Un atto di terrorismo per la sconfitta di Giron

P. E. Vázquez*M. Gálvez Aguilera* http://www.granma.cu

lancha R-43 cuba CIALa scomparsa della nave ausiliaria R-43 della Marina da Guerra Rivoluzionaria, costituisce il primo atto di terrorismo navale ordinato dal governo USA alla Central Intelligence Agency (CIA), come rappresaglia per la grande sconfitta dell’imperialismo yankee, sofferta 16 giorni prima, in terre cubane, sulle sabbie di Playa Giron.

Il 6 maggio 1961, alle otto di mattina, la nave ausiliaria R-43 dopo aver concluso un periodo di riparazioni tecniche nell’Arsenale di Casablanca, navigò, in viaggio di prova, verso il porto di Mariel. Il personale di bordo, 17 in tutto, erano membri in servizio attivo dell’allora divisione operazioni navali del Comando della Marina da Guerra Rivoluzionaria. Dei componenti del gruppo, uno si trovava a capo della missione, era il capitano di corvetta Andres G. Gonzalez Lines, quattro erano luogotenenti di nave, nominati con Decreto Ministeriale n° 311 del 1961; di loro Juan Hidalgo Valdes, era in missione speciale all’interno della imbarcazione e gli altri tre: Emilio Pérez Silvera, Manuel Lopez Monteavaro e Orlando Battle Campa, si preparavano come istruttori politici; il resto, 12 in totale, formavano l’equipaggio dell’imbarcazione.

Il viaggio di prova si svolse con successo fino alle 09:45 dello stesso giorno sei, ora in cui s’informò la Divisione delle Operazioni Navali dalla stazione di controllo generale radio del Ministero delle Forze Armate Rivoluzionarie, che il R-43 aveva comunicato che stavano affondando. Dalle ore 09:45, in cui si ricevette la prima chiamata di soccorso, e fino alle 09:59 in cui cessarono le trasmissioni, trascorsero 14 minuti durante i quali tredici volte chiesero, disperatamente, soccorso.

Ricevuta la comunicazione dalla catastrofe cominciò l’operazione di salvataggio, dove parteciparono, nella prima giornata, 16 unità di superficie: i guardia coste (GC) 108 e 14, il rimorchiatore dell’Arsenale Navale di Casablanca, il pattugliatore scorta (PE) 202 Siboney, una lancia per la pratica dell’ Accademia Navale, le fregate (F) 303 Maximo Gomez con il tenente Jose Calderon Justis, capo del Comando della Marina da Guerra Rivoluzionaria alla direzione e, nel pomeriggio, la 301 José Martí. Le lance del servizio di vigilanza (SV) 11,9 e 15, la nave di servizio fari (SF) 10, due yacht di Tarara, la lancia Ariel de l’Avana e anche, dalla stazione navale di Guanabo, si incorporarono all’ esplorazione, due barche da pesca con miliziani a bordo. Alle 19:20 ore, ancora si rifornivano presso l’Accademia Navale le lance più piccole. Otto unità aeree anche s’incorporarono, iniziando l’esplorazione un Beechcraft di color verde olivo che appena iniziata la stessa, per problemi tecnici, fu sostituito dall’aereo Marina-80. Alle 15:10 s’incorpora un altro Beechcraft ed un B-26 e più tardi un C-46 e tre elicotteri, uno dell’Arsenale Navale e due delle FAR, (H-17 e H-20) unità aeree che pattugliarono l’intero territorio costiero da El Salado a Cabañas fino alle 22:00, meno l’H-20 che atterrò alle 19:10. Nell’ambito delle misure adottate anche s’insistette molto sul fatto che i posti d’osservazione costieri prestassero minuziosa attenzione e segnalassero se avessero notato qualcosa di anormale in mare, come ad esempio segnali di fumo, esplosioni, ecc, in particolare nei posti prossimi alla zona di Mariel.

Il giorno dopo l’evento, alle 04:00 escono, ancora, per il soccorso, sette delle imbarcazioni di cui sopra, insieme a nuove incorporate alla ricerca, tra esse quelli appartenenti alle cooperative di pesca INRA, navi della linea Mambisa, yacht dell’INIT di Barlovento ed imbarcazioni dell’Accademia di Formazione Marittima del rio Almendares.

Le operazioni per localizzare un qualsiasi indizio dei resti dell’imbarcazione o del suo equipaggio, durarono dieci giorni in forma ininterrotta, in una ampia e minuziosa scansione di una zona di mare di 900 miglia quadrate, circa, dove le imbarcazioni più grandi realizzarono il percorso in mare aperto, mentre le minori lo facevano vicino alla costa, facendo attenzione, in ogni momento, agli agenti atmosferici, che nella parte meteo dell’Osservatorio Nazionale segnalò, alle 15:20 del giorno sei, venti di direzione nord-est, velocità tra 18 e 25 nodi e un mare direzione nord-est con una velocità di forza quattro, cioè mare mosso ed inoltre scarsa visibilità.

