Con Cuba, né bastone né carota!

Fidel Diaz Castro https://lapupilainsomne.wordpress.com

obama bastone carotaLa Nostra America sembra star vivendo un ritorno alle dittature, altrettanto feroci -anche se con nuovo e variegato stile. Quando, dagli anni 50 cominciarono ad emergere governi nazionalisti, di taglio progressista, gli USA intensificarono il loro metodo diretto d’invasione o armare colpi di stato gestendo estremisti di destra e governi conservatori nei paesi del Sud.

L’influenza della Rivoluzione cubana -che cercarono di impedire a tutti i costi- gli sfuggì di mano, e svilupparono allora dall’impero, una vasta gamma di metodi dell’orrore; centinaia di tentativi di assassinare i dirigenti della rivoluzione -in particolare Fidel– bombardamenti, incendi di campi di canna, e attacchi a villaggi vicino al mare, sabotaggi dell’economia, infiltrazioni di bande armate, alimentazione finanziaria e consulenza ad organizzazioni armate a Miami, tra l’altro altri sprechi di macabra immaginazione, il tutto con un dispiego di campagna mediatica demonizzando la Rivoluzione.

Di fronte all’eco che aveva nel Sud l’esempio di Cuba svilupparono la loro Scuola delle Americhe, fabbrica di torturatori e assassini di popoli, che alimentò l’Operazione Condor al fine di distruggere tutto il pensiero di sinistra, dando come risultato la scomparsa e morte di centinaia di migliaia di persone in tutto il continente, un massacro continentale di dimensioni che ancora non hanno potuto calcolarsi.

Viva_Allende_Quando sorprese di nuovo un governo di sinistra, questa volta per via le elettorale, con il governo di Unità Popolare in Cile, 1970, la CIA moltiplicò e sviluppò i suoi metodi di destabilizzazione, fino al colpo di stato militare che si concluse con l’attacco, via terra e aria, al palazzo della Moneda, dove si trovava il Presidente Costituzionale Salvador Allende. All’arrivare una nuova rivoluzione, nel 1979, la sandinista, il Nicaragua soffrì una sporca guerra di logoramento organizzata ancora una volta dalla Casa Bianca.

Il saccheggio d’America da parte degli USA ebbe nuova aria nuova con il neoliberismo ed il suo meccanismo economico per legarci senza uscita: l’ALCA; avendo fiducia nel monopolio mediatico e dell’informazione del suo American way of live (modo di vita americano), l’impero sentiva di poter lasciare che fluissero le “democrazie”, in ultima analisi la meccanica era chiara: i partiti dei magnati si sarebbero passati lo scettro per ripartirsi il bottino nazionale, alternando dal governo all’opposizione con una dicitura che direbbe liberali e conservatori benché si trattasse sempre nello stesso gioco.

Ma arrivarono Hugo Chavez e Lula, Correa, de i Kirchner ed Evo, e Mujica … e arrivarono i popoli infiltrando i loro rappresentanti nel macchinario istituito per i ricchi, e non lo poterono credere; sembrava l’impossibile. Ci volle tempo per reagire davanti alla dimensione del problema, avevano inventato le “democrazie” che ora gli si rivoltavano. Si concentrarono su Chavez con tutto, compreso il colpo di stato militare, ma non poterono, e crebbe l’ondata di una Nostra America e Nuova; passarono allora all’offensiva, incrementarono la campagna globale nelle transnazionali dei media di massa, rafforzarono la guerra economica, svilupparono i golpi “morbidi”, ma insufficiente; così giunde l’Honduras de il suo golpe come anche il golpe parlamentare in Paraguay, oltre a molti tentativi falliti; ma l’America continua a integrarsi e bisogna fermare questo, e sembra che sia giunto il momento. L’ordine alle oligarchie è abbattere, senza riserva, qualsiasi accenno di sinistra, ed i vecchi metodi si unificano: Argentina e Venezuela, in pochi mesi, sono passati alla controffensiva della destra, senza pietà; chiudendo media (i pochi che hanno i popoli), licenziamenti di massa, assassinii e detenzione di leader, guerra economica e paramilitarismo senza tante cerimonie e maschere, apertamente. Mettere da parte ogni simulazione di “democrazia”, bisogna cancellare a tutti i costi questo ​​sinistrismo integratore nel continente.

