All’ultimo secondo

Harold Cardenas Lema https://eltoque.com

felix-garcia-asesinatoNoi umani ci definisce la vita o la morte? Questa è la storia di un uomo che può sentirsi orgogliose di entrambi, e non sono molti che possono dire questo.

Viviamo senza immaginare quali saranno i nostri ultimi secondi, l’ultima persona che vedrai e le ultime parole. Quando la fine cala il normale è che ci sorprenda in qualcosa di mondano ma pochi riescono a rivendicare la loro esistenza in tale ultimo momento.

Questa storia inizia con tre spari che sono finali, una macchina che attraversa la stazione Texaco e si schianta contro una Volkswagen blu, mentre Felix Garcia attraversa la soglia della morte.

E’ l’11 settembre 1980 e la notizia fa rabbrividire il mondo, è il primo diplomatico straniero dell’ONU che viene assassinato. Il Segretario Generale dell’ONU mostra preoccupazione, l’ambasciatore USA, in questa organizzazione, descrive gli eventi come un “atto codardo” e questa volta tutti i servizi d’investigazione si lanciano per trovare il colpevole.

Inizia una caccia all’uomo che durerà diversi anni, il perseguimento della giustizia avrà molti ostacoli per ottenere una condanna.

In realtà questa storia è iniziata un anno prima con un altro cubano: Eulalio Negrin. Questi vive nel New Jersey, sta attirando l’attenzione sulla necessità di rimuovere il blocco contro Cuba e riconciliare i due governi. Lo stesso che Barack Obama sostiene, ma ora e allora ci sono forze che faranno di tutto per impedirlo. In novembre Negrin è con suo figlio in macchina, quando qualcuno si avvicina e gli spara. Ferito cerca di fuggire quando l’assassino lo finisce con un colpo in testa. Suo figlio è stato testimone di tutta la scena seduto accanto a lui, avevava solo 12 anni.

L’arma utilizzata in entrambi gli assassinii (una MAC-10) e il boia sono gli stessi. L’FBI crea una linea telefonica gratuita nazionale per chiunque abbia informazioni sul caso di Felix, ai semafori sono distribuiti volantini per chiedere informazioni. La sensazione d’impunità tra i settori che si oppongono al governo cubano è così grande che l’assassino ha chiamato la stampa, dopo aver sparato al diplomatico, e attribuisce il crimine all’organizzazione Omega 7. Spiega che la vittima era un “comunista” e si prende abbastanza tempo per sillabare il nome del suo prossimo obiettivo: l’ambasciatore cubano Raul Roa.

Questa usanza di comporre le divergenze politiche con il sangue, sono comuni tra i veterani della Baia dei Porci. Per questo sono stati addestrati dalla CIA in tecniche di demolizione, intelligence e di comando che negli anni 70 e 80 utilizzarono dentro gli USA. L’investigazione ritarda fino al 1986 quando è arrestato Pedro Remón, assassino di Eulalio e Felix Garcia. Sconta dieci anni di carcere e viene rilasciato per “motivi di salute”, che non gli impediscono, dopo, di cercare di attentare contro Fidel Castro a Panama, ciò che implicava far saltare un teatro con migliaia di studenti universitari.

Condannato anche dal governo panamense, l’assassino del diplomatico e dell’emigrato è indultato dalla Presidentessa Moscoso per poi andare negli USA come “rifugiato politico”. Le parole del Segretario di Stato, quando assassinarono Felix erano state enfatiche: “condanniamo il terrorismo in tutte le sue forme”, ma la politica USA ha una pessima memoria quando si tratta di Cuba e il governo stesso finisce per proteggerlo.

La gente ha paura dei venerdì 13 quando dovrebbero preoccuparsi di più per gli 11 settembre.

Il diplomatico fu assassinato quel giorno perché è la data di fondazione di Omega 7 e i membri di tale organizzazione stabilirono la peculiare usanza di celebrare il loro giorno facendo qualche attentato a coloro che non condividono la loro ideologia fondamentalista. Felix era controllato da presto, quel giorno, e quello che è successo nelle ultime ore fu ricostruito tra l’FBI e l’ambasciata cubana.

