Cuba approva la Dichiarazione dell’Avana

Acela Caner Roman-Eugenio Suarez Perez
http://www.granma.cu

dichiarazione1960Convocati dal leader della Rivoluzione cubana per dare risposta alla Dichiarazione di San José di Costarica, approvata dall’OSA nellai Ministri degli Esteri, fin dalle prime ore di venerdì 2 settembre 1960, decine di migliaia di uomini  e donne arrivati dagli angoli più remoti di Cuba cominciarono ad arrivare a l’Avana. Treni, camion, autobus, automobili, riempivano le strade di accesso alla capitale. Nel frattempo, i cittadini dell’Avana marciavano verso il luogo designato per la concentrazione.

Che cosa ha fatto Cuba per essere condannata?

Nella Piazza Civica –oggi Piazza  della Rivoluzione-, oltre un milione di persone a nome di tutti i cittadini del paese, si riunirono per costituire l’Assemblea Generale Nazionale del Popolo di Cuba.

Il presidente della Repubblica, Osvaldo Dorticos Torrado, con una breve allocuzione  inaugurò la storica assemblea e,  subito, diede la parola al Comandante in Capo  Fidel.

Dopo aver espresso la sua emozione davanti al mare di persone che occupavano la piazza, Fidel riconobbe che, anche se i membri del Governo Rivoluzionario avevano visto molti riunioni del popolo, “questa è di cosi tale grandezza  che non smette di impressionarci profondamente, e ci fa vedere l’enorme  responsabilità che tanto voi come noi  ci portiamo sulle nostre spalle”. [1]

Il C.te in Capo sottolineò che il popolo cubano si era radunato in Assemblea Generale Nazionale perché aveva era piena coscienza che stava “conducendo una grande lotta per la sua sopravvivenza e il suo trionfo, e dal momento che il nostro popolo è un popolo battagliero e un popolo coraggioso, per questo sono qui presenti i cubani”. Ha poi aggiunto: “è un peccato che oggi, quando discuteremo qui le stesse questioni discusse in Costarica, non siano qui seduti i 21 cancellieri d’America […] in modo da poter confrontare quanto diverso sia il linguaggio diplomatico delle cancellerie e il linguaggio del popolo”.

Dopo un ampio resoconto della situazione economica e sociale del popolo nella Cuba pre-rivoluzionaria, Fidel dimostrò come a ribellarsi contro tutti i mali che  impedivano lo sviluppo del paese e una vita migliore per tutti, il governo USA aveva non solo ci aveva calunniato e aggredito economicamente smettendo di comprare la quota di zucchero, ma che i cubani avevano visto i loro campi bombardati e bruciati dagli aerei provenienti dalla nazione settentrionale.

E il leader rivoluzionario chiese al suo popolo : «Che cosa ha fatto Cuba per essere condannata? Che cosa ha fatto il nostro popolo per meritare la Dichiarazione di Costarica? Il nostro popolo non ha fatto altro che spezzare le catene! Il nostro popolo non ha fatto altra cosa, senza danneggiare alcun altro popolo, senza togliere niente a nessun altro popolo, che lottare per un futuro migliore”.

Nonostante che la politica aggressiva dell’impero contro Cuba violava le norme del diritto internazionale, il governo Eisenhower  ottenne che l’OSA convocasse la VII Riunione di Consultazione dei Cancellieri per accusarla e condannarla. Per questo, nel suo dialogo con il popolo, Fidel rifletteva: “Era logico che in qualsiasi riunione dei cancellieri, Cuba non fosse condannata; era logico che in qualsiasi riunione di cancellieri si condannasse gli USA per la loro aggressione contro un piccolo paese. L’assurdità è che il piccolo paese dovesse essere condannato dai cancellieri proprio per servire i disegni del potente paese aggressore. Ed è quello che andiamo a discutere oggi in questa assemblea generale nazionale del popolo di Cuba”.

