.

El comunicado del 23 de agosto, en el que expresaba su apoyo al despliegue militar estadounidense en la región, coincide con la firma de un contrato multimillonario con ExxonMobil (simultánea a la escalada contra Venezuela) evidencian un alineamiento estratégico con intereses externos que comprometen la cooperación gasífera.

El contrato reanuda las operaciones comerciales de la transnacional en Trinidad tras su salida en 2003 y se concretó 100 días después de que el gobierno de coalición liderado por Persad-Bissessar ganara las elecciones generales del pasado abril.

“Por primera vez desde 2003, ExxonMobil regresa a Trinidad y Tobago. Acordamos un plan de exploración por etapas para explorar una zona de aguas ultraprofundas que abarca siete bloques de la costa este de Trinidad, de entre 2.000 y 3.000 metros de profundidad”, dijo en ese momento la primera ministra.

La coincidencia temporal entre estas decisiones y la suscripción del pacto con ExxonMobil no es fortuita.

En este contexto, las grandes corporaciones internacionales continúan operando en detrimento de los acuerdos de buena vecindad, con el objetivo de apropiarse de recursos compartidos bajo la cobertura de gobiernos serviles. La realidad muestra que sin cooperación soberana los recursos naturales se convierten en instrumento de conflicto, y la estabilidad regional queda expuesta a riesgos estratégicos latentes. El presidente Nicolás Maduro lo advirtió el año pasado: “Las grandes transnacionales exploran y buscan campos compartidos para enemistar a los países, pero Venezuela y Trinidad y Tobago desarrollan los campos gasíferos en paz”.

En consecuencia, Venezuela se ve en la obligación de suspender los acuerdos relacionados con el campo Dragón y otros en defensa legítima de su soberanía. Bajo un escenario de guerra y agresión externa, no es posible mantener una cooperación energética con actores beligerantes que garantice paz y estabilidad.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.