I risultati dell’esplorazione risultarono completamente infruttuosi nonostante la rapidità con cui furono emessi gli ordini. A questo proposito, il 19 maggio 1961 il Comandante in Capo Fidel Castro disse:

“La nostra impressione, dalle persone a bordo di quella imbarcazione, dal modo in cui si produsse l’incidente senza lasciare alcuna traccia, nonostante s’inviassero barche e aerei a localizzarli e perché erano tutti buoni rivoluzionari e uomini di fiducia, è che fu vittima di un attacco a tradimento tra le dieci e quindici miglia dalle nostre coste […] “Qualcosa di simile a quello della Coubre. Di quel tipo di attacco vili ed ingannevoli dell’imperialismo, ma che, naturalmente, non lasciano tracce. Naturalmente, non lasciano tracce, ed è solo possibile trarre conclusioni sulla base di un’attenta analisi di tutte le circostanze. “[…] Crediamo che l’ R-43 cubana, con 17 membri d’equipaggio a bordo, fu affondata da un sottomarino della CIA yankee. […] “.

Due documenti dell’epoca confermano tale considerazione. Uno di loro è il rapporto emesso il 6 maggio 1961 dalla Divisione delle Operazioni Navali del Comando della Marina da Guerra Rivoluzionaria, comunicando alle 11:20, che la lancia SV-15 avvistò una torre con cavo, apparentemente un sottomarino. L’altro manoscritto, Causa 154 istruita dal Tribunale Rivoluzionario di Pinar del Rio per un Crimine Contro i Poteri dello Stato, giugno 1961, afferma che uno degli imputati, Norberto Belauzarán Lopez, che era coordinatore provinciale del Movimento di Recupero Rivoluzionario (MRR), disse che nei primi di maggio consegnò un documento ad un gruppo di infiltrati, in cui si segnalava il luogo dove un sottomarino USA aveva lasciato tre tonnellate di materiale militare nella baia della Mulata dalla Punta del Morrillo, nell’ultima boa bianca.

L’aggressione contro la nave ausiliaria R-43 costituisce un triste episodio, nella lunga successione di aggressioni scatenate dalle agenzie di sovversione e spionaggio del governo USA contro il popolo cubano, che lamenta i suoi martiri, poiché come ben espresse Gladis Planas Masot, vedova di González Lines: […] “Non fu facile, educare…figli senza padre…” […]

* Rispettivamente ricercatore presso il Centro di Ricerche Storiche della Sicurezza dello Stato e Storico Navale e della Dogana Generale della Repubblica.

Un acto de terrorismo en represalia por la derrota de Girón

 Pedro Etcheverry Vázquez*   Milagros Gálvez Aguilera*

La desaparición del buque auxiliar R-43 de la Marina de Guerra Revolucionaria, constituye el primer acto de terrorismo naval ordenado por el gobierno norteamericano a la Agencia Central de Inteligencia (CIA), en represalia por la gran derrota del imperialismo yanqui, sufrida 16 días antes en tierras cubanas sobre las are­nas de Playa Girón.

El 6 de mayo de 1961, a las ocho de la mañana, el buque auxiliar R-43 una vez concluido un periodo de reparaciones técnicas en el Arsenal de Casablanca, zarpó en viaje de prueba hacia el puerto del Mariel. El personal a bordo, 17 en total, eran miembros en servicio activo de la entonces división de operaciones navales de la Comandancia de la Marina de Guerra Revolucionaria. De los integrantes del grupo, uno se encontraba al frente de la misión, era el capitán de corbeta Andrés G. González Lines, cuatro eran alféreces de navío, nombrados por el Decreto Ministerial No. 311 de 1961, de ellos Juan Hidalgo Valdés, iba en misión es­pecial dentro de la embarcación y los otros tres: Emilio Pérez Silvera, Manuel López Mon­teavaro, y Orlando Battle Campa, se preparaban como instructores políticos; el resto, 12 en total, formaban la tripulación de la em­barc­a­ción.

El viaje de prueba se realizó exitosamente hasta las 09:45 del propio día seis, hora en que se informó a la División de Operaciones Na­vales por la estación de control general de radio del Ministerio de las Fuerzas Armadas Revo­lucionarias, que el R-43 comunicó se estaban hundiendo. Desde las 09:45 en que se recibió la primera llamada de auxilio y hasta las 09:59 en que recesaron las transmisiones, transcurrieron 14 minutos durante los cuales, trece veces pidieron socorro de forma de­sesperada.