La delegazione cubana, guidata da Raul Roa, espose e difese i criteri di Cuba. Tuttavia, come Fidel disse: “Nonostante le formidabili ragioni, della straordinaria forza morale di Cuba, quei cancellieri, anche se molti di loro con vergogna, firmarono la dichiarazione”.

Fidel chiarì che ci furono cancellieri  che negano dare la loro firma e sottolineò il gesto del cancelliere venezuelano, Ignacio Luis Arcaya, che ignorando le direttive del suo governo, rifiutò di firmare la Dichiarazione di Costarica, fatto per il quale il suo popolo lo riconobbe come Cancelliere della Dignità. Arcaya rappresentò, secondo le parole di Fidel: “il sentimento di quell’eroico popolo del Venezuela, che da una settimana è in strada per protestare contro la Dichiarazione di Costarica”.

Immediatamente, Fidel dichiarò che c’era un altro cancelliere che aveva rifiutato di convalidare con la sua e firma il documento di Raúl Porras Barrenecheacondanna a Cuba. Era Raul Porras Barrenechea, che su istruzioni del suo governo aveva sollecitato questo incontro dell’OSA. Sopra di lui, Fidel disse: “fu il Cancelliere del Perù, che convocò la riunione per discutere della presunta intrusione extra-continentale, tale fu la ripugnanza che ha prodotto lo spirito autoritario del Dipartimento di Stato USA, fu tale la ripugnanza che ha prodotto la farsa, che è anche il Cancelliere del Perù rifiutò, personalmente, di firmare  quella dichiarazione”.

Nel suo discorso, Fidel ha esortò quei governi che in America si autoproclamavano democratici, che riunissero i loro popoli come lo fa Cuba, analizzare i problemi dell’America e sottoporre al loro giudizio la Dichiarazione del Costarica. Solo i popoli devono decidere se approvano o meno.

Il popolo di Cuba deciderà, in questa assemblea

Con la Dichiarazione di Costarica in mano, Fidel chiama a discuterla perché “il popolo di Cuba deciderà, in questa assemblea generale nazionale del popolo” se l’accetta o la rifiuta. Chiarisce che quasi tutti gli articoli di questo documento sono contro Cuba per cui “dobbiamo formulare la nostra dichiarazione noi. Mentre loro fecero la loro, noi dobbiamo fare la nostra da qui, la Dichiarazione dell’Avana”.

A misura che Fidel legge un dialogo tra la folla e il suo leader, che dà a conoscere, punto per punto, quella dichiarazione per cui il popolo di Cuba possa opinare e adottare le misure idonee. Diverse furono le proposte presentate dal leader rivoluzionario al popolo in assemblea. Uno dopo l’altro, l’assemblea di oltre un milione di cubani, approvò sette accordi.

Infine, Fidel espresse che avrebbe sottoposto all’esame del popolo una dichiarazione, contenente i punti di vista che erano stati discussi, e disse: “E’ come una risposta alla dichiarazione di Costarica, per contrapporre alla dichiarazione dei  cancellieri la dichiarazione dei popoli, la dichiarazione  si chiamerà nella storia ‘America la Dichiarazione dell’Avana! “

La Dichiarazione dell’Avana

OSA-fidelDavanti al popolo che con aspettativa seguiva ognuna delle sue parole, Fidel diede lettura della  storica Dichiarazione dell’Avana, il cui incipit tutti teniamo a memoria: “Insieme all’immagine e al ricordo di José Martí, a Cuba, Territorio Libero di America, il popolo, nell’esercizio delle potestà inalienabili derivanti dall’effettivo esercizio della sovranità, espressa nel suffragio diretto, universale e pubblico, si è costituita in Assemblea Generale Nazionale”.