Stava andando ad una cena a casa di altri cubani, avrebbe dovuto portare con lui, in auto, le bambine di un amico, ma per uno scherzo del destino ciò non accadde, per fortuna. Andò nel suo appartamento per prendere alcune riviste che poi lasciò in una lavanderia di cubani che gli permisero lavarsi e cambiarsi i vestiti per andare alla cena. Poco dopo nota che viene seguito e prendere un altro percorso per confondere i suoi inseguitori.

Arriva all’incrocio tra Queens Boulevard e la 53 quando il semaforo diventa rosso e deve fermare la macchina. Il suo assassino si ferma al lato e lo provoca gridando un’offesa politica. La luce verde sta per arrivare, ma Felix non mette il piede sull’acceleratore, comincia ad abbassare il finestrino dell’auto per rispondere all’insulto. Non finisce di farlo quando una raffica di MAC-10 lo ferisce alla spalla, collo e testa. La vettura prosegue un pò sino ad entrare nella stazione di servizio della Texaco con il suo corpo senza vita.

Pedro Remon ha vendicato, con il diplomatico, l’umiliazione di essere stato sconfitto alla Baia dei Porci, sparando alle spalle di un uomo disarmato. Così si assassina un funzionario dell’organizzazione responsabile di garantire la pace nel mondo, così si sconta la prigione, per una decina di anni, per poi essere liberato per motivi di “salute”. Ritorna a pianificare nuovi attentati sul continente sino a scontare prigione e così il governo USA concede lo status di “rifugiato politico” ad un assassino.

L’adolescente, che lavorò in un casinò all’Avana perché suo fratello potesse studiare, che quando questi fu arrestato per lottare contro la dittatura, lo salvò intercedendo con i soldati che giocavano nell’hotel Riviera. Il giovane, chiamato Pechuga per i suoi forti pettorali acquisiti coll’esercizio fisico. L’uomo, che dedicò il suo ultimo secondo per difendere le sue idee senza un’arma e fu assassinato a tradimento nelle strade di New York, si chiamava Felix Garcia.

El último segundo

¿A los humanos nos define la vida o la muerte? Esta es la historia de un hombre que puede sentirse orgulloso de ambas, y no son muchos los que pueden decir eso.

Por: Harold Cárdenas Lema

Vivimos sin imaginar cuáles serán nuestros últimos segundos, la última persona que verás y las últimas palabras. Cuando el final se precipita lo normal es que nos sorprenda en algo mundano pero unos pocos logran reivindicar su existencia en ese último momento.

Esta historia comienza con tres disparos que son definitivos, un auto que atraviesa la estación de Texaco y se estrella contra un Volkswagen azul mientras Félix García cruza el umbral de la muerte.

Es 11 de septiembre de 1980 y la noticia estremece al mundo, es el primer diplomático extranjero en las Naciones Unidas que es asesinado. El Secretario General de la ONU muestra preocupación, el embajador de Estados Unidos en esta organización describe los hechos como un “acto cobarde” y en esta ocasión todos los servicios de investigación se lanzan a encontrar al culpable.

Comienza una cacería humana que se prolongará varios años, la búsqueda de la justicia tendrá muchos impedimentos para lograr una condena.

En realidad esta historia ha comenzado un año antes con otro cubano: Eulalio Negrín. Este vive en Nueva Jersey, está logrando llamar la atención sobre la necesidad de levantar el bloqueo a Cuba y reconciliar ambos gobiernos. Por lo mismo que Barack Obama aboga, pero hoy y entonces existen fuerzas que harán cualquier cosa para impedirlo. En noviembre Negrín está con su hijo en el auto cuando alguien se acerca y le dispara. Herido trata de escapar cuando el asesino lo remata de un disparo en la cabeza. Su hijo ha sido testigo de toda la escena sentado a su lado, solo tiene 12 años.

