La gioventù ingenua e manipolabile

Harold Cardenas Lema https://jovencuba.com

gioventuOgni generazione sogna di creare la sua propria eredità, di lasciare un paese migliore ai figli, realizzarsi politicamente. Convertire la Rivoluzione Cubana in patrimonio di altri, rinviare il ricambio generazionale e mettere stretti canali alla partecipazione giovanile, ha un prezzo che si paga in emigrazione ed apatia.

I programmi per il cambio di regime a Cuba vedono i giovani come il settore più vulnerabile alla manipolazione, la scommessa più sicura in vista del futuro. Questa visione semplicistica ignora il sistema di valori che si è formato in questo paese. Anche formati tra le pressioni di un periodo “speciale” di crisi nazionale, nel DNA della gioventù cubana battono principi quali la solidarietà e la giusta distribuzione della ricchezza, incompatibili con un modello di paese neoliberale.

Da parte sua, ogni generazione ha storicamente considerato che la sua successiva “è persa”. Non sono straordinari i problemi di comunicazione tra i giovani ed i loro genitori e nonni, è ancora una norma mondiale. Anche se il nostro discorso politico esprime fiducia, è chiaro che ci sono riserve verso la gioventù, alcune meritate, quelle causate da influenza esterna e altre molto gratuite. L’effetto che ebbe la differenza generazionale ed il ruolo che svolsero i più giovani nel crollo sovietico, continua ad essere un trauma che ostacola la fiducia in noi.

Ci è toccato pagare per i piani di sovversione focalizzati sulla gioventù ed i peccati commessi in altre esperienze socialiste.

Agli attuali studenti, con alto livello di istruzione, si continua a parlare come se fossero gli stessi giovani del ’59. L’interesse per fornire loro strumenti politici spesso finisce in una poltiglia ideologica, in atteggiamenti paternalistici che falliscono, più e più volte, nel connettersi con i settori giovanili.

Accade spesso che la narrazione ufficiale ci riduce al ruolo di “continuatori”, invece di lasciare in eredità una rivoluzione per farla nostra, e ottenere proprie conquiste, che riduce notevolmente l’attrattiva e l’identificazione con il progetto socialista. A questo si somma una visione semplicistica e riduttiva della nostra capacità intellettuale, squalificando argomenti perché “hanno molto da imparare” o convertendo il termine giovane in sinonimo di ingenuità ed errore.

Non credo che la Generazione del Centenario sia interessata a che si veda la Rivoluzione come un’opera esclusivamente sua, ma questo è il messaggio che giunge a molti giovani.

La gioventù cubana è simile a quella del resto del mondo, tanto ingenua e manipolabile come qualunque altra, anche più sana e preparata rispetto a molte dei suoi vicini. Il sottovalutare le sue capacità solo conduce ad ipotecare il futuro. Il paternalismo con cui ci si tratta, all’interno e al di fuori dei nostri confini, è una presa in giro dell’intelligenza collettiva che ha raggiunto la Rivoluzione cubana.

Come i nostri genitori e nonni, al loro tempo, evitiamo sempre lo scontro ma non veniamo da un popolo codardo. Non ammettiamo che ci impongano ricette straniere né facciamo concessioni di sovranità, ma neppure siamo docili strumenti. Il messianismo è inerente alla gioventù impegnata, disprezzarlo è ignorare la sua capacità rivoluzionaria e consegnarla ai nemici politici.

Oggi non ci sono meno giovani rivoluzionari che mezzo secolo fa, ma forse stiamo sbagliando nel fornire loro uno spazio di realizzazione politica come generazione. La sfida è creare quel percorso all’interno del socialismo, il prima possibile.

Un movimento politico verso la destra non sarà mai rivoluzionario, per quanto ci cerchino di rubare il termine. Chiudere gli occhi davanti al progresso dei settori neoliberali all’interno del paese non è un’opzione. Perciò è importante aiutare le forze rivoluzionarie nella gioventù, che non necessariamente sono le più obbedienti. Recuperare la capacità di movimento politico senza dipendere rigidamente da strutture verticali, basate su principi già stabiliti.

Sarebbe poco marxista credere che questa sarà l’ultima rivoluzione nella storia di Cuba, non so quando sarà la prossima, ma sicuramente sarà guidata dai giovani, da soli e con le loro condizioni. Possa essere il superamento e la continuità di questo, ma se vogliamo arriviamo, un po’ di comprensione e fiducia non sarebbe male.

