Guerra di simboli

Harold Cardenas https://eltoque.com

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L’Unione Sovietica si scontrò con gli USA in una guerra di simboli che perse. Decenni più tardi Cuba si trova allo stesso bivio.

I proiettili del passato sono i simboli del presente. La maggior parte delle guerre di oggi non sono più con armamento militare, ma con influenza culturale, simbologia nazionale e gestione dell’immagine. Questo lo sanno tutti i governi del mondo, compreso il nostro, ma alcuni continuano aggrappati ad un discorso obsoleto, mentre il resto, noialtri, vede l’essenziale sfuggirgli dalle mani. E non è la prima volta che questo accade.

Nel 1959, il presidente sovietico si vantava davanti al mondo: “l’URSS migliorerà i livelli di vita per raggiungere e superare l’America”. Aveva luogo la più intensa guerra simbolica della storia umana ed un momento chiave del confronto sarebbe stata l’estate durante l’Esibizione Nazionale Nordamericana a Mosca. Cuba incominciava a camminare da sé in un mondo diviso in due.

Nikita Khrushchev era arrivato, da operaio metalmeccanico, ad essere il presidente dei sovietici che denunciò i crimini di Stalin, credeva di poter ottenere qualsiasi cosa e ciò fu il suo errore. Volle competere, materialmente con gli USA in una esibizione pubblica dei loro rispettivi successi come società. Che ogni nazione mostrasse il meglio di sé. Lui e i suoi successori non capirono che la società USA non soddisfa i bisogni umani, ma i desideri più intimi, la battaglia sempre fu dal simbolico.

Gli USA stanno generando simboli politici da molto prima della Rivoluzione cubana

Il suo avversario in quel momento era l’allora vice presidente Richard Nixon, che scalava posizioni politiche e reputazione per la sua immagine di anti-comunista. Curioso scontro tra due leader che sognavano ottenere gloria e terminarono perdendo entrambi. Nixon cadde in disgrazia per la guerra del Vietnam ed il Watergate. Khrushchev non ha mai potuto mantenere le sue promesse di superare la produzione USA in sette anni, o mai. Ma a quel tempo erano i leader del mondo e avevano uno scenario dove pavoneggiarsi.

Li si conosce come il Dibattito della Cucina o Guerra degli Elettrodomestici ed ebbe luogo a Mosca. Mentre i sovietici si focalizzarono nell’esporre i loro progressi spaziali con pompa, gli statunitensi portarono un “casa modello” che presumibilmente era alla portata di qualsiasi persona con uno salario degno. In realtà quest’ultima (casa) aveva così buona costruzione e tecnologia, che gli stessi espositori affermavano che nessuno negli USA poteva permettersi questo lusso. Ma ciò non emerse perché lo spettacolo lo rubarono i capi lì presenti, la cucina era servita.

Nixon e Krusciov camminavano per l’esposizione seguiti da un esercito di giornalisti, discutendo sui loro sistemi economici e politici. Il sovietico ripeteva che il suo paese si concentrava sulle “cose che realmente importano” e non in dispositivi “superflui”. Nixon gli replicava che queste case costavano 14000 dollari nel suo paese ed erano state progettate per rendere la vita più facile alle donne, mentre il suo avversario replicava “noi non abbiamo questo atteggiamento capitalista verso le donne”. Il primo lo provocava dicendo che sarebbe meglio competere con lavatrici che con missili mentre riceveva la risposta “sì, ma i tuoi generali dicono che dobbiamo competere con i missili. E noi siamo più forti e finiremo per vincere”.

Kruscev non vinse quella battaglia, né i sovietici vinsero la Guerra Fredda. Mentre l’URSS ritardòla trasmissione del dibattito e lo mise in onda, a tarda notte, pubblicando frammenti in cui il suo presidente non faceva una bella figura, gli USA lo mostrò in modo integro, in prima serata; sapevano di avere una carta vincente. I sovietici lo videro nelle loro case in bianco e nero, gli statunitensi potevano vederlo a colori. Le vittorie e il diavolo sono nei piccoli dettagli.

In 6 settimane, 3 milioni di russi avevano camminato per l’esibizione in cui il loro nemico giurato presentava una linea di elettrodomestici mai visti da loro. Il resto di loro lo videro tutto in televisione e tutto il resto è storia. Hanno perso la Guerra degli Elettrodomestici e anche quella Fredda, allo stesso modo in cui riescono a vincerci a Cuba dal 17 dicembre 2014.

Gli USA stanno generando simboli politici da molto prima della Rivoluzione cubana.

Oggi, Cuba ha il divieto, per legge, di utilizzare gli emblemi nazionali in quasi tutto, il simbolismo è usato più con nostalgia del passato che pensando al presente. Non c’è praticamente nessuna sovvenzione a programmi di comunicazione che esaltino il sentimento patriottico e quando si fa qualche prodotto audiovisivo o scritto che elevi il sentimento nazionale, spesso risulta patetico.

Temo fortemente che coloro che decidono queste problematiche siano abituati ai proiettili e non ai simboli, addirittura alcuni soffrono della stessa malattia trionfalistica di Krusciov.