El arma utilizada para ambos asesinatos (una MAC-10) y el verdugo son los mismos. El FBI crea una línea telefónica gratuita en todo el país para quien tenga información sobre el caso de Félix, en los semáforos se reparten volantes pidiendo información. El sentimiento de impunidad entre los sectores opuestos al gobierno cubano es tan grande, que el asesino ha llamado a la prensa después de ametrallar al diplomático y le adjudica el crimen a la organización Omega 7. Explica que la víctima era “un comunista” y se toma el tiempo suficiente para deletrear el nombre de su próximo objetivo: embajador cubano Raúl Roa.

Esta costumbre de saldar las diferencias políticas con sangre, son comunes entre los veteranos de la invasión a Bahía de Cochinos. Para ello fueron entrenados por la CIA en demolición, inteligencia y técnicas de comando que en los 70 y 80 utilizaron dentro de Estados Unidos. La investigación demora hasta 1986 que es atrapado Pedro Remón, asesino de Eulalio y Félix García. Cumple diez años en prisión y es liberado por unas “razones de salud” que no le impidieron luego intentar el magnicidio contra Fidel Castro en Panamá, que implicaba volar un teatro con miles de estudiantes universitarios.

Condenado también por el gobierno panameño, el asesino del diplomático y el emigrado es indultado por la presidenta Moscoso para luego ir a Estados Unidos como “refugiado político”. Las palabras del Secretario de Estado cuando asesinaron a Félix habían sido enfáticas: “condenamos el terrorismo en todas sus formas”, pero la política estadounidense tiene mala memoria cuando se refiere a Cuba y el propio gobierno termina protegiéndolo.

La gente teme que sea viernes 13 cuando debieran preocuparse más por los 11 de septiembre.

El diplomático fue asesinado ese día porque es la fecha fundacional de Omega 7 y los miembros de esa organización establecieron la peculiar costumbre de celebrar su día haciendo algún atentado a quienes no compartieran su ideología fundamentalista. Félix estaba siendo vigilado desde temprano ese día y lo ocurrido en sus últimas horas fue reconstruido entre el FBI y la embajada cubana.

Iba camino a una cena en casa de otros cubanos, se suponía que llevara a las niñas de un amigo con él en auto pero por un azar del destino esto no ocurrió, por suerte. Fue a su apartamento a recoger unas revistas que luego dejó en la tintorería de cubanos que le permitieron bañarse y cambiarse de ropa para salir en dirección a la cena. Al poco tiempo nota que lo están siguiendo y toma otro rumbo para despistar a sus perseguidores.

Llega a la intersección de Queens Boulevard y la 53 cuando el semáforo pone la luz roja, tiene que detener el auto. Su asesino se detiene al lado y lo provoca gritándole una ofensa política. La luz verde está a punto de ponerse pero Félix no pone el pie en el acelerador, comienza a bajar la ventanilla del auto para contestar el insulto. No ha terminado de hacerlo cuando una ráfaga de MAC-10 le hiere en el hombro, el cuello y la cabeza. El auto continúa un poco más hasta entrar a la gasolinera de Texaco con su cuerpo ya sin vida.

Pedro Remón se ha cobrado con el diplomático la humillación de haber sido derrotado en Bahía de Cochinos, disparando a la espalda de un hombre desarmado. Así se asesina a un funcionario de la organización encargada de velar por la paz en el mundo, así se cumple prisión una década para luego ser liberado por cuestiones “de salud”. Regresa a planificar nuevos atentados en el continente hasta cumplir prisión y así el gobierno estadounidense da estatus de “refugiado político” a un asesino.

El adolescente, que trabajó en un casino habanero para que su hermano pudiera estudiar, que cuando éste fue arrestado por luchar contra la dictadura, lo salvó intercediendo con los soldados que jugaban en el hotel Riviera. El joven, al que le decían Pechuga por sus fuertes pectorales adquiridos en el ejercicio físico. El hombre, que dedicó su último segundo a defender sus ideas sin un arma y fue asesinado a traición en las calles de Nueva York, se llamaba Félix García

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