La juventud ingenua y manipulable

Por: Harold Cárdenas Lema

Cada generación sueña con crear su propio legado, dejarle un mejor país a los hijos, realizarse políticamente. Convertir la Revolución Cubana en patrimonio de otros, postergar el relevo generacional y ponerle cauces estrechos a la participación juvenil, tiene un precio que se paga en emigración y apatía.

Los programas para cambio de régimen en Cuba ven a los jóvenes como el sector más vulnerable a la manipulación, la apuesta más segura con vista al futuro. Esta visión simplista ignora el sistema de valores que se ha formado en este país. Incluso formados entre las presiones de un período “especial” de crisis nacional, en el ADN de la juventud cubana laten principios tales como la solidaridad y la distribución justa de la riqueza, incompatibles con un modelo de país neoliberal.

Por su parte, cada generación ha considerado históricamente que su sucesora “está perdida”. No son extraordinarios los problemas de comunicación entre los jóvenes y sus padres y abuelos, incluso es norma mundial. Aunque nuestro discurso político exprese confianza, es evidente que existen reservas hacia la juventud, algunas merecidas, las provocadas por la influencia externa y otras muy gratuitas. El efecto que tuvo la diferencia generacional y el papel que jugaron los más mozos en el derrumbe soviético, sigue siendo un trauma que lastra la confianza en nosotros.

Nos ha tocado pagar por los planes de subversión enfocados en la juventud y los pecados cometidos en otras experiencias socialistas.

A los estudiantes actuales, con alto nivel de instrucción, se les sigue hablando como si fueran los mismos jóvenes del 59. El interés por brindarles herramientas políticas con frecuencia termina convertido en papilla ideológica, en actitudes paternalistas que fracasan una y otra vez en conectar con los sectores juveniles.

Ocurre a menudo que la narrativa oficial nos reduce al papel de “continuadores” en vez de legar una revolución para hacerla nuestra, y lograr conquistas propias, lo que disminuye mucho el atractivo y la identificación con el proyecto socialista. A esto se suma una visión simplista y reductora de nuestra capacidad intelectual, descalificando argumentos porque “les queda mucho por aprender” o convirtiendo el término joven en sinónimo de ingenuidad y error.

No creo que la Generación del Centenario esté interesada en que sea vea la Revolución como una obra suya exclusivamente, pero ese es el mensaje que llega a muchos jóvenes.

La juventud cubana es similar a la del resto del mundo, tan ingenua y manipulable como cualquiera, incluso más saludable y preparada que muchos de sus vecinos. La subestimación de sus capacidades solo conduce a hipotecar el futuro. El paternalismo con que se nos trata, dentro y fuera de nuestras fronteras, es una burla a la inteligencia colectiva que ha logrado La Revolución Cubana.

Como nuestros padres y abuelos en su tiempo, evitamos la confrontación siempre pero no venimos de un pueblo cobarde. No admitimos que se nos impongan recetas foráneas ni hacemos concesiones de soberanía, pero tampoco somos herramientas dóciles. El mesianismo es inherente a una juventud comprometida, menospreciarlo es ignorar su capacidad revolucionaria y entregarla a los enemigos políticos.

Hoy no existen menos jóvenes revolucionarios que hace medio siglo, pero quizás estemos fallando en facilitarles un espacio de realización política como generación. El reto es crear ese camino dentro del Socialismo, lo antes posible.

Un movimiento político hacia la derecha no será nunca revolucionario, por más que nos intenten robar el término. Cerrar los ojos ante los avances de sectores neoliberales dentro del país tampoco es una opción. Por eso es importante ayudar a las fuerzas revolucionarias en la juventud, que no necesariamente son las más obedientes. Recuperar la capacidad de movimiento politico sin depender rígidamente de estructuras verticales, basados en principios ya establecidos.

Sería poco marxista creer que esta será la última revolución en la historia de Cuba, no sé cuándo será la siguiente, pero de seguro será encabezada por los jóvenes, por su cuenta y en sus propios términos. Ojalá sea la superación y continuidad de esta, pero si queremos llegar allí, un poco de comprensión y confianza no vendrían mal.

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