In nove punti, questo documento raccoglie i problemi più urgenti dell’ America Latina; si evidenzia la condanna della cosiddetta Dichiarazione di San José de Costarica e l’intervento aperto e criminale che per oltre un secolo ha esercitato l’imperialismo USA su tutti i popoli dell’America Latina; respinge il tentativo di estendere il dominio in America degli imperialisti; dichiara che l’aiuto, spontaneamente offerto, dall’Unione Sovietica a Cuba non potrà mai essere considerato un atto di intromissione, ma un evidente atto di solidarietà; nega che sia esistita  pretesa alcuna da parte dell’Unione Sovietica e dalla Repubblica Popolare di Cina di utilizzare Cuba, per mettere in pericolo l’unità dell’emisfero; ribadisce la sua politica di amicizia con tutti i popoli del mondo; riafferma l’intenzione di stabilire relazioni diplomatiche con tutti i paesi socialisti e che la democrazia non è compatibile con l’oligarchia finanziaria.

Inoltre, la Dichiarazione dell’Avana condanna i mali che colpiscono i popoli, come: latifondo, salari da fame, sfruttamento iniquo del lavoro umano, analfabetismo, la mancanza di insegnanti, scuole, medici e ospedali; mancanza della protezione degli anziani, discriminazione del nero e dell’indio; ineguaglianza e sfruttamento delle donne, e tutto ciò che soffoca i popoli.

Condanna infine, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e lo sfruttamento dei paesi sottosviluppati da parte del capitale finanziario imperialista.

Inoltre, la Dichiarazione … postula il dovere di tutti gli uomini e le donne a lottare per le loro rivendicazioni economiche, politiche e sociali; di tutte le nazioni oppresse e sfruttate a lottare per la loro liberazione; e di ogni popolo alla solidarietà con tutti i popoli oppressi.

Questa Dichiarazione riafferma la sua fede che l’America Latina marcerà, unita e vittoriosa, libera da vincoli, e proclama anche che Cuba ratifica, davanti a lei e al mondo, come un impegno storico, il suo dilemma irrinunciabile: Patria o Morte.

Infine, il nono punto del documento, delibera: “Che questa Dichiarazione sia nota come la Dichiarazione dell’Avana”.

Fidel sottopose la presente Dichiarazione all’attenzione del popolo: “quelli che appoggiano la Dichiarazione, alzino la mano”.

La folla alza la mano e per alcuni minuti esclama slogan e applausi alla Rivoluzione, a Cuba e al suo Comandante in Capo. Fidel poi continua: “E ora, manca qualcosa. E con la Dichiarazione di San José, cosa facciamo?” Il popolo esclama: “La stracciamo”. “La stracciamo” e Fidel la strappa davanti alla folla.

Un araldo della prospettiva socialista

dichiarazione AvanaLa Dichiarazione dell’Avana, da quel momento, fu considerata come la Costituzione dei Popoli dell’America Latina e per Cuba divenne il suo Programma di lotta. Ciò lo riconobbe Fidel quando il 15 ottobre 1960, dichiarò: “Il programma Moncada è stato adempiuto. Entriamo in una nuova fase; metodi sono diversi. I nostri principi sono ora sintetizzati nella Dichiarazione dell’Avana”. [2]

Fatto senza precedenti nella storia del nostro paese e dell’America, la Dichiarazione dell’Avana ha rotto i limiti della prima fase della rivoluzione democratica-popolare agraria e antimperialista.  Per la sua affermazione di condanna dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, il Programma del PCC la qualifica come “un araldo della prospettiva socialista”.

La Dichiarazione dell’Avana fu l’antecedente della proclamazione del carattere socialista della Rivoluzione, il 16 aprile 1961. Ciò fu riconosciuto da Fidel nell’articolo che scrisse nel settembre 1961 per il primo numero della rivista ‘Cuba Socialista’: “La Rivoluzione non divenne socialista quel giorno. Era socialista, nella sua volontà e nelle sue definite aspirazioni, quando il popolo formulò Dichiarazione dell’Avana”.

A partire dal 4 febbraio 1962, questo documento è stato conosciuto con il nome di Prima Dichiarazione dell’Avana, perché quel giorno, il popolo cubano di nuovo riunito davanti alla statua di José Martí, approvò la Seconda Dichiarazione dell’Avana, sorta come risposta alla decisione adottata a Punta dell’ Est dal dell’VIII Riunione di Consultazione dei Cancellieri, in cui Cuba fu espulsa dall’OSA.