Naturalmente la Rivoluzione cubana non è fuori del piano dell’impero, al contrario: in modo che il leader spirituale, morale, e nella pratica di tutto questo processo d’integrazione, e che non hanno trovato, in quasi 60 anni, il modo di abbatterla (con tutto questo variopinto e sofisticato sistema di rovesciare i governi), ora danno l’abbraccio dell’orse, con la politica di “buon vicinato”.

Poiché non hanno margine nei mass media nazionali (cosa che hanno provato da Miami, e ora stanno cercando “alternativamente” nel paese) e che nell’economia non hanno una oligarchia che gli crea dentro la guerra che da fuori, da decenni, stanno facendo mediante il blocco, vogliono ottenerlo con le “buone”, per seduzione e costruzione di una “classe media” che serva ai loro scopi.

Pensarono che con le loro briciole Cuba sarebbe rimasta al margine dello scontro con la controffensiva che infuria contro i governi di sinistra latinoamericani, che sarebbe un colpo morale all’integrazione. Naturalmente accettiamo la sfida del dialogo e della convivenza civile, e tutto ciò che può essere analizzato e migliorato di comune accordo -da te a te- va bene, magari rimuovano il blocco, si ritirino dalla zona di Guantanamo che usurpano da più di un secolo, rinuncino a finanziare la sovversione e che possiamo quindi giungere a questo status privilegiato di avversari che si rispettano e convivono in pace, collaborando in tutto ciò che possiamo per il bene dei nostri popoli. E possiamo anche aspirare più in alto, non c’è motivo di pensare che questo impero sia eterno.

Non poterono col bastone e né potranno con la carota. Non perché cambino strategia Cuba cederà nel suo impegno integrazionista martiano, né smetterà di alzare la voce e la sua azione per i poveri della terra e condannare i crimini commessi contro il popolo.[…]

Con Cuba, ni garrote ni zanahoria

Por Fidel Díaz Castro

Nuestra América parece estar viviendo otra vuelta a las dictaduras, igual de feroces –aunque con nuevo y variado estilo. Cuando, desde los 50 comenzaron a emerger gobiernos nacionalistas, de corte progresistas, Estados Unidos intensificó su método directo de invasión o de armar golpes de estado manejando a las ultraderechas y gobiernos conservadores en los países del Sur.

La influencia de la Revolución cubana –que trataron de impedir a toda costa- se les fue de las manos, y desarrollaron entonces desde el imperio, una amplia gama de métodos del horror; centenares de intentos de magnicidio a los dirigentes de la revolución -especialmente a Fidel-, bombardeos, quemas de cañaverales, y ataques a pueblos cercanos al mar, sabotajes a la economía, infiltraciones de bandas armadas, alimentación financiera y asesoramiento a organizaciones armadas en Miami, entre otros derroches de imaginación macabra, todo esto con un despliegue de campaña mediática demonizando a la Revolución.

Ante el eco que tenía en el Sur el ejemplo de Cuba desarrollaron su Escuela de las Américas, fábrica de torturadores y asesinos de pueblos, que alimentó la Operación Cóndor con el fin de aniquilar todo pensamiento de izquierda, dando como resultado la desaparición y muerte de cientos de miles de personas en todo el continente, una masacre continental de dimensiones que aún no han podido calcularse.

Cuando sorprendió nuevamente un gobierno de izquierda, esta vez por vía electoral, con el gobierno de la Unidad Popular en Chile 1970, la CIA multiplicó y desarrolló sus métodos de desestabilización, hasta el golpe de Estado militar, que terminó con el ataque por tierra y aire al Palacio de La Moneda donde se encontraba el Presidente Constitucional Salvador Allende. Al llegar otra nueva revolución en 1979, la Sandinista, Nicaragua sufrió una guerra sucia de desgaste organizada nuevamente desde la Casa Blanca.

