L’ora di Cuba

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Bloqueo. Forse sta per finire l’embargo USA imposto all’isola da 52 anni

di Roberto Livi da IL MANIFESTO del 25 giugno 2014

Il pas­sato fine di set­ti­mana, il pre­si­dente dell’Uruguay José Mujica, avrebbe tra­smesso al suo col­lega cubano, Raúl Castro un mes­sag­gio di Barak Obama (che aveva incon­trato nella sua visita uffi­ciale a Washing­ton) nel quale il pre­si­dente Usa si dice pronto a inta­vo­lare un dia­logo con l’Avana e a discu­tere la fine dell’ embargo uni­la­te­rale da 52 anni impo­sto a Cuba. La noti­zia è stata dif­fusa dal set­ti­ma­nale uru­gua­yano molto vicino a fonti gover­na­tive, Búsqueda, il quale scrive che «il pre­si­dente cubano si è dimo­strato molto inte­res­sato della pro­po­sta» di Obama «a con­di­zione che essa non impli­chi impo­si­zioni ma trat­ta­tive tra pari» e che Mujica sia uscito dall’incontro col più gio­vane dei Castro «molto ottimista».

Nell’ultimo mese si sono mol­ti­pli­cati i segnali che alcuni impor­tanti lea­der del Par­tito demo­cra­tico, in pri­mis il pre­si­dente Obama, riten­gono che le riforme attuate dal governo di Raúl Castro offrano un’opportunità con­creta per allen­tare, se non eli­mi­nare, l’embargo e ini­ziare un dia­logo con l’Avana. Non può essere un caso infatti che una set­ti­mana prima di pub­bli­care Hard Choi­ces, le memo­rie di HIl­lary Clin­ton, siano stati fatti fil­trare dalla stampa alcuni estratti nei quali la prin­ci­pale can­di­data demo­cra­tica alla (pros­sima) pre­si­denza afferma di aver esor­tato Obama «a togliere o ridurre l’embargo», per­ché il blocco com­mer­ciale «non era con­ve­niente per gli USA e non favo­riva cam­bia­menti (poli­tici) nell’isola comunista».

Non è certo la prima volta che un ex segre­ta­rio di Stato opini sul fal­li­mento del blocco com­mer­ciale che gli Usa impon­gono a Cuba da più di 52 anni. Il fatto rile­vante è che si ritenga oppor­tuno ven­ti­lare il tema, in pre­ce­denza tabù, di trat­ta­tive con Cuba in cam­pa­gna pre­si­den­ziale. Del resto Hil­lary è in buona com­pa­gnia. Char­lie Crist il can­di­dato demo­cra­tico al posto di gover­na­tore della Flo­rida ha già espresso la sua posi­zione favo­re­vole alla fine dell’embargo. Non solo, si è detto pronto a visi­tare l’isola in piena cam­pa­gna per la con­qui­sta della Flo­rida, stato dove vivono quasi due milioni di cubano-americani. I due lea­ders demo­cra­tici hanno fatto cir­co­lare le loro opi­nioni una die­cina di giorni dopo che un gruppo di 44 per­so­na­lità della poli­tica, società ed eco­no­mia degli Usa ave­vano inviato una let­tera a Obama chie­den­do­gli, in sostanza, una mag­giore fles­si­liz­za­zione nei rap­porti con Cuba e l’inizio di un dia­logo che affronti temi impor­tanti di inte­resse mutuo, come la sicu­rezza nazionale.

