Cuba non ammette ingerenze: neppure sul caffé

Militari, caffè e giocatori di baseball cubani negli USA: Cuba non ammette ingerenze

Edmundo García https://lapupilainsomne.wordpress.com

obama ojala cafeUna recente notizia ha suscitato un gran clamore a Miami, in particolare nei disperati canali radio e TV della politica anti-cubana, che stanno già toccando il fondo per mancanza di contenuti in questi nuovi tempi di positività, di raccolta di relazioni. È ora di “raccogliere il seminato”. Come dice Eva Golinger, questi giornalisti piegati al denaro non sono neppure cattivi giornalisti; hanno cambiato professione, sono manipolatori.

L’informazione che l’inquieta è che si è venuto a sapere che ufficiali del Ministero dell’Interno di Cuba, MININT, un colonnello e due tenenti colonnelli hanno visitato basi a Cayo Hueso e nel sud della Florida. Stavano realizzando un invito ufficiale da parte del Comando Sud USA, con sede a Miami, con l’obiettivo di trattare questioni relative alla sicurezza nazionale dei due paesi; come la lotta contro il traffico di droga, la sicurezza delle frontiere, la risposta alla pirateria e ad altre azioni violente, ecc. E’ qualcosa che segue, naturalmente, ai passi fatti nel processo verso la normalizzazione delle relazioni, e che ha avuto i suoi antecedenti.

Le ragioni di questo tipo di dialogo tra le autorità di Cuba e USA sono state trascurate dalla stampa di destra di Miami, che ha cominciato ad attaccare gli ufficiali del MININT con il linguaggio torbido ed irrispettoso di sempre.

In coincidenza con questo, la stampa locale ha pubblicato una dichiarazione del capo del Comando Sud dove si riferiva alle relazioni che Cuba ha con i paesi che non sono di gradimento agli Stati USA, come Cina, Russia ed Iran; il quale è stato interpretato dai tendenziosi di sempre come un tentativo di condizionare le relazioni bilaterale al fine che Cuba prenda le distanze dai paesi interessati, ciò che sarebbe un’inaccettabile ingerenza nella sovranità cubana e la sua indipendenza nella concezione della sua politica estera.

Bisogna capire che Cuba è un paese sovrano che, inoltre, rispetta la sovranità degli altri paesi. Cuba ha relazioni con gli USA e non lo critica, e tanto meno gli chiede di rompere con i paesi molto ricchi, ma di ben poco prestigio internazionale; in cui, ancora, le donne vengono lapidate e sono represse nei loro diritti, come per esempio, l’Arabia Saudita. Se ciò non bastasse, un paese che ha sostenuto persone che hanno esercitato violenza contro cittadini e città USA.

Occorre riconoscere, anche se non piaccia ad alcuni, che le relazioni con Russia e Cina sono stati importanti per Cuba, proprio nei momenti in cui gli USA, con tutta la stupidità di cui è capace in geopolitica, gli bloccò il commercio e le finanze.

L’indipendenza e la sovranità della politica estera cubana è esattamente ciò che gli ha permesso di avere il rispetto delle altre nazioni e raggiungere successi a livello internazionale.

Sulla politica estera Raùl è stato molto chiaro nella relazione principale al VII Congresso del partito. Il Presidente cubano ha citato un paragrafo della Costituzione della Repubblica di Cuba dove si stabilisce che “le relazioni economiche, diplomatiche e politiche con qualsiasi altro Stato non potranno mai essere negoziate sotto aggressione, minaccia o coercizione da parte di una potenza straniera”. Per quanto riguarda la sua proiezione internazionale, Raùl ha ribadito che Cuba rimarrà coerente “nell’esercizio della sua politica estera, impegnata alle giuste cause, alla difesa dell’autodeterminazione dei popoli ed il tradizionale sostegno ai paesi fratelli”.

ANAP-logoMa, cosi come l’ingerenza straniera è inaccettabile per Cuba in politica estera; lo è anche sulle questioni relative al progresso dell’economia, delle sue riforme e aggiornamenti. A questo si riferisce la dichiarazione dell’ ANAP recentemente pubblicata sul quotidiano Granma, dove si rinuncia o pospone l’ esportazioni di caffè negli USA data la richiesta del Dipartimento del Tesoro, attraverso il suo Ufficio di Controllo degli Attivi Stranieri (OFAC), che solo potrebbe entrare nel territorio USA quel caffè prodotto da cooperative che possano dimostrare di non avere legami con lo stato cubano. Un “controllo di qualità” molto atipico, poiché non gli importa se il caffè è robusto, se è ben tostato, se non ha adulteranti o contaminanti, niente di tutto questo, ciò che veramente conta è che non sia “mescolato” con lo stato cubano.

