A due mesi dal suo omicidio…Berta Caceres: VIVA

Berta-CaceresPiù di una volta, e soprattutto dal 1993 quando ha fondato il Copinh (Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari ed Indigene dell’Honduras), Berta Caceres ha evidenziato come il suo popolo lenca e gli altri popoli indigeni di Honduras stiano combattendo in difesa della Pacha Mama.

Una lotta strenua, che si esplica in un’opposizione radicale ai progetti egemonici di un capitalismo predatorio, di matrice nazionale, transnazionale e multinazionale, che ha i suoi interessi nei settori energetico, estrattivo e dell’agro-industria e che punta sulla privatizzazione del territorio e delle fonti di acqua.

Proprio per questo, Berta rappresenta una minaccia molto grave per l’oligarchia honduregna. E proprio per questo, il 3 marzo viene brutalmente uccisa. Al  presente, perché Berta non può dirsi morta. In Honduras, la sua lotta pulsa nelle vene del suo popolo, scorre nelle correnti dei suoi fiumi.

Berta sapeva che il suo Paese è uno dei più pericolosi al mondo per i difensori del medio ambiente. E che l’Honduras sta svendendo la sua sovranità: con le “città modello” (parti del territorio vendute ad aziende straniere, dove si applicano le leggi del Paese di origine delle multinazionali), con l’installazione di nuove basi statunitensi, con le 870 concessioni per estrazioni in miniera della durata di 50 anni e i 300 permessi di costruzione di dighe idroelettriche in un paese di 110mila km², 8 milioni di abitanti e il 60% del territorio boschivo.

Berta ha pagato la sua opposizione al progetto idroelettrico Agua Zarca, sulle acque del fiume sacro Rio Gualcarque. Pensato dall’azienda honduregna per lo sviluppo energetico Desa e patrocinato da multinazionali come la cinese Sinohydro, il progetto non ha mai potuto avanzare per la risoluta difesa dei lenca. Così, alla fine, la Sinohydro si è ritirata e la Banca Mondiale ha tolto il finanziamento.

Berta ha pagato la denuncia fatta alla Desa anche per un altro progetto, quello che prevedeva, con l’appoggio di una multinazionale di capitale canadese e statunitense, la Blu Energy, la costruzione di una centrale idroelettrica su un altro fiume sacro della popolazione lenca, il Rio Cangel. Il potere credeva di fiaccare i lenca trucidando la sua leader. Ma non aveva fatto i conti con la reazione mondiale. Così, per paura di passare per colpevoli, la banca olandese per lo sviluppo (Fmo) e la finlandese Fin Fun hanno ritirato, dopo l’omicidio, i loro investimenti dall’Honduras, mandando all’aria il progetto.

Le vittorie di Berta sono le vittorie dei senza voce della Terra. Lei, che ha sempre sfidato l’impunità dello Stato honduregno, la violenza dei metodi repressivi usati contro gli attivisti, il cinismo spietato dei sicari paramilitari al soldo del governo. Gli stessi che, a pochi giorni dal suo omicidio, il 15 marzo, hanno ucciso un altro leader lenca del Copinh, Nelson Garcia.

Berta ha pagato il suo tentativo di rompere l’isolamento del Sud America. A un’assemblea sulla rifondazione dell’Honduras, dove chiedeva l’appoggio internazionale, disse: «Dobbiamo rompere il cerchio mediatico affinché il mondo sappia quello che sta succedendo in Honduras, è parte del lavoro dell’emancipazione emisferica, in tutto il pianeta; inoltre l’obbligo della comunità internazionale è riconoscere la nostra lotta per la rifondazione del paese. Basta questa invisibilità orribile. Il mondo deve sapere della repressione, della militarizzazione, della violazione dei diritti umani, e dell’intensificazione dell’interventismo e dell’occupazione degli Usa e delle multinazionali, dell’approfondimento della morte, attraverso il modello neoliberista».

Berta era plasmata di amore per la vita, un amalgama di tenerezza, forza, rabbia, allegria. Lo dimostrano le parole pronunciate durante la cerimonia di consegna del premio Goldman: «Il popolo lenca è il custode ancestrale dei fiumi, protetto dagli spiriti delle bambine che ci insegnano che dare la vita, in modi diversi, per la difesa dei fiumi, è dare la vita per il bene dell’umanità e di questo pianeta […]. La Madre Terra, militarizzata, circondata, avvelenata, dove si calpestano sistematicamente i diritti elementari, ci chiede di agire. Costruiamo allora delle società capaci di coesistere in maniera giusta. Uniamoci e continuiamo a lottare con speranza, difendendo il sangue della terra e dei suoi spiriti. Dedico questo premio a tutte le ribellioni».

Il musicista venezuelano Alì Primiera cantava che «quelli morti per vita non posso chiamarsi morti». Per questo, oggi, Berta è più viva che mai.

di Ida Garberi

da Narcomafie

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