Temo fortemente che la Guerra degli Elettrodomestici a Cuba è stata sostituita da una guerra tra noi stessi. Ed è difficile difendersi con le mani legate o sotto il fuoco amico.

Guerra de símbolos

Harold Cardenas

La Unión Soviética se enfrentó a Estados Unidos en una guerra de símbolos que perdió. Décadas más tarde Cuba se encuentra en la misma encrucijada.

Las balas del pasado son los símbolos del presente. La mayoría de las guerras actuales ya no son con armamento militar sino con influencia cultural, simbología nacional y manejo de la imagen. Esto lo saben todos los gobiernos del mundo, incluido el nuestro, pero algunos siguen aferrados a un discurso desfasado mientras el resto vemos lo esencial escaparse entre las manos. Y no es la primera vez que esto ocurre.

En 1959 el presidente soviético alardeaba ante el mundo: “la URSS mejorará los niveles de vida para alcanzar y superar América”. Tenía lugar la guerra simbólica más intensa de la historia humana y un momento clave de la confrontación sería el verano durante la Exhibición Nacional Norteamericana en Moscú. Cuba empezaba a caminar por sí sola en un mundo dividido en dos.

Nikita Jruschev había llegado de obrero metalúrgico a ser el presidente de los soviéticos que denunció los crímenes de Stalin, creía que podía alcanzar cualquier cosa y ese fue su error. Quiso competir materialmente con los Estados Unidos en una exhibición pública de sus respectivos logros como sociedad. Que cada nación mostrara lo mejor de si. Él y sus sucesores no entendieron que la sociedad estadounidense no satisface las necesidades humanas sino los deseos más íntimos, la batalla siempre fue desde lo simbólico.

Estados Unidos está generando símbolos políticos desde mucho antes de la Revolución cubana

Su adversario en ese momento fue el entonces vicepresidente Richard Nixon, que escalaba posiciones políticas y reputación por su imagen de anticomunista. Curioso enfrentamiento entre dos líderes que soñaban ganar la gloria y ambos acabaron perdiendo. Nixon cayó en desgracia por la guerra de Vietnam y el Watergate. Jruschev nunca pudo cumplir sus promesas de superar la producción estadounidense en 7 años, o nunca. Pero en ese momento eran los líderes del mundo y tenían un escenario donde pavonearse.

Se le conoce como el Debate de Cocina o Guerra de Electrodomésticos y tuvo lugar en Moscú. Mientras los soviéticos se concentraron en exhibir sus avances espaciales con pompa, los estadounidenses llevaron una “casa modelo” que supuestamente estaba al alcance de cualquier persona con salario digno. En realidad esta última tenía tan buena construcción y tecnología, que los mismos expositores afirmaban que nadie en Estados Unidos se podía permitir ese lujo. Pero esto último no transcendió porque el show se lo robaron los líderes allí presentes, la cocina estaba servida.

Nixon y Jruschev caminaban por la exposición seguidos por un ejército de periodistas, hablando sobre sus respectivos sistemas económicos y políticos. El soviético repetía que su país se concentraba en “cosas que realmente importan” y no en aparatos “superfluos”. Nixon le replicaba que esas casas costaban 14 mil dólares en su país y estaban diseñadas para hacerle la vida más fácil a la mujer, mientras su oponente replicaba “nosotros no tenemos esa actitud capitalista con las mujeres”. El primero lo provocaba diciendo que sería mejor competir con lavadoras que con cohetes y era respondido “sí, pero tus generales dicen que debemos competir con cohetes. Y somos más fuertes y acabaremos venciendo”.

Jruschev no venció esa batalla ni los soviéticos ganaron la Guerra Fría. Mientras la URSS demoró la transmisión del debate y lo puso al aire tarde en la noche editando fragmentos donde su presidente no lucía bien, Estados Unidos lo exhibió íntegro en horario estelar, sabían que tenían una carta de triunfo. Los soviéticos lo vieron en sus casas en blanco y negro, los estadounidenses podían verlo en colores. Las victorias y el diablo, están en los pequeños detalles.

En 6 semanas 3 millones de rusos habían caminado por la exhibición donde su enemigo jurado presentaba una línea de electrodomésticos nunca vistos por ellos. El resto de ellos lo vieron todo por televisión y lo demás es historia. Perdieron la Guerra de los Electrodomésticos y la Fría, de la misma forma en que nos vienen ganando en Cuba desde el 17 de diciembre de 2014.

Estados Unidos está generando símbolos políticos desde mucho antes de la Revolución cubana.

En la actualidad Cuba tiene prohibido por ley utilizar los emblemas nacionales en casi nada, la simbología se utiliza más con nostalgia del pasado que pensando en el presente. Prácticamente no existe subvención a programas de comunicación que realcen el sentir patriótico y cuando se realiza algún producto audiovisual o escrito que eleve el sentimiento nacional, a menudo resulta patético.

Mucho me temo que quienes deciden estas cuestiones están acostumbrados a las balas y no los símbolos, incluso algunos padecen la misma enfermedad triunfalista de Jruschev.

Mucho me temo que la Guerra de Electrodomésticos en Cuba está siendo sustituida por una guerra entre nosotros mismos. Y es difícil defenderse con manos atadas o bajo el fuego amigo.

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