[1] Tutte le citazioni sono tratte dal discorso di Fidel del 2 settembre 1960.
[2] Il pensiero di Fidel Castro. Selezione tematica. Tomo 1, Volume I,  pag. 377.

Cuba aprueba la Declaración de La Habana

Acela Caner Román – Eugenio Suárez Pérez

Convocados por el líder de la Revolución Cubana para dar respuesta a la Declaración de San José de Costa Rica, aprobada por la OEA en la VII reunión de Cancilleres, desde las primeras horas de la madrugada del viernes 2 de septiembre de 1960, decenas de miles de hombres y mujeres procedentes de los más apartados rincones de Cuba comenzaron a llegar a La Habana. Trenes, camiones, ómnibus, automóviles, colmaban las vías de acceso a la capital. Mientras, los habaneros marchaban rumbo al sitio señalado para la concentración.

¿QUÉ HA HECHO CUBA PARA SER CONDENADA?

En la Plaza Cívica —hoy Plaza de la Revolución—, más de un millón de personas en representación de todos los ciudadanos del país, se congregaron para constituir la Asamblea Ge­neral Nacional del Pueblo de Cuba.

El presidente de la República, Osvaldo Dorticós Torrado, con una breve alocución inauguró la histórica asamblea y, de inmediato, cedió la palabra al Comandante en Jefe Fidel.

Tras expresar su emoción ante el mar de pueblo que ocupaba la plaza, Fidel reconoció que aunque los miembros del Go­bierno Revolucionario habían visto muchas reuniones del pueblo, “esta es de tal magnitud que no deja de impresionarnos profundamente, y nos hace ver la enorme responsabilidad que ustedes y nosotros llevamos sobre nuestros hombros”.[1]

El Comandante en Jefe destacó que el pueblo cubano se ha­bía reunido en Asamblea General Nacional porque tenía plena conciencia que estaba “librando una gran lucha por su supervivencia y por su triunfo, y puesto que nuestro pueblo es un pueblo batallador y un pueblo valiente, por eso están aquí presentes los cubanos”. Y agregó: “es lástima que hoy, cuando vamos a discutir aquí las mismas cuestiones que se discutieron en Cos­ta Rica, no estuvieran aquí sentados los 21 cancilleres de Amé­rica […] para que pudieran comparar cuán distinto es el lenguaje diplomático de las cancillerías y el lenguaje de los pueblos”.

Tras un amplio recuento de la situación económica y social del pueblo en la Cuba prerrevolucionaria, Fidel demostró cómo al rebelarse contra todos los males que impedían el desarrollo del país y una vida mejor para todos, el gobierno de Estados Unidos no solo nos había calumniado y agredido económicamente al dejar de comprar la cuota azucarera, sino que los cubanos habían visto sus campos bombardeados e incendiados por aviones procedentes de la nación del norte.

Y preguntó a su pueblo el líder revolucionario: “¿Qué ha hecho Cuba para ser condenada? ¿Qué ha hecho nuestro pueblo para merecer la Declaración de Costa Rica? ¡Nuestro pueblo no ha hecho otra cosa que romper las cadenas! Nuestro pueblo no ha hecho otra cosa, sin perjudicar a ningún otro pueblo, sin quitarle nada a ningún otro pueblo, que luchar por un destino mejor”.

A pesar de que la política agresiva del imperio contra Cuba violaba las normas del derecho internacional, el gobierno de Eisenhower logró que la OEA convocara a la VII reunión de Con­sulta de Cancilleres para acusarla y condenarla. Por ello, en su diálogo con el pueblo, Fidel reflexionaba: “Era lógico que en cualquier reunión de cancilleres no se fuese a condenar a Cuba; era lógico que en cualquier reunión de cancilleres se condenase a Estados Unidos por sus agresiones a un país pequeño. Lo absurdo era que el país pequeño fuese a ser condenado por los cancilleres, precisamente para servir los designios del poderoso país agresor. Y eso es lo que vamos a discutir hoy en esta asamblea general nacional del pueblo de Cuba”.