Cosa inoltre impossibile. Come può una cooperativa cubana, o di qualsiasi altro paese, non avere rapporti di qualche tipo con lo stato? Alla fine sempre si hanno legami con lo Stato. Una cooperativa non può sopravvivere completamente al di fuori della struttura statale, se non che tenga petrolio; e nemmeno così perché poi vorrebbe esportarlo e richiederebbe una licenza, che naturalmente la dà lo stato.

Le richieste USA affinché le cooperative cubane gli esportino caffè, praticamente, starebbero cercando di spingere i produttori al crimine e alla menzogna. Questa condizione interventista, molto ben risposto dall’ANAP, è dello stesso tipo come quella che pretende l’organizzazione della Major League che sarebbe disposta a permettere i contratti ai giocatori residenti nell’isola, ma vieta loro di pagare le tasse allo Stato cubano. Come nei casi precedenti, né l’INDER né la Commissione Nazionale di Baseball accettano questo altro tentativo di scavalcare la sovranità nazionale cubana.

Le autorità USA dovrebbero essere più professionali e conoscere meglio Cuba. E non lanciare pubblicamente proposte che sono premature e dipendono da altre norme proibitive che non sono sotto il controllo dell’OFAC. A volte è meglio tacere e non provocare inutili sospetti. Chi vuole relazioni con Cuba deve prima studiare le leggi cubane; è meglio questo che pregiudicare l’opinione pubblica contro qualcosa che in ultima analisi ancora non hanno le condizioni per essere attuate.

Come ho detto nel programma “La tarde se mueve” di ieri giovedi (https://soundcloud.com), le ambizioni USA di comandare su Cuba sono storiche; possono essere trovate in vari documenti, tra cui la Lettera di Thomas Jefferson al presidente James Monroe, del 24 ottobre 1823, che dice: “Ma dobbiamo farci una domanda. Desideriamo acquistare per la nostra confederazione una o più delle province spagnole? Confesso onestamente, che ho sempre guardato a Cuba come l’aggiunta più interessante che potrebbe farsi al nostro sistema di Stati. Il controllo che, insieme con la Florida, questa isola ci darebbe sul Golfo del Messico, ed paesi dell’istmo che la circondano, e tutte quelle acque che vi scorrono lì, riempirebbe la misura del nostro benessere politico”.

E dal momento che ho citato il nostro programma, voglio concludere con la nota di un ascoltatore di Miami letta in “La tarde se mueve” questo giovedì, dove si dice: “Vogliono che le persone seminino caffè in una stanza come fanno qui con la marijuana e che lo portino, a poco a poco, in un sacchetto quando vengono in visitare?”. Forse così si potrebbe importare negli USA un caffè che non ha alcun rapporto con lo Stato cubano. E neppure perché l’ingresso attraverso l’aeroporto significherebbe che si è pagato il visto ed il passaporto alle autorità migratorie di Cuba.

(www.latardesemueve.com/@ edmundogarcia65)

Militares, café y peloteros cubanos en USA: Cuba no admite injerencias

Por Edmundo García

Una noticia reciente ha provocado una gran algazara en Miami, sobre todo en los desesperados canales de radio y televisión de la política anticubana, que ya están tocando fondo por falta de contenido en estos nuevos tiempos de positividad, de cosecha de relaciones. Tiempo de “recoger lo sombrado”. Como dice Eva Golinger, estos periodistas plegados al dinero no son ni siquiera malos periodistas; han cambiado de profesión, son manipuladores.

La información que les desquicia es que se dio a conocer que oficiales del Ministerio del Interior de Cuba, del MININT, un Coronel y dos Tenientes Coroneles, visitaron bases en Cayo Hueso y en el sur de la Florida. Estaban cumplimentando una invitación oficial hecha por el Comando Sur de Estados Unidos, con sede en Miami, con el objetivo de tratar temas vinculados a la seguridad nacional de ambos países; como son la lucha contra el narcotráfico, la seguridad de fronteras, la respuesta a la piratería y otras acciones violentas, etc. Es algo que sigue naturalmente a los pasos dados en el proceso hacia la normalización de relaciones, y que ha tenido sus antecedentes.

Las razones de este tipo de diálogo entre autoridades de Cuba y Estados Unidos fueron pasadas por alto por la prensa derechista de Miami, que empezó a atacar a los oficiales del MININT con el lenguaje turbio e irrespetuoso de siempre.

Coincidentemente con esto la prensa local publicó unas declaraciones del jefe del Comando Sur donde hacía referencia a las relaciones que tiene Cuba con países que no son del agrado de Estados Unidos como China, Rusia e Irán; lo que se interpretó por los tendenciosos de siempre como un intento de condicionar las relaciones bilaterales a que Cuba se distancie de los referidos países, lo que sería una inaceptable injerencia en la soberanía cubana y su independencia en la concepción de su política exterior.

Hay que entender que Cuba es un país soberano, que a la vez respeta la soberanía de otros países. Cuba tiene relaciones con Estados Unidos y no le critica, y menos le pide que rompa, con países muy adinerados pero de muy poco prestigio internacional, donde aún se lapidan mujeres y se les reprime en sus derechos, como es el caso de Arabia Saudita. Por si fuera poco un país que ha apoyado a personas que ejercieron la violencia contra ciudadanos y ciudades norteamericanas.

