Obama ed il suo viaggio a Cuba 

Arthur Gonzalez https://heraldocubano.wordpress.com

obama cuba visitaLa notizia era trapelata settimane prima: Barack Obama si recherà a Cuba, il 21 marzo solo per una notte, cosa che corse come l’acqua in tutti i media del mondo.

Sarà la prima visita di un presidente USA, nel XXI secolo, poiché la precedente fu fatta nel 1928 del secolo scorso, dall’allora Presidente Calvin Coolidge; qualcuno che nell’isola nessuno sa o ricorda.

Naturalmente la presenza del Presidente all’Avana ottiene rilevanza e sarà molto importante per il poter verificare la vera Cuba, non quella che gli hanno fabbricato, a Miami, i gruppi mafiosi anti cubani, né quella che deturpano gli elementi controrivoluzionari finanziati dagli USA.

Obama, ed in particolare la stampa che lo accompagna, si renderà subito conto che nulla di quello che gli dicono là è vero; vedranno un popolo umile ma allegro, gentile, solidario e molto umano, con un altissimo livello scolare e di salute, come non lo tengono nel paese più potente del mondo.

Inoltre osserveranno gli effetti della guerra economica, che dura da 56 anni, e non ha potuto scoraggiare lo spirito combattivo dei cubani/e che, nonostante, le penurie ballano, cantano e godono dei piaceri della vita con enorme sforzo per incrementare la malconcia economia, in gran parte per gli effetti del crudele Blocco, che fu creato, come disse nel 1960 il Segretario di Stato, Lester Mallory, per: “… alienare il supporto interno alla Rivoluzione attraverso la frustrazione e lo scoraggiamento basato sull’insoddisfazione e le difficoltà economiche … al fine di causare fame, disperazione ed il rovesciamento del governo”.

Obama arriverà a L’Avana con il Blocco economico, commerciale e finanziario in vigore; la Legge per la libertà e solidarietà democratica cubane, approvate da Bill Clinton nel 1996; la Legge di Aggiustamento Cubano, del 1966; il divieto del’uso del dollaro, da parte di Cuba, per i suoi pagamenti e vendite; il divieto di visite turistiche sull’isola, da parte dei cittadini USA; Radio e TV Martí piene di illegali trasmissioni a Cuba; la base navale di Guantanamo; il finanziamento di non meno di 20 milioni di $ l’anno per l’esecuzione di attività sovversive contro la Rivoluzione; e molteplici azioni di spionaggio tecnologico e con fonti umani che, senza successo, cercano di cambiare la direzione del paese.

Secondo il comunicato della Casa Bianca, emesso il 18 febbraio, “Obama oltre ad un incontro bilaterale con il Presidente Raul Castro, si incontrerà con i membri della società civile, impresari e cubani di tutti i settori della società”.

Tutto chiaro e preciso, come ha fatto fino ad oggi. La sua intenzione è proprio il piccolo gruppo che, per lui, forma la società civile cubana, s’intenda i lavoratori non statali e la controrivoluzione salariata.

Scienziati, medici, insegnanti, artisti e intellettuali, atleti e lavoratori, legati a ospedali, scuole, centri d’arte, e fabbriche statali, non gli interessano; quelli non contano nella sua nuova politica per far credere al popolo che l’economia socialista non funziona e, pertanto, dovrebbe cedere il passo a quella capitalista, quella che dal 1902 al 1958 non risolse la disoccupazione, l’analfabetismo, la mortalità infantile, la repressione e la violenza della polizia, la discriminazione contro le donne e razziali, la miseria e la mancanza di sovranità del paese.

Obama non fa questo rischioso passo perché è più coraggioso di altri, questa decisione è parte della nuova strategia adottata dal Consiglio di sicurezza USA, allo scopo di smontare il sistema socialista, qualcosa più volte espresso dal Presidente e da altri alti funzionari dell’amministrazione, tra cui Hillary Clinton.

Accurate sono state le raccomandazioni del Council on Foreign Relations e del Brookings Institution USA, per un cambio di politica verso Cuba, dove tra altre temi affermano che per ottenere il cambiamento verso il capitalismo si richiede:

Promuovere, a Cuba, gli interessi e i valori USA, al fine di accelerare il giorno in cui una Cuba, pienamente democratica, possa assumere una normale ed amichevole relazione con gli USA.

Mezzi che devono utilizzarsi per cercare di ottenerlo e, pertanto, intendono sostenere, alimentare e rafforzare la società civile che comincia ad emergere nella Cuba di oggi in modo lento, ma persistente, sotto la corazza del comunismo.

L’opposizione USA alla Rivoluzione cubana e il sostegno alla democrazia e allo sviluppo in questo emisfero, ottennero frustrare le ambizioni cubane d’espandere il proprio modello economico e influenza politica.

macriCuba ha bisogno che la lascino vivere in pace e sviluppare il suo modello per soddisfare le esigenze del suo popolo, ma coloro che ascoltano i canti delle sirene e si lascino influenzare dagli argomenti del presidente Obama, dovrebbero solo guardare un pò più a sud del continente per vedere cosa succede ai popoli quando cessano di resistere all’assalto del potente Gigante delle Sette Leghe, e come avvertì José Martí: “Perché l’isola sia nordamericana non c’è bisogno di fare alcuno sforzo perché se non approfittiamo del poco tempo che ci rimane per impedire che lo sia, per propria decomposizione, verrebbe ad esserlo. Questo aspettano gli USA, e a questo noi dobbiamo opporci”.