La delegación cubana, encabezada por Raúl Roa, expuso y defendió los criterios de Cuba. Sin embargo, como dijo Fidel: “A pesar de las formidables razones, de la extraordinaria fuerza moral de Cuba, aquellos cancilleres, aunque avergonzados mu­chos de ellos, firmaron la declaración”.

Fidel aclaró que hubo cancilleres negados a dar su firma y destacó el gesto del canciller venezolano Ignacio Luis Arcaya quien, desoyendo la directriz de su gobierno, se negó a firmar la Declaración de Costa Rica, hecho por el cual su pueblo lo reconoció como Canciller de la Dignidad. Arcaya representó, al decir de Fidel: “el sentimiento de ese heroico pueblo de Venezuela, que hace una semana está en la calle protestando contra la De­claración de Costa Rica”.

De inmediato, Fidel refirió que hubo otro canciller negado a validar con su firma el documento de condena a Cuba. Era Raúl Porras Barrenechea, quien por instrucciones de su gobierno había solicitado este encuentro de la OEA. Sobre él, Fidel expresó: “fue el Canciller de Perú el que convocó la reunión para tratar de la supuesta intromisión extracontinental, fue tal la repugnancia que le produjo el espíritu autoritario del Departamento de Estado norteamericano, fue tal la repugnancia que le produjo la farsa, que también el Canciller de Perú se negó, personalmente, a firmar esa declaración”.

En su intervención, Fidel exhortó a esos gobiernos que en América se autoproclamaban demócratas, a que reunieran a sus pue­blos como lo hace Cuba, analizaran los problemas de Amé­rica y sometieran a su criterio la Declaración de Costa Rica. Solo los pueblos deben decidir si aprueban, o no.

EL PUEBLO DE CUBA VA A DECIDIR, EN ESTA ASAMBLEA

Con la Declaración de Costa Rica en la mano, Fidel llama a discutirla porque “el pueblo de Cuba va a decidir, en esta asamblea general nacional del pueblo” si la acepta o la rechaza. Aclara que casi todos los artículos de ese documento están en contra de Cuba por lo cual “tenemos que formular nuestra declaración nosotros. Conforme ellos hicieron la suya, nosotros tenemos que hacer la nuestra de aquí, la Declaración de La Habana”.

A medida que Fidel va leyendo se establece un diálogo entre la multitud y su máximo líder, que da a conocer punto por punto esa declaración para que el pueblo de Cuba pueda opinar y to­mar los acuerdos pertinentes. Varias fueron las propuestas presentadas por el líder revolucionario al pueblo congregado. Uno por uno, la asamblea de más de un millón de cubanos, aprobó siete acuerdos.

Por último, Fidel expresó que sometería a la consideración del pueblo una declaración, contentiva de los puntos de vista que se habían discutido, y precisó: “Es como una respuesta a la De­cla­ración de Costa Rica, para contraponer a la declaración de los cancilleres la declaración de los pueblos, ¡la declaración que se llamará en la historia de América la Declaración de La Habana!”

LA DECLARACIÓN DE LA HABANA

Ante el pueblo que expectante seguía cada una de sus palabras, Fidel dio lectura a la histórica Declaración de La Habana, cuyas palabras iniciales todos guardamos en la memoria: “Junto a la imagen y el recuerdo de José Martí, en Cuba, Terri­to­rio Libre de América, el pueblo, en uso de las potestades ina­lienables que dimanan del efectivo ejercicio de la soberanía, expresada en el sufragio directo, universal y público, se ha constituido en Asamblea General Nacional”.