Hay que reconocer, aunque no le guste a algunos, que las relaciones con Rusia y China han sido importantes para Cuba precisamente en los momentos en que EEUU, con toda la torpeza de que es capaz en geopolítica, le bloqueó el comercio y las finanzas.

La independencia y la soberanía de la política exterior cubana es precisamente lo que le ha permitido tener el respeto de las demás naciones y cosechar éxitos a nivel internacional.

Sobre política exterior Raúl fue muy claro en el informe central al VII congreso del partido. El Presidente cubano citó un párrafo de la Constitución de la República de Cuba donde se establece que “las relaciones económicas, diplomáticas y políticas con cualquier otro Estado no podrán ser jamás negociadas bajo agresión, amenaza o coerción de una potencia extranjera”. En cuanto a su proyección internacional, Raúl reiteró que Cuba seguirá siendo consecuente “en el ejercicio de su política exterior, comprometida con las causas justas, la defensa de la autodeterminación de los pueblos y el tradicional apoyo a países hermanos”.

Pero así como la injerencia extranjera es inadmisible para Cuba en política exterior; también lo es en cuestiones vinculadas a la marcha de la economía, sus reformas y actualizaciones. A esto se refiere la declaración de la ANAP publicada recientemente en el periódico Granma, donde se renuncia o pospone la exportación de café a Estados Unidos dada la exigencia del Departamento del Tesoro, a través de su Oficina de Control de Activos Extranjeros (OFAC), de que solo podría entrar a territorio norteamericano aquel café producido por cooperativas que puedan probar que no tiene nexos con el estado cubano. Un “control de calidad” muy atípico, pues no le importa si el café es robusto, si está bien tostado, si no tiene adulterantes o contaminantes, nada de eso, lo único que le interesa es que no esté “mezclado” con el estado cubano.

Cosa además imposible. ¿Cómo puede una cooperativa cubana, o de cualquier otro país, no tener relaciones de algún tipo con el estado? Al final siempre se tienen vínculos con lo estatal. Una cooperativa no puede sobrevivir totalmente al margen de la estructura estatal, a no ser que tenga petróleo; y ni siquiera así porque luego querría exportarlo y solicitaría una licencia, que por supuesto otorga el estado.

Las exigencias de Estados Unidos para que cooperativas cubanas le exporten café, prácticamente estarían buscando empujar a los productores al delito y la mentira. Esta condición injerencista, muy bien respondida por la ANAP, es del mismo tipo que la que pretende la organización de Grandes Ligas, que estaría dispuesta a permitir el contrato de jugadores residentes en la isla, pero les prohíbe pagar impuestos al estado cubano. Como en los casos anteriores, ni el INDER ni la Comisión Nacional de Béisbol aceptan este otro intento de pasar por encima de la soberanía nacional cubana.

Las autoridades norteamericanas deberían ser más profesionales y conocer mejor a Cuba. Y no lanzar públicamente propuestas que son prematuras y dependen de otras normas prohibitivas que no están bajo el dominio de OFAC. A veces es mejor quedarse callado y no provocar suspicacias innecesarias. Quien quiera relaciones con Cuba primero debe estudiar las leyes cubanas; es mejor esto que prejuiciar a la opinión pública en contra de algo que en fin de cuentas aún no tiene condiciones para ser implementado.

Como expresé en el programa “La tarde se mueve” de ayer jueves (https://soundcloud.com/ltsm/05052016-jueves?in=ltsm/sets/programas), las ambiciones de Estados Unidos de mandar sobre Cuba son históricas; se pueden encontrar en varios documentos, entre ellos en la Carta de Thomas Jefferson al Presidente James Monroe del 24 de octubre de 1823, donde le dice: “Pero tenemos que preguntarnos una cuestión. ¿Deseamos adquirir para nuestra confederación una o más de las provincias españolas? Yo confieso honestamente, que siempre he mirado a Cuba como la adición más interesante que podría hacerse a nuestro sistema de Estados. El control que, junto con Florida, esta isla nos daría sobre el Golfo de México, y los países e istmos que la rodean, así como todas esas aguas que fluyen ahí, llenaría la medida de nuestro bienestar político.”

Y ya que cité a nuestro programa, quiero terminar con la nota de un oyente de Miami leída en “La tarde se mueve” este jueves, donde dice: “¿Querrán que las personas siembren café en un cuarto como hacen aquí con la marihuana y que lo traigan poquito a poco en un bolso cuando vengan de visita?”. A lo mejor así se podría importar en Estados Unidos un café que no tenga relación alguna con el estado cubano. Y ni tanto, porque la entrada por el aeropuerto significaría que se ha pagado visa y pasaporte a las autoridades migratorias de Cuba.

(www.latardesemueve.com / @edmundogarcia65)

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