Posi­zioni simi­lari si mani­fe­stano anche nelle éli­tes dei cubano-americani, tra­di­zio­nal­mente dra­sti­ca­mente favo­re­voli all’embargo e a poli­ti­che che favo­ris­sero «l’abbattimento della dit­ta­tura dei Castro». Alcuni mem­bri della potente fami­glia dei Fan­jul (ric­chis­simi impren­di­tori cubano-americani) si sono detti dispo­sti «a inve­stire a Cuba», Facundo Bacardi ( brand del rum) ha rive­lato che la sua fam­glia è divisa in tema di embargo e che lui per­so­nal­mente pensa che a Cuba siano in corso riforme. Infine, nei giorni scorsi, il Cuban Research Insti­tute, ente dell’Università inter­na­zio­nale della Flo­rida che dal 1991 moni­to­rizza i rap­porti con l’isola carai­bica, ha pub­bli­cato un’inchiesta nella quale si afferma che, per la prima volta, la mag­gio­ranza (52%) dei cubani-americani è favo­re­vle alla fine dell’embargo (nelle inchie­ste con­dotte alla fine del secolo scorso la media dei favo­re­voli era dell’85%). Dall’indagine risulta che que­sto cam­bio di posi­zione «è un trend», visto che i favo­re­voli a posi­zioni dure sono con­cen­trati nella fascia di età supe­riore ai 65 anni. Non solo, il 68% degli inter­vi­stati si è espresso a «favore del rista­bi­li­mento di rap­porti diplo­ma­tici» tra gli USA e Cuba.

Frutto di que­sta situa­zione è anche la visita di recente attuata a Cuba da Tho­mas Dono­hue, pre­si­dente della Camera di com­mer­cio degli Stati Uniti, accom­pa­gnato da una nutrita dele­ga­zioni di impre­sari, i quali si sono dichia­rati inte­res­sati a cono­scere di prima mano le nuove riforme eco­no­mi­che in corso nell’isola. Dopo aver incon­trato Raúl Castro, Dono­hue ha affer­mato che «è giunta l’ora» di ini­ziare un nuovo capi­tolo nelle rela­zioni tra i due Paesi.

L’accademico e poli­ti­logo cubano Este­ban Mora­les, esperto in que­stioni raz­ziali negli Usa, è con­vinto che que­sta nuova ten­denza che si mani­fe­sta nell’amministrazione ame­ri­cana a aprire a al dia­logo con Cuba «è frutto di un con­te­sto più gene­rale e riguarda i muta­menti geo­po­li­tici in Ame­rica latina e non solo il pro­gre­dire delle riforme» nell’isola carai­bica. Il pro­fes­sore si rife­rice alla recente pre­si­denza di Cuba della CELAC (Comu­nità che rag­gruppa i paesi dell’America latina e del Caribe) e al fatto che la grande mag­gio­ranza dei paesi dell’OSA (Orga­niz­za­zione stati ame­ri­cani) hanno detto chiaro a Obama che par­te­ci­pe­ranno al pros­simo ver­tice (a Panama) solo se vi sarà ammessa Cuba (paese espulso per volontà degli Usa all’inizio degli anni Ses­santa del secolo scorso). Però, avverte Mora­les, «non pos­siamo certo spe­rare che si tratti di un cam­bio di poli­tica (degli Usa, ndr) per con­vi­vere con Cuba, ma per cam­biare Cuba». Ovvero per cam­biare il governo socia­li­sta dell’isola. Su que­sto il pro­fes­sore non ha dubbi. «Si tratta di un cam­bia­mento tat­tico» — afferma. In sostanza, ormai, il ver­tice sta­tu­ni­tense –a parte i fal­chi anti­ca­stri­sti del par­tito repub­bli­cano– si sono con­vinti che l’embargo non solo è obso­leto, ma dan­noso nei con­fronti degli Usa (anche nell’ultima ses­sione dell’Onu la con­danna è stata gene­rale, a favore hanno votato solo Usa e Israele). La nuova poli­tica del dia­logo, se e quando si espri­merà, si avvarrà di nuovi stru­menti , in sostanza di una pene­tra­zione nell’isola del capi­tale inter­na­zio­nale seguita dall’emergere di “nuovi valori”, poli­tici e sociali, ma l’obiettivo stra­te­gico rimane: «Recu­pe­rare Cuba».

Il famoso scrit­torre Leo­nardo Padura Fuen­tes pensa che se i nuovi segnali che ven­gono dagli Usa por­te­ranno alla fine o anche alla ridu­zione dell’embargo «Cuba otterrà un’importante vit­to­ria poli­tica e i cit­ta­dini cubani rice­ve­ranno un desi­de­ra­tis­simo sol­lievo» soprat­tutto eco­no­mico «dalla fine di quello che si è con­ver­tito in un inter­mi­na­bile conflitto».

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