Obama y su viaje a Cuba

Por Arthur González

La noticia se había filtrado semanas antes, Barack Obama viajará a Cuba el 21 de marzo solo por una noche, algo que corrió como el agua entre todos los medios de prensa del mundo.

Será la primera visita de un presidente de Estados Unidos en el siglo XXI, pues la anterior se efectuó el año 1928 del pasado siglo, por el entonces Presidente Calvin Coolidge, alguien que en la Isla nadie conoce ni recuerda.

Por supuesto que la presencia del Presidente en La Habana cobra relevancia y será muy importante para él poder constatar la verdadera Cuba, no la que le han fabricado en Miami los grupos mafiosos anticubanos, ni la que desfiguran los elementos contrarrevolucionarios financiados por Estados Unidos.

Obama, y sobre todo la prensa que lo acompañe, se percatarán de inmediato que nada de lo que les dicen allá es verdadero; verán a un pueblo humilde pero alegre, cortés, solidario y muy humano, con un altísimo nivel escolar y de salud, como no tienen ellos en el país más poderoso del mundo.

También observarán los efectos de la guerra económica que dura ya 56 años y no ha podio amilanar el espíritu de combate de cubanos y cubanas, los que a pesar de las penurias bailan, cantan y disfrutan de los placeres de la vida con tremendo empeño por levantar la maltrecha economía, en gran parte por los efectos del cruel Bloqueo, que fue creado, como dijera en 1960 el subsecretario de Estado Lester Mallory, para: “…enajenar el apoyo interno a la Revolución a través del desencanto y el desaliento, basado en la insatisfacción y las dificultades económicas… a fin de causar hambre, desesperación y el derrocamiento del gobierno”.

Obama llegará a La Habana con el Bloqueo económico, comercial y financiero vigente; la ley para la libertad y la solidaridad democrática cubanas, aprobadas por William Clinton en 1996; la ley de Ajuste Cubano de 1966; la prohibición del uso de dólar por Cuba para sus pagos y ventas; la prohibición de hacer turismo en la Isla por parte de los ciudadanos estadounidenses; Radio y TV Martí a plenitud de transmisiones ilegales hacia Cuba; la base naval en Guantánamo; el financiamiento de no menos de 20 millones anuales para la ejecución de actividades subversivas contra el Revolución; y múltiples acciones de espionaje tecnológico y con fuentes humanas que infructuosamente intentan cambiar el rumbo del país.

De acuerdo con el comunicado de la Casa Blanca, emitido el 18 de febrero, “Obama además de tener una reunión bilateral con el Presidente Raúl Castro, se reunirá con integrantes de la sociedad civil, empresarios y cubanos de todos los ámbitos de la sociedad”.

Todo bien claro y preciso como ha hecho hasta la fecha. Su intención es precisamente el pequeño grupo que para él conforma la sociedad civil cubana, entiéndase trabajadores no estatales y la contrarrevolución asalariada.

Científicos, médicos, maestros, artistas e intelectuales, deportistas y obreros, vinculados a hospitales, escuelas, centros de arte, y fabricas estatales, no les interesa, esos no cuentan en su nueva política de hacerle creer al pueblo que la economía socialista no funciona y por tanto deben darle paso a la capitalista, la que desde 1902 hasta 1958 no resolvió el desempleo, el analfabetismo, la mortalidad infantil, la represión y violencia policial, la discriminación de la mujer y la racial, la miseria y la poca soberanía del país.

Obama no da ese arriesgado paso porque sea más valiente que otros, esa decisión forma parte de la nueva estrategia aprobada por el Consejo de Seguridad de Estados Unidos, con el propósito de desmotar el sistema socialista, algo expresado en reiteradas oportunidades por el propio Presidente y otros altos funcionarios de su administración, incluida Hillary Clinton.

Precisas fueron las recomendaciones del Council and Foreign Relations y la Brookings Institution de Estados Unidos, para un cambio de política hacia Cuba, donde entre otras cuestiones afirman que para lograr el cambio hacia el capitalismo se requería:

• Promover en Cuba los intereses y valores estadounidenses, con el fin de acelerar el día en que una Cuba plenamente democrática, pueda asumir una relación normal y amistosa con Estados Unidos.

• Medios que deben utilizarse para tratar de lograrlo y por tanto se propongan apoyar, alimentar y reforzar la sociedad civil que comienza a surgir en la Cuba de hoy de forma lenta, tentativa, pero persistente, bajo la concha del comunismo.

• La oposición de EE.UU. a la Revolución cubana y el apoyo a la democracia y al desarrollo en este hemisferio, lograron frustrar las ambiciones cubanas de expandir su modelo económico e influencia política.

Cuba necesita que la dejen vivir en paz y desarrollar su modelo para satisfacer todas las necesidades de su pueblo, pero aquellos que escuchen los cantos de sirena y se dejen llevar por los argumentos del Presidente Obama, solo deberán mirar un poco hacia el sur del continente para comprobar lo que les sucede a los pueblos cuando dejan de resistir los embates del poderoso Gigante de las Siete Leguas, y como advirtió José Martí: “Para que la Isla sea norteamericana no necesitamos hacer ningún esfuerzo porque, si no aprovechamos el poco tiempo que nos queda por impedir que lo sea, por propia descomposición, vendría a serlo. Eso espera Estados Unidos, y a eso debemos oponernos nosotros”.

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