El saqueo de América desde los Estados Unidos tuvo nuevo aire con el neoliberalismo y su mecanismo económico para amarrarnos sin salida: el ALCA; confiado en el monopolio mediático y de información y de la expansión de su American way of life, el imperio sintió que podía dejar que fluyeran las “democracias”, a fin de cuentas la mecánica estaba clara: los partidos de magnates se pasarían el cetro para repartirse el botín nacional, alternando de la oficialidad a la oposición con un rótulo que diría liberales y conservadores aunque se tratara siempre del mismo juego.

Pero llegaron Hugo Chávez, y Lula, Correa, y los Kirchner, y Evo, y Mujica…y llegaron los pueblos infiltrando sus representantes en la maquinaria establecida para los ricos, y no lo pudieron creer; parecía el imposible. Les tomó tiempo reaccionar ante la dimensión del problema, habían inventado las “democracias” que ahora se les revertían. Se centraron en Chávez con todo, incluyendo el golpe militar, pero no pudieron, y creció la ola de una América Nuestra y Nueva; pasaron entonces a la ofensiva, incrementaron la campaña global en las transnacionales de los medios masivos, reforzaron la guerra económica, desarrollaron los golpes “blandos” pero insuficientes; así llegó Honduras y su golpe como también el golpe parlamentario en Paraguay, además de muchos intentos infructuosos; pero la América sigue integrándose y hay que parar eso, y parece que ha llegado la hora. La orden a las oligarquías es tumbar sin barniz todo atisbo de izquierda, y los viejos métodos se unifican: Argentina y Venezuela, en apenas unos meses, han pasado a la contraofensiva de la derecha, sin piedad; cerrando medios de comunicación (los pocos que tienen los pueblos), despidos masivos, asesinatos y encarcelamiento de líderes, guerra económica y paramilitarismo sin miramientos ni máscaras, abiertamente. Echar a un lado toda simulación de “democracia”, hay que borrar a toda costa ese izquierdismo integrador en el continente.

Por supuesto que la Revolución cubana no está fuera del plan del imperio, todo lo contrario: de manera que es líder espiritual, moral, y en la práctica de todo este proceso integrador, y que no han encontrado en casi 60 años la manera de derribarla (con todo ese variopinto y sofisticado sistema de tumbar gobiernos), ahora dan el abrazo del oso, con la política del “buen vecino”.

Como no tienen su filito en los medios masivos nacionales (cosa que han tratado desde Miami, y ahora están buscando “alternativamente” en el país) y que en la economía no poseen a una oligarquía que les cree dentro la guerra que desde afuera llevan décadas haciendo mediante el bloqueo, quieren lograrlo por las “buenas”, por la seducción y la construcción de una “clase media” que sirva a sus propósitos.

Pensaron que con sus migajas Cuba se mantendría al margen del enfrentamiento a la contraofensiva que se recrudece contra los gobiernos de izquierda latinoamericanos, lo cual sería un golpe moral a la integración. Por supuesto que aceptamos el reto del diálogo y la convivencia civilizada, y todo lo que pueda analizarse y mejorarse de común acuerdo –de tú a tú- viene bien, ojalá quiten el bloqueo, se retiren de la zona de Guantánamo que usurpan desde hace más de un siglo, renuncien a financiar la subversión y que podamos llegar entonces a ese status privilegiado de adversarios que se respetan y conviven en paz, colaborando en todo lo que podamos para el bien de nuestros pueblos. Y podemos incluso aspirar a más, no hay por qué pensar que este imperio sea eterno.

No pudieron con garrote y no podrán con zanahoria. No porque cambien de estrategia Cuba cederá en su empeño integrador martiano, ni dejará de alzar su voz y su acción por los pobres de la tierra y condenar los crímenes que se cometen contra los pueblos. […]

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