En nueve puntos, este documento recoge los problemas más acuciantes de América Latina; destaca la condena a la denominada Declaración de San José de Costa Rica y la intervención abierta y criminal que durante más de un siglo ha ejercido el im­pe­rialismo norteamericano sobre todos los pueblos de América La­tina; rechaza el intento de extender el dominio en América de los im­perialistas; declara que la ayuda espontáneamente ofrecida por la Unión Soviética a Cuba no podrá ser considerada ja­más co­mo un acto de intromisión, sino un evidente acto de solidaridad; niega que haya existido pretensión alguna por parte de la Unión Soviética y la República Popular China de utilizar a Cuba, para po­ner en peligro la unidad del hemisferio; ratifica su política de amistad con todos los pueblos del mundo; reafirma su propósito de es­tablecer relaciones diplomáticas con todos los países socialistas y que la democracia no es compatible con la oligarquía fi­nanciera.

También, la Declaración de La Habana condena los males que afectan a los pueblos, tales como: latifundio, salarios de hambre, explotación inicua del trabajo humano, analfabetismo, ausencia de maestros, de escuelas, de médicos y de hospitales; falta de protección a la vejez, discriminación del negro y del indio; desigualdad y explotación de la mujer, y a todo lo que ahoga a los pueblos.

Condena en fin, la explotación del hombre por el hombre, y la explotación de los países subdesarrollados por el capital fi­nanciero imperialista.

Además, la Declaración… postula el deber de todos los hombres y mujeres a luchar por sus reivindicaciones económicas, políticas y sociales; de todas las naciones oprimidas y explotadas a luchar por su liberación; y de cada pueblo a la solidaridad con todos los pueblos oprimidos.

Esta Declaración reafirma su fe en que la América Latina mar­chará, unida y vencedora, libre de las ataduras, y proclama, además, que Cuba ratifica, ante ella y el mun­do, co­mo un compromiso histórico, su dilema irrenunciable: Patria o Muerte.

Por último, el noveno punto del documento, resuelve: “Que esta declaración sea conocida con el nombre de Declaración de La Habana”.

Fidel somete esta Declaración a la consideración del pueblo: “los que apoyan la Declaración, levanten la mano”.

La multitud levanta la mano y durante varios minutos exclaman consignas y vítores a la Revolución, a Cuba y a su Co­man­dante en Jefe. Luego continúa Fidel: “Y ahora, falta algo. Y con la Declaración de San José, ¿qué hacemos?” El pueblo exclama: “¡La rompemos!”. “¡La rompemos!” y Fidel la rompe ante la multitud.

UN HERALDO DE LA PERSPECTIVA SOCIALISTA

La Declaración de La Habana, desde ese momento, fue considerada como la Constitución de los Pueblos Latinoa­me­ri­canos y para Cuba se convirtió en su Programa de lucha. Así lo reconoció cuando el 15 de octubre de 1960, expresó: “El Pro­grama del Moncada se ha cumplido. Entramos en una nueva etapa; los métodos son distintos. Nuestros principios están hoy sintetizados en la Declaración de La Habana”.[2]

Hecho sin precedentes en la historia de nuestro país y de América, la Declaración de La Habana quebró los límites de la primera etapa de la revolución democrático-popular, agraria y antimperialista. Por su afirmación de condena y la explotación del hombre por el hombre, el Programa del PCC la califica co­mo: “un heraldo de la perspectiva socialista”.

La Declaración de La Habana fue el antecedente de la proclamación del carácter socialista de la Revolución el 16 de abril de 1961. Así lo reconoció Fidel en el artículo que escribiera en septiembre de 1961 para el primer número de la revista Cuba Socialista: “La Revolución no se hizo socialista ese día. Era so­cialista en su voluntad y en sus aspiraciones definidas, cuando el pueblo formuló la Declaración de La Habana”.

A partir del 4 de febrero de 1962, este documento pasó a co­nocerse con el nombre de Primera Declaración de La Habana, porque ese día, el pueblo cubano congregado nuevamente ante la imagen de José Martí, aprobó la Segunda Declaración de La Habana, surgida como repuesta a la decisión tomada en Punta del Este por la VIII Reunión de Consulta de Cancilleres, mediante la cual Cuba fue expulsada de la OEA.

[1] Todas las citas son tomadas del discurso de Fidel del 2 de septiembre de 1960.
[2] El pensamiento de Fidel Castro. Selección temática. Tomo I, Volumen 1. p. 377.

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