Recibida la comunicación de la catástrofe comenzó la operación de rescate, participando en el primer día 16 unidades de superficie: los Guardacostas (GC) 108 y 14, el remolcador del Arsenal Naval de Casablanca, el patrullero escolta (PE) 202 Siboney, una lancha de prácticos de la Academia Naval, las fragatas (F) 303 Máximo Gómez con el teniente de navío José Calderón Justis, jefe de la Comandancia de la Marina de Guerra Revolucionaria al frente y en horas de la tarde la 301 José Martí. Las lanchas de servicio de vigilancia (SV) 11,9 y 15, el bu­que de servicio de faros (SF) 10, dos yates de Tarará, la lancha Ariel de La Habana e incluso, desde el puesto naval de Guanabo también se incorporan a la exploración, dos embarcaciones pesqueras con milicianos a bordo. A las 19:20 horas, aún se abastecían en la Academia Naval las lanchas menores. Ocho unidades aéreas también se incorporan, iniciando la exploración un beechcraft de color verde olivo que apenas comenzada la misma, por desperfectos técnicos, fue sustituido por el avión Marina-80. A las 15:10 horas se incorpora otro beechcraft y un B-26 y más tarde un C-46 y tres helicópteros, uno del Arsenal Naval y dos de las FAR, los (H-17 y H-20), unidades aéreas que patrullaron todo el territorio costero desde El Salado hasta Cabañas, hasta las 22:00 horas, menos el H-20 que aterrizó a las 19:10 horas. Como parte de las medidas tomadas también se insistió mucho en que los puestos de observación de las costas prestaran atención minuciosamente y reportaran si habían observado algo anormal en el mar, tales como señales de humo, explosión, etc., sobre todo en los puestos próximos a la zona del Mariel.

Al día siguiente del suceso, a las 04:00 horas vuelven a salir hacia el rescate, siete de las em­barcaciones mencionadas anteriormente, jun­to a nuevas incorporadas a la búsqueda, en­tre ellas las pertenecientes a las cooperativas de pesca del INRA, buques de la línea Mam­bisa, yates del INIT de Barlovento y em­bar­caciones de la Academia de Capa­citación Ma­rítima del río Almendares.

Las operaciones para localizar cualquier indicio de los restos de la embarcación o de sus tripulantes, duraron diez días de forma ininterrumpida, en un barrido amplio y minucioso de una zona marítima de 900 millas cuadradas, aproximadamente, donde las embarcaciones mayores realizaban el recorrido mar afuera, mientras que las menores lo hacían cerca de la costa, atendiendo en todo momento al estado del tiempo, que en el parte meteorológico del Observatorio Na­cional señaló a las 15:20 horas del día seis, con vientos de dirección nordeste, velocidad de 18 a 25 nudos y una mar dirección nordeste con una velocidad de fuerza cuatro, o sea, mar picada y que además presentaba escasa visibilidad.

Los resultados de la exploración resultaron totalmente infructuosos a pesar de la rapidez con que se cursaron las órdenes. Al respecto, el 19 de mayo de 1961 el Comandante en Jefe Fidel Castro expresó:

“La impresión nuestra, por las personas que viajaban en esa embarcación, por la forma en que se produjo el accidente sin dejar rastro alguno a pesar de que se enviaron barcos y aviones a localizarlos y porque eran todos revolucionarios buenos y hombres de confianza, es que fue víctima de un ataque traicionero entre diez y quince millas de nuestras costas […] “Algo parecido a lo de La Coubre. De ese tipo de ataques cobardes y arteros del imperialismo, pero que, naturalmente, no dejan rastros. Naturalmente, no dejan huellas, y solo es posible sacar conclusiones a base del análisis cuidadoso de todas las circunstancias. “[…] Nosotros consideramos que la R-43 cubana, con 17 tripulantes a bordo, fue hundida por un submarino de la Agencia Central de In­teli­gen­cia yanqui. […]”.

Dos documentos de la época ratifican esa consideración. Uno de ellos, es el informe emitido el 6 de mayo de 1961 por la División de Operaciones Navales de la Comandancia de la Marina de Guerra Revolucionaria, comunicando a las 11:20 horas, que la lancha SV-15 avistó una torre con cable, al parecer de un submarino. El otro manuscrito, Causa 154 instruida por el Tribunal Revolucionario de Pinar del Río por un Delito Contra los Poderes del Estado, de junio de 1961, asegura que uno de los procesados, Norberto Belauzarán López, quien era coordinador provincial del Movimiento de Re­cuperación Revolucionaria (MRR), expresó que en los primeros días de mayo entregó un documento a un grupo de infiltrados, en el que se señalaba el lugar donde un submarino norteamericano había dejado tres toneladas de equipos bélicos en la bahía de la Mulata por la Punta del Morrillo, en la última boya blanca.

La agresión contra el buque auxiliar R-43 constituye un triste episodio, dentro de la extensa sucesión de agresiones desencadenadas por las agencias de subversión y espionaje del Gobierno de los Estados Unidos contra el pueblo cubano, que clama a sus mártires, pues como bien expresara Gladis Planas Masot, viuda de González Lines: […] “No fue fácil, educar… hijos sin padre…” […]

*Investigador del Centro de Investigaciones His­tó­ri­cas de la Seguridad del Estado e Historiadora Naval y de la Aduana General de la